Tutti i colori dell’Iran

Ci sono posti che solo i colori possono descrivere meglio delle parole. L'Iran è uno di questi. Viaggio alla scoperta del cuore più antico di una Persia leggendaria
Scritto da: franxx
tutti i colori dell'iran
Partenza il: 01/09/2012
Ritorno il: 16/09/2012
Viaggiatori: 1
Spesa: 2000 €
Ascolta i podcast
 
Ci sono posti che solo i colori possono descrivere meglio delle parole. L’Iran e’ uno di questi. Il primo impatto e’ stato con il nero, vellutato e profondo, dei chador delle donne. Appena varcato il confine dalla Turchia, sotto il severo sguardo dell’Iman Khomeini che dall’alto di un poster domina questa piccola stazione frontaliera, un tripudio di veli neri sono calati sugli abiti e sulle figure di quelle donne che fino a poco tempo prima, aspettavano come me di varcare la porta d’ingresso di questo Paese, per loro casa. Il nero contraddistingue anche la strada che mi si apre di fronte, completamente inghiottita dalle tenebre, che negandomi ogni possibile visione del paesaggio circostante, mi porta a trascorrere la mia prima serata Iraniana a Urmia. Mentre sobbalzo nel taxi, che zigzagando qua e là macina strada e chilometri, mi faccio tante domande su questo paese, su quello che trovero’ e su cosa aspettarsi, e gia’ non vedo l’ora di conoscere ogni singolo dettaglio di questa terra affascinante e misteriosa che da anni sognavo.

Un’Urmia spazzata da un forte vento che trascina gli effluvi del vicino deserto mi dà il buongiorno, facendomi conoscere questa citta’ del colore del miele. Capito vicino all’affollato mercato cittadino, dove centinaia di chador neri mi circondano, si accalcano, si sorpassano veloci, sfilano davanti ad un tripudio di frutta e verdura dall’aspetto dolce ed invitante. Da ogni parte, si allungano mani ad offrirmi un’assaggio di nocciole, una mela, dell’uva che io accetto volentieri, assaporando in bocca il gusto della ma prima parola in Farsi: “Mamnoon”, grazie. Questo e’ il mio primo sguardo sull’ Iran, ma il mio intinerario mi porta solo a sfiorare questa localita’ alle porte del deserto, il mio viaggio inizia ora e mi porta lontano, nella capitale, Teheran, 600 chilometri piu’ in la. A prima vista, Teheran appare come una citta’ grigia. Grigia come gli ampi viali perennemente affollati di macchine e smog, come i palazzi austeri che formano il panorama cittadino, come le montagne che si intravedono in lontananza. Ma l’anima dei suoi abitanti non e’ dominata dal grigio, anzi! Teheran e’ una citta’ vitale, energica e piena di mille contraddizioni. Lo si avverte guardando i suoi abitanti, perche’ riflettono davvero al meglio lo spirito indomito della loro citta’. Sempre con il telefonino incollato all’orecchio e gli occhi nascosti da occhiali scure, e’ una citta’ di giovani, che non hanno niente a che fare con i severi Imam e il fondamentalismo Sciita, sono Orientali ma allo stesso tempo molto Occidentali. Uno dei posti migliore dove osservarli sono le tante case da the, luogo di ritrovo e di piacere, e sicuramente una delle piu’ belle e’ la Azari Traditional teahouse, dove oltre sorseggiare un delizioso the che qui viene servito insieme ad una ciotola piena di zucchero caramellato, aromatizzato o rigorosamente in zollette, si possono anche provare piatti tipici della cucina Iraniana quali il dizi – uno stufato di carne, ascoltando musica tradizionale dal vivo mentre tutt’intorno una nuvola di fumo proveniente dai tanti qalyan (narghile’ in farsi) crea un’atmosfera molto particolare.

E’ strana Teheran, per un’attimo sembra attirarti solo a conoscere i suoi lati piu’ nascosti, come le case da the,palazzi, come il famoso palazzo Golestan ahime’ chiuso durante la mia visita, e musei che qui sono favolosi, specie quello nazionale dei gioielli dove si puo’ ammirare una vasta collezione di gioielli appartenuti ai reali Persiani,corone, troni e perfino il diamante rosa piu’ grande al mondo. Ma poi ti accorgi che questa megalopoli dalle dimensioni infinite offre anche piacevoli passeggiate nei parchi, specie Jamshidiyeh e Mellat, tra la gente di Teheran che qui fa picnic, sport o semplicemente chiacchiera pigramente del piu’ e del meno. Offre ampie possibilita’ di shopping, basta entrare nell’enorme Bazaar e perdersi in uno dei tanti labirinti pieni di tappeti, fiori, souvenir, strumenti musicali, abiti, spezie, oro. Cattura lo sguardo con il suo monumento piu’ rappresentativo, la torre Azadi, o con i murales colorati e fortementi politicizzati dell’ex Ambasciata USA, dove la statua della Liberta’ viene dipinta come un mostro e Khomeini libera bianche colombe nel cielo.

Ma il vero Iran e’ un’altro, ed e’ quello che scopro una volta lasciata la capitale. Un paio di ore di bus attraverso paesaggi polverosi e desolati, ed arrivo a Kashan, un’oasi alle porte del deserto. Un luogo dove l’arancio e il rosa si riflettono in ogni dettaglio, intrecciandosi, sfidandosi e mescolandosi sulle facciate delle case, nel cielo, nelle ombre. Me ne da conferma il vecchio Khan restaurato (Khan e-Ehsar) dove mi fermo per la notte, con le sue mura in fango pressato che assorbono la luce del tramonto. Dopo il traffico impossibile della capitale, non c’e’ niente di meglio di godersi il silenzio, in questo caso quello della notte, seduto nel giardino privato del Khan – un giardino pieno di melograni in fiore – dove mi godo il forte gusto del the avvolto da una pace che non so stabilire quanto sia interiore o esteriore. Il giorno dopo mi perdo senza meta in un labirinto di edifici scrostati dal sole, di un rosa pallido, che assorbono la vita tranquilla di Kashan, ma che anche celano tesori meravigliosi come la casa “Abbassian”, il Khan e-Tabatabei, la casa Boroojerdi famosa per il suo tetto a punta, la stupenda moschea Agha Bozorg o il magnifico hammam Sultan Mir Ahmad, pieno di fascino e colori. Kashan invita davvero a rallentare i ritmi, a godersi la bellezza, e forse il posto che piu’ incarna questa filosofia tutta locale sono i giardini Fin, che sono la versione Persiana del paradiso in terra,e c’e’ da credergli, visto che la parola paradiso e’ una parola Persiana! Rigogliose piante e fiori si alternano a canali d’acqua che trasportano freschezza per tutto il perimetro del giardino, giocando con piscine di varie dimensioni, fontane e una miriade di pesci rossi. E’ un posto decisamente da sogno che invita davvero a sedersi sui vari tappeti colorati situati lungo alcuni canali e godersi il sole, della frutta, del the in questo luogo fuori dal tempo.

Potrei fermarmi qui per giorni o forse per sempre, ma la mia curiosita’ mi porta a proseguire il mio viaggio e andare ancora piu’ in la, verso un nome che da tempo popola i miei pensieri, Isfahan.

Conosciuta come la citta’ piu’ bella di tutto l’Iran, e forse una delle piu’ belle in tutto il Mondo, Isfahan mi accoglie sotto un cielo terso, che come per magia, si mescola con le ceramiche della piazza Naqhs e-Jahan, la grandiosa piazza che ospita edifici fiabeschi, stupendi e colorati. Il Blu intenso della Moschea Iman, quello screziato d’oro della Moschea Loftollah, quello tenue della piscina dove si riflette la maestosita’ del palazzo Ali Qapoo diventano un tutt’uno con il cielo facendo davvero di questa piazza uno dei luoghi piu’ belli che abbia mai visto. Minareti, cupole, cortili, tutto qui viene esaltato dalla bellezza, una bellezza che raggiunge l’estasi, la perfezione, in un gioco fatto di riflessi, decorazioni, dettagli. Naqhs e-Jahan e’ il cuore e l’anima di Isfahan, un luogo magico dove trascorro ore ed ore, semplicemente gustandomi la sua bellezza, facendo acquisti nel suo Bazar, seduto nei suoi giardini dove la sera intere famiglie cenano sui loro tappeti godendosi un po’ di fresco. Parlando di cena, non posso tralasciare uno dei migliori pasti fatti in tutto l’Iran, seduto sotto un soffitto coperto di specchi e vetri colorati. Il ristorante Naqhs e-Jahan si trova in un cortile dietro la Moschea Loftollah, salendo una scala che sembra arrampicarsi fino in cielo, dove una volta arrivati non si vorrebbe piu’ andare via. Si mangia su tappeti e cuscini colorati, e ancora adesso ricordo il gusto delicato ed esotico delle melanzane ripiene di fegato e succo di melograno, le foglie di vite ripiene di riso, lenticchie e spezie, il riso condito con lo zafferano e le numerose tazze di the, aggiustate con il famoso pulaki, lo zucchero tipico di Isfahan, caramellato ed aromatizzato con zafferano ed altre spezie. Un posto stupendo, da non perdere assolutamente.

Isfahan offre molto al visitatore, oltre la sua magnifica piazza e l’affollato Bazar uno non dovrebbe perdere il famoso ponte detto dei trentatre archi (conosciuto come Si-o-Se) che di recente ha perso un po’ del suo fascino, visto che il fiume che lo lambiva e’ stato deviato per coltivare lontani campi di cotone, ed ora si erge triste su di un letto secco e polveroso. Ma questo non deve scoraggiare dal visitarlo, dal viverlo, perche’ malgrado il triste destino che si e’ impossessato di questo luogo simbolo, il ponte vive. Da rifugio ad un paio di sale da the che giocano a nascondino tra i suoi archi,a gruppi di giovani, sempre rigorosamente divisi per sesso, che vengono a sedersi lungo le sue nicchie al riparano dal sole e dal caldo, a chiunque cerchi riposo prima di attraversarlo tutto per andare a Jolfa, il quartiere Armeno di Isfahan, una citta’ nella citta’. Proprio lì mi dirigo, curioso di scoprire la cattedrale di Vank, una delle chiese piu’ belle di tutto l’Iran. L’architettura dell’edificio è unica al mondo perchè è un miscuglio tra l’arte safavide del diciassettesimo secolo e lo stile di alte arcate delle chiese cristiane. L’edificio ha una cupola simile a quella degli edifici islamici e secondo gli studiosi ha influenzato e ispirato la costruzione di molti altri luoghi di culto cristiani in Iran e in Mesopotamia. Gli affreschi interni raffigurano il racconto biblico della creazione dell’universo e dell’allontanamento dell’uomo dal paradiso dopo il peccato originale in un tripudio di demoni pelosi, angeli cherubini e grassi peccatori.

Riattraverso il ponte tutto illuminato ora, visto che la notte e’ calata e per la mia ultima sera ad Isfahan decido di godere ancora una volta della bellezza della Piazza Naqhs e-Jahan, cosi’ insieme ad una manciata di pistacchi rigorosamente locali, un bicchiere appena comprato di falude, una specie di gelato Iraniano all’acqua di rose e la compagnia di Mohsen, uno studente che vuole praticare il suo inglese e che mi racconta storie sul suo Paese, mi congedo da questo posto meraviglioso che mi e’ entrato nel cuore e che sono sicuro, popolera’ spesso i miei ricordi.

Il viaggio prosegue e mi porta a sfiorare Shiraz, la citta’ delle rose e dei poeti. Vi arrivo dopo una nottata passata in autobus, e trovo una citta’ avvolta da un bagliore giallo, forte. Rumi, Attar, Hafez, furono tra i poeti Persiani piu’ famosi e ancor oggi vengono celebrati e venerati. Basta dirigersi al mausole di Hafez, sepolto qui a Shiraz, per vedere che la sua tomba e’ oggetto di pellegrinaggio. Studenti,anziani, soldati, giovani innamorati vengono qui a recitare i versi immortali del grande poeta, quasi in estasi. Ma Shiraz e’ solo una rapida sosta prima di affittare un taxi e proseguire per Persepolis e le sue maestose rovine.

Sorge in mezzo alla polvere, su di una muraglia che funge da piedistallo, sotto un caldo sole che illumina di una luce potente, quasi violenta, le sue sculture, i suoi bassorilievi. Centro del grande impero Persiano, la capitale cerimoniale degli Achemenidi, fu distrutta da Alessandro Magno a abbandonata alla polvere, che per secoli ha preservato la bellezza unica di questo sito. I personaggi scolpiti in fila sulle mura dei palazzi sono cosi’ composti e perfetti da sembrare clonati dallo stesso modello, alternandosi a unicorni, leoni che sbranano dei tori, esseri mostruosi e mitologici. Vicino a Persepolis, si trova Naqsh e-Rostem, con le tombe scavate nella roccia dei Re Dario I, Dario II, Serse e Artaserse con stupende incisioni rappresentazioni scultoree ed incisioni. E’ indubbiamente uno di quei luoghi magici che bisogna assolutamente vedere di persona per poter carpirne la potenza e il fascino. Morteza, il mio autista, insiste nel visitare anche Pasargade visto che e’ nelle vicinanze, cosi’ dopo un rapido picnic consumato ai lati di una strada lunga e polverosa, arriviamo nel luogo dove Ciro il Grande stabilì la capitale del suo grande Impero e dove ora riposa. La storia racconta che quando Alessandro Magno giunse a questa tomba, nonostante fosse deciso a distruggere tutte le vestigia dell’Impero persiano, davanti alla tomba di Ciro il Grande placò la sua furia. A fermarlo pare furono le parole dell’epigrafe che lo stesso Ciro aveva fatto scolpire: “Passeggero, io sono Ciro. Ho dato l’impero ai Persiani e ho regnato sull’Asia. Non invidiarmi dunque questa tomba”. Il cielo, che per tutto il giorno e’ stato illuminato da una luce dorata, ha iniziato a mutare i suoi colori, e lasciare che la notte si materializzi, come sempre fa.

La luna, alta e splendida in tutta la sua bellezza, mi accompagna durante il lungo viaggio verso Yazd, che raggiungo solo al mattino seguente e dove trovo una citta’ tutta colorata d’ambra. Yazd, ai confini del deserto, culla di una religione antichissima e misteriosa che e’ nata proprio qui, sugli altipiani desertici e polverosi dell’antichissima Persia, tra i nomadi. Lo Zoroastrismo e’ una delle prime religioni monoteiste apparse sulla faccia della terra, anche se nessuno sa esattamente quando Zoroastro comincio’ a praticare la nuova fede. Nello zoroastrismo l’energia del creatore è rappresentata dal fuoco. I devoti del culto solitamente pregano alla presenza del fuoco e qui, a Yazd, nel tempio che si presenta in tutto il suo candore semplice e discreto, arde ininterrottamente da piu’ di 1400 anni. Quando i miei occhi si posano oltre al vetro che la protegge, su quella fiammella che brucia in una coppa di ottone, l’emozione e’ tanta, mille domande attraversano la mia testa senza trovare, almeno per ora, risposta alcuna. Ma sicuramente il posto che piu’ in se rappresenta la storia Zoroastriana di Yazd e cela con se storie lontane, sono le torri del silenzio. Appena fuori dalla citta’, su due colline polverose e solitarie, si ergono perfettamente arrotondate due strutture cilindriche del colore del deserto. In tempi lontani i Zoroastriani venivano qui a depositare i loro morti affidandoli agli uccelli, affinche’ non contaminassero i quattro elementi sacri: terra, fuoco,aria e acqua. Oramai i Zoroastriani di Yazd non vengono piu’ qui, ci siamo solo io, il mio autista e il vento, che inesorabile, soffia rabbioso.

Mentre faccio ritorno in citta’ e mi faccio ingoiare da un dedalo di edifici ambrati che arricchiscono i miei occhi e non riesco a non paragonare Yazd a Kashan. La stessa pace, la stessa tranquillita’. E’ un posto che mi rigenera e infonde energia. Gli ultimi giorni in Iran, che passo qui a Yazd, mi regalano non poche emozioni. Una di queste, per caso, e’ avvenuta camminando senza meta, scovando in una stradina buia e stretta non lontano dal maestoso palazzo Amir Chakhgmagh, una palestra, rigorosamente maschile, dove viene ancora praticato lo Zurkhaneh, un’antica disciplina considerata come espressione non solo di forza fisica ma anche spirituale. Lo Zurkhaneh (tradotto letteralmente come ‘Casa della forza’) viene praticato in ambienti tradizionali, fortemente impregnati dei valori della religione islamica sciita.Ogni movimento in questi zurkhanehs inizia con la lode al Profeta ed alla sua famiglia. Gli atleti, a petto nudo, si esibiscono in gruppo in movimenti ritmici sollevando pesi consistenti. Il tutto avviene nel Gud, un recinto scavato al di sotto del livello del pavimento. Gli atleti vengono guidati dal ritmo del tamburo percosso da una persona che contribuisce ulteriormente al misticismo dell’evento, cantando i versi dello Shahnameh, un’antica opera poetica persiana, e di Hafez, il poeta più amato in Iran. Si puo’ assistere ad un esercizio di Zurkhaneh, a patto di pagare una piccola offerta ed osservare tutto in un rigoroso silenzio, e credetemi, sara’ un’ esperienza unica ed affascinante.

Dove ho soggiornato:

Teheran – Hotel Asya, pulito, economico per un paio di notti va benone

Kashan – Khan e- Ehsar, luogo magico dove rilassare anima e corpo

Esfahan – Ostello Amir Kabir, ottima posizione centrale. Non bisogna farsi scoraggiare dall’aspetto trasandato appena entrati, ci si sta bene. Basta solo evitare stanze che si affacciano sul cortile centrale, che e’ il luogo di ritrovo di tutti i viaggiatori che arrivano ad ogni ora del giorno e della notte…

Shiraz – Hotel Anverdi, ottimo hotel, buon prezzo e buona posizione centrale

Yazd – Yazd traditional hotel, un vecchio caravanserraglio restaurato nel cuore della citta. Davvero stupendo!



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche