Tre settimane in Perù

Viaggio in auto tra la zona costiera (siti archeologici precolombiani, altipiani andini centrali) e quella amazzonica della valle del Rio Huallaga. Infine, visita ad Arequipa con volo interno
Scritto da: Elisabetta Pisu
tre settimane in perù
Partenza il: 11/01/2014
Ritorno il: 02/02/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ascolta i podcast
 
Viaggio di 3 settimane in auto in Perù (11/1- 1/2/ 2014)

Premesse

Siamo marito e moglie ormai anziani (77 e 65 anni) e da circa 20 anni, nel mese di gennaio, effettuiamo un viaggio, quasi sempre in America Latina, sempre da soli e affittando un’auto nel posto. Pertanto la scelta del viaggio è in gran parte condizionata dalla valutazione dei dati sulla sicurezza per i viaggiatori soli. In America Latina abbiamo visitato: Costarica (6 volte) , Messico, Cuba e Argentina (2 volte), Guatemala, Cile, e quest’anno, il Perù. Il programma generale del viaggio era un giro nella parte settentrionale del Perù che contemplasse la zona costiera con i suoi siti archeologici precolombiani, gli altipiani andini centrali e la zona amazzonica. Abbiamo escluso la visita a Machu Picchu per il rischio di problemi legati all’altitudine. Non abbiamo invece escluso, alla fine, un volo interno per Cuzco o Arequipa.

11 febbraio: Partenza per LIMA

Partiamo da Torino alle ore 7 con la compagnia Iberia e a Madrid, dopo una sosta di tre ore, ripartiamo per Lima alle 13,20; arriviamo alle 20 ora locale (-6 rispetto all’Italia), in tutto 19 ore di viaggio.

12 febbraio: LIMA

Alloggiamo in un boutique hotel (unico albergo prenotato, tutti gli altri li scegliamo sulla base delle indicazioni della Lonely Planet o “a vista”). E’ un bel alberghetto in stile coloniale, ma circondato da palazzoni di 20 piani. Lima è una città non accogliente, con un traffico caotico, dove il paesaggio urbano non è ben identificabile: case coloniali soffocate da palazzoni, mare grigio, spiagge terrose, le “scogliere” su cui sorgono i quartieri migliori, Mirafores e Barranco, sono in realtà nudi dirupi di sedimenti di ciottoli e sabbia che franano inesorabilmente verso il mare. La cosa che più caratterizza la città è la foschia perenne (garrua) in cui è immersa. Ci consola la passeggiata sul promontorio de La Punta, dove al ristorante Manolo ci servono un meraviglioso ceviche e un ottimo Malbec. Ma il ricordo più bello di Lima è la visita al museo Larco, ricchissimo, ben allestito e collocato attorno ad un bellissimo giardino. Nell’elegante caffetteria ci sediamo a bere il primo Pisco Sour.

13 gennaio: CASMA

Ritiriamo la piccola 4x all’aeroporto e imbocchiamo la Panamericana Norte che costeggia il Pacifico in direzione dell’Ecuador. Per i primi 50 km attraversiamo una anonima (e sporca) periferia urbana, e quando ormai temiamo che il Perù sia solo questo, inizia un deserto immacolato di dune chiare, con la sabbia che spazza la strada, spinta dal vento. Siamo diretti a Casma, ma all’altezza di Barranca ci fermiamo a visitare il sito preincaico di Caral, di recente scoperta, che risulta il più antico del Perù (5000 a.c.). Seguiamo rapiti una guida che sembra un re Inca, alto e asciutto, occhi intelligenti, che ci spiega quel che vediamo: una vastissima area che comprendeva 12 templi di pietra attorno ad un anfiteatro, solo due templi per ora sono stati scavati, gli altri si intravedono, ancora coperti dalla sabbia. Lontano, il verde della valle dove abbiamo visto coltivazioni estese di asparagi, canna da zucchero, filari di passiflora (il frutto vi viene offerto con il nome di maracuja). Arriviamo a Casma e troviamo un albergo non di lusso ma piacevole, con un bel giardino interno ombreggiato da manghi giganteschi e avocadi. La Lonely Planet consiglia il ristorante El Tio Sam, cino-peruviano. Il menù offre poco e il ristorante non ha neanche quel poco, optiamo per pollo e patate fritte, e mentre ci sfamiamo davanti ad un grande televisore a tutto volume, io LO VEDO… è un’ombra rapida che scende verticale sul muro lungo il filo elettrico e sparisce dietro un frigorifero. Penso di essermi sbagliata… ma dopo circa 15 minuti lo vedo risalire… un topone di 20 cm… chissà se ha mangiato meglio di noi…

14- 15 gennaio: TRUJILLO

Partendo da Casma visitiamo al mattino il sito di Sechim, disposto su una collina, completamente adorno nei suoi muri esterni di bassorilievi di pietra raffiguranti guerrieri e prigionieri, a dimensioni reali: teste e braccia mozzate, intestini che si srotolano, fiotti di sangue dagli occhi, dalle bocche e dai cranii… (finalmente comprediamo l’aggettivo usato dalla guida: raccapriccianti). Grandioso, assolutamente da vedere. Proseguiamo il viaggio verso Trujillo, paesaggi desertici si alternano a estese zone coltivate a canna da zucchero e riso, il traffico è modesto, quasi esclusivamente costituito da grandi camion. Ogni tanto si vede il mare, le spiagge sono più belle che a Lima, a Chimbote il porto pieno di pescherecci (ci sono fabbriche di mangimi, e aleggia un odore di acciughe sotto sale…). A Trujillo alloggiamo per due notti in un bell’hotel a due passi dalla linda Plaza des Armas. Tutto il centro è di epoca coloniale, molto ben conservato. Abbiamo diversi siti da visitare vicino a Trujillo: Chan Chan, il più famoso, il più grande, tutto in adobe, adorno di disegni fatti in rilievo sul fango, si può visitare bene senza guida. Con lo stesso biglietto vediamo altre due tombe più piccole (Huaca la Esmeralda e Huaca Arco Iris). Il problema qui è trovare i siti, perché non ci sono assolutamente indicazioni né turistiche né stradali….. Capiamo adesso perché la Lonely Planet propone solo percorsi in treno, autobus e taxi. Con enorme difficoltà raggiungiamo l’ultimo sito, la Huaca della Luna, adorna di bassorilievi che hanno mantenuto gli intonaci colorati, bellissimi, ne valeva la pena. Qui per la prima volta facciamo la conoscenza dell’antica razza di cani peruviani glabri (biringos), molto mansueti, gli unici a cui è permesso di girare liberamente all’interno dei siti archeologici.

16 gennaio: CHICLAYO

Partiamo da Trujillo in direzione di Chiclayo. Ci fermiamo a vedere il mare, tra le scogliere nere una spiaggetta piena di conchiglie, c’è un intensissimo odore di pesce e molluschi. Ci fermiamo per una sosta a Pacasmayo, una cittadina con un lungomare in stile coloniale ed un lunghissimo molo, tanti ragazzi fanno surf sulle onde. Arriviamo a Chiclayo e ci fermiamo ad un hotel senza infamia né lode. La città è caotica, sciatta e rumorosa, unica consolazione la cena al Fiesta, un ristorante esclusivo, dove in particolare abbiamo apprezzato il Pisco Sour preparato al tavolo e un ceviche scottato e servito su foglie di mais.

17 gennaio: Musei delle Tombe reali di Sican e Sipan. La mattina la dedichiamo a visitare il vicino museo di Ferrenafe, con il tesoro della tomba di Sican e poi quello di Lamabayeque, con il tesoro della tomba di Sipan. Tutti e due da non perdere. Contengono gli ornamenti che sono stati trovati sui corpi di questi due re, delle mogli, sacerdoti e capi militari sepolti con loro. Valgono da soli un viaggio in Perù. Al pomeriggio abbiamo ripreso la panamericana verso sud e siamo tornati, per dormire, a Pacasmayo, camera con vista sull’oceano e sul lunghissimo molo dove la gente va a pescare. Sulle onde tanti ragazzi che fanno surf, il rumore delle onde del Pacifico è piacevolmente assordante.

18-19 gennaio: CAJAMARCA

Partiamo verso Cajamarca, da 0 a 3000 m slm. La strada è asfaltata, si inerpica lungo il percorso di un bel fiume, attorno terrazze di risaie e tanti alberi di mango carichi di frutti maturi. Il traffico è scarso, si va bene sui tornanti, in alto non ci sono più coltivazioni, spuntano grandi agavi e cactus a candelabro. Arriviamo a Cajamarca, bella città distesa in una conca verde. Sentiamo un po’ di affanno per l’altitudine. La città è viva, al mercato molte famiglie di campesinos, le donne in costume, i bambini bellissimi. Scendiamo in un hotel in stile coloniale con finestre sul giardino, dove ci fermiamo per due notti. La città, oltre che bella, è pulita e ordinata, non si parcheggia nel centro. Bella la Plaza des Armas, la Cattedrale e il complejo di Belen. Siamo in pieno carnevale, ci sono bande di ragazzi che si lanciano palloncini d’acqua, ovviamente sono le ragazze i principali bersagli… ma spesso a farne le spese sono anche i passanti.

20 gennaio: CHACHAPOYAS

Iniziamo il viaggio per raggiungere l’Amazzonia. Decidiamo di raggiungere quella zona non con l’interamericana, ma affrontando il percorso interno che passa attraverso due valichi sopra i 3000 m, con prevista tappa a Chachapoyas . La strada è asfaltata, ma molto stretta, con pareti franose e a strapiombo sulla valle, senza protezione sul dirupo. In cima, anche le nubi sulla strada. Per fortuna il traffico è molto scarso, ma sono 10 ore di guida guida stressante. Il panorama è bello, ma questo itinerario è sconsigliabile per i rischi evidenti. Arriviamo cosi’ a Chachapoyas alle sette di sera (un po’ tardi, cerchiamo sempre di raggiungere la meta prima del buio) e alloggiamo in un hostal del centro.

21-22 gennaio: verso l’Amazzonia

Partiamo alle 9, prendendo la panamericana che si dirige verso la zona amazzonica di Tarapoto. A pochi chilometri da Chachapoyas ci siamo fermati per visitare la cascata di Gocta, classificata come la seconda cascata più alta del mondo (770m). La Lonely Planet la definisce “facilmente accessibile attraverso un sentiero”. In realtà è una bella fatica, un sentiero con ripide salite e altrettanto ripide discese, e a quell’altezza (circa 2000 m) se non si è tanto giovani, l’affanno è sicuro. Al ritorno la fatica sembra decuplicata. Per fortuna la guida che ci accompagna è attenta e comprensiva. Si può fare a cavallo, se avete la nostra età ve lo consigliamo. E’ troppo tardi per raggiungere Tarapoto, siamo sfiniti, per cui ci fermiamo a Pedro Ruiz in un triste albergo sulla Panamericana. Ripartiamo la mattina per Tarapoto. Il paesaggio adesso è nettamente tropicale, entriamo all’interno di una zona protetta, ammantata da una fitta giungla, alle 17 arriviamo a Tarapoto, con il programma di andare l’indomani a Yurimaguas, che ha il porto fluviale sul rio Huallaga, un affluente del rio delle Amazzoni. Tarapoto è una città torrida, piuttosto caotica e non bella, ma la cena al ristorante Patarashca è ottima: una zuppa di pescado e camarones su foglia di banano aromatizzata dal coriandolo fresco.

23 gennaio: YURIMAGUAS

Partiamo, insonnoliti e sempre doloranti per la camminata della cascata, alla volta di Yurimaguas. Piove a dirotto, la strada penetra in una bellissima giungla, da cui escono cascate di acqua rossastra, alcune invadono la carreggiata. Per due volte dobbiamo guadare un vero e proprio torrente di fango. C’è anche il pericolo frane, per fortuna viaggiamo in gruppo con un camion e altre tre auto, e ci facciamo coraggio a superare gli ostacoli. Lo spettacolo è grandioso, la giungla gronda di acqua e a lato della strada scorre il fiume fangoso che vediamo gonfiarsi progressivamente. Poi la giungla si dirada e compaiono paesi con capanne di palma e infine si arriva a Yurimaguas. Qui ci fermiamo in un bell’albergo di legno con vista sul grande rio Huallaga, uno dei grandi fiumi che vanno a confluire nel rio delle Amazzoni. Da qui si può arrivare in barca fino a Iquitos (668 km in 5-6 giorni), noi pensiamo di fare un giro più breve.

24-25 gennaio: TARAPOTO

Il giorno dopo il tempo è decisamente migliorato e pensiamo di fare il giro in barca fino a Lagunas, ma risulta che la barca è già partita alle sette, e non ci sentiamo di passare un altro giorno qui, in questa cittadina sporchina e sciatta. Se avete il programma di fare il giro in barca o vedere la vicina riserva di Pacaya Samiria (è l’unico rimpianto del viaggio) prendete subito, dalla sera prima, contatti con un’agenzia viaggi. Arrivati nei pressi di Tarapoto, decidiamo di fermarci in un lodge indicato dalla guida e facciamo bene, perché è bellissimo, dentro la giungla e davanti al rio Huallaga, prendiamo una suite che si affaccia direttamente sul fiume, una meraviglia, con una bella piscinetta, un comedor all’aperto (anche la cucina è all’aperto, sotto un tetto di palma, davanti a noi, e si sentono dei buoni profumi), si può fa un giro sul fiume con la barca e delle belle passeggiatine intorno. Abbiamo deciso di rimanere per un altro giorno in questo bel posto. Il tempo è bello, siamo praticamente soli nel lodge, e sentiamo il bisogno di riposarci. Facciamo un giro a piedi, ma fa troppo caldo, con l’auto raggiungiamo il paese vicino (Chazuta), dove la strada finisce. C’è un bel torrente dove tanti fanno il bagno e le donne lavano i panni. Il paese è povero, sempre con i tetti di palma, la gente è cordiale, i bambini sempre belli. Sul rio Huallaga tante barche strette e lunghe, trasportano qualsiasi cosa, una è piena di mattoni. C’è una rivendita di bella ceramica artigianale, compriamo due ciotole.

26 gennaio: viaggio di rientro a LIMA

Alle 8 un’ottima colazione, e poi partenza per Tingo Maria, verso Lima, abbiamo deciso di nuovo di fare una strada alternativa alla panamericana, che passa per gli altopiani. Dopo pochi chilometri ci attraversano la strada due animaletti neri che sembrano scoiattoli, ma hanno la faccia bianca, sono due scimmiette minuscole, una si arrampica sulla scarpata, riesco a fotografarla. Mi viene da pensare a che cosa abbiamo perso a non riuscire a visitare un parco amazzonico… Percorriamo circa 600 km, il paesaggio è sempre tropicale, si risale la valle del rio Huallaga, ma ci sono ampie zone coltivate a papaya, cacao, banani, palma da olio, le coltivazioni sono delimitate da file di alte palme da cocco. Arriviamo a Tingo Maria, ci dobbiamo accontentare di un albergo modesto sulla piazza invasa da un luna park. E’ domenica, c’è tantissima gente, molti giochi sono gestiti da bambini.

27- 28 gennaio

Siamo partiti da Tingo Maria per affrontare la seconda tappa del nostro rientro a Lima, passando per gli altipiani centrali. Sono circa 500 km, speriamo di farli tutti in giornata. La strada è in salita, il paesaggio è ancora splendidamente amazzonico. Salendo entriamo letteralmente nelle nubi, per una trentina di km si va a passo d’uomo, e in più alcune auto e camion vanno a fari spenti, poi, improvvisamente, il cielo azzurro e scarpate di montagna coltivate ad ortensie. Continuiamo a salire fino al passo di Cerro de Pasco, 4300 m slm. È finita la foresta, c’è una vegetazione bassa, con grandi agavi fiorite. C’ è una indicazione imprevista per Lima, 200 km invece che 300, imbocchiamo quella strada, è asfaltata. Si percorre un grande altopiano di pascolo, e iniziano a d apparire prima greggi di alpaca e poi di lama, li fotografiamo prima da lontano e poi sempre più da vicino. Inizia anche uno spettacolare paesaggio di rocce, una riserva naturale che si chiama Bosque de Piedras. Al villaggio successivo ci dicono però che la strada per Lima è chiusa, forse per lavori, non capiamo bene… Facciamo inversione per riprendere la strada precedente, ma nella manovra urtiamo contro un grosso masso. Dopo qualche chilometro si accende la spia dell’olio e ci accorgiamo che perdiamo acqua dal radiatore. E’ chiaro che dobbiamo fermarci. Vivremo così una esperienza abbastanza stressante ma anche una testimonianza di grande umanità. Arriva infatti un pick-up, facciamo cenno di fermarsi, e, per fortuna, accostano dietro di noi. Scendono tre uomini, di cui uno è meccanico (!). Si decide di trainare l’auto al paese. Arriviamo al paese, che si chiama Vicco (4200 m slm) ed entriamo in un vasto cortile, che è la casa della famiglia del meccanico. Qui ci vengono incontro gli anziani genitori, che ci fanno subito entrare nella cucina, bella calda con un forno a legna acceso, c’è una signora ancora più anziana e due giovani donne di cui una ha un fagotto sulle spalle con un neonato che dorme. Tutti ci stringono la mano, le donne mi baciano. Ci fanno accomodare al grande tavolo, ci offrono una tisana calda. Accorrono anche tre bambine di 5-6 anni, tutte ci stringono la mano, allegre e curiose, hanno le guance color ciliegia matura, un po’ scorticate dal vento. Il fiato è corto e ci tremano un po’ le gambe. Sta arrivando il buio, non sappiamo come fare, è evidente che in questo paesino non ci sono alberghi…

Poi arriva Pedro, uno dei tre, che fa il geologo e lavora agli scavi in un sito archeologico qui vicino, e ci dice che cercheranno di aggiustare la macchina per domani mattina, e che lui sa già come alloggiarci. Alla fine capiamo che ci offre la sua camera con bagno, lui si sposta nella camera di un collega. Ci accompagna ad una tienda per comprare qualcosa da mangiare, e alle nove siamo a letto con quattro coperte, non soffriamo il freddo ma il respiro è corto e compare una cefalea frontale che non ci abbandona più. Notte completamente insonne.

Alle sette e mezza del mattino siamo nel cortile dell’autista, il fratello minore sta provando l’auto. Tutto a posto, il radiatore è stato riparato, non perde più. Recuperiamo gli zaini, paghiamo il meccanico, il fratellino invece vuole in regalo il cappello da pioggia di mio marito, glielo diamo volentieri, e se ne va gongolante con il cappello in testa… Salutiamo commossi Pedro e tutti gli altri, e ripartiamo alla volta di Lima, non vediamo l’ora di ritornare a più bassi livelli. All’inizio la strada sale ancora, arriviamo ad un passo a oltre 4800 metri, poi la strada finalmente scende, a tornanti: 3500, 3000, 2500. Dopo due ore finalmente respiriamo a pieni polmoni…

La periferia di Lima è infinita, la strada diventa più sporca e compare la foschia caratteristica della capitale. Con grande difficoltà (il traffico di Lima è pazzesco) arriviamo alle 18,30 alla dove consegniamo volentieri l’auto.

29-31 gennaio: AREQUIPA

Alle 11 siamo in aeroporto, dove acquistiamo due biglietti di andata e ritorno per Arequipa (solo 2300 m slm) per trascorrervi gli ultimi 3 giorni. Il volo della LAN parte con un ritardo di un’ora. Arriviamo in Arequipa, la città è veramente bella, tutta bianca di pietra Sillan, alloggiamo in una costruzione in pietra vicina alla plaza des armas, l’hotel Tikari, che risulta confortevole e molto comodo. Usciamo a fare un giretto, entriamo nella cattedrale, e poi andiamo a cena al Chicha, un elegantissimo ristorante dove mangiamo una cucina peruviana rivisitata molto bene. 30 gennaio. Dedichiamo il primo giorno a girare in città. Vediamo cosi il museos santuarios andinos, dove è custodito il materiale riguardante la Princesa Juanita e altre bambine Inca sacrificate per placare i vulcani vicini. Interessante e anche suggestivo. Al pomeriggio abbiamo visitato il monasterio di santa Catalina, una sorta di cittadella che dal 1600 è stata sede di un convento di clausura. Grandissimo, una visita lunghissima, molto interessante e bella. Da non perdere. Prenotiamo una gita per l’indomani al mirador del condor, con autista e guida. Cena di carne alla Parrilla dello Zingaro, discreta.

31 gennaio

Sveglia alle 4,30, partenza alle 5 con la brava guida in lingua italiana e l’autista, che guida masticando foglie di coca. Dopo 3 ore siamo a 4900 m slm, una strada tra altipiani e montagne aride, dove pascolano le vigogne e, nei laghetti, nuotano oche andine. Tutt’intorno i grandi vulcani innevati: Hualca Hualca, Sabancaya, Ampato, i primi due esibiscono anche un bel pennacchio di fumo. Poi si scende a 3500, al bordo di un canion nella Valle del Colca, spettacolare. È qui che si formano le correnti ascensionali che permettono ai condor di librarsi. Dopo una decina di minuti, eccoli, splendidi, specie quelli adulti che sono neri e bianchi, con il collare. Sono almeno sei, la maggior parte sono esemplari giovani, ancora color marrone. Una bella fortuna, stiamo a ammirarli per un’ora, riusciamo a fotografarli in volo. Al ritorno ci fermiamo a Maca a vedere una bella chiesetta in stile meticcio, e poi anche a Yanque. Il paesaggio è bellissimo, i fianchi della valle sono terrazzamenti risalenti agli Inca, irrigati e coltivati ancora tradizionalmente dalle popolazioni andine a fave, grano, quinoa, piselli.. Ci sono tanti lama e alpaca al pascolo o dentro recinti di pietra. 1 febbraio. Oggi abbiamo ancora la mattina libera ad Arequipa. Riusciamo a vedere la casa-museo Villalobos, raccomandata ieri dalla nostra guida, la cosa più pacchiana che abbiamo visto in tutto il viaggio.. Vediamo ancora una bella casa del 700 che adesso è sede della banca BVA continental e i tre bellissimi chiostri accanto alla iglesia de la compania. Poi rientro in albergo e corsa in taxi per l’aeroporto, con un ultimo sguardo ai vulcani innevati. Il volo della Lan parte di nuovo con un’ora di ritardo (attenzione se avete delle connessioni!), ma riusciamo ad arrivare in tempo per il volo Iberia per l’Italia.

RACCOMANDAZIONI

Il viaggio in auto è sempre bello ma in Perù presenta qualche problema in più rispetto ad altri paesi. Le strade sono buone, ma ci sono zone sterrate per cedimenti geologici, e, se piove tanto, vi dovete aspettare frane e allagamenti, per cui il 4x è consigliabile. Inoltre potrebbe essere consigliabile avere il navigatore, per la assoluta carenza di indicazioni stradali e turistiche. Infine, consigliamo di scegliere un’auto diesel, noi avevamo un’auto a benzina 95 e abbiamo avuto difficoltà a reperirla fuori dai grandi centri. Potrebbe anche essere utile prevedere un’assicurazione che copra i propri danni, con franchigia.

SPESE SOSTENUTE: oltre ai biglietti aerei (costo variabile da compagnia a compagnia e secondo la tratta scelta) ed al noleggio auto (circa 1000 euro per 3 settimane) le spese vive sono state di circa 3000 euro in due.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche