Tra feste patronali e vette verdissime: una settimana d’estate per vivere il fascino della Val Gardena

Scritto da: Andrea Misuri
tra feste patronali e vette verdissime: una settimana d'estate per vivere il fascino della val gardena

Una settimana a Selva di Val Gardena con il Cral del Comune di Firenze. Stamani parte dalla mia città il Tour de France. Un evento unico, a maggior ragione per un appassionato di ciclismo. Ma l’occasione dei giorni in montagna con gli amici era troppo invitante. Così, mentre le strade vengono via via chiuse al traffico fin dall’alba, ci ritroviamo di buon’ora a Firenze Nord, davanti al vecchio ingresso del mercato ortofrutticolo. Qualche ora dopo usciamo dall’Autostrada del Brennero a Bolzano Nord per arrivare nel primo pomeriggio al nostro albergo, l’Hotel Des Alpes, nella centralissima piazza Nives. La camera dà su Strada Meisules, la via principale. Davanti all’hotel la fontana dell’Arca, con Noè impegnato non soltanto a salvare gli animali dall’imminente Diluvio Universale, quanto a gettare a mare gli ingombranti oggetti che rappresentano il passato. Allegoria di una società consumistica avviata all’autodistruzione. Prima tappa all’Ufficio Turistico, a scoprire gli eventi in programma per la settimana, a rifornirci di cartine e – più importante di tutto – del dépliant con gli orari degli autobus della Val Gardena. La sera in hotel ci daranno la Mobil Card per usufruire gratuitamente dei mezzi pubblici locali. Un’iniziativa che riceve dai turisti un’accoglienza ogni anno più grande. Si liberano le strade dalle auto e si dà la possibilità di visitare borghi e paesi altrimenti non facilmente raggiungibili. Un’occhiata al supermercato dopo piazza Nives, con una vasta esposizione di prodotti gastronomici locali, che ci ripromettiamo di acquistare l’ultimo giorno prima di ripartire. A cena la cucina dell’hotel è una piacevole scoperta. Per la qualità e la varietà dei piatti proposti.

Diario di viaggio in Val Gardena

Primo giorno. Festa patronale a San Pietro

fontana dell'arca di noè

Mentre la gran parte del gruppo fa una delle escursioni previste dal programma, con Susanna prendiamo il bus per Ortisei. Il centro più importante della Val Gardena, famoso per le sculture in legno dei suoi artigiani. Scendiamo per la pedonale Strada Rezia, considerata la via dello shopping più elegante (e forse anche la più cara) della valle. Ci fermiamo al Caffè Demetz, dove troviamo conferma di come la tradizione dei dolci sia ancora uno dei punti di forza della cucina locale. La frolla di strudel accompagnata da crema di vaniglia merita il voto più alto. In fondo la Strada si allarga con la chiesa di Sant’Antonio risalente al XVII secolo, in stile rinascimentale integrato da elementi barocchi e con la fontana con un putto che gioca con l’acqua. Questa, come quella dell’Arca di Noè e tante altre nelle Dolomiti, fanno parte del progetto “Rispetto in montagna” che mira a sensibilizzare ad un comportamento corretto verso l’ambiente.

festa di san pietro

Incerti su cosa fare, alla stazione dei pullman in piazza Sant’Antonio chiedo consigli a un autista. Scopro così che a San Pietro, nel Comune di Laion, oggi c’è la festa del Patrono. Detto fatto, eccoci sul bus che sta già partendo. San Pietro, 1210 m d’altezza, una piazza e le case sparse qua e là d’intorno, con i suoi 400 abitanti è la frazione più grande di Laion. Al centro della piazza, la chiesa settecentesca con il campanile barocco e la cupola rossa a bulbo, a sinistra un elegante hotel a 3 stelle, a destra la scuola elementare in lingua tedesca e lì davanti, una grande tensostruttura, sotto la quale sono in pieno svolgimento i festeggiamenti. I tavoli e le panche cominciano a riempirsi, il girarrosto a legna è in piena attività. I Volser Musikanten intrattengono i presenti con un repertorio visibilmente apprezzato, con il pubblico che spesso si unisce in coro a quelli sul palco. Troviamo due posti in prima fila, proprio davanti ai musici. A servire ai tavoli i giovani del paese.  Molti indossano il tradizionale costume locale, con il panciotto rosso bordato di verde. Gli altri il grembiule blu della Musikkapelle St. Peter. Danno una mano anche i bambini. Dalla loro allegria e dall’impegno che mettono, mentre sparecchiano e puliscono i tavoli. si vede proprio che è un giorno speciale. Gli uomini si salutano con vigorose strette di mano e pacche sulle spalle. Gli anziani, con il vestito della festa, parlano animatamente tra loro. Una comunità che in giorni come questi ritrova le proprie radici. Prendo wurstel e birra locale, Radler Augustiner Brau. Susanna sceglie il pollo allo spiedo e quando le arriva senza posate, alla sua richiesta le viene spiegato che il pollo allo spiedo si mangia rigorosamente così. Siamo rimasti fino a metà pomeriggio, immersi in un’atmosfera di allegria e di relax.  

Secondo giorno. Il treno del Renon

renon

Il bus per Bolzano. Poi la funivia fino ai 1220 m di Soprabolzano e da lì il treno di montagna della Ferrovia del Renon. La montagna di casa di Bolzano è un altipiano aspro che si schiude alle vette dolomitiche che ci appaiono dai finestrini, immerse nelle nuvole. Costalovara, Stella, Colle Renon, piccolissime stazioni di legno che si susseguono, inserite in un ambiente agreste, con le galline che condividono le pensiline con i viaggiatori. Capolinea ai 1190 m di Collalbo. Proseguiamo a piedi. Pochi km per vedere le piramidi di terra. Un monumento naturale unico nel suo genere diffuso in Alto Adige. Nascono dall’erosione millenaria di depositi sciolti di origine glaciale. Grossi massi e ghiaia immersi in sedimenti ricchi di limo sui quali l’azione dell’acqua crea solchi sempre più profondi. Vengono così a formarsi delle guglie con in cima un masso a forma di cappello protettivo.

Terzo giorno. Un museo per non dimenticare

val gardena, montagna

La nostra meta è il Passo Pordoi. Scendiamo un paio di fermate prima al Passo Sella. L’omonimo hotel è un punto di passaggio per scalatori esperti e turisti formato famigliare che i pullman continuano a scaricare in gran quantità. Circondato dai monti, è un panorama mozzafiato quello che ammiriamo, sorseggiando un caffè da questo resort dai grandi spazi.

 A Passo Pordoi il cartello segnala il confine di Trentino e Veneto. Il Passo lega il suo nome alle tappe dolomitiche del Giro d’Italia e alle battaglie della Grande Guerra che qui videro combattersi e morire una intera generazione di giovani italiani e austriaci. Al centro dell’abitato, una stele ricorda i passaggi del Giro d’Italia. Gino Bartali nel 1940, Fausto Coppi nel 1947 e 1949. Dal ciclismo romantico raccontato dalla radio ai campioni tutta tecnologia dei giorni nostri. Pochi passi ed è in Veneto che decidiamo di sostare al Ristorante “Maria”. Ambiente famigliare, arredo semplice. La positiva impressione iniziale è confermata dai piatti che abbiamo scelto, zuppa di goulash e minestrone con wurstel, saporiti e di sostanza. Buona la birra tedesca. I nostri complimenti alla signora Donatella.  

Il Museo di Cimeli Storici della Prima Guerra Mondiale è stato una piacevole sorpresa, superiore alle aspettative. Ci sono esposti migliaia di cimeli. Uniformi, proiettili ed armi di ogni tipo, maschere a gas, lanterne e la ricostruzione precisa nei dettagli delle baracche dove i soldati di entrambe le parti vivevano. Le foto nei momenti di pausa al fronte, i giornali e le riviste che raccontavano l’andamento della guerra. E gli oggetti di uso quotidiano. Le scatolette di tonno, di acciughe, di pelati, le bottiglie di birra e di superalcolici. Il tabacco e le pipe e i fiammiferi. Piccoli oggetti accartocciati e arrugginiti, le scritte sbiadite. L’impressione è tanta.

Quarto giorno. A giro per Bressanone

val gardena, bressanone

Bressanone, capoluogo della Valle Isarco. Prima fermata il Giardino dei Signori. Nato nel 1570 e destinato al clero, il giardino è aperto al pubblico dopo il restauro degli anni 1989-91. Progettato come giardino ornamentale e di piacere, con piante di aranci e limoni, pergolati di vite e serre, casette per gli uccelli e stalle per i cervi, oggi vi si coltivano principalmente erbe aromatiche e piante ornamentali. Le tante varietà di rose, gigli gialli dallo stelo sottile, veroniche a spiga di un blu intenso bordeggiano i vialetti con al centro la fontana in bronzo, mentre qua e là le panchine invitano i visitatori alla sosta. Costeggiamo il Palazzo Vescovile del XIII secolo ed arriviamo in piazza Duomo. La chiesa, le cui origini risalgono al X secolo, fu distrutta da un incendio e ricostruita in stile romanico due secoli più tardi. Quella attuale, dalle forme barocche, è della metà del Settecento. Nel chiostro – al centro siepi di tasso – ci soffermiamo sotto le arcate, decorate con affreschi del XV secolo raffiguranti scene delle Sacre Scritture. Ancora, la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo con la bianca torre gotica, uno dei simboli di Bressanone.

La città, certamente la più antica del Tirolo, ha una storia che affonda le sue radici nell’età del bronzo. Durante i lavori di restauro di piazza Duomo sono stati scoperti i resti di una capanna di 2500 anni fa. Il centro storico è ben conservato. Via Portici Maggiori e Via Bastioni Maggiori, con le facciate colorate delle antiche case, sono oggi le vie dello shopping. Da qui percorriamo la riva destra dell’Isarco in direzione della stazione dei pullman.

Quinto giorno. Il trenino della Val Gardena

Stamani niente mezzi pubblici. Andiamo a piedi a Ortisei, lungo il sentiero del trenino della Val Gardena. Una passeggiata di grande bellezza che ripercorre il vecchio tracciato ferroviario e ne racconta la storia con i cartelli disposti lungo il percorso, nel tunnel e nella stazioncina in legno, dove un video ci rimanda le immagini in b/n della Val Gardena prima del tempo del turismo.

La ferrovia fu costruita dagli austriaci allo scoppio della Grande Guerra per il servizio di traporto sul fronte bellico delle Dolomiti. Data l’urgenza, l’opera fu conclusa in 5 mesi utilizzando come manodopera 6000 prigionieri di guerra russi. Al contempo campi e paesi attraversati dalla ferrovia furono tagliati in due, senza alcun riguardo per la popolazione che fu espropriata letteralmente dalla mattina alla sera. Un cartello rende bene l’idea, con le parole tratte dal diario del 15 settembre 1915 di una donna della valle, Filomena Prinoth, “Appena avuta notizia della costruzione, già nella stessa giornata iniziarono a tagliare gli alberi ed estirpare i cespugli del nostro giardino. Fare i rilievi e tagliare era un tutt’uno. Il percorso della ferrovia seguirà esattamente il muro del nostro giardino.”  Sul sentiero un monumento bronzeo ricorda il sacrificio dei prigionieri russi, mentre una figura stilizzata a forma di birillo, o forse di pedone degli scacchi, rappresenta la condizione dei soldati e della popolazione locale negli anni della guerra. Al termine del conflitto, le Ferrovie Italiane ne assunsero la gestione e il trenino acquistò rilevanza economica dando slancio al nascente turismo. Negli anni Cinquanta la ferrovia si dimostrò obsoleta e divenne insufficiente essere ancora ricercata attrazione turistica. L’ultima corsa fu effettuata il 29 maggio 1960.

Prima di Santa Cristina ci fermiamo al “Cafè Cales di Perathoner”. Dalla terrazza, lo skyline del Sassolungo è uno spettacolo che vale la sosta. Consiglio le spremute di frutta della signora Elisabeth. Accanto, sulla vetrina di una bottega di oggetti e mobili di artigianato tirolese, un foglio riporta il numero di cellulare da chiamare per visitare il locale.

Sesto giorno. Chiusa, un gioiellino incastonato tra i monti

monastero di sabiona

Per l’ultima mattina prendiamo il nostro (quasi) quotidiano bus per un paese nella Valle Isarco del quale ci hanno detto un gran bene. Tra Vipiteno e Bressanone, Chiusa appare un gioiellino incastonato tra i monti. Uscendo dalla stazione dei pullman, lo sguardo va al Monastero di Sabiona che maestoso, dall’alto della rupe, domina e insieme rassicura il popolo chiusano. Ci incamminiamo verso il centro storico costeggiando giardini traboccanti di ortensie e di campanule. Di fiori blu del cardo pallottola e di quelli purpurei della echinacea. L’Isarco scorre placido e trasparente, il ponte è ricoperto da una cascata colorata di surfinie. Accanto la chiesa parrocchiale di Sant’Andrea, le linee gotiche risalenti al XV secolo che si fondono con successive aggiunte barocche. Nel centro i cartelli segnalano che siamo sul confine tra la Città Alta e la Città Bassa. Viuzze strette come il vicolo del trogolo, i colori pastello a ingentilire le facciate delle case sempre ben curate. Altri fiori, quelli di un’installazione artistica, stilizzati e metallici, ombreggiano un angolo di una piazza.

Il paese davvero merita una visita. Se ci mettono le carrozze con i cavalli ci possono girare il remake della principessa Sissi.

Nella centrale piazza Tinne, il tempo di un caffè nell’elegante “Al cervo” prima di tornare a Selva. Gli acquisti gastronomici di prodotti locali e le valigie da fare. Domani mattina si torna a casa.

chiesa di sant'andrea a chiusa

È il momento di dedicare qualche rigo all’hotel dove abbiamo alloggiato questa settimana. La signora Prisca lo gestisce con passione e attenzione alle esigenze di una clientela in gran parte fidelizzata. Una gestione al femminile – con la collaborazione del figlio Ascan – che rivela tutto l’amore di una vita per il proprio lavoro. In questi giorni ci ha colpito la cura dei particolari e l’impatto accogliente in ogni ambiente dell’hotel. Tanti gli spazi dove ritrovarsi in piccoli gruppi al chiuso e nel giardino ben arredato. La sala bar ha mobili in legno chiaro e una piccola statua di Sant’Urbano patrono degli albergatori. Ricordano le radici familiari una radio Shaub Lorenz anni Cinquanta e una macchina da cucire di nonna Fanny. Decorate con mosaici di vetro piombato, opere del fratello Oscar, le porte circostanti. Con un recente restyling è stato cambiato l’arredamento delle camere e rifatti i bagni, che qualcuno di noi, a ragione, ha definito spaziali. Curatissime la pulizia e i cambi di biancheria.

Il punto di forza dell’hotel è la cucina, impeccabile la qualità che Prisca gestisce con sapienza, inclusa nei menù la produzione diretta di carni della famiglia.

Alla qualità si aggiunge la quantità delle proposte. Colazione e cena con buffet ben forniti e a volontà. Piatti della tradizione locale: canederli di formaggio con burro fuso e zuppa con canederli, zuppa d’orzo e ravioli con speck e radicchio. Pesce spada alla siciliana con patate sabbiate, orata al forno, branzino in cartoccio, solo alcuni dei piatti del vario menù. Un grazie a Vicki, la nipote ventenne di Prisca. Da nonna Fanny a nonna Prisca, la tradizione proseguirà certamente con la tenacia delle donne. Lo dicono gli occhi attenti e gentili, pronti a imparare ancora, della giovane e sorridente nipote.

Ripartendo per Firenze ci scambiamo con gli amici le emozioni di questi giorni in Val Gardena. La bellezza straordinaria della Natura dà all’osservatore il senso di infinito connubio dell’uomo con l’ambiente che lo circonda. Mi metto al volante e mi sorprendo a canticchiare le strofe di una canzone degli anni Cinquanta. Una filastrocca vivace e scanzonata, “La postina della Val Gardena” che “Bacia solo con la luna piena/Profumati dalle stelle alpine/Porta i baci sulle cartoline”.

Guarda la gallery
1 - sul monte renon

2 - val gardena

3 - canazei

5 - il duomo di bressanone

6 - la chiesa di sant'andrea a chiusa

9 - la bellezza della montagna

11 - la festa patronale a san pietro

12 - un gruppo musicale a san pietro

4 - con i costumi tradizionali alla festa di san pietro

7 - installazione artistica

8 - il monastero di sabiona

10 - la fontana dell'arca di noè



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