TRE SETTIMANE TRA LAOS E CAMBOGIA di II parte

Continuo il racconto di viaggio iniziato nella sezione del Laos 19/08/09 Siem Reap L’impatto con la Cambogia è stato traumatizzante, soprattutto per noi che arrivavamo da giorni trascorsi nel tranquillo Laos, la prima impressione è quella di una nazione che ha ingranato la quinta e corre a più non posso. Tutti parlano un perfetto inglese e...
Scritto da: giorgia eva
tre settimane tra laos e cambogia di ii parte
Partenza il: 19/08/2009
Ritorno il: 29/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Continuo il racconto di viaggio iniziato nella sezione del Laos 19/08/09 Siem Reap L’impatto con la Cambogia è stato traumatizzante, soprattutto per noi che arrivavamo da giorni trascorsi nel tranquillo Laos, la prima impressione è quella di una nazione che ha ingranato la quinta e corre a più non posso. Tutti parlano un perfetto inglese e hanno qualcosa da proporti, un’escursione, un giro in tuk tuk o una collanina, senza che tu abbia la possibilità di fare mente locale su cosa stia accadendo. Ed è così che, neanche arrivati in albergo, ci troviamo ad accettare la proposta del driver mandato dalla guest house a prenderci in aeroporto per l’accompagnamento ai templi nei tre giorni successivi. In realtà siamo stati molto contenti del servizio che ci ha reso, è sempre stato disponibile, parla un ottimo inglese e più che da driver ci ha fatto da guida, ma probabilmente avremmo potuto spuntare un prezzo migliore cercando da soli (78 euro per 3 giorni ad Angkor, più l’escursione al floating village e l’alba all’Angkor Wat).

Comunque, dopo poco arriviamo alla guest house scelta la Babel, di cui avevo letto molto bene in questo sito e in altri forum: effettivamente per 20 dollari a notte è un vero affare. È pulita, accogliente, con un giardino delizioso e il personale, seppure non parli italiano come promesso dal sito (il proprietario italiano era in vacanza in Italia quando ci siamo stati noi) è disponibilissimo e attento a soddisfare ogni richiesta, dai biglietti alle prenotazioni alberghiere. Insomma mi sento di raccomandarlo anche se la posizione non è delle migliori, infatti dista 20 minuti a piedi dal centro, cosa che la sera, dopo una giornata sui templi, scoraggia ad uscire. Per fortuna stare nel giardino non è un’alternativa da scartare.

Dopo il check-in concordiamo con il driver la prima gita: la foresta alluvionale di Kompong Phhluk, più distante del villaggio galleggiante di Chong Kneas, ma a detta di tutti più suggestivo, infatti qui le case sono dei veri palazzi sull’acqua, li chiamano “grattacieli” da tanto sono alti. Insomma, partiamo e dopo un’ora arriviamo a un punto dove la strada non è più percorribile con il remorque, così il nostro autista lo stacca e mi fa salire dietro di lui in moto, chiedendo a un’altra persona di portare Simo. Dopo un’altra mezz’ora di sterrato, buche e fango in mezzo a una campagna realmente incontaminata, raggiungiamo il porto, dove ci imbarchiamo per la nostra gita (20 dollari a testa per una barca tutta per noi). Superate le difficoltà iniziali (si è staccata la fune che spostava il timone e ci siamo arenati nelle piante) abbiamo navigato per 2 ore, attraversando questi villaggi stupendi, dove effettivamente le case sono sollevate anche di 5 metri su palafitte sottilissime, per poi arrivare al lago Tonle Sap e tornare ai villaggi, dove siamo anche potuti scendere per fare un giro. Anche qui i bambini parlano perfettamente inglese e chiedono soldi, per noi è stato il primo impatto con questo tipo di realtà, che sarà una costante per tutta la nostra permanenza in Cambogia.

Al rientro al porto, grazie al nostro driver, siamo riusciti a toglierci una curiosità che avevamo dall’Italia: mangiare un serpente. Per caso una signora del villaggio ne stava cucinando una decina, così ci siamo fermati ad assaggiarli, creando per la popolazione locale un curioso siparietto: non penso siano tanto abituati a vedere due turisti che si gustano un serpente tranquillamente seduti nella capanna con la gente del posto. Per questo dobbiamo veramente ringraziare Saw-I, il nostro driver che ha fatto da mediatore culturale e ci ha regalato quest’esperienza unica.

Alla sera, dopo una doccia rigeneratrice, abbiamo fatto un giro in centro, dove abbiamo trovato anche un ristorante che cucinava il serpente, così, non paghi dell’esperienza del pranzo, ci rilanciamo anche la sera in una nuova avventura gastronomica: il BBQ cambogiano a base di serpente, coccodrillo, mucca, maiale e pollo. Buono! Poi abbiamo girato un po’ per bar street e per il night market, ma rispetto a Luang Prabang non ci siamo entusiasmati, non trovando nulla che valesse la pena di comprare.

20/08/09 Siem Reap Iniziamo la nostra avventura ad Angkor nel più tradizionale dei modi, con il piccolo circuito: Angkor Wat, Angkor Thom: Bayon, Baphlon, Phimeanokas, Prah Paililay, Tep Pranam, Terrazza del Re Lebbroso, terrazza degli elefanti, Chau Say Tevoda e Thommanon. Due parole su quanto visto, anche se non penso che nessuna frase che io possa scrivere possa renderne giustizia. L’Angkor Wat è un sogno che si realizza, la perfezione, la materializzazione khmer dell’inferno dantesco nei suoi bassorilievi, è troppo anche solo per pensare di descriverlo, e soprattutto, troppo ricco per vederlo in 2 ore come ci aveva consigliato il nostro autista: ne abbiamo impiegate 3 e ce ne siamo andati solo perché avevamo ancora tanto da vedere. Altro posto che merita una riflessione è il Bayon, un posto sorprendente per le centinaia di volti che ti spiano da ogni dove, una struttura inaspettata che sfiora anch’essa la perfezione. Poi il resto, templi che non descrivo minuziosamente per non tediare chi legge, ma che ci hanno lasciato letteralmente senza fiato (per la loro bellezza e per la fatica a scalarli!). Per concludere la giornata, abbiamo scalato il Phnom Bakheng per assistere da questa altura al tramonto: bello, ma c’è veramente troppa gente e la discesa al buio non è il massimo.

La sera, dopo una cena in un ristorante vicino all’albergo andiamo a dormire esausti alle 21.30, il giorno dopo sveglia alle 4 per assistere all’alba all’Angkor Wat.

21/08/09 Siem Reap Oggi abbiamo fatto una vera sfacchinata: alba all’Angkor Wat, poi il Ta Prohm e il grande circuito: Banteam Kdei, Sra Srang, Ta Keo, Thamannon, Preah Khan, Preah Neak Pean, Ta Som, Baray e Rebon Orientale e Pre Rup.

Tanti, tantissimi posti stupendi, tantissimi scalini da salire, troppi bambini che cercano di vendere qualsiasi cosa, ma soprattutto la meraviglia del Ta Prohm, materializzazione dei sogni più arditi e reconditi che si celano in ogni viaggiatore, vedere qualcosa di selvaggio e incontaminato, come è stato scoperto nell’Ottocento. E questo è il Ta Prohm, conosciuto dai più perché qui Angelina Jolie ha girato Tomb Raider, e di una bellezza assoluta. Qui la natura e l’uomo hanno creato qualcosa di unico che non può che lasciare basiti e intontiti, pronti a scattare mille fotografie che non renderanno la magia che si è provato.

Dopo tanta bellezza la sera ci concediamo una cena in centro e io un massaggio ai piedi rigenerante (un po’ caro a 8 euro, ma qui i prezzi sono superiori a tutti i posti finora visitati) 22/08/09 Siem Reap Ultimo giorno ad Angkor: giro dei templi più lontani: Kbal Spean (dove sono scolpiti dei linga sull’alveo del fiume e dove ci siamo fatti il bagno, sembra benedetto, sotto una splendida cascata), Bantey Srei (il tempio rosa) e Bentay Samré. Consiglio a tutti di dedicare almeno tre giorni alla visita di Angkor, anche per poter raggiungere questi siti più lontani, che sicuramente valgono il lungo viaggio in tuk tuk.

Alla sera decidiamo di fermarci in hotel, dove avevano organizzato un BBQ (tra l’altro veramente economico: all can you eat a 4 dollari!). E’ stato un’ottimo modo di concludere la nostra visita a Siem Reap, il personale del Babel è proprio speciale.

23/08/09 Battabang In hotel abbiamo comprato i biglietti per il battello per Battabang (22 dollari con pick up in hotel), tragitto straconsigliato da tutti quelli che lo hanno compiuto e a cui non posso che unirmi: 5 ore di navigazione tra una natura selvaggia (attenzione ai rami che colpiscono la bagnarola, ehm… barca) e villaggi, galleggianti e a palafitta, dove si possono anche vedere i monaci che fanno la questua mattutina in barca e dove alle barche e alla navigazione è legata tutta la vita quotidiana.

E dopo questo spettacolo di viaggio si arriva in una città che uno spettacolo non è, ma che ha il pregio di essere fuori dai circuiti del turismo di massa e per questo più autentica, più povera ma anche più dignitosa, dove mi sono finalmente riappacificata con il popolo cambogiano, e dove ho ricevuto dei sorrisi che non chiedevano nulla in cambio. L’hotel Royal, 15 dollari a notte, non è il massimo, ma ha il pregio di avere dei ragazzi che organizzano dei giri in moto favolosi, per cui non posso che consigliarlo. Sera breve passeggiata e a nanna, visto che la città non offre nulla da fare dopo cena.

24/08/09 Battabang Forse una delle giornate più divertenti del viaggio. Abbiamo organizzato questa giornata in moto per le campagne alla scoperta delle tradizioni locali, per cui le nostre guide, decisamente folli, ma anche preparate e simpatiche, ci hanno portato a vedere come si prepara lo sticky rice, come si consuma il betel, un mercato dove si produce pesce secco e salsa di pesce, poi una fattoria dove vengono preparati i fogli per gli involtini primavera e il vino di riso (che poi ha un procedimento simile a quello per preparare la grappa), per arrivare all’allevamento di serpenti, dove abbiamo fatto il nostro spuntino preferito! Poi la visita si è fatta più seria, perché siamo stati alla grotta dell’eccidio del Phnom Sampeau, dove i khmer rossi hanno ucciso migliaia di persone e dove la nostra guida ci ha introdotto alla storia recente di questa nazione: io durante questo viaggio ho letto “Fantasmi” di Terzani, che mi ha aiutato a capire il paese che stavo visitando, per cui ero a conoscenza della storia, ma sentire un ragazzo così giovane che ci parlava dell’esperienza dei propri genitori ci ha profondamente toccato, perché ha reso reale quello che è difficile accettare.

Dopo pranzo il tour prevedeva momenti più spensierati: la visita a un albero dove soggiornano centinaia di enormi pipistrelli, che Buffalo Bill (una delle nostre guide) si divertiva a far volare ovunque, e il tanto agognato Bamboo Train, durante il quale abbiamo davvero incontrato un vagone che viaggiava in senso opposto, appurando che effettivamente il più piccolo viene smontato per lasciare la strada al treno con più passeggeri (che in questo caso eravamo noi, dato che trasportavamo anche le 2 moto). Alle 16 i ragazzi ci hanno lasciato in hotel, giusto in tempo per evitare un temporale monsonico di quelli impestati. Cena allo Smoking Pot, dove si mangia benissimo.

Unica nota stonata è stato il vedere dei bambini che vivono in strada e che passano la serata sniffando colla: conosco molto bene questo fenomeno, ma una cosa è vederlo nei documentari, un’altra è vedere questa triste realtà a pochi passi da te e renderti conto che si tratta di bambini veramente piccoli. Mi si è stretto il cuore, e non posso che ringraziare i molti volontari delle ONG che lavorano sul territorio e che cercano di portare un po’ di aiuto. È una goccia nel mare, ma per fortuna che esiste… 28/08/09 Phnom Pehn Al mattino di buon’ora, rischiando di perdere il bus a causa di un ingorgo provocato da un funerale di stato, partiamo alla volta della capitale, nostra ultima tappa in territorio cambogiano. Dopo 5 ore e mezza di guida spericolata su una strada fortunatamente in ottime condizioni raggiungiamo PP, dove abbiamo prenotato una stanza al Hotel Indochine 2 (27 dollari a notte), nella zona del lungofiume. L’hotel è discreto, ma con il letto più duro su cui io abbia mai dormito! Breve doccia e via, verso Palazzo Reale, fermati ogni 3 passi dai driver di tuk-tuk che ci chiedevao dove andavamo, estenuante. Comunque visitiamo il Palazzo Reale, dove spicca la Pagoda d’Argento con il suo pavimento piastrellato di lamine d’argento e le molte statue di Buddha in oro. Successivamente abbiamo fatto una bella passeggiata per la città, raggiungendo l’Arco di Indipendenza. Due parole su PP: leggendo i libri mi ero fatta l’idea di una città pericolosa e fatiscente, invece ho trovato una città a suo modo pulita, bella con le sue case coloniali rimesse a nuovo e soprattutto piena di vita. Non ho mai avuto la sensazione di stare in un posto pericoloso, pur avendo girato anche di notte a piedi in vie secondarie totalmente buie. Certo, la presenza di mendicanti (bambini o vittime di mine) è impressionante, ed è difficile camminare senza che qualcuno ti chieda dei soldi, ma questo non inficia la mia impressione positiva della città. Durante la nostra passeggiata siamo passati dal parco al tramonto e l’abbiamo trovato pieno di gente che fa sport o che, in gruppi organizzati, fa aerobica al ritmo di musica tecno. E io che pensavo di unirmi a qualche concentrata e silenziosa lezione di tai-chi! Comunque è stato bello vedere come la gente del posto si ritrova dopo una giornata di lavoro.

Alla sera, dopo una cena in un ristorante sul lungofiume, siamo andati alla ricerca del centro massaggi “seeing hands”, segnalato dalla Lonely, dove i massaggiatori sono persone non vedenti: a fatica riusciamo a trovarlo, più per le informazioni chieste per strada che per la cartina che avevamo. È stato questo un nostro modo per fare “beneficenza” in modo costruttivo, non facendo elemosina, ma permettendo anche a persone meno fortunate di guadagnare lo stipendio in modo dignitoso.

26/08/09 Phnom Pehn Sveglia di buon ora e mattina completamente trascorsa al mercato russo a fare gli ultimi acquisti, ovvero più di tre ore di shopping selvaggio e compulsivo, il posto vale veramente, ci sono tantissime bancarelle di artigianato con oggetti interessanti e a prezzi ragionevoli (ovviamente dopo estenuanti contrattazioni, siate implacabili, loro sparano alto per poi scendere anche sotto la metà). Dopo queste ore frivole, non si poteva non andare a visitare il museo Tuol Sleng, il carcere di sicurezza conosciuto come S-21, dove venivano imprigionate e torturate le persone prima di portare a morire nel campo di sterminio di Choeung Ek. Si legge che quello che colpisce è lo stridente contrasto tra la normalità del posto (una scuola) e i fatti che qui sono accaduti. È così, ma quello che mi ha tolto il respiro sono state le migliaia di foto fatte alle persone lì imprigionate, soprattutto perché i hanno spiegato che subito dopo sono state uccise. Sono stata a Dachau, in Germania, ma lì tutto era stato distrutto e si poteva solo immaginare l’orrore, qua è tutto come in quei giorni, le celle, le catene, il filo spinato, i teschi. Spero che non chiudano mai posti come questi, perché non si deve dimenticare quello che è successo, come monito a non ripercorrere le stesse follie e gli stessi orrori. Deve esserci una testimonianza, perché quello che è accaduto è talmente folle che è difficile credere che sia vero, e solo posti come questo ci sbattono in faccia la realtà. Terzani in “Fantasmi” scrive che durante il regime di Pol Pot i giornalisti non credevano ai racconti dei profughi, li consideravano delle storie assurde inventate per screditare il regime comunista, come quella che le persone che non sapevano arrampicarsi sulle palme venivano uccise perché non erano figli della terra, contadini. Beh, era tutto vero, al di sopra di ogni più sadica immaginazione, ma vero. Ed essere fisicamente nel posto dove questo è accaduto è sicuramente un viaggio nella propria coscienza ed è forse l’unico modo per capire.

Dopo tutti gli orrori dell’S-21, siamo andati a visitare il Museo Nazionale, alla ricerca della bellezza dell’arte, dopo l’orrore della guerra. Infine siamo andati al Wat Phnom, la collina di PP, dove c’è un tempio e dove vive una colonia di piccole scimmiette. Sono molto carine, ma state attenti, io sono stata inseguita da una mamma scimmia imbufalita che tentava di mordermi perché pensava che volessi avvicinarmi al suo piccolo. Peccato che io ero ferma ed è stato lui a correre verso di me. Per fortuna le mie gambe erano più lunghe di quelle di mamma scimmia e sono riuscita a mettermi in salvo… Cena in un posto stupendo, il Romdeng, una villa coloniale dove si mangia molto bene, ma soprattutto che fa parte del circuito di Friends, un’associazione che insegna a lavorare ai ragazzi di strada. Così si è serviti da gentilissimi ragazzi con alle spalle il loro tutor, che stanno imparando un nuovo mestiere. Questo è stato un altro modo per portare il nostro piccolo contributo a una buona causa. In questo ristorante è inoltre possibile assaggiare un’altra specialità cambogiana, le tarantole fritte. Essendo aracnofobica ho impedito a Simo di ordinarle, ma il tavolo di fianco le ha prese, sono enormi! A voi la scelta… Abbiamo poi concluso la serata bevendo qualcosa all’FCC, che sarà pure turistico e costoso, ma è veramente affascinante e pieno di storia, e pensare di essermi seduta nello stesso posto dove i corrispondenti di guerra si scambiavano le loro impressioni mi ha emozionato.

27/08/09 Bangkok Mattina al mercato nuovo di PP, nulla di chè, molto meglio quello russo, pranzo a base di pesce al Goldfish River Restaurant (ottimo il granchio), poi volo Air Asia (52,90 euro in due) per Bangkok. Serata a Khao San road, uno dei posti che preferisco al mondo. Adoro Bkk, e soprattutto questa zona, dove si respira, a mio avviso, un’atmosfera unica. Cena in una bancarella, un foot massage da urlo e poi a dormire, al New Siam II (973 bath la doppia), dove avevamo già alloggiato 2 anni fa.

28/08/09 Bangkok Mattina sveglia di buon’ora per andare con il battello a rivedere Palazzo Reale, perché 2 anni fa il tempio con il Buddha di Smeraldo era chiuso al pubblico e volevamo vederlo: tutto il complesso è magnifico, anche se lo vedevo per la seconda volta mi ha comunque tolto il fiato da tanto è bello.

Poi pranzo alle bancarelle fuori dal porto, e giro al mercato degli amuleti, dove abbiamo fatto incetta di piccoli Buddha portafortuna. A malincuore siamo poi rientrati in hotel per prendere le valigie e raggiungere in bus l’aeroporto per rientrare in Italia.

Mi scuso per l’essermi soffermata spesso su questioni etiche, non vorrei sembrare noiosa o petulante, ma la visita a un paese come la Cambogia non può, a mio avviso, non fare fermare a riflettere. Ci siamo realmente trovati, o per meglio dire “scontrati”, con dubbi su quale fosse la cosa giusta da fare, su quale comportamento avrebbe danneggiato meno la popolazione locale. Io non vado alla ricerca del viaggio solidale o spirituale, mi piace semplicemente conoscere cose diverse dalla mia realtà, ma mai come in questo viaggio mi sono trovata, mio malgrado, costretta a riflettere. E per questo, forse più che per ogni altra cosa, ringrazio



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