Tour della West Coast e dei grandi parchi americani

Arrivo a Los Angeles e partenza da San Francisco... nel mezzo le meraviglie dei parchi
Scritto da: pabarto
tour della west coast e dei grandi parchi americani
Partenza il: 22/07/2016
Ritorno il: 06/08/2016
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
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I viaggi dei Barto: Tour della West Coast e dei grandi parchi americani

1° GIORNO (VENERDì 22 LUGLIO 2016)

Dopo mesi di minuziosi preparativi il momento è arrivato: Io, Laura e i nostri figli Samuele e Mattia partiamo da Milano alle 06.45 con volo Turkish Airlines scalo di 4 ore a Istanbul e arrivo puntuale a Los Angeles alle 18.20 (servizio impeccabile). Ritiro auto alla Alamo, un Ford Explorer (le navette delle compagnie di noleggio sono fuori del Terminal arrivi) il trattamento è stato piuttosto pessimo, mi mandano al parcheggio dove non c’è nessuno per la consegna delle chiavi, poi spunta un tizio e alla mia richiesta mi consegna le chiavi con un certo disappunto indicandomi l’auto con molta sufficienza, chiedo se mi mostrano un paio di cose sul funzionamento del mezzo ma niente, fortunatamente un addetto allo spostamento delle auto si presta per darmi due dritte sul cambio automatico e quindi posso finalmente partire per raggiungere l’albergo, il Coral Sands Motel.

2° GIORNO (SABATO 23 LUGLIO 2016)

Il primo giorno è dedicato ai nostri ragazzi e alla visita degli Universal studios. La metro (linea rossa), che ci porterà alle pendici del parco, è proprio di fronte al nostro motel (pulito, parcheggio gratuito, wi-fii perfetto piscina e Jacuzzi). Arrivati alla stazione della metro più vicina al parco prendiamo il trenino che ci porta proprio davanti all’ingresso, avendo fatto i biglietti on line (dollari 105 a persona) saltiamo la fila e via al divertimento. Il parco è veramente bello, per chi apprezza il genere ovvio, ma il top del top è l’area dedicata a Harry Potter (aperta da un paio di mesi) con il castello e il paese ricostruiti in maniera eccezionale per non parlare della “giostra” che ti accompagna in un tour virtuale del mondo di Harry veramente entusiasmante (sembrava di volare veramente). Molto carino anche il giro alla scoperta degli studios, dove vengono mostrati vari trucchi cinematografici e l’attrazione di Jurassic ParK (preparatevi a un bel bagnetto). Insomma la giornata scorre piacevolmente e i ragazzi sono veramente entusiasti. Un consiglio, se non volete farvi spennare per mangiare portatevi qualcosa da fuori.

3° GIORNO (DOMENICA 24 LUGLIO 2016)

Stamani facciamo un giretto nei luoghi turistici di Los Angeles, ovvero la Walk of Fame, veramente molto sporca e mal curata, dove ci divertiamo a cercare le stelle dei nostri artisti preferiti. La zona più carina e’ sicuramente l’area del Chinese Theatre dove ci sono le impronte delle mani dei primi artisti che diedero il via a questa usanza, Marylin su tutti. Ci dirigiamo verso Rodeo drive decisamente elegante e ben tenuta, foto di rito davanti all’Hotel di Pretty Woman, dove il signore alla porta ci invita gentilmente ad entrare per vedere l’interno che risulterà però completamente diverso da quello del film. Lasciamo questa opulenta via per fare un giretto a Beverly Hills, posto incantevole, dove cerchiamo e troviamo la casa di Elvis di Marylin e di Walt Disney, anche se ovviamente il massimo che un comune mortale può osservare sono un cancello e muro piuttosto alto. Diciamo che Los Angeles non ci ha granchè colpiti, anzi ci ha lasciato piuttosto delusi, di conseguenza il pomeriggio ci dirigiamo in direzione Santa Monica che raggiungeremo dopo un’oretta abbondante di fila, d’altronde è Domenica. Sistemiamo l’auto in un parcheggio pubblico a 10 minuti dal pier al n. 1431 2nd street accanto al commissariato (ottimo $ 4,95 per tutto il pomeriggio max $ 7 intera giornata) facciamo un giro lungo il molo, un giro sulla ruota panoramica (dollari 8 a testa) e una foto di rito sotto il cartello che segna la fine della Route 66. Santa Monica, pur nel caos domenicale, è veramente molto carina colorata e ben tenuta anche se apprezzeremo maggiormente altre località di mare che incontreremo lungo la costa verso la fine del nostro viaggio. Nel tardo pomeriggio recuperiamo l’auto e ci spostiamo verso Victorville, a circa 130 km di distanza cosicchè l’indomani non dovremo perder tempo nel caos di Los Angeles. Notte al Motel 6 ottimo wi-fii pulito e personale assai gentile.

4° GIORNO (LUNEDì 25 LUGLIO 2016)

Oggi ci aspetta la tappa più lunga del nostro viaggio ovvero il trasferimento verso il Gran Canyon (c.ca 650 km) che faremo in parte attraverso la Route 66. Faccio il pieno di benzina alla nostra auto e partenza. Una piccola chiosa sulla benzina, raramente se non mai le compagnie di noleggio offrono auto a gasolio, quindi la pompa da usare è sempre quella nera. Per far rifornimento prima dobbiamo lasciare la carta di credito o i contanti alla cassiera, riempire il serbatoio e poi di nuovo in cassa per il resto/integrazione oppure per recuperare la carta dove sarà stato addebitato l’importo esatto del rifornimento. Tornando a noi partiamo di buon mattino tralasciando per il momento la Route 66 che prenderemo invece a Kingman dove abbiamo pranzato alla paninoteca Mr D’Z in autentico stile Happy days, se vi capita provatelo perché è veramente simpatico e si mangia discretamente. Dopo pranzo come detto imbocchiamo la mother road in direzione Oatman dove faremo la prima sosta. Raccomando caldamente questa tappa, Oatman è un vecchio paesino stile old west dove dei simpatici asinelli fanno da padrone, sono ovunque e in particolare lungo l’unica strada che attraversa questo minuscolo paese. Si fanno accarezzare senza problemi e camminano indisturbati lungo la strada impedendo talvolta il passaggio delle auto (conviene scendere e invitarli con dolcezza a lasciarci spazio). Ci tratteniamo per visitare i negozietti in stile country uno dei quali di proprietà di una simpatica signora che mostra apprezzamento per il giro che stiamo facendo e che ha già visitato l’Italia più volte rimanendone estasiata. Continuiamo il nostro viaggio verso Williams passando Selingam e Ash Fork respirando e assaporando il fascino della Route 66 che ci regala scenari veramente eccellenti. Arriviamo in serata sotto un acquazzone che ci risveglia dal caldo del pomeriggio. La bella cittadina ci accoglie con una temperatura di appena 21°, durante il pomeriggio abbiamo sfiorato i 40 quindi li accusiamo più del dovuto. Lungo il tragitto abbiamo provveduto ad acquistare il frigo in polistirolo che ci sarà molto utile per avere sempre acqua e alimenti freschi anche sotto le più alte temperature. I nostri figli sono un po’ stanchi e non vogliono uscire, quindi Io e Laura ci concediamo un giretto per la via principale, tutto ricorda il vecchio west e ovunque ci sono richiami alla Route 66 che abbiamo appena percorso. Il viaggio è stato lungo ma guidare lungo le strade americane circondate da paesaggi meravigliosi non è assolutamente stancante e neanche una perdita di tempo. Finita la passeggiata torniamo al Motel 6 e troviamo i nostri figli che già dormono quindi non ci resta che unirsi a loro e buonanotte. Il Motel è pulito e abbastanza nuovo ma il segnale wi-fii in camera è inesistente.

5° GIORNO (MARTEDì 26 LUGLIO 2016)

Oggi è il giorno del Grand Canyon south rim, le previsioni meteo non erano affatto buone e ci siamo addormentati un po’ con l’ansia di non godersi a dovere questo parco. Ci svegliamo invece con un cielo pieno di nuvole che con l’andare delle ore lasceranno il posto a uno splendido sole. Da Williams ci sono circa 40/45 minuti di auto dall’ingresso del parco dove una simpatica ranger provvederà a rilasciarci l’Annual pass che per 80 dollari ti permette di girare tutti i parchi nazionali degli Stati Uniti (se consideriamo che ogni parco costa dai 20 ai 30 dollari il risparmio è assicurato). Varchiamo l’ingresso e ci dirigiamo in direzione di uno dei tanti parcheggi, quello centrale del Market Plaza, dove lasciamo la nostra fida Ford Explorer. Per girare il parco sono molto utili le navette anche perché non è consentito andare ovunque con la propria auto. Esistono la linea rossa, la blu, l’arancio e la viola (quest’ultima fa da collegamento tra il parco e la vicina Tusayan). Prendiamo la navetta della linea blu fino al Bright Angel Lodge, a ovest del Village), ed iniziamo a piedi l’Hermits rest Trail (lunghezza totale c.ca 11 km). Si può scegliere di percorrere ogni trail a piedi oppure di farsi tutti i più importanti view point montando e scendendo ogni volta dalla navetta oppure come noi buona parte a piedi intervallandolo con qualche tratto in navetta. La temperatura è ancora gradevole quindi ci incamminiamo verso il primo importante view point ovvero il Trailview overlook, inutile dire quanto è fantastica e emozionante ogni vista su questa meraviglia della natura ma mi dilungherò piuttosto sui posti visitati perché altrimenti vi farei fare una scorpacciata di superlativi. Passo successivo il Maricopa point da dove si gode anche la vista della miniera abbandonata, Powell point col monumento commemorativo della spedizione del maggiore Jhon Powell, Hopi point (uno dei più belli) con il primo incontro del fiume Colorado così come dal successivo Mohave point. Siamo più o meno a metà percorso e il caldo si fa sentire, quindi decidiamo di prendere la navetta fino al Pima point il penultimo di questo trail da dove il colorado si comincia a mostrare in maniera piuttosto importante. Da qui torniamo indietro fino al capolinea della linea rossa riprendiamo la blu fino al parcheggio dell’auto pranzo riposino e poi visto che siamo già al tardo pomeriggio prendiamo l’auto in direzione Desert view, ad est del Village. Il punto estremo di questo percorso dista dal village ben 35 km ma la vista che si gode da questo luogo è veramente da brividi in particolare con i giochi di luce che l’avvicinarsi del tramonto crea sulle rocce e sul colorado che in questo punto si mostra in tutta la sua bellezza. Foto selfie e ancora foto in quantità industriale ma decidiamo, seguendo il consiglio dell’opuscolo consegnatoci all’ingresso del parco, di andare a vedere il tramonto al Moran point poco distante da lì in quanto la posizione è ideale per assistere a questo fenomeno. Ragazzi non perdetevelo è entusiasmante e non esistono parole per descriverne la grandiosità dello spettacolo offerto. ENTUSIASMANTE. Da qui volendo è possibile proseguire per Cameron lungo la strada che porta a Page, la nostra prossima tappa, ma noi passeremo la notte a Tusayan (i prezzi qui risentono della vicinanza del parco), al Red Feather Lodge. Il motel è veramente molto bello pulito con una connessione wi-fii veramente ottima.

