Tutto tranne il leopardo

Agosto 2007 PREMESSA Il Botswana è considerato la meta principe dei viaggi africani per i safari e abbiamo constatato che offre una natura veramente incontaminata insieme ad organizzazioni turistiche di livello che permettono di visitarlo in grande sicurezza. Anche per queso viaggio africano, dopo la Namibia dello scorso anno, abbiamo utilizzato...
Scritto da: blueflag
tutto tranne il leopardo
Partenza il: 05/08/2007
Ritorno il: 13/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Agosto 2007 PREMESSA Il Botswana è considerato la meta principe dei viaggi africani per i safari e abbiamo constatato che offre una natura veramente incontaminata insieme ad organizzazioni turistiche di livello che permettono di visitarlo in grande sicurezza. Anche per queso viaggio africano, dopo la Namibia dello scorso anno, abbiamo utilizzato una delle molte agenzie turistiche locali, trovata tramite l’indispensabile LonelyPlanet, e con le quali, tramite internet e carta di credito, è possibile organizzare comodamente dall’Italia ciascuna parte del viaggio, trasferimenti compresi.

Per un’infelice esperienza precedente abbiamo scelto di evitare gli aerei di piccole dimensioni, o addirittura ad elica, e quindi alcuni trasferimenti interni stati effettuati in automobile optando per la soluzione con autista.

Un’altra scelta importante è stata quella di evitare i campeggi (per pochi che ce ne sono in Botswana) cercando degli alloggi più comodi (lodge o campi tendati) ma sempre immersi nella natura.

VIAGGIO AEREO Ormai l’Africa meridionale non è più raggiungibile direttamente dall’Italia per cui occorre sempre fare almeno uno scalo in un dei grandi aeroporti europei e noi, volando con Lufthansa, siamo passati per Francoforte.

Inoltre il Botswana non è collegato direttamente con l’Europa quindi bisogna effettuare un altro scalo in Sud Africa e imbarcarsi poi per uno degli aeroporti internazionali del Botswana, dello Zimbabwe o dello Zambia che servono il nord del Botswana.

Certo alcune compagnie aeree offrono spazi maggiori di altre anche in economy e stavolta, nonostante l’aereo fosso nuovo, oltre allo spazio ridotto tra le file non c’erano nemmeno gli schermi nel sedile di fronte. Quindi l’assegnazione del posto è fondamentale, dato che ce ne sono una decina che permettono di stendere le gambe! In compenso l’assenza di vuoti d’aria e di perturbazioni, come spesso accade nelle tratte intercontinentali, ci ha permesso di dormire abbastanza e di arrivare riposati all’alba a Johannesburg.

Rispetto ad altre mete lontane, l’Africa del Sud offre un prezioso vantaggio che è quello di essere raggiungibile in una notte di volo (quasi tutti i collegamenti dall’Europa prevedono la partenza serale e l’arrivo all’alba del giorno successivo) senza in pratica alcuna differenza di fuso orario.

IL CHOBE Dato che la prima zona che volevamo visitare era quella del Parco Nazionale del Chobe, abbiamo preso il volo Johannesburg-Livingstone (in Zambia) per poi passare in Botswana via fiume. Il trasferimento stradale dall’aeroporto è stato veloce e comodo fino alla frontiera di uscita dallo Zambia dove abbiamo trovato una miriade di TIR parcheggiati dappertutto, che ostruivano il tratto finale di strada per raggiungere l’imbarco fluviale.

Dato che i moltissimi trasporti merci da/verso il Botswana sono effettuati tramite camion, questi devono per forza essere trasportati su chiatte sullo Zambesi – frontiera naturale tra i due paesi – ma le operazioni sono molto lente e quindi si ammassano in prossimità delle aree d’imbarco.

I nostri momentanei compagni di viaggio italiani erano esterrefatti da tale confusione e sopratutto dal fatto che dovevano trascinare le loro pesanti valigie rigide (ma con le rotelle!) per un centinaio di metri di sterrato fino alla riva.

Però in pochi minuti arriva la piccola imbarcazione che ci trasporta velocemente dall’altra parte del fiume Zambesi, alla frontiera di Kazungula in Botswana.

Altro timbro sul passaporto e via su una buona strada asfaltata verso il Chobe National Park.

Le procedure di registrazione per l’ingresso nel parco tramite il gate nord sono veloci perchè siamo gli unici ad entrare e capiamo subito che, anche se in agosto (alta stagione per gli europei), rispetto ad altri parchi africani qui i turisti sono relativamente pochi e che non ci saranno resse di automobili intorno agli animali.

L’agenzia locale ci ha prenotato il Game Chobe Lodge, una grande struttura in riva al fiume Chobe che immaginiamo sia la più bella della zona settentrionale del parco, dato che si presenta in pratica come un albergo vero e proprio. (Ci dicono che qui si sposarono Liz Taylor e Richard Burton). Tutto in muratura, con servizi 5 stelle, eccellente ristorante, piscina, bar, sala biliardo etc. … forse troppo “albergo” per essere veramente a contatto con la stupenda natura africana. Il cibo è veramente molto buono e troppo abbondante: si rischia di ingrassare un chilo al giorno! Le stanze sono molto comode e, rispetto ad un albergo europeo, manca solo la televisione, di cui però non sentiamo assolutamente il bisogno. Nel giardino di fronte alle camere (piccoli cottage a due piani uno attaccato all’altro) staziona spesso un’antilope rossa del Chobe con cui abbiamo familiarizzato subito.

Dopo una straordinaria cena a base di pesce (!) e una sana dormita nei comodi letti, la mattina seguente ci svegliamo all’alba e partiamo per il primo game safari su queste jeep a nove posti completamente aperte che permettono di fare foto e riprese a 360°. Su questo lato del fiume il terreno è abbastanza brullo e la zona dove cercare gli animali è quella rivierasca, che si estende per chilometri, dove vanno ad abbeverarsi durante tutto il giorno.

Per tutti e tre i gironi della nostra permanenza, senza allontanarci troppo, lungo il fiume, incontriamo frequentemente giraffe, antilopi nere, gruppi di impala e di elefanti, mandrie di centinaia bufali, coppie di facoceri, babbuini, lichi rossi, kudu, e, ovviamente, i leoni.

Ce n’è un gruppo proprio vicino al nostro albergo che vedremo spesso nei giorni a seguire e che ci offriranno una scena molto selvaggia proprio vicino al sentiero che porta all’acqua, quello di una colazione a base di antilope alla quale partecipano anche i piccoli leoncini che si imbrattano il muso di sangue come gli adulti.

Una sera durante il barbecue, allestito elegantemente al ristorante sulla sponda del fiume, con tutti i tavoli circondati da candele e torce, si avvicina un bufalo che si ferma a poche decine di metri da noi per brucare l’erba.

Forse alla caccia del medesimo bufalo, o attratta dall’odore della carne sul fuoco, all’improvviso nell’oscurità s’intravede una leonessa che si ferma in attesa di attaccare la sua preda ad un centinaio di metri da noi. L’emozione è grandissima e tutti corrono verso quel lato del “boma” per ammirare la scena.

Dato la presenza della sola illuminazione delle fiaccole intorno ai tavoli, era impressionante come alla quasi invisibile leonessa brillassero gli occhi non appena l’illuminavamo fugacemente con le torce … soprattutto per tenerla sotto controllo.

Ma dopo un po’ se ne deve essere andata perchè non abbiamo sentito né ruggiti né la mattina successiva abbiamo trovato tracce di combattimento.

Gli uomini della sicurezza dell’albergo si erano comunque posizionati ai bordi del ristorante così che tutti fossero tranquilli e passata l’emozione abbiamo iniziato a sederci ai tavoli, godendo di una meravigliosa cena, innaffiata con ottimi vini sudafricani.

Certamente il Parco Chobe è famoso per gli elefanti e in Africa non se ne vedano tanti quanti qui.

Ne incontriamo a gruppi di almeno venti esemplari, di tutte le età, e spesso più gruppi assieme; a volte se ne contano settanta! Un piccolo di elefante, che avrà avuto circa sei mesi, si era allontanato troppo dal suo gruppo ed ha inizio a barrire in modo impressionante (rispetto alla sua mole) correndo per una decina di minuti, qua e là sulla riva, in mezzo ad altri gruppi di elefanti alla ricerca del genitore. Quando è finalmente arrivata la madre si è unito a lei e si sono avviati insieme verso la loro famiglia, offrendoci una scena veramente toccante.

Lungo il Chobe lo spettacolo è entusiasmante a qualsiasi ora del giorno, sulle sue sponde ci sono anche moltissime specie di uccelli dai colori incredibili, una moltitudine di ippopotami e parecchi coccodrilli.

Questi animali si scorgono bene da vicino specialmente quando si fa il boat-safari su delle piccole imbarcazioni, con sei/otto comode sedie, che danno modo anche di ammirare il massimo della bellezza del paesaggio, durante l’escursione fluviale al tramonto. Il tutto è sempre accompagnato da bevande e piccoli spuntini.

Così i primi tre giorni passano velocemente ed è la volta ora di andare al secondo lodge, che è di fronte al precedente, sull’altro lato del Chobe, ma che non sapevamo essere in Namibia (regione del Caprivi per l’esattezza). Quindi altro trasferimento fino alla cittadina di Kasane dove, dopo la frontiera botswana, ci imbarchiamo su una piccola lancia per raggiungere un minuto posto di frontiera namibiano sulla riva di fronte. La sponda namibiana del Chobe offre uno spettacolo molto diverso, infatti il terreno è totalmente piatto e con pochi alberi.

Inoltre non essendoci qui il parco nazionale i mammiferi sono pochi, quindi le escursioni sono effettuate esclusivamente in barca e si va di nuovo a visitare la sponda botswana del Chobe.

Il lodge che abbiamo prenotato è il Chobe Savannah, dello stesso gruppo del precedente ma, mantenendo un buon livello di servizio, qui l’atmosfera è molto più africana. L’accoglienza in questo lodge, gestito a livello familiare da una coppia namibiano-sudafricana, è molto calorosa e informale e così sarà l’atmosfera per i tre giorni che passeremo qui.

Il cibo e le bevande, anche se entrambi in un’ampiezza di scelta inferiore rispetto all’altro lodge, si dimostreranno essere ai medesimi livelli qualitativi: ottimi.

L’elemento centrale del lodge è un’enorme costruzione in legno, a forma di capanna namibiana, che si staglia sulle rive del fiume e che all’interno raccoglie il ristorante, gli uffici, il bar e la sala lettura.

Qui ogni cosa è in sintonia con l’ambiente e le camere sono dei piccoli lodge separati (sempre con un grande bagno interno) anch’essi in legno ed ognuno ben distante dall’altro.

Ci avvertono subito che dato che la notte è pericoloso uscire, in caso di emergenza, possiamo usare una tromba (tipo da stadio) per avvisare del pericolo! A parte le meravigliose escursioni in barca sul Chobe, che ci hanno permesso tra l altro di incontrare, molte volte da vicino, la bellissima aquila pescatrice africana, (addirittura in coppia), la visita ad un vicino villaggio namibiano è stata l’altra parte saliente del soggiorno. Certo una visita così organizzata non fornisce molti elementi spontanei per conoscere la realtà di queste persone ma è sempre utile per almeno avvicinarci a modi di vita molti diversi rispetto a i nostri. L’enorme baobab intorno al quale si è sviluppato il loro piccolo villaggio era imponente, così come affascinanti erano i balli e le canzoni che le donne del villaggio hanno inscenato per noi.

Un’altra immagine strabiliante che ci ha riempito gli occhi è stata quella dell’attraversamento del fiume da parte di un gruppo di elefanti, anche piccoli.

Considerando che il Chobe è un fiume ampio, diciamo cento/duecento metri, e che conta qualche metro di profondità, vedere questi elefanti che lo guadavano tranquillamente con la proboscide alzata, tipo periscopio di un sommergibile, appare come qualcosa di grandioso. Anche qui sempre bellissimi tramonti, per fermare i quali abbiamo scattato decine centinaia di foto e filmato per decine di minuti, con lo sfondo di sagome di elefanti e giraffe che rendevano la scena memorabile.

LA MOREMI Terminata la prima settimana lungo il Chobe è ora di andare a sud per raggiungere l’altro paradiso naturalistico del Botswana: il delta dell’Okawango, quindi di nuovo sulla lancia alle 7 di mattina per tornare a Kasane e dirigerci verso gli uffici dell’Avis dove avevamo prenotato un’auto per essere trasferiti a Maun.

La soluzione con autista, a costi accettabili, è stata dettata dalla nostra inesperienza della guida a destra e delle strade locali le quali, benché asfaltate, in effetti sono a tratti molto impegnative per le numerose buche e il frequente traffico di TIR.

Inoltre dalla strada si vede molto di più che da un aereo e quindi partiamo volentieri per questo trasferimento di 600 km che, grazie ad una brillante guida dell’autista, percorriamo in sole 5 ore, compreso il tempo di un veloce spuntino! Certo se avesse avuto dei passeggeri non italiani forse qualche lamentela per i costanti 140 km/h l’avrebbe ricevuta! (A meno che non abbiate molto tempo a disposizione e voglia di essere sballottati ore ed ore su una jeep, non prendete in considerazione di raggiungere Maun passando attraverso tutto il Chobe, considerando inoltre che d’inverno le ore di sole sono poche).

Il paesaggio arido del Botswana centrale ci circonda per tutto il tempo, un paesaggio totalmente diverso da quello verde del Chobe.

Passati i paesi di Nata e Gweta, arriviamo a Maun, centro di riferimento per tutti coloro che vanno nella zona dell’Okavango, dove incontriamo il gestore del Manqwe Bush Lodge che ci è venuto a prendere personalmente all’ufficio dell’Avis e con la sua jeep ci dirigiamo subito a nord verso il suo campo tendato. Strada asfaltata per un po’ e dopo tanto sterrato fino al campo.

Qui alloggeremo in una grande tenda soprelevata su palafitta, con all’interno letto in legno, bagno con doccia e acqua calda. Stavolta non ci danno nemmeno la tromba in caso di emergenza notturna (abbiamo sentito ripetutamente di notte ululare una iena, molto vicina alla nostra tenda ma niente di più) ma una bellissima lampada ad olio ed una flebile torcia (meglio portarsene magari una piccola ma potente da casa), dato che qui non c’è la corrente continua e la notte spengono il generatore. Troviamo delle doppie coperte che ci saranno molto utili perché qui in agosto è inverno e la temperatura scende anche a 7° C.

Per visitare queste zone in agosto è essenziale portarsi maglioni, sciarpe e guanti invernali da togliere durante le ore più calde quando si arriva a 25° C.

Il Manqwe è un gradino al di sotto dei precedenti alloggi per comodità e servizio ma resta ad un livello accettabile ed anch’esso è immerso nella natura, in una splendida foresta di mopane che costeggia la Moremi Game Riserve.

L’atmosfera che troviamo al Manqwe ogni volta che torniamo da un’escursione sarà sempre familiare e piacevole, così come le cene nella foresta dentro la grande tenda da campo che funge da ristorante, dove troviamo cibo cucinato con ingredienti di qualità e sempre vario. Il vino ovviamente è sudafricano e buonissimo.

Una delle cose più attraenti che si può fare qui è il safari notturno (si può fare perchè non siamo all’interno di un parco nazionale) che ci mette in condizione di ammirare anche animali diversi rispetto a quelli diurni. Si parte, ben coperti, sempre sulle jeep scoperte munite di potentissimi fari che le esperte guide puntano nella foresta per intercettare gli occhi degli animali che brillano di notte. Allora vediamo genette, gatti selvatici, la lince africana e quello che in inglese è chiamato springhare (che sembra piccolo canguro alto 30 cm.), oltre ad elefanti, giraffe, antilopi, zebre, gnu.

Il giorno seguente restiamo delusi dalla tanto pubblicizzata gita in mokoro sia perché ci vogliono 5 ore per raggiungere la riva del Delta (ma questo dipende da dove si parte), sia perché in due ore di navigazione oltre al silenzio assoluto e ad essere circondati da un fittissimo canneto non c’è tanto di più: molti insetti e qualche uccello. In pratica giriamo per mezza riserva Moremi e attraversiamo, credo, tutti i”bridge”, vedendo qua e là gruppi di elefanti, giraffe e antilopi.

Era meglio optare per l’escursione in barca che ci avrebbe consentito di ammirare le rive del delta da vicino.

Ma la sorpresa naturalistica arriva quando, il giorno dopo, visitiamo la zona del fiume Khwai che offre un paesaggio bellissimo fatto di zone interne aride, pozze di acqua naturali e paludi, che raggiungiamo tramite una larga strada sterrata dove i SUV che incontriamo viaggiamo a 100 km/h.

Il fiume Khwai delimita il nord della riserva Moremi. Diciamo che è un braccio terminale del delta dell’Okavango che si snoda per una ventina di chilometri ad est, puntando verso la punta meridionale estrema dell’enorme Chobe National Park.

La zona accoglie una fauna molto ricca di antilopi di acqua (cobo dall’ellisse, così detto per via dell’anello bianco sul dorso), impala, kudu, elefanti, ippopotami, giraffe, zebre, qualche coccodrillo, leoni e moltissime specie di uccelli.

Anche qui come al Chobe vale la stessa regola, gli animali si vedono principalmente in riva al fiume che, essendo piccolo, è anche guadabile (con una buona jeep ed un autista esperto però). E infatti la nostra guida, dopo essere scesa dalla jeep ed essersi immersa fino alle ginocchia, per misurare con un ramo la profondità del fiume, è risalita ed ha innestato le ridotte; guadato il fiume, ci ha portato a ridosso di un paio di metri da tre leonesse impigrite (e sazie) che si riposavano all’ombra delle acacie. Fa sempre effetto accostarsi a questi grandi felini (ovviamente restando sulla jeep) e poterli scrutare negli occhi come facciamo con i nostri gatti casalinghi.

Rispetto al Parco Nazionale del Chobe, nella Riserva Moremi ci sono più turisti ma mai in quantità tale da disturbare la vista degli animali; diciamo che, se ci sono i leoni, si possono incontrare al massimo 4 o 5 jeep ferme.

Ci ha colpito molto vedere in un villaggio esterno alla Riserva, dove ci sono delle zone aperte alla caccia, una bancarella che vendeva, oltre a carne essiccata al sole (non si sa bene di quale mammifero fosse), i resti di zampe di elefante.

Sulla necessità di arginare in certe zone la popolazione degli elefanti ci sono grandi discussioni ma da come sono ridotti tutti gli alberi dopo il loro passaggio è evidente il bisogno di un controllo, che non può essere effettuato tramite sterilizzazione.

Abbiamo quindi visitato due bellissime zone del Botswana e alloggiato in sistemazioni diverse fra loro, che ci hanno sempre garantito un minimo confort dopo le impegnative giornate di safari. Va detto che questa nazione ha fatto delle scelte turistiche precise in senso restrittivo, per cui la possibilità di scelta degli alloggi è molto limitata.

Per preservare un ambiente così dal turismo di massa, che qui sarebbe distruttivo, non può essere altrimenti.

Noi abbiamo prenotato sei mesi prima e, nonostante ciò, non avendo un budget illimitato, abbiamo dovuto adeguarci alla disponibilità data da altre prenotazioni già in essere.

Certo che se si sceglie di noleggiare un’auto per attraversare il paese e di dormire anche in tenda le possibilità di scelta aumentano, come sicuramente il contatto con la natura e … la diminuzione dei costi.

Per il ritorno in Europa, dopo qualche giorno a Cape Town, abbiamo viaggiato di nuovo su Francoforte ma con la South African, con un bellissimo aereo, nuovo e con, finalmente, gli schermi personali sul sedile di fronte: 12 ore di volo vedendo tre film passano meglio.

L’unica delusione sarà alla fine quella di non aver incontrato il leopardo, benché una volta gli fossimo veramente vicini ma aveva deciso di restare pigramente nascosto nel bush.

p.S. 1: se non sapete scegliere tra visitare il Botswana o la Namibia, decidete per entrambi! p.S. 2: se non ci siete già andati, aggiungete due/tre giorni per visitare le Cascate Vittoria, sono stupefacenti! (Hotel Zambesi Sun ottimo per rapporto qualità prezzo in Zambia – sconsigliamo di passare per lo Zimbabwe) p.S. 3: in inverno, zanzare in Botswana neanche l’ombra nonostante i fiumi



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