Un anno in kenya

Orbene, credo che il giorno che decisi di andare in Kenya senza sapere cosa avrei combinato in quei luoghi, senza sapere cosa avrei vissuto, senza sapere chi avrei incontrato, è stato uno dei giorni più intensi e memorabili della mia vita. E' stata una forza interiore ininspiegabile a spingermi a fare il grande salto oltre i confini di una...
Scritto da: Elena Angela
un anno in kenya
Partenza il: 17/02/1997
Ritorno il: 29/01/1998
Viaggiatori: da solo
Orbene, credo che il giorno che decisi di andare in Kenya senza sapere cosa avrei combinato in quei luoghi, senza sapere cosa avrei vissuto, senza sapere chi avrei incontrato, è stato uno dei giorni più intensi e memorabili della mia vita. E’ stata una forza interiore ininspiegabile a spingermi a fare il grande salto oltre i confini di una città, Verona, che conoscevo palmo dopo palmo…All’epoca avevo 29 anni e fin da ragazzina inseguivo un sogno: andare in Africa. I documentari visti alla televisione, le foto inseguite sulle riviste di viaggi e i racconti di amici viaggiatori, avevano fomentato ancora di più il desiderio della partenza, la grande voglia di scoprire i confini del mondo (se mai ce n’erano…) e i miei confini personali (se mai ce n’erano…)…Così, sospinta dal vento dell’amore per l’ignoto, la sera del 17 febbraio del 1997 mi ritrovavo in aeroporto ad aspettare il mio volo per il Kenya, eccitata e frastornata da un folto gruppo di amici che erano venuti a salutarmi, beffeggiando la mia voglia di avventura, la mia voglia di scoprire che c’era di più nel calderone della vita.

Sono arrivata a Mombasa la mattina seguente, all’aeroporto Daniel Arap Moi di un giorno dal cielo terso e dall’aria incredibilmente umida. Non dimenticherò mai i colori di quella terra visti dal finestrino dell’oblò, mentre il mio aereo atterrava. Colori di intensità mai visti in nessun altro posto nel mondo, dal rosso fuoco della terra, al verde smeraldo della vegetazione e il blu scuro dell’oceano indiano che all’orizzonte si stagliava maestoso a controllare con il suo movimento sinuoso che tutto andasse secondo le leggi ferree della madre natura…

Da Mombasa ho preso uno dei pulmini locali, i matatu come li chiamano gli abitanti del posto, e mi sono lasciata trascinare nel loro caotico traffico fino a Malindi, località notoriamente conosciuta per essere abitata da un numero considerevole di italiani…E laggiù mi sono fermata per un anno intero, durante il quale ho avuto modo di dar sfogo a interminabili safari lungo il parco Tsavo, mischiandomi tra gli animali, la vita selvaggia nelle tende, perdendo lo sguardo in quei meravigliosi tramonti che solo l’Africa ti sà regalare senza alcuno sforzo per poi ritrovarmi ai piedi del Re dei monti, il Kilimangiaro…

Non dimenticherò mai le escursioni sull’oceano indiano,i voli con le imbarcazioni africane lungo i canali salati tra le foreste di mangrovie, non dimenticherò mai le lune piene, il focolare acceso sulle spiagge a parlare con gli amici, a guardare il cielo pieno di stelle e pensare e sentire che nulla al mondo è più bello…E non dimenticherò mai gli abitanti del posto, donne, uomini e bambini che mi hanno aiutata a crescere, mi hanno insegnato la forza della semplicità e la durezza di una vita che ti colpisce nel bene e nel male quando meno te lo aspetti…Ma soprattutto la dignità di rialzarsi sempre e continuare ad andare oltre xchè la vita è un dono meraviglioso…E come dicono loro: Akuna matata rafiki…Dal dolore nasce sempre un fiore…



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