6° GIORNO (MERCOLEDì 27 LUGLIO 2016)

Ci svegliamo di buon mattino e partiamo in direzione Page attraversando nuovamente parte del parco in direzione Cameron. Dopo circa tre ore arriviamo al nostro appuntamento per il tour all’Antelope Canyon Lower prenotato un mesetto prima via internet (costo totale 72 dollari più 8 ciascuno da pagare per l’accesso al territorio indiano. Non so se sia migliore o peggiore dell’ Upper, posso dire soltanto che è semplicemente meraviglioso e originale. Le foto si sprecano ogni angolo è diverso dall’altro e i colori sono sempre diversi a seconda di come filtra la luce del sole. E’ veramente grandioso quello che creato e sta creando l’acqua con il suo scorrere impetuoso. Abbiamo scelto come organizzazione Ken’s Tour e devo dire che ci siamo trovati veramente bene con guide molto gentili e preparate. Finita la visita abbiamo ancora due ore prima di poter fare il check inn al motel quindi decidiamo di concederci anche l’Horseshoes bend un’ansa formata dal fiume Colorado a forma di ferro di cavallo. All’inizio del percorso un rager ci raccomanda copricapo e molta acqua ma ci eravamo già organizzati e superiamo l’avamposto. La distanza da percorrere non è importante ma il tratto in salita da fare al ritorno sotto il sole ti taglia veramente le gambe. Dobbiamo dire che il Colorado ha fatto proprio un’opera stupenda e imponente anche se non essendoci alcuna protezione chi come me soffre di vertigini non può godersi appieno lo spettacolo. Alla fine del viaggio risulterà comunque uno dei luoghi che più ci hanno affascinato, da consigliare la visita al tramonto. Stremati ma felici andiamo a prendere possesso del motel dove passeremo la notte, il Red Rock, struttura a conduzione famigliare, forse il migliore del nostro tour, spazioso molto caratteristico con patio attrezzato piccolo giardino e connessione wi-fii ottima. Ci riposiamo ci rinfreschiamo e dopo un oretta abbondante indossiamo i costumi e andiamo a farci un bel bagno al Lake Powell nei pressi della diga. L’acqua è pulita e ci rigenera dal caldo patito durante la giornata. Ci voleva proprio!

7° GIORNO (GIOVEDì 28 LUGLIO 2016)

Oggi ci aspettano altri 200 km circa per raggiungere la Monument Valley dove passeremo tre ore veramente entusiasmanti. Anche qui essendo territorio indiano (Navajo) il pass non è valido. Durante il viaggio da Page alla MV non possiamo far a meno di notare le condizioni veramente di estrema miseria nelle quali vivono molti indiani prima gli Anasazi poi i Navajo, piccoli agglomerati di case in ferro o in legno simili a container sotto temperature che toccano i 40° come niente fosse. E’ un lato molto brutto purtroppo di questo tratto di territorio americano perché in fondo queste terre erano loro. Ma torniamo alla Monument Valley, l’ingresso costa 20 dollari a auto e dura all’incirca tre ore se vogliamo vederlo con calma. Anche questo è possibile girarlo soltanto con la propria auto, oppure accompagnato dagli indiani su pulmini semiscoperti oppure a cavallo e in questi due ultimi casi avrete accesso anche ad alcuni percorsi che in solitario non è consentito fare. Questo è l’unico parco dove un’auto piccola e non troppo alta può incontrare delle difficoltà, ma con un po’ di attenzione e’ fattibile anche con un mezzo di questo genere. Il percorso si dipana per diversi chilometri incontriamo da prima il West e l’East mitten butte poi la roccia a forma di elefante (Elephant Butte) vicine al quale tre rocce simili tra di loro formano le tre sorelle. Quello che per noi è il luogo più magico ed emozionante di questo parco è comunque il John Ford’s point da dove si gode lo scorcio del parco più ripreso nei film di cow boy tanto cari al regista statunitense, lì è possibile anche farsi scattare una foto sul dorso di un cavallo stile “Spirit cavallo selvaggio” sul roccione dove spesso Jhon Wayne girava la scena finale dei suoi film cavalcando il suo fido destriero. Altro bellissimo scenario si gode anche dall’Artist point overlook (praticamente si gode la stessa vista del Jhon Ford ma dalla parte opposta. Lungo tutto il percorso e anche lungo le strade che ci accompagnano a questo parco sono disseminati numerosi banchetti che vendono oggettistica di artigianato indiano (fate molta attenzione al made in china).

Finita la visita ci dirigiamo verso Blanding dove passeremo la notte percorrendo il tratto di strada dove Forrest Gump si fermò dicendo “sono un po’ stanchino”. Ci fermiamo a pranzare lungo la strada a una pseudo pizzeria gestita da indiani (pizza discutibile) passiamo per Mexican Hut (molto bella la pietra a forma di cappello messicano) e arriviamo a Blanding nel tardo pomeriggio dove pernotteremo presso Four corners Motel (carino). Vi chiederete perché Blanding? Presto detto, a circa 30 chilometri da questa cittadina abbastanza insignificante è possibile raggiungere il Natural Bridges National Monument (Annual pass valido) molto carino per i ponti naturali creati dall’erosione del vento e delle acque, qui il colore della roccia è bianco grigiastro. I più importanti sono il Kachina il Sipapu e il Owachomo (il più grande) ma soprattutto è uno dei luoghi al mondo con minor inquinamento luminoso quindi adattissimo per l’osservazione delle stelle cosa che in famiglia è assai apprezzata. Il parco è molto piccolo (il trail totale è di circa 8 miglia) e si gira tranquillamente con la propria auto o addentrandosi a piedi nei vari sentieri che conducono ai singoli ponti di roccia. Ci procuriamo la cena al sacco facciamo tutto il giro completo del loop asfaltato e poi parcheggiamo in zona Kachina bridge (in tutto il parco siamo solo due famiglie) stendiamo asciugamani e coperte per terra e ci sdraiamo sull’asfalta in attesa delle tenebre. Il cielo è purtroppo nuvolosetto ma come per magia man mano che la luce si dirada così fanno anche le nubi. Più la luce diminuisce e più compaiono stelle e costellazioni. Passano ancora i minuti e alla fine il buio è totale e il cielo completamente stellato. Tante stelle così non le avevamo mai viste, l’Orsa maggiore, il dragone l’orsa minore la giraffa la stella polare e meraviglia delle meraviglie la via lattea. Signori uno spettacolo naturale incredibile e commovente che ci capiterà di vedere nuovamente durante il nostro viaggio (in questi grandi spazi i luoghi dove veder le stelle non sono rari) ma non in queste proporzioni.

8° GIORNO (VENERDì 29 LUGLIO 2016)

Oggi abbiamo in programma di spostarsi verso Moab per visitare l’ Arches National Park (Annual pass valido). Il viaggio scorre tranquillo in compagnia sempre di ottimi scenari, considerando il caldo ci siamo svegliati presto e verso le 9 siamo già all’ingresso del parco. Non è grandissimo ed è possibile girarlo in auto, ci dirigiamo subito verso il Delicate Arch, il più famoso del parco, e il parcheggio già piuttosto pieno lo testimonia. Fa già molto caldo e anche qui un ranger ci raccomanda copricapo e acqua in abbondanza. La strada da fare per raggiungerlo è piuttosto lunga (5 km andata e ritorno), sotto il sole e in gran parte in salita., come si suol dire questo percorso “ti vuol vedere in faccia”. Dopo una mezz’oretta raggiungiamo abbastanza stremati il Delicate Arch la cui vista ci ripaga della fatica fatta. E’ veramente grandioso e imponente collocato poi in uno scenario unico. Ci soffermiamo ad osservarlo e a fotografarlo almeno una mezz’oretta e poi ripartiamo per dirigerci verso altri archi che popolano il parco. Vediamo il Double Arch, il Sand Dune Arch in mezzo alla sabbia molto molto carino. Probabilmente questo luogo è più godibile durante le ore serali e al tramonto visto che è completamente sotto il sole a temperature che sfiorano i 40 gradi. Tralasciamo il Devil Garden trail (11 km) dove sarebbe possibile vedere altri archi tra i quali il caratteristico Landscape ma siamo veramente provati di conseguenza verso le due lasciamo il parco e ci godiamo un meritato pranzo da Denny’s una catena americana dove si mangia decentemente a prezzi contenuti (chiaramente parliamo sempre di cucina a stelle e strisce). Il programma era di raggiungere il Bryce Canyon per goderselo al tramonto ma il viaggio è piuttosto lungo quindi decidiamo comunque di raggiungere Tropic, a pochi chilometri dallo stesso, dove alloggeremo al American Best Value Inn & Suites (ottimo, colazione discreta e wi-fii buono), ma il parco lo visiteremo con calma e riposati la mattina successiva.

9° GIORNO (SABATO 30 LUGLIO 2016)

Ci svegliamo con una piacevole temperatura, un po’ di freschino ci voleva, facciamo colazione riempiamo come ogni mattina il frigo di ghiaccio (gratuito in quasi tutti i motel oppure con un paio di dollari da benzinai e supermercati) e ci dirigiamo verso l’ingresso del parco (annual pass valido) sotto un cielo plumbeo. Anche questo parco si gira facilmente in auto anche se può essere problematico trovare uno spazio libero ai parcheggi disseminati lungo i point of view. E’ possibile fare anche delle passeggiate in mezzo agli Hoodos pinnacoli di roccia formati dall’erosione dei venti a colori stratificati rosso nero e bianco. Il parco e le vedute che offre sono veramente molto belli ed è consigliabile fare almeno uno dei tanti percorsi che si dipanano per tutto il parco, ce ne sono per tutti i gusti impegnativi, semplici e una via di mezzo. E’ molto diverso dal Gran Canyon in particolare per il colore e la conformazione delle rocce ( mi ricordano i castelli di sabbia che si fanno al mare con la sabbia della riva estremamente liquida lasciata scolare dalla mano). Ci facciamo un po’ tutti i point view Inspiration point, il Sunset il Sunrise e il Bryce point.

Finita la visita del parco ci aspettano circa 400 km per raggiungere Las Vegas dove come programmato arriveremo in tarda serata per vivercela nel suo momento migliore ovvero la notte. Man mano che ci avviciniamo alla meta fanno impressione il numero enorme di tralicci dell’alta tensione che portano energia elettrica alla città penso più luminosa della terra. Arriviamo e il nostro fido Tom Tom ci porta dritti dritti all’albergo il Motel Super 8 proprio dietro la strip. Speravamo di farci un bagno in piscina ma alle 18 è già chiusa e a Las Vegas questo ci fa abbastanza sorridere. Il Motel non lo consiglio assolutamente, è rumoroso non troppo pulito caos enorme alla reception ma siamo nella sin city e forse è normale così. Dopo esserci riposati e rinfrescati usciamo alla scoperta di Las Vegas, il caldo anche se ormai il sole se ne è andato è veramente impressionante, si ha come l’impressione che qualcuno ci stia puntando un phon sul viso. Ma non ci scoraggiamo e in men che non si dica siamo davanti a quello che giudichiamo il più bell’albergo della strip… il Bellagio. All’interno rimaniamo sbalorditi da un’ala completamente a tema “in fondo al mar” con pesci enormi meduse luminose che vengono giù dal soffitto, un acquario tunnel, sirene balene e tutto quanto si trova in un ambiente marino che si rispetti. Passiamo in mezzo ai tavoli da gioco, poker, roulette e slot machine non si contano, ma il pezzo forte è lo spettacolo delle fontane che si ripete ogni 15 minuti sempre con musiche diverse (eccezionale). Continuiamo la nostra passeggiata sulla strip e via via visitiamo il Venetian, il Treasury Island, il Cesar Palace, il Mirage. Tante luci tanto lusso tanti soldi tanti Elvis che girano ma onestamente questa città non ci lascia granchè entusiasti. Tra una luce e l’altra abbiamo passato le una quindi piuttosto stanchi ce ne andiamo a dormire.

10° GIORNO (DOMENICA 31 LUGLIO 2016)

Ci svegliamo con comodo, e ci perdiamo la colazione in albergo, perché viene servita fino alle 10 (anche questo a Las Vegas è abbastanza assurdo visto che la notte si va a dormire piuttosto tardi). Mattinata dedicata a Las Vegas 44 gradi foto di rito all’insegna “Welcome to Fabulous Las Vegas”, visita del Luxor e dell’ Excalibur giro della strip in auto e ciao ciao Las Vegas, prossima tappa la Death Valley che dista circa 200 km e che raggiungiamo verso le 18 (credo sia l’ora migliore per visitarla). All’ingresso del parco (annual pass valido) non troverete nessuno a causa del caldo che non permette certo ai ranger di passarci una giornata ma le indicazioni sono piuttosto chiare.

Alcuni consigli… fate rifornimento prima di entrare nel parco perché c’è soltanto un distributore a Furnace creek ed è piuttosto caro, portatevi acqua fresca a volontà berrete come mai non vi è capitato. La mattina verificate il livello del liquido refrigerante del motore, il caldo è veramente infernale e le auto sono messe a dura prova (ne troviamo una in panne fortunatamente già raggiunta dai mezzi di soccorso). Infine il parco è veramente immenso quindi calcolate bene l’orario soprattutto se decidete di dormire fuori dal parco (consigliato per i prezzi e per il caldo).

Venendo da Las Vegas accediamo al parco dalla parte di Dante’s View (è possibile accedere anche dalla parte ovest via Stovepipe Wells. Appena entrati ci dirigiamo proprio verso Dante’s View che raggiungiamo dopo una ventina di minuti con ultimo tratto tutto curve e con una pendenza del 25% che mette veramente a dura prova il nostro mezzo carico di bagagli (le roulotte non posso accedervi). Scendiamo dall’auto e anche se fa caldo c’è un bel venticello che ce lo fa ben sopportare. Da qui si gode una vista sulla valle veramente eccezionale, anche se la foschia creata dal caldo non ci permette di godercela appieno, ma il luogo pur se spettrale risulterà uno dei più belli incontrati in questa vacanza. Rimaniamo a bocca aperta per diversi minuti di fronte a questo spettacolo veramente unico e singolare ma le cose da vedere sono ancora molte quindi saliamo in auto e via verso Zabriskie point. Torniamo indietro riprendiamo la strada principale e via altri chilometri fino al parcheggio di questo view point il cui nome ispirò il regista Antonioni per un suo film. Qui fa veramente un caldo atroce, siamo a 48 gradi, per raggiungere il belvedere bisogna percorrere una breve strada in salita che ci sembra non finire mai, ma come spesso accade da queste parti la veduta poi ti ripaga della fatica. Paesaggio lunare, rocce bianche e giallastre che non smetteresti mai di fotografare. Questo luogo ci piace sempre di più ma il bello deve ancora venire. Resistiamo soltanto pochi minuti e via di nuovo in auto… ingurgitiamo acqua e succhi di frutta e via verso Badwater (86 metri sotto il livello del mare). Dalla strada principale (la deviazione è in prossimità del complesso alberghiero The Inn at Furnace creek) ci sono 27 miglia totali andata e ritorno e lì tocchiamo il massimo della temperatura 49 gradi alle 19.30. Parcheggiamo l’auto e davanti a noi lo spettacolo mozzafiato del lago salato illuminato dalla luce del tramonto, questo risulterà alla fine del viaggio uno dei luoghi più belli e singolari incontrati. Scendiamo la scala di legno e percorriamo a piedi un tratto di questo lago, Il sale è talmente bianco che sembra di camminare sulla neve e alle nostre spalle sulla roccia un cartello in legno recita “Sea level” incredibile siamo sotto il livello del mare. Per niente al mondo anche se le temperature sono proibitive dovete perdervi questo posto. Ormai si è fatto tardi e non ce la facciamo a vedere altro anche perché abbiamo prenotato un motel a Ridgecrest a circa 100km da Stovepipe Wells Village ma quest’ultimo da Badwater dista ben 65 km. Arriveremo dopo le 22 dopo aver percorso anche una strada piuttosto bruttina in mezzo al deserto e in parte sterrata per lavori in corso. Non incontriamo mai un mezzo e onestamente anche se non davamo a vederlo sia io che mia moglie eravamo un po’ in apprensione. Tutto è bene quel che finisce bene raggiungiamo il Motel , l’American Inn & Suites (carino ma internet completamente assente) cena da Denny’s e via a letto. Tutto sommato se arrivate da Las Vegas e anche se fa caldo conviene, in base alla mia esperienza, dormire a Furnace creek se non volete sorbirvi troppi chilometri al buio in mezzo al niente con il fisico provato dal caldo. D’altronde questo parco è possibile visitarlo soltanto dal tardo pomeriggio in poi a meno che non vogliate veramente rischiare di sentirvi male e quindi è ovvio dato la grandezza che si faccia un po’ tardi per goderselo nel migliore dei modi. Oppure non prenotate niente neanche il giorno prima e poi vedete come siete messi decidendo sul momento.

