Tra i parchi della Tanzania
L’anno precedente avevo visitato il Kenya (Watamu, lo Tsavo East e l’Amboseli) e questa volta ho deciso di esaudire questo mio grande sogno…. così prenoto l’aereo tramite la mia Agenzia di fiducia ad Imperia (meglio non rischiare mai con il volo…e poi capirete perché…), prenoto un safari di 14 giorni in Tanzania contattando un’agenzia tanzaniana, e mi preparo guardando decine e decine di video sul web…ma la realtà supererà la mia immaginazione.
Riguardo al volo, è meglio non rischiare, come ho detto prima: pochi giorni prima della partenza, vengo avvisata che il volo tramite Kenya Airways che avevo prenotato è stato cancellato!!! Panico: meno male che la mia agente di fiducia riesce a dirottarmi su un volo Ethiopian Airlines e tutto finisce bene, senza spendere un euro in più (circa €900 a/r), ma se avessi dovuto sbrigarmela da sola tramite internet, non so se ci sarei riuscita…anzi, sicuramente no!
Comunque, si parte!!! Questa volta, ho deciso di fare il viaggio nella maggior economia possibile. Infatti, partirò in tenda e sacco a pelo!!! Dormirò in campi tenda “mobili”, cioè si smonta e si rimonta la tenda ogni giorno in posti diversi, e avrò con me un cuoco ed un autista che guiderà la Jeep.
Mi avevano detto che non era possibile visitare i Parchi Nazionali in modo autonomo, invece poi scoprirò che non è affatto vero….leggerete in seguito.
Per arrivare ad Arusha, faccio cambio di aereo ad Addis Abeba, ma quando finalmente arrivo….ecco, finalmente sono in Tanzania!!! ed è il mio compleanno: quale miglior regalo potevo ricevere???
All’aeroporto viene a prendermi il mio autista dell’agenzia “Active Tanzania”, contattata tramite internet: mi porta direttamente nel loro ufficio, dove saldo in dollari il rimanente importo. Dall’Italia, avevo dato un acconto, ora volevano il saldo…e così faccio: in tutto spendo la bellezza di circa € 1500, mentre altri Tour Operator Tanzaniani e di varie parti del mondo mi avevano chiesto cifre stratosferiche, proponendomi Tour in Lodge o Campi Tendati Permanenti, sconsigliandomi quelli mobili per, a sentire loro, ragioni di sicurezza!!! Invece, non rimpiango affatto l’esperienza nei campi mobili: è stata stupenda ed arricchente (poi capirete perché..)…e mi ha permesso di risparmiare notevolmente e di allungare il mio soggiorno.
Mi portano in un lodge (solo per la 1° e l’ultima notte), l’”Outpost Lodge”, carino e ben tenuto.
Al mattino dopo, partiamo per l’Arusha National Park. La prima cosa che mi colpisce è il freddo: non ero preparata a temperature così basse. Sapevo che a luglio in Tanzania è inverno, ma….cavoli, fa davvero un freddo boia!!! Quando entriamo nel parco, comincia la meraviglia: subito, attraversiamo un tratto di foresta e veniamo circondati da gruppi di babbuini e colobi, poi arriviamo alla pianura e qui vediamo impala, zebre, giraffe (qui c’è la più alta concentrazione al mondo) e bufali…ma ancora nessun felino. Facciamo un piccolo safari a piedi (“walking safari”) e ci avviciniamo ad un gruppo di bufali che bruca tranquilli, fino a raggiungere una piccola, ma sorprendente cascata, dove facciamo le nostre foto di rito e ci riposiamo un attimo. Intorno, ci sono alberi dalle radici impressionanti, esterne al terreno, che scendono come liane dalle pareti circostanti, tipo quelli che si vedono ad Angkor Wat, avete presente???
Tornati alla Jeep, veniamo portati ad un lago piuttosto grande, il Lago Momela, dove vengo caricata su una canoa a due posti per fare un bel giro assieme a una guida locale. Dopo aver pagaiato per un bel po’ di tempo, la prima sorpresa: girando ad un’ansa del lago, ci ritroviamo nel bel mezzo di un gruppo di fenicotteri rosa che, appena ci vede, prende il volo e ci circonda: è stato fantastico!!! La mia guida poi mi porta verso dei nidi vicino alle sponde ed in mezzo all’erba mi fa notare un pitone che immediatamente scivola via lontano da noi…. Potrebbe già sembrare abbastanza per il primo giorno…e invece no: comincio davvero ad aver paura quando la guida mi fa notare che da un lato della mia canoa c’è una madre ippopotamo con il cucciolo! Cavolo…e se ci attaccasse??? Chiedo immediatamente alla guida di portarmi ad adeguata distanza di sicurezza e così riesco finalmente a tranquillizzarmi e a fare qualche foto. La sera, dormo al “Twiga Campsite”, campeggio davvero ben attrezzato, con docce come si deve e corrente elettrica, solo però nell’ufficio della “reception”. Basta comunque chiedere e le signorine all’interno vi permetteranno tranquillamente di sfruttare le loro prese per ricaricare le vostre batterie.
Il giorno dopo, si parte per il Lake Manyara. Come la maggior parte dei laghi in Tanzania, è un lago salato. Intorno c’è una piccola foresta popolata da colobi e babbuini, ma anche da elefanti, uccelli vari (per esempio, vediamo un bellissimo bucero trombettiere che imbocca i suoi piccoli da feritoia di un albero), impala, zebre, giraffe, struzzi, gnu e ippopotami…ma ancora niente felini.
Si riparte per il Lake Natron e subito dopo aver montato la tenda e fatto un buon brunch al Lake Natron Campsite (Moivaro), vengo scortata da un Masai che mi porta al centro di questo stupefacente paradiso vulcanico. Tutt’intorno, il terreno è formato da terra scura, con una crosta di sale che scricchiola sotto i nostri piedi, rendendo tutto molto suggestivo e lunare. Arrivati al centro del lago, saliamo su di una collinetta e qui…la meraviglia: siamo circondati da migliaia di fenicotteri che, con i piedi a mollo nell’acqua alcalina rimasta, si stanno cibando e formano macchie rosa a perdita d’occhio intorno a noi. Il loro color rosa spicca sul suolo nero e sulla poca acqua. Sembra davvero di essere in un panorama surreale. Dopo aver assistito ad un tramonto meraviglioso, si torna al campo. Intorno alla mia tenda, trovo piccole scimmiette che si disputano briciole di resti avanzati dai turisti e che vivono sugli alberi che circondano il campo. Qui conosco un signore neozelandese che con il figlio sta facendo il safari in motocicletta, scortato da una Jeep che li accompagna. Sono mesi che stanno girando l’Africa in quel modo e in me scatta un grande invidia.
Ed ecco arrivato il grande giorno: Serengeti!!! La pianura infinita, la chiamano gli abitanti del posto, ed è proprio così: sterminate distese di savana a perdita d’occhio, migliaia e migliaia di gnu e zebre in fila indiana che camminano in gruppo per raggiungere il Masai Mara (spettacolo davvero impressionante), gruppi di leonesse con i piccoli che si sfamano intorno ad una carcassa di okapi (ne ho contate 16 tutte assieme!!!), avvoltoi e marabù che spolpano un’altra carcassa, famiglie di iene che attraversano la strada davanti a noi, mentre una di loro allatta il proprio piccolo….e poi elefanti, ghepardi, manguste, leopardi appollaiati sugli alberi…di tutto di più!!! La cosa più straordinaria è che per ore e ore capita di non vedere niente e ti fai prendere dallo sconforto, poi improvvisamente sbucano dal nulla gruppi di animali in quantità impressionante ed i tuoi occhi si alluminano e ti fai prendere da un’euforia sempre più crescente. Potrà capitarvi, come è successo a me, di assistere alla caccia di un ghepardo che cerca di afferrare un’impala e che purtroppo fallisce nell’intento; o di vedere decine di ippopotami a mollo nelle acque degli stagni, circondati da coccodrilli, dall’aria per niente amichevole, che cercano di catturare qualche zebra che tenta di abbeverarsi: fantastico!!..e il tutto, a pochi metri dalla nostra jeep!! Riusciamo a vedere anche un leopardo appollaiato sul proprio albero, intento a mangiare la sua preda, un impala. Insomma, quello che vedo, riempie la mia mente e vi resterà indelebile per sempre.
Nel Serengeti, ho dormito presso il Lobo Campsite e il Seronera Campsite, entrambi piuttosto spartani (soprattutto il primo), ma ben organizzati, anche se la corrente elettrica e la doccia calda sono un lusso che devo dimenticarmi, ma ne vale davvero la pena: attorno alla tenda, scorgo animali che tentano di avvicinarsi per rubare un po’ di cibo lasciato dai turisti, ma che tutto sommato non creano alcun problema, anzi, rendono il tutto ancor più emozionante! Al Lobo, calata la sera, fa piuttosto freddo perché il vento è notevole, ma se vi coprite per bene, è affrontabile e potrete vedere bufali che si avvicinano al campo o qualche babbuino scendere dal kopje (collinetta alle spalle del campo) per andare a frugare tra gli avanzi di cibo. Qui, inoltre, faccio conoscenza di una coppia di signori australiani che sta visitando autonomamente l’Africa da circa 6 mesi: Dio, che invidia… e sono da soli, senza guida, con solo un GPS e la macchina carica di scorte alimentari. Quindi, come vi ho detto prima, non è affatto vero che non si può visitare la Tanzania senza autista e guida, basta avere un po’ di organizzazione e di coraggio…
Rimaniamo nel Serengeti per 2 giorni e mezzo, e quando devo ripartire, dentro sento un vuoto, quasi presagendo che dopo aver visto quella terra meravigliosa, niente potrà reggerne il confronto.
Dopo parecchia strada, arriviamo a Ngorongoro, altro grande sogno della mia vita: la vista dall’alto del cratere è mozzafiato. Scenderemo all’interno soltanto il giorno dopo e quindi ci dirigiamo verso il campo tenda (“Simba Campsite”). Qui, la prima sorpresa: mentre stiamo aspettando di cenare, vedo visi di altri turisti stranieri cambiare espressione e lanciare urla, facendomi voltare. Dietro di me, un grosso elefante, sbucato dall’interno della foresta che circonda il campo, si sta abbeverando tranquillamente alla cisterna che fa da riserva d’acqua. Sembra per niente intimorito dai turisti che gli fanno foto e che gli girano attorno, e finito di bere, si allontana come se niente fosse. Mi dicono che è una scena che praticamente si ripete ogni giorno: il vecchio elefante ha capito che lì c’è acqua semplice da ottenere e tutte le sere viene regolarmente al campo per dissetarsi!! Fantastico!!!…e cosa dire poi delle zebre che trovo vicino alla mia tenda, intente a brucare l’erba pacificamente??? altra meraviglia… Comincio a chiedermi se riuscirò a dormire, circondata da animali notturni che fanno capolino nel campo durante la notte per rimediare qualche avanzo di cibo…ed invece, dormo come un angioletto, stremata dalla stanchezza ed accompagnata da immagini bellissime che impegnano i miei pensieri. Un consiglio: non piantate la tenda troppo vicino alle cucine, perché gruppi di turisti un po’ troppo rumorosi non vi permetterebbero di dormire…altro che animali!!! fanno più casino loro… In questo campo c’è l’elettricità, anche se farete un po’ fatica a trovare una presa libera, visto l’alto numero di visitatori, tutti con lo stesso problema: ricaricare le proprie batterie! Portatevi inoltre qualche indumento pesante, perché di sera, essendo il campo ad alta quota, fa davvero molto freddo e la nebbia, formata dalle nubi, circonda le tende, quindi l’umidità è spaventosamente alta!
L’indomani, scendiamo nel cratere. Come nel Serengeti, anche qui vediamo ogni specie di animali, in gruppi però più ristretti, ma il nostro scopo è quello di vedere il rinoceronte nero. Solo pochi esemplari ne restano al mondo ed alcuni vivono proprio qui. La nostra ricerca però è vana, perché giriamo per ore senza scorgerne uno, ma in compenso assisto ad una scena sconvolgente: una leonessa ha preso alla gola uno gnu, aiutata da una iena che ne stringe i “gioielli di famiglia”, ed insieme riescono ad uccidere l’animale. Solo dopo la sua morte la leonessa scaccia via la più piccola iena, che però, per niente scoraggiata, chiama altre compagne e tenta di strappar via l’animale al grande felino. Tentativo non riuscito perché la leonessa non molla, anzi si stende accanto alla sua preda e la difende aspramente.
Poco dopo, svoltando dietro ad una collinetta, un grosso leone sta accucciato nel bel mezzo della strada e si lascia avvicinare a non più di 2 metri per farsi riprendere tranquillamente ed emettendo piccoli grugniti che chiamano a raccolta le sue 2 compagne, le quali, anche loro non curanti delle auto che li circondano, si avvicinano al maschio e gli si stendono accanto. Incredibile!!!
Verso sera, risaliamo le pendici del cratere e ci dirigiamo verso il Lake Eyasi, dove l’indomani, a mattino presto, mi aggrego ad un gruppo di Hadzabe, cacciatori del bush, che ancora oggi cacciano e si nutrono solo di animaletti presi con archi e frecce (uccelli, scimmie e scoiattoli), fermandosi ogni tanto anche a gustare qualche bacca e i frutti di qualche baobab, dolci e gustosi. La caccia è estenuante, perché i ragazzini Hadzabe corrono come maledetti in mezzo ai cespugli di acacia, pieni di spine, come se ne fossero immuni dalle ferite, mentre invece io mi ritrovo scorticata dappertutto sulle gambe.
Nel pomeriggio, visito anche un villaggio, quello dei Datoga, una popolazione dedita all’allevamento e alla coltivazione di cipolle rosse: i campi sono sterminati e decine di persone stanno accovacciate per terra selezionando ad una ad una con una pazienza certosina le cipolle dividendole per taglia e qualità. Mi viene spiegato che la maggior parte di quei raccolti verrà esportata in Kenya, perché loro sono tra i maggior produttori di tutta l’Africa.
Si riparte per il Tarangire. Il parco è ricco di baobab che si stagliano imponenti e dentro alcuni dei quali ci sono addirittura delle vere e proprie “stanze” costruite dai cacciatori di frodo che li utilizzavano per nascondere la selvaggina. Anche qui, la fauna è ricca, ma io ho ancora in mente le immagini del Serengeti, che offuscano qualsiasi altro confronto. Dormiamo fuori dal parco, allo “Zion Campsite”: anche questo, essenziale, ma ben dotato di docce e bagni, che comparati ad altri campi, sembra iper-moderno: c’è addirittura l’acqua calda!!!..ma ancora niente elettricità.
Il giorno dopo, ci portano a Monduli, sugli altopiani. Qui la temperatura si rinfresca e la sorpresa più grande è che il nostro campo-tenda, se davvero così lo si vuole chiamare, è circondato dal ”nulla” più totale: non c’è assolutamente niente e nessuno, siamo i soli campeggiatori, il bagno è costituito da un buco nel terreno e c’è solo una piccola tettoia sotto cui mangiamo e dove cucina il nostro cuoco. Sfido qualunque buona massaia a riuscire a preparare qualsiasi piatto in un luogo così isolato dal mondo. La sorpresa è che poco dopo aver montato la tenda, arriva un giovane Masai con una capretta e aiutato da un altro ragazzino la uccide davanti ai nostri occhi soffocandola e comincia a scuoiarla con una maestria degna del migliore dei nostri macellai. Prepara la carne, infilzandola in bastoncini e la mette a cuocere attorno ad un falò. Dopo più di un’ora, quando la carne è finalmente cotta, ci sediamo attorno al fuoco e cominciamo a mangiare tutti assieme, sotto un cielo ricoperto di stelle, luccicante come mai avevo visto prima d’ora. Al mattino dopo, mi portano a visitare una scuola…ed io ,che sono un’insegnante, rimango colpita dalla quantità impressionante di ragazzini (saranno stati un migliaio) che ordinatamente aspetta fuori dagli edifici, di poter entrare in classe per svolgere la lezione. La loro insegnante mi spiega che, essendo così tanti e il personale così ridotto, sono obbligati a fare dei turni. I ragazzi in classe lavorano pacificamente e con molta concentrazione, mentre gli altri, divisi per età, ma tutti con la loro uniforme, aspettano tranquilli il loro turno seduti sui gradini fuori dalla classe. Sistema organizzativo inimmaginabile per il nostro concetto di scuola, ma tutto sommato, molto funzionante!
Il mio soggiorno in Tanzania è praticamente già finito: vengo riportata ad Arusha, nello stesso lodge del primo giorno, l’”Outpost Lodge”, perché il mattino dopo, alle 6, ho prenotato un pullman che mi porterà a Mombasa in Kenya: 10 ore di estenuante e sobbalzante viaggio (la strada è quasi tutta sterrata) e ci dobbiamo fermare al confine per le formalità doganali: controllo passaporti, bagagli e libretto febbre gialla (in Tanzania è obbligatoria, quindi non dimenticatevelo a casa!!).
Arrivati finalmente a Mombasa, mi raggiunge l’auto di Mama Danny col suo autista: è la proprietaria di una casa privata a Watamu, la Twiga House che già avevo conosciuto l’anno precedente, e che mi porterà direttamente a Watamu, dove starò per un’ulteriore settimana, luogo ideale per ristorarsi dopo 2 settimane di safari meraviglioso, ma piuttosto faticoso e pieno di emozioni. Consiglio a tutti vivamente di contattarla se decideste di andare in Kenya a ristorarvi sulle bianchissime spiagge di Watamu: la sua casa è bellissima ed ospitale, ha una veranda sul tetto meravigliosa, con lettini e divani per rilassarvi e lei è una padrona di casa attenta e disponibile. Lei inoltre, più che una normale “padrona di casa”, è una vera “mamma” che saprà consigliarvi su qualsiasi escursione o problema vi si presenti, il tutto per un prezzo davvero competitivo (€25 al giorno!). Avrete a disposizione per ogni stanza una cucina ben fornita di ogni utensile, più bicicletta, teli spugna per la spiaggia e lettini…insomma, c’è veramente tutto il necessario, senza essere circondati dal rumore e dalla confusione che può esserci in qualsiasi resort o villaggio turistico della zona. Inoltre, sarete solo a pochi metri dal paese e dalle più belle spiagge che io abbia mai visto: sabbia finissima e bianchissima, acqua calda e pulita, con la bassa marea che lascia affiorare tratti di barriera corallina ricca di stelle marine, murene e granchietti simpatici che vi circonderanno e vi faranno compagnia. Da Watamu, potrete fare diverse escursioni, oltre ai classici safari: vi consiglio di visitare, per esempio, Marafa, o come viene più spesso chiamata “Hell’s Kitchen”, un suggestivo canyon che tanto vi ricorderà i canyon americani più famosi, il tutto chiaramente in miniatura, ma di grande impatto!
Durante la settimana spesa a Watamu, ho fatto un piccolo safari di 2 giorni allo Tsavo East (cominciavo già ad avere nostalgia degli animali…): ho dormito presso il “Ndololo Campsite”, stavolta un Permanent Tent Campsite. Ci ero già stata l’anno precedente e ne ero talmente rimasta colpita che ho chiesto esplicitamente che mi venga di nuovo assegnato. Viaggiando sola, sono stata aggregata ad una gruppo di 4 ragazzi italiani molto simpatici, che mi hanno tenuto compagnia… L’Ndololo è fantastico: la tenda è ampia e spaziosa, con tutto il necessario (lettone, bagno con acqua calda e elettricità, teli bagno, ecc…) e a pochi passi dalla sua verandina arrivano a salutarmi babbuini, impala, elefanti e giraffe, che sono attirati dalle piccole pozze d’acqua situate nelle vicinanze delle tende. Mangerete circondati dagli elefanti e dalle gazzelle di Thompson e piccole scimmiette verranno a farvi compagnia. Per non parlare dello Tsavo: terra meravigliosa!!! Tanti elefanti, impala, struzzi, ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la grossa quantità di ghepardi che sono riuscita a vedere nell’arco di soli 2 giorni: neanche in tutta la Tanzania ne avevo visti così tanti!
Per terminare questo mio piccolo resoconto di viaggio, volevo solo darvi due piccoli consigli. Per chi, come me, decidesse di optare per il campo tenda (e ve lo consiglio vivamente), tenete a mente solo che, chi come me si porta dietro una piccola fotocamera digitale, avrà seri problemi per poterla ricaricare: come ho detto prima, nella maggior parte dei camping non c’è l’elettricità. Io ho risolto il problema facendo un po’ la voce grossa ed obbligando il mio autista a recarsi tute le sere presso qualche lodge vicino per sfruttarne la corrente ( e lui la sfruttava per farsi qualche birra… quindi diciamo che la cosa è convenuta a tutt’e due!). Munitevi anche di un adattatore per prese “inglesi”: vi sarà di grande aiuto! Inoltre, i servizi igienici non sono certo degni di un hotel 4 stelle, ma se ci si organizza un pochettino, si può venirne benissimo a capo: portatevi sempre un bel paio di ciabattine da doccia, un asciugamano grande (o meglio, un accappatoio di quelli leggeri che occupano poco posto in valigia) e soprattutto una buona torcia, perché a sera, non essendoci la corrente elettrica, sarete immersi nel buio più pesto. E se dovete recarvi in bagno o spostarvi all’interno del campo, capite bene che potrebbe essere un problema!
L’Africa è semplicemente un paese meraviglioso, che vi entra nel cuore e non vi abbandona più. Quello che chiamano “mal d’Africa”, credetemi, esiste davvero, non solo nei romanzi o nei film d’avventura, ma è una sensazione a cui la maggior parte di chi rientra in Italia non riesce a staccarsi e ad allontanare dal proprio cuore…tanto che già sto pensando alla prossima volta che tornerò in quella terra meravigliosa.
Africa…a presto!!!!….e buon viaggio a tutti!!!