Turchia, costa della Licia in caicco

Crociera in barca da Kemer fino a Kaş
Scritto da: theszath
turchia, costa della licia in caicco
Partenza il: 25/06/2012
Ritorno il: 02/07/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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La nostra vacanza in Turchia è nata un po’ per caso: cercando tra i last minute delle agenzie di viaggio durante i primi giorni di giugno 2012 l’unica idea che ci ispirava era quella di trovare un viaggio che ci permettesse di spostarci e visitare più di un posto, dopo aver perso per un soffio l’occasione di una crociera tra le isole greche in formula “roulette” con la Costa. Un’agenzia di Padova ci ha proposto un’esperienza con I Viaggi del Turchese: una crociera in caicco lungo la costa turca, con la possibilità di visitare paesi e antiche rovine, oltre che a fare il bagno in magnifiche baie. Il tutto in una formula tutto compreso 2×1 (che poi tanto 2×1 non era confrontandola con quella di altri viaggiatori incontrati durante le escursioni), che comprendeva viaggio in aereo fino ad Antalya con la Onur Air con partenza da Bergamo, eventuale trasferimento a Kemer, località turistica a poco più di un’ora da Antalya (il pacchetto era una formula roulette: fino all’arrivo in aeroporto non avremmo saputo se il caicco sarebbe salpato da Antalya o da Kemer) e tutte le altre tasse e spese, fatta eccezione per bevande, mance ed escursioni. L’idea ci è piaciuta: giusto un paio di giorni per avere la conferma che ci fosse una cabina libera ed eravamo pronti per la partenza!

Lunedì 25 giugno – CALDO

Nessun problema con il trasferimento aereo, facente scalo ad Istanbul e arrivato ad Antalya con 20 minuti di anticipo. Un po’ per fretta, un po’ perché ci avevano detto che gli Euro vengono accettati dappertutto (cosa, che come spiegherò più avanti non è del tutto vera o sempre conveniente), non abbiamo cambiato denaro all’aeroporto (e la scelta è risultata vincente, perché il cambio all’agenzia del porto di partenza è risultato più conveniente). All’uscita, superato lo shock per il caldo dopo 3 ore di aria condizionata dell’aereo, i viaggiatori si ammassavano ai punti di accoglienza dei diversi tour operator tra cui I Viaggi del Turchese, dove un incaricato italiano procedeva allo smistamento. Noi del caicco siamo stati destinati ad un pulmino diretto a Kemer, con la promessa che sarebbero venuti a spiegarci tutto a destinazione. Poco più di un’ora per lasciare Antalya e raggiungere la destinazione, contemplando nel frattempo le caratteristiche di un paese per noi nuovo: minareti e moschee al posto di campanili e chiese, un traffico dove auto più moderne si intrecciano con esemplari degli anni ’70 fin troppo ben conservati e con ruderi di moto e motorini che frequentemente è possibile veder trasportare ben tre persone od oggetti un po’ troppo ingombranti come sedie o enormi mucchi di sterpaglie. Il comandante Niyazi ci ha accolto simpaticamente, scherzando con un paio di parole in italiano e spiegandosi in un inglese non per tutti comprensibile (forse colpa più di noi turisti che sua, ad essere sinceri). Poche le regole: niente calzature a bordo, non si fuma sottocoperta, cercare di consumare poca acqua per lavarsi, divieto di portare a bordo acqua potabile (ce l’avrebbe venduta solo lui) e divieto di gettare la carta igienica nella toilette, pena l’ingorgo della stessa. Per evitare i miasmi provenienti dal cestino ci eravamo furbescamente attrezzati con una serie di sacchettini da usare volta per volta. Il problema più grosso sembrava essere rappresentato dalla temperatura (ma chi ha detto che in Turchia c’è il caldo secco? Pareva di essere in pianura Padana!), al punto da invidiare i turisti che correvano a rinchiudersi nei loro hotel con piscina ed aria condizionata. Il caicco sarebbe salpato solo l’indomani, dopo che una guida locale fosse venuta a spiegarci cosa avremmo effettivamente visitato. C’era tempo per fare due passi e scoprire che l’ufficio di cambio applicava un tasso conveniente. Per ogni eventualità abbiamo cambiato 60€, ottenendo 135 lire turche (TL). Ormai dopo il tramonto la spiaggia di fronte al porto era ventilata! Una goduria passarvi una mezzoretta prima di cena, visto che nemmeno una doccia era riuscita a rinfrescarci sufficientemente. Cena a base di bei pescioni fritti, verdure cotte e insalate di verdure crude. Eravamo un po’ prevenuti nei confronti della frutta e verdura cruda, ma la pluriesperienza in queste zone di una coppia di turisti del nostro gruppo ci ha garantito che lungo la costa non si corre il rischio di contrarre malattie alimentari o provare altri spiacevoli effetti. Il gruppo era costituito solo da italiani, io e la mia ragazza e un’altra coppia attorno ai 35, gli altri 6 tra i 45 e i 60 anni. Un bel gruppetto tranquillo per fortuna! Dopo cena abbiamo esplorato un po’ i negozi del porto di Kemer, osservato i balli scatenati improvvisati sulla spiaggia al ritmo frenetico della musica turca e schivato le decine di negozianti che uscivano dalle loro vetrine abbordandoci a caccia di affari. Dato il caldo, dormire nelle anguste cabine dotate di due piccoli oblò era impraticabile, così, attrezzati di asciugamani, siamo crollati, stremati dal viaggio, sui materassini prendisole in coperta.

Martedì 26 giugno – SI SALPA

Al mattino, dopo una ricca e piacevole colazione, abbiamo ricevuto la visita di un’incaricata dell’agenzia locale, la Ten Tour Antalya, che oltre a ripeterci in inglese le regole di bordo, ci ha elencato le destinazioni che avremmo visitato, spiegandoci che alcune richiedevano un pagamento minimo in lire turche (le rovine di Olympos, il castello di Simena e Phaselis) mentre due escursioni in pullman ci sarebbero costate 35 e 45 euro da pagare subito, qualora avessimo deciso di effettuarle. Le abbiamo acquistate entrambe. Finalmente era giunta l’ora di salpare al bordo del Kaptan Nobi! La prima tappa della crociera era costituita dalle rovine di Olympos, un tempo ricca città ellenica in seguito conquistata dai Romani, ora ridotta ad alcuni mucchi di macerie disperse tra i boschi, dove sono ancora riconoscibili alcuni sarcofaghi, le terme, il portale di un tempio e un anfiteatro. Il tempo a disposizione era poco e speravamo ci fosse qualcosa di più da vedere, perciò ce ne siamo tornati in barca un po’ delusi, attraversando la magnifica spiaggia e facendoci recuperare dal tender del capitano, pronti a salpare verso una rada isolata dove cenare e passare la notte, la baietta di Akseki, facente parte della più grande baia di Adrasan. Pranzi e cene si susseguivano a bordo al suono della campana del capitano, che ci faceva anche da cuoco, aiutato dal fido Halil, il marinaio di bordo. Il cibo non era male, se non si faceva gli schizzinosi per l’uso degli aromi leggermente piccanti, e per i cetrioli e le cipolle che venivano infilati un po’ dappertutto. L’aria era più fresca, adesso che eravamo fuori dal porto tornavano utili i sacchi a pelo per dormire in coperta, mentre le cabine erano sempre troppo calde. Pareva un sogno starsene lì sotto le stelle in silenzio, almeno fino all’arrivo di un’altra barca, con musica da discoteca a palla, che ci ha fatto compagnia fino alle 2 di mattina. Considerato che avremmo dovuto salpare alle 4, si può immaginare che gran notte di sonno!

Mercoledì 27 giugno – MAL DI MARE!

La barca è partita alle 4 di mattina perché c’era diversa distanza da coprire durante la giornata. Ancora stanchi abbiamo cercato di continuare a dormire sopra coperta, almeno finché in mare aperto le onde non sono diventate troppo fastidiose. Con onde di un metro o un metro e mezzo il beccheggio era ormai tale che la mia ragazza ha scoperto improvvisamente di soffrire il mal di mare… Troppo tardi perché facessero effetto anche i cerottini, che avevamo portato nel dubbio proprio per l’occasione: mancavano ancora due ore all’arrivo! Quando siamo finalmente giunti alla baia dove abbiamo fatto colazione la mia ragazza era pallida come un cencio e priva di forze. Era il momento peggiore per star male, perché mercoledì era giorno di escursione, e di lì ad un paio d’ore siamo stati trasferiti a Üçağız, dove abbiamo preso i pulmini per stare fuori tutta la giornata. Due ore e mezzo di curve non erano il massimo per uno stomaco già provato, ma la mia ragazza è forte e pian piano si è sentita sicuramente meglio dentro un pullman sulla terraferma che tra le onde. Durante il viaggio tra paesi desolati, terre di capre libere di circolare per le strade e infinite colture in serra di pomodori e peperoni, a volte si restava a bocca aperta nell’osservare l’asfalto delle strade sciolto dal caldo, il modo bizzarro in cui sono costruiti i numerosissimi pannelli solari sui tetti delle case (sormontati da bidoni di latta usati come serbatoi d’acqua accatastati malamente l’uno sull’altro) e dai pochi minareti di bellissime moschee che ogni tanto apparivano dal nulla. Una rapida sosta per osservare dall’alto la meravigliosa spiaggia di Kaputas (peccato non aver potuto fare un bagno lì) e dopo un altro po’ di curve siamo giunti sotto ad un sole cocente al sito archeologico dell’antica Xanthos. Le poche rovine che restano di quella che un tempo era considerata “La più grande città della Licia” non rendono giustizia al suo passato prestigio.

Credo che prima di visitare siti archeologici così sia importante studiarsi bene cosa è accaduto in certi luoghi che hanno attraversato i millenni della nostra storia, per rendersi conto di quanto quelli che a una prima occhiata da turista sembrano “quattro sassi” siano invece testimonianza di un passato in cui numerose popolazioni e grandi civiltà sono vissute, prosperate e, nel caso degli abitanti di Xanthos, hanno anche lottato strenuamente fino alla totale distruzione sotto assedio. Nell’area di Xanthos i resti più facilmente osservabili sono l’anfiteatro romano, una strada romano-bizantina e la pianta di una basilica bizantina. Sfiancati dal caldo rovente siamo rimontati volentieri sui pullmini per andare a pranzo. Il luogo prescelto, già compreso nel prezzo dell’escursione, era il Paradise Cennet Park a Saklikent e comprendeva una porzione di pesce o di pollo più la verdura a buffet. Abbiamo mangiato bene e il posto era molto simpatico, con ampi divani colorati dove riposarsi sotto i tendoni in riva ad un rigagnolo di fresche acque che rendevano anche l’ambiente piacevolmente mite. Saklikent è rinomata in Turchia per il canyon eroso da un gelido torrente fangoso, dove centinaia di turisti si ammassano per camminare nelle acque freddissime risalendone il corso, per impiastricciarsi di fango da capo a piedi alla ricerca di chissà quali virtù purificanti. Ci hanno lasciato un’oretta liberi di andare a provarne l’ebbrezza o di discenderne le acque facendo “rafting” (che per loro è scendere il torrente seduti in una ciambella gonfiabile!). Rinfrescati e/o congelati i bollenti spiriti si è ripartiti sulla via del ritorno, affrontando di nuovo due ore di curve, schivando capre e tartarughe (!) e approdando per un’ultima tappa nel porto turistico di Kaş, a caccia di souvenir tra le caratteristiche stradine ricche di bouganville, scorgendo un’antica tomba licia e senza farsi mancare il classico lamento del muezzin, che dai megafoni dei minareti invitava alla preghiera della sera. Una curiosità: in tutti i paesi che abbiamo visitato davanti a quasi ogni negozio c’era un cane o un gatto che dormiva. Il ritorno a bordo del Kaptan Nobi era finalmente desiderato, anche dalla mia ragazza ormai del tutto resuscitata, perché significava spostarsi in qualche baietta più tranquilla e fare volentieri il bagno nell’acqua che era alla giusta temperatura per rinfrescare dal calore esterno senza essere troppo fredda da essere fastidiosa. Un giro facendo snorkeling attorno ad una delle tante isolette ci ha mostrato un mare particolarmente povero di creature acquatiche: praticamente impossibile anche solo trovare una conchiglia. La sera infine ci siamo armati di Autan contro le zanzare che ci hanno attaccato durante la cena, al tramonto.

Giovedì 28 giugno – SANTA KLAUS

Chi poteva disturbare il sonno del giusto in una rada incantevole come quella? Solo le zanzare, che puntuali alle 5 del mattino si sono date da fare per la colazione. In generale dormire sul ponte non era poi così male, ma tra le luci dell’alba e questi ospiti indesiderati ci si svegliava sempre troppo presto, a meno di non avere un sonno davvero pesante! La giornata era fitta di impegni e non avevamo molto tempo per vedere le rovine semisommerse presso l’isola di Kekova: il capitano ce le ha mostrate en passant, scivolando lentamente con il caicco lungo la riva. Credo sarebbe stato piacevole effettuare un po’ di snorkeling da quelle parti, un peccato non essersi fermati. Per fortuna la destinazione mattutina non era da meno: Simena. Si tratta di un villaggio tipico, dove appena si arriva una semplice barca che qui usano ricoprire di tappeti viene a prenderti per portarti a riva dove si viene accolti da ragazzine che, mentre ti accompagnano verso la parte più alta dell’isola per visitare il castello, cercano di venderti le loro sciarpine di seta dagli svariati colori. Contrattare sul prezzo è d’obbligo e vengono accettati pure gli euro, anche se il cambio applicato è di 2 lire turche per 1 euro. Poche lire per accedere alle rovine del castello, sulla sommità del paese, da cui si può apprezzare tutta la baia di Kekova. La vista da lì è davvero mozzafiato. Lungo i pendii sorgono disordinatamente numerose tombe licie, una delle quali, la più famosa, spunta invece dalle acque del porto ed è raggiungibile bagnandosi le gambe solo fino al ginocchio. Impossibile non portarsi a casa un ricordino: la scelta è veramente vasta tra bigiotteria e tessuti e cercando con cura si possono trovare anche dei veri capolavori: nel mio caso un centro tavola magnificamente lavorato e una sciarpa di seta con inserti in lana cotta, interamente fatta a mano con un numero esagerato di ore di lavoro. Ovviamente le cose belle costano un po’ di più, ma ne valgono sicuramente la pena. Con l’occasione abbiamo cambiato altri 30 euro, sempre al cambio 2 a 1, e ci siamo gustati una spremuta d’arancia così buona da sentirne ancora la nostalgia. Ora di pranzo e di tornare a bordo, per rifocillarci in una nuova baietta, prima di essere trasportati fino alla rada di Cayagzi , dove un nuovo pullmino ci ha trasportati attraverso le infinite serre della cittadina di Demre, fino all’antica città di Myra. Ciò che ne resta è stato ricoperto da materiale alluvionale e gli scavi per riportarla alla luce proseguono tuttora. Pittoresca la necropoli, una volta a strapiombo sul mare, e l’adiacente teatro romano, il più grande e meglio conservato tra quelli che abbiamo visitato durante questa vacanza. Su internet è possibile effettuare una suggestiva visita virtuale del luogo, collegandosi al sito http://www.apeskov.ru/images/stories/Lycia/demre.html. Mezzora di libertà tra gli interminabili negozi di souvenir tra i quali spiccavano sorprendentemente diverse icone e simboli cristiani, cosa strana in un paese musulmano. Pochi minuti più tardi eccone la spiegazione: siamo stati portati a visitare la basilica di San Nicola, non lontana di lì. Nicola è stato uno dei primi vescovi della zona ed aveva spinto i propri sacerdoti a portare doni ai bambini della zona nel periodo invernale per approfittare dell’occasione per spiegare loro il Vangelo, spesso trasportandoli con slitte trainate da cani. Da lui deriva la figura di Santa Klaus, il nostro Babbo Natale. Le spoglie del santo sono state trafugate da commercianti baresi e portate in Italia, ma il culto di San Nicola si è diffuso in Russia dopo l’intervento di ristrutturazione della basilica da parte dello zar Alessandro II, figlio dello zar Nicola I. Ecco perché il luogo è diventato meta di pellegrinaggio per cristiani ortodossi russi che affollano le rovine della basilica pregando e benedicendo icone, reliquie e oggetti votivi acquistati nei vicini negozi dove per questo motivo campeggiano numerose scritte in cirillico. Siamo tornati a bordo del Kaptan Nobi affamati, sperando che il cuoco-capitano ci avesse preparato qualcosa di sostanzioso, ma ritrovandoci davanti solo i soliti piatti misti e dello tzatziki il cui gusto di aglio ci è rimasto in bocca a lungo. Serata nella baia della zona, tra una chiacchiera e l’altra, attendendo gli sms dall’Italia che ci raccontavano del successo della nazionale di calcio nei confronti della Germania, poi tutti a nanna sul ponte. Niente zanzare per fortuna.

Venerdì 29 giugno – ADRASAN

Attraccare al pontile della baia di Adrasan non è molto entusiasmante. Il battello era partito alle 4 di mattina, affrontando nuovamente le onde. Per fortuna la mia ragazza si era cautelata preventivamente con un cerotto contro il mal di mare e questa volta ne è uscita indenne, complice anche un mare meno agitato. La sosta ad Adrasan era necessaria al caicco per rifornirsi di acqua, ma la grande spiaggia sabbiosa e un paio di negozi che vendono solo qualche stupidaggine non erano così attraenti. Per fortuna dopo un po’ ci siamo spostati in una baietta adiacente per il pranzo e poi in un’altra ancora, forse la stessa della seconda sera. La giornata è stata all’insegna del relax, tra un tuffo ed una nuotata, facendo un po’ di snorkeling. Si cominciava a sentire aria di fine vacanza anche se mancavano ancora due interi giorni, con la sensazione di aver già fatto quasi tutto. I pasti erano un po’ ripetitivi, ci veniva voglia di carne e di pesce, ma il capitano non sembrava voler sfornare niente di più delle solite accozzaglie di verdure e di riso. Ci siamo consolati con dei bagni favolosi, con l’acqua tiepida che non veniva più voglia di uscire, e non sono mancate le emozioni, non sempre positive, come quando a un compagno di viaggio è scivolato di tasca l’iPhone che si è inabissato verso il fondale: ma il prode capitan Niyazi si è tuffato e ha recuperato l’ormai inutilizzabile smartcoso, mentre allo sfortunato proprietario è rimasta solo la consolazione di riuscire forse a farselo sostituire da Apple ad un prezzo ridotto. Qualcuno ha giurato di aver visto una tartaruga far capolino dalle acque, ma gli altri sono rimasti un po’ scettici, il mare da quelle parti sembrava così povero di vita… Una bella chiacchierata in compagnia e siamo tornati a dormire sotto le stelle.

Sabato 30 giugno – CARETTA CARETTA

Il caicco è salpato per la cosiddetta Pirate Bay. Era un incanto! L’acqua era limpida e per gli amanti dello snorkeling anche la fauna subacquea si faceva più interessante. E poi sono arrivate le tartarughe! Allora la nostra amica aveva ragione, c’erano davvero, erano del genere Caretta Caretta e ogni tanto facevano capolino tra le onde, anche se non sufficientemente a lungo per farsi fotografare agevolmente, tanto che si è scatenata una vera caccia a chi riusciva a fare la fotografia migliore. Nelle baie si era difficilmente soli: arrivavano spesso altri caicchi pieni di gente. Tra questi uno carico di sub che sono partiti all’esplorazione del fondale più profondo, facendo affiorare la tipica scia di bolle. Abbiamo consumato l’ormai insopportabile pranzo e siamo partiti verso altri lidi, salutati da uno scoiattolino che saltellava lungo la riva. La baia che ci attendeva, chiamata Baia Genovese, non era da meno. Il suo aspetto più caratteristico però forse sono le famiglie di pescatori, intere famiglie con genitori e bambini che abitano su una piccola barca, che appena arrivati ci hanno offerto del pesce fresco (finalmente!). E’ con curiosità che siamo rimasti a contemplarli mentre preparavano le reti per l’indomani e mentre i bambini giocavano senza paura di cadere in acqua sulla prua delle piccole imbarcazioni, illuminate da moderne lampade al led che un po’ stonavano con la semplicità della loro vita. La baia era piena di tartarughe che emergevano spesso per respirare, questa volta una bella foto non ci è sfuggita e qualcuno di noi ha pure nuotato sotto acqua al loro fianco, davvero fortunato! La cena a base di pesce ci ha finalmente soddisfatto, ci sarebbe voluta più spesso. Durante la giornata ci è pervenuta una telefonata da parte del responsabile locale dei viaggi del Turchese, ci ha comunicato una variazione sul volo di ritorno, sarebbe partito prima per effettuare uno scalo aggiuntivo ad Izmir, pertanto il pullmino sarebbe passato a prenderci alle 3 di notte (o di lunedì mattina). Un’altra giornata di bagni e divertimento, alla scoperta della natura e delle usanze locali. L’ultima piccola curiosità è stato sentire i cinghiali che di notte si davano da fare sulla spiaggia per trovare le uova depositate dalle povere tartarughe. Lì la natura è proprio selvaggia.

Domenica 1 luglio – PHASELIS

Ormai abituati a dormire in coperta con i sacchi a pelo e ad assumere le posizioni più strane per riparare gli occhi dalle luci dell’alba che ci svegliavano irrimediabilmente alle cinque ci siamo riposati piacevolmente. Nelle baie l’aria era fresca e si stava bene, ma le cabine erano solo per chi era molto freddoloso, soffocanti per gli altri. Un tuffo nelle acque accoglienti appena svegli non ha prezzo, è salute per il corpo e per lo spirito e dopo un risciacquo con l’acqua dolce sulla scaletta del caicco ci aspettava la solita abbondante colazione con il suo caffè bollente, la marmellata iperappiccicosa e la frittata poco cotta, ma comunque il pasto che più gradivamo durante la giornata. Un ultimo saluto alle tartarughe e via verso Phaselis, attraccando in una baia piena di altre imbarcazioni. Il nostro Halil ci ha scortato con il gommone fino a riva dove pagando un modesto obolo abbiamo potuto visitare le rovine di quella che un tempo doveva essere una magnifica città. Ne resta davvero poco, tra rovine della via principale, l’immancabile anfiteatro, le terme e un muro che testimonia la presenza di un tempio: sarebbe stupendo avere un sistema di realtà aumentata per poter vedere come davvero era quel posto nei suoi tempi d’oro, prima che venisse travolto dalla storia.

Era l’ultimo giorno di barca e il caicco è ripartito sulla via del ritorno, verso Kemer. Il 1 luglio era festa e il porto di Kemer era inagibile, da quante barche c’erano. Ci siamo ancorati nella baia a fianco, senza poter avere neanche l’ultima sera la libertà di scendere a riva senza essere trasportati in gommone. Un giro per negozi era però d’obbligo, quindi siamo sbarcati a caccia degli ultimi souvenir. Altra serata di caldo infernale in una città piena zeppa di turisti. La nazionale italiana stava giocando la finale contro la Spagna e in ogni negozio, quando il gestore capiva che eravamo italiani, venivamo salutati con un “ahi ahi ahi ahi” imbarazzato, visto che stavamo ancora perdendo 2 a 0. E che serata caldissima! Restavano poche ore per dormire sul caicco, visto che il pullman passava a prenderci alle 3, ma le abbiamo sfruttate intensamente, dopo aver fatto le valigie.

Il viaggio in dormiveglia verso l’aeroporto e il successivo volo di ritorno si sono svolti senza imprevisti, tutto secondo programma. In conclusione l’esperienza si è rivelata positiva, anche se in base a quanto ci era stato detto in agenzia credevamo di avere la possibilità di approdare quasi ogni sera in un porto diverso dove avere la nostra autonomia, quando invece eravamo confinati a bordo in qualche baia remota, cosa comunque piacevole. Sarebbe stata gradita anche qualche variazione in più sul cibo, se qualcuno avesse avuto i gusti difficili avrebbe trovato qualche difficoltà ad adattarsi.

Solo non eravamo preparati per il gran caldo, tutti ci avevano detto che sarebbe stato un caldo secco, invece l’umidità aumentava notevolmente la temperatura percepita. Per il prossimo viaggio sicuramente un bel posto al fresco, nell’Europa del nord!



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