Trekking di alternativo in Perù
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Salkantay Trail è un trek alternativo all’Inca Trail, con arrivo a Machu Picchu. Si tratta di un antico sentiero con spettacolari vedute del ghiacciaio Salkantay, adatto a coloro che desiderano scappare dal più congestionato Inca Trail. Il percorso attraversa le montagne andine e poi scende verso l’alta giungla amazzonica. Si passa attraverso diverse zone, dalla vegetazione alpina alla foresta tropicale, terminando con la visita del Machu Picchu, l’ultimo giorno. A nord ovest di Cusco, il Salkantay è una montagna di neve perenne alta 6.271m facente parte della Cordillera Vilcabamba. Il nome Salkantay significa “montagna selvaggia” perché è spesso incappucciata di nuvole, grazie ai contrasti con le temperature della vicina giungla amazzonica.
Premessa
Questo mio viaggio è nato quasi per caso. Mio figlio di 25 anni, uno dei tanti giovani italiani espatriati, ormai da tre anni residente in Olanda, dopo avere ottenuto la laurea e avere trovato subito lavoro, aveva deciso di prendersi 6 settimane di ferie. Un giorno mi chiama e mi dice: “papi, vado in Perù a imparare lo spagnolo, vado a Cusco 6 settimane, e ho intenzione di fare un trek; vieni a farlo anche tu?”. Non ci potevo credere, quasi una rivoluzione copernicana! Da piccolo decine e decine di proposte di gite e trek in montagna, sempre rifiutate; a 16 anni si era persino sganciato da un viaggio in Islanda, preferendo un noioso soggiorno dai parenti a Londra per imparare l’inglese; e ora mi invita ad un trek in Perù! Una proposta da prendere al volo! Annullo tutti gli impegni, e comincio un duro allenamento, per non sfigurare davanti a mio figlio e per non farmi mettere in ginocchio dall’altitudine.
I giorni precedenti
Ho trovato un volo Milano-Lima a 683 euro! Un prezzo così favorevole forse causato dalla data di partenza tristemente nota: 11 settembre. Arrivo a Cusco il 12/09. Cusco è bella, molto viva, a 3400m. s.l.m. adatta per cominciare ad abituarsi all’altitudine. Il piacere naturalmente è quello di incontrare Dario dall’altra parte del mondo. Cominciamo subito a sgranchirci le gambe ed allenare il fiato: visitiamo la Valle Sacra degli Inca e altri innumerevoli siti storici. Posti magnifici e gente cordiale. Potete trovare ottime informazioni negli altri racconti. Alla sera prima della partenza c’è il briefing; l’organizzazione si chiama “Dos Manos”, ma non è certo l’unica a Cusco. Pare quasi che tutte le agenzie vendano e organizzino le stesse cose. Le cose da portare sono sempre le stesse di un trek normale, in più abbiamo il costume e una scorta di foglie di coca come aiutino. Ci prepariamo quindi lo zaino e il cibo di scorta, comprese le immancabili caramella di coca, quasi un placebo per i momenti più faticosi. Siamo pronti.
15 settembre
Sveglia alle 3.30 del mattino. Ci vengono a prendere alle 4 del mattino. Avevamo già preparato tutto: zaino grande con sacco a pelo che saranno trasportati dai cavalli portatori, zaino piccolo per le esigenze giornaliere. Facciamo subito conoscenza con tre trentenni svizzeri di lingua italiana, molto caciaroni e simpatici. Non saranno del nostro gruppo, ma avremo a che fare con loro molto spesso. In ogni caso il viaggio in pulmino dura 3 ore e mezzo fino a Mollepata, il punto di partenza a 2800m. Lungo il percorso riesco a scorgere una cima piena di neve senza una nuvola, cosa che nei giorni successivi non si è più verificato. Appena giunti ci offrono una deludente colazione e facciamo conoscenza di 6 persone che faranno parte del nostro gruppo. Oltre a noi due, ci sono due ragazze messicane, un ragazzo rasta argentino di nome Pablo, una coppia cileno-francese molto carina, uno scozzese proveniente dalla Nuova Zelanda, dove ha vissuto negli ultimi due anni. Ci sono altri gruppi, soprattutto di americani e sudamericani, qualche francese e due bolzanini, per un totale di una sessantina di persone. Si caricano i cavalli con gli zaini, che si aggiungono a tende e a vettovaglie. Partiamo. Il percorso è subito in salita, naturalmente. Ci accorgiamo subito che vi sono degli insetti che ci accompagneranno molto spesso, simili a piccole mosche ma pungenti come delle zanzare, che lasceranno su tutti dei bei segni e ci faranno desistere dall’indossare i pantaloni corti. Il paesaggio è splendido e poco dopo i 3000 metri di altitudine la vegetazione sparisce: montagne brulle e valli sempre più profonde. Ci fermiamo per il pranzo, organizzato dal cuoco al seguito, proprio mentre scende una breve ma copiosa pioggia. Appena smette ripartiamo, il gruppo si sgretola e la stanchezza si fa sentire. In totale saranno 18 km. La valle si restringe e saliamo fino a 3800 m., davanti a noi appare una cima piena di neve di nome Nevado Humantay. Il luogo si chiama Soraypampa. C’è giusto qualche fattoria con galline e animali. Per fortuna il campo tendato viene montato sotto un’altra tenda molto grande. Appena scende il sole la temperatura si abbassa quasi a zero, il buio è immediato e ci infiliamo sotto una tettoia dove consumiamo un té e la cena, composta dall’immancabile zuppa di cereali e da un piatto unico di carne e verdura mista. E’ buio pesto, la stellata è formidabile, con la via lattea in bella mostra. Il bagno è uno solo e ci si arrangia come si può. Si va subito a nanna, con giacca a vento e cappello. Ci togliamo solo gli scarponi e si apprezza il caldo sacco a pelo.
16 settembre
Sveglia alle 5. La notte è filata via, malgrado il freddo. I nostri sacchi a pelo sono ben caldi, ma comunque era necessario tenere piedi e testa ben coperti. Facciamo colazione con mate di coca. Io sono attrezzato anche con le caramelle di coca e pastiglie di enervit. Alle 6 partiamo, è l’alba, tutti i gruppi partono e si squagliano subito. La salita è subito molto impegnativa, soprattutto per l’aria rarefatta, data dall’altitudine. Di fronte a noi si apre lo spettacolo del Salkantay, una cima di 6200m. piena di neve e ghiacciai. Non resta che mettere un passo dopo l’altro. Io utilizzo il passo Lenin, lento ed inesorabile; la salita in alcuni punti è impegnativa e mi trovo a superare quelli che sono partiti più velocemente, soprattutto gli americani. Talvolta i cavalli che portano le tende, il cibo e i nostri zaini pesanti ci superano. Con il passare delle ore, fitti coltri di nubi coprono la vista del Salkantay, ma arriviamo al passo di oltre 4600m felici e contenti di avere superato questa prova. Siamo vicini al ghiacciaio del Salkantay, ma le nuvole basse purtroppo non ci permettono di vedere le cime. Sono solo le 10.30. Le foto sono di rito. Dopo ci aspetta una discesa fino a 3000m lunghissima, per un totale di 23 km.
Proseguiamo e dopo avere macinato tanti chilometri ci si ferma ad una larga piana, con un’aquila che volteggia sopra di noi. Arrivo abbastanza sfinito; in attesa del pranzo riesco ad appisolarmi al sole appoggiato ad una roccia. Ma arrivano le nuvole e ci chiudiamo sotto un telone per il pranzo proprio quando sta per scatenarsi un mega-acquazzone. Mangiamo, ma siamo preoccupati, la discesa è ancora lunga, siamo solo a 4000m di altitudine. Io e Dario partiamo quando sembra spiovere, muniti di poncho e giacca a vento. Per fortuna dopo 15 minuti smette di piovere e scendiamo camminando con i piedi nella palta. Verso i 3500m di altitudine comincia la vegetazione, verde e fradicia, e giungiamo a Collpabamba, una serie di alcune case di lamiera, qualcuna di mattoni, in un ambiente tropicale abbarbicato sul costone di una valle. Le nostre tende e zaini sono in ritardo e non ci resta che aspettare. Chiacchieriamo e ridiamo, ma la giornata sta per finire, si scatena un altro diluvio, gli ultimi gruppi arrivano bagnati fradici e finalmente arrivano anche le nostre tende, che verranno montate subito ma sono comunque bagnate come lo sono anche i nostri zaini; solo gli indumenti chiusi in ulteriori sacchetti di plastica si sono salvati. Mangiamo con il buio e il freddo e poi andiamo subito a letto. Solito unico bagno, e unico lavandino anche per il lavaggio delle vettovaglie. Per fortuna smette di piovere e la dormita è comunque assicurata dallo sfinimento. Una grande giornata comunque, siamo tutti orgogliosi del cammino, dell’altitudine e dei chilometri percorsi, nonostante le condizioni avverse.
17 settembre
Ci svegliamo molto presto, ma più tardi del solito, alle 5.30. Colazione e di nuovo in cammino. Passiamo subito un crocevia di valli, la vegetazione è ormai tropicale, si scende di altitudine, il caldo comincia a farsi sentire: imbocchiamo una valle lussureggiante. Ci sono cascate, orchidee, farfalle, cominciano i banani che non ci lasceranno fino alla fine. Oggi abbiamo percorso solo 12 chilometri. Ci fermiamo per il pranzo presso il villaggio di La Playa. Qui il nostro cuoco si è superato. Ci ha preparato molti piatti, compreso il guacamole, e ci siamo rifocillati ben bene. Per spiegarmi meglio ci siamo fermati presso un posto che mette a disposizione tavoli e una simile cucina dove il cuoco può preparare il cibo. Ben rifocillati, prendiamo un pulmino che dopo un’ora di percorso ci porta a Santa Teresa. Qui come al solito vengono montate le tende e alle 3 del pomeriggio ci facciamo portare alle famose hot springs. Guarda caso arriviamo proprio mentre si sta scatenando un uragano. Io mi metto in mutande, non c’e ancora nessuno e mi butto dentro l’acqua proprio per evitare il diluvio, sperando che i fulmini non ci arrivino addosso. Mano a mano arrivano tutti, il diluvio diminuisce anche se non smetterà mai di piovere. Il problema sarà poi uscire, ma intanto ci godiamo l’acqua a 35 gradi, che ci permette anche di lavarci dopo 3 giorni di sudore e sporcizia. Esco dopo due ore di goduria, cerco di asciugarmi alla bella e meglio e alla fine ci vengono a prendere con il buio. Cammino a piedi scalzi nella melma, non fa molto freddo siamo solo a 1600 m. di altezza. Arriviamo di nuovo al campo, ci ricomponiamo e dopo cena andiamo persino in paese a goderci una bibita alcolica in un pub. Una serata piacevole insieme a Pablo e alla coppia argentina.
18 settembre
Oggi era previsto il percorso a piedi fino ad Agua Caliente, circa una quindicina di km. abbiamo scelto pero di fare metà del percorso a piedi, da Hydroelettrica a Agua Caliente 8 km, e di trascorrere la mattinata presso Cola de Mono, dove vi è la zip-line più alta del Sud-America; imbragati e con un percorso di funi ci si lanciava ad attraversare due valli per 6 volte. Quando è stato il momento, dopo le dovute spiegazioni e la salita a piedi fino all’inizio del primo percorso, mi sono offerto come apripista, sono sembrato il coraggioso di turno ma è solo perché me la facevo addosso dalla paura. La zip-line era molto lunga, ho chiuso un po’ gli occhi e via. Dario è arrivato subito dopo, una grande figata. I lanci sono stati sei e nell’ultimo ci si poteva mettere anche attaccati alla schiena, lanciandosi come superman. Io questo l’ho evitato con la scusa valida che avevo le tasche piene tra portafoglio e tablet, ma invero non credo che l’avrei fatto. Comunque una gran bella ed emozionante cosa.
Poi ci hanno portato in pulmino fino ad Hidroelettrica un piccolo villaggio dove inizia o finisce la ferrovia che parte da Ollantaytambo. Qui abbiamo mangiato un pranzo al sacco e poi abbiamo percorso i binari della ferrovia fino ad Agua Caliente, un bellissimo percorso tra la vegetazione equatoriale, con le montagne di Machu Picchu sopra di noi. Siamo arrivati per il caldo abbastanza sfiniti verso le 15.30. Finalmente un letto, un hotel, e una cena buona e soddisfacente, A letto presto perche domani la sveglia è per le 4 del mattino. Abbiamo persino internet e soprattutto niente pioggia.
19 settembre
Eccoci arrivati al giorno di Machu Picchu. Siamo elettrizzati. La sveglia è per le 4 del mattino. 4.30 colazione e 5 in fila per prendere il bus. Qualcuno se la fa a piedi ed è già partito, sono 400m di dislivello. Noi abbiamo preferito il bus in modo da poter fare colazione in hotel. Alle 5.30 i bus partono e alle 6 si entra. L’organizzazione generale è perfetta… quando si arriva si rimane letteralmente senza fiato. Di colpo c’e un silenzio incredibile , tutti sono basiti. Siamo tra i primi gruppi ad entrare e la nostra guida ci fa una spiega generale e ci accompagna tra le rovine, che tanto rovine non sono. È il panorama generale che è stupendo, con queste montagne a punta, i canyon profondi, il verde lussureggiante. Davvero una meraviglia che vale la pena di visitare. Quando la nostra guida Edwin ci lascia, dopo 5 lunghi giorni, noi due ci dirigiamo verso il Montana, la montagna all’estremo opposto del Wayna Picchu. Avevamo già il biglietto, non sappiamo come mai. La salita e in piedi ed è tutta un gradino, tra l’altro molto irregolari e alti. Si sale fino a oltre 3000m, quindi 600m di dislivello. Ci impieghiamo 75 minuti. La vista dall’alto abbraccia tutte le montagne, peccato solo per le nuvole altrimenti si sarebbe visto anche il Salkantay. La gente qui è poca, in cima alcuni ragazzi fanno meditazione, sembra di essere un tutt’uno con la natura. Scendiamo e ci fiondiamo al ponte inca e poi alla porta del sole. Poi decidiamo di scendere ad Agua Caliente, avendo il treno per Ollantaytambo alle 16.20. Anche qui discesa con gradini che ci distrugge letteralmente, il tempo di una birretta, anzi un litro di birra, prendiamo i nostri zaini e siamo in orario perfetto per il treno. 2 ore di treno e poi altre 2 ore quasi per Cusco. È finito il trek e siamo sfiniti, con le gambe di legno. Una buona doccia e a letto. La giornata è stata indimenticabile, Machu Picchu da non perdere, la felicita è tanta.
I giorni successivi
Dopo il trek, ultimo giorno a Cusco con mio figlio, i saluti per questi giorni indimenticabili e viaggio notturno fino a Puno, sul lago Titicaca, dove trascorrerò un giorno di gita e vacanze. Ultimi 4 giorni ad Arequipa, compresi due giorni al Canyon del Colca, il terzo canyon più profondo al mondo, dove si possono rimirare i fantastici condor svolazzare sulle correnti termiche.
Il Perù è davvero meraviglioso.