11° GIORNO (LUNEDì 01 AGOSTO 2016)

Oggi abbiamo una tappa di trasferimento verso il Sequoia National Park (annual pass valido). Il giorno precedente è stato allo stesso tempo molto bello ma anche spossante. Decidiamo quindi di prendercela con calma e concederci una giornata di relax in vista del rush finale. Ci svegliamo con tutta calma colazione e via verso il nostro prossimo obiettivo attraverso la strada 148 che attraverso le montagne ci porta al Lake Isabella paradiso per surfisti e amanti del Kite. Ci fermiamo un’oretta anche se il lago non è neanche vicino parente del Powell, per dimensioni e per scenario, ma visto il caldo ci concediamo il secondo bagno in un lago statunitense. Passeremo li un oretta prima di raggiungere, attraverso una strada circondata da aranceti a perdita d’ notte a Three Rivers Wesytern Holiday Lodge con bagno di un paio d’ore in piscina e cena da Pizza Factory.

12° GIORNO (MARTEDì 02 AGOSTO 2016)

Oggi l’intera mattinata e buona parte del pomeriggio lo dedichiamo al parco delle Sequoie. Avevo molte aspettative da questo parco e devo dire che le ha pienamente soddisfatte. Non appena varcato l’ingresso percorriamo qualche chilometro in auto attraverso la Giant Forest circondati da sequoie gigantesche che ci lasciano veramente a bocca aperta. Superata questa meraviglia parcheggiamo l’auto e ci serviamo delle comodissime navette per andare a trovare il Generale Sherman che con i suoi 11 metri di diametro è l’essere vivente più grande del mondo. Foto di rito di tutta la famiglia all’ombra del gigante e poi via alla scoperta delle moltissime altre sequoie che popolano la zona. Molto simpatico anche il Congress Trail dove ad ogni sequoia è stato attribuito il nome di un organo del congresso americano.

Finito questo tour torniamo alla fermata della navetta per tornare verso il Giant Forest Museum da dove prendiamo al volo il minibus per Moro Rock un enorme monolite dal quale possiamo godere la vista del parco e delle vette che lo circondano. Per raggiungere la cima bisogna salire ben 350 scalini ma la vista ripaga pienamente dello sforzo. Tutti i punti di interesse possono essere raggiunti in auto ma può capitare di trovare i parcheggi pieni, e qui non esiste mettere l’auto dove non ci sono spazi delimitati il ranger vi inviterà prontamente a rimuoverla, di conseguenza queste navette possono essere una valida alternativa. Tornati nuovamente al Giant Forest Museum, a proposito di fronte si staglia imponente Sentinel, altra Sequoia gigantesca. Torniamo al parcheggio montiamo in auto e prendiamo la strada che ci porterà verso l’altra sequoia di spicco del parco ovvero il Generale Grant (dista 27 miglia dal Museo). Lungo la strada ci fermiamo a pranzare presso il Lodgepole General store (si trova un po’ di tutto da sandwich preconfezionati a pizza tacos gelati etc. etc.) un po’ di relax e poi una mezz’oretta di strada e siamo dal General Grant. Devo dire che la zona, se possibile, mi è piaciuta maggiormente della parte per capirsi del Generale Sherman, e la ragione penso sia da ricondurre al fatto che essendo piuttosto distante dal cuore del parco è molto più silenziosa e meno frequentata. Anche qui le Sequoie sono molto numerose dal Monarca al Generale Grant (non ha niente da invidiare a Sherman) ma tutte sono stupende con la loro strana corteccia pelosetta che però ha delle qualità particolari che difendono l’albero da incendi, insetti lombrichi e quindi ha un grosso merito sulla loro longevità. Purtroppo la giornata è volata e dobbiamo salutare i nostri amici giganti anche perchè dobbiamo percorrere ancora circa 250 chilometri per raggiungere la costa e precisamente San Simeon dove pernottiamo presso il Motel 6 (consigliabile).

13° GIORNO (MERCOLEDì 3 AGOSTO 2016)

Ci svegliamo di buonora, facciamo colazione e via verso la nostra ultima tappa, San Francisco, che raggiungeremo attraverso la strada costiera. Purtroppo c’è molta foschia e quindi la giornata non è proprio ideale. Dopo pochi chilometri un cartello ci indica un punto di avvistamento degli elefanti marini, parcheggiamo e ci avviciniamo alla spiaggia dove decine di questi grassoni dormono indisturbati nel loro ambiente naturale. Alcuni più mattinieri sono nell’acqua che giocano e lottano emettendo strani rumori, lo spettacolo è veramente simpatico anche perché tra i nostri piedi passano dei simpatici scoiattoli talmente abituati all’uomo che si fanno perfino accarezzare. Lasciamo questo luogo veramente imperdibile e proseguiamo lungo la HWY 1, ma scopriamo che purtroppo oggi tutti i vari parchi statali lungo la strada sono chiusi quindi limiteremo la nostra visita alle cittadine che incontreremo lungo la strada. Dopo varie soste per scattare fotografie alle bellissime scogliere a picco sul mare, avvistiamo anche dei condor, superiamo Big Sur, molto bello, e facciamo la prima vera sosta a Carmel, elegante cittadina, residenza di Clint Eastwod della quale in passato è stato anche sindaco (fu lui a togliere il divieto di mangiare il gelato per strada). Lasciamo Carmel e dopo pochi chilometri raggiungiamo Monterey, il centro più grande di questo tratto di costa. Parcheggiamo presso il Fisherman’s Wharf e ci dirigiamo verso il coloratissimo molo dove dominano ristorantini e agenzie che pubblicizzano i Tour in battello per l’avvistamento di delfini, foche e balene (ma come vedrete è la nostra giornata fortunata e non ne avremo bisogno). E’ l’ora di pranzo e decidiamo di fermarsi da Domenico’s dove una gentilissima ragazza ci cucina Fish and chips e la specialità della costa ovvero il Clam Chowder, una pagnotta di pane riempita di zuppa ai granchi veramente ottima e abbondante (una basta per due persone). All’estremità del molo, nello specchio d’acqua sottostante, alcune simpatiche foche nuotano e giocano tra di loro per la gioia di grandi e piccini mentre poco più in là nella zona dove l’acqua è piuttosto bassa centinaia di granchi rossi, simbolo del posto) popolano la scogliera.

Direi che c’è di che essere soddisfatti, quindi rimontiamo in auto e via verso Santa Cruz cittadina graziosa, patria dei surfisti, che merita sicuramente una visita. Se avete poco tempo andate direttamente verso il molo, mentre se potete dedicare un paio d’ore alla visita lasciate pure l’auto al parcheggio zona Downtown, e fatevi tutta la via principale molto caratteristica e circondata di negozi in particolare per gli amanti della tavola a vela. Sono le 16 tra tre ore dobbiamo riconsegnare l’auto a San Francisco quindi ci rimettiamo in marcia continuando però sempre sulla strada costiera, per fortuna!!. Questa parte di strada a nostro giudizio è ancor più bella della precedente, ancora scogliere lagune e lunghe spiagge semideserte e spazzate dal vento. In una di queste avvistiamo anche dei buffissimi pellicani, ma il bello deve ancora venire, lungo la strada nostro figlio più grande, Samuele, sostiene di aver visto qualcosa a largo che si muove… pensiamo ai delfini e ci fermiamo dopo pochi metri. Scendiamo dall’auto e ci mettiamo a scrutare e in effetti qualcosa c’è ma non sono delfini bensì due balene che sbuffano e giocano non lontano dalla costa. L’emozione nostra e dei nostri figli è veramente enorme, non c’è nessuno nelle vicinanze quindi lo spettacolo non possiamo condividerlo con nessun altro, ancora sbuffi movimenti classici delle balene e alla fine addirittura una di loro tira fuori la grandissima coda dall’acqua come per dirci “Ebbene si sono proprio una balena”. Pian piano prendono il largo e noi veramente paghi e soddisfatti prendiamo definitivamente la via di San Francisco dove arriviamo con ben cinque minuti di anticipo sull’orario di consegna dell’auto in O’Farrell street (per poco non dovevamo tenercela tutta la notte e riconsegnarla la mattina dopo) ma tutto è bene quel che finisce bene. Nella via parallela abbiamo il nostro Hotel il “The Monarch” dove soggiorneremo per tre notti. Ricapitolando durante questa giornata abbiamo osservato, elefanti marini, scoiattoli, foche, granchi rossi, condor, pellicani e balene e tutti nel loro habitat naturale e in completa libertà!!

14° GIORNO (GIOVEDì 4 AGOSTO 2016)

Oggi è il primo giorno alla scoperta di San Francisco, ci svegliamo e dalla finestra facciamo il primo incontro con la tipica nebbiolina tipica della citta’. Dopo aver fatto colazione usciamo e dopo 10 minuti scarsi a piedi raggiungiamo Union Square, centro nevralgico della città. Facciamo due conti e anziché fare il Muni Pass per tre giorni (31 dollari cadauno) decidiamo di ascoltare il consiglio del receptionist dell’ Hotel e di optare per il biglietto di due giorni del Big Bus. La scelta si rileverà azzeccatissima, anche perché in due giorni è il metodo migliore per godersi la città senza stress, senza impazzire nelle numerose linee dei trasporti urbani e scendendo e rimontando nei vari punti più interessanti della città. In quattro abbiamo speso 180 dollari che comprendono due giorni di pullman pomeridiano, il pulmino per Sausalito, un’ora di bicicletta, 2 walking tour e il Tour notturno. Se consideriamo che un mini pass costa 31 dollari cadauno che un’ora in bici circa 20/25 dollari la differenza di spesa non è poi così considerevole. Mi sento pertanto di consigliarlo vivamente. Partiamo da Union Square e attraversiamo, accompagnati dal commento della audio guida multilingue, Civic Center, Haight Ashbury il Golden Gate Park prima di trovarci davanti, passata la zona Presidio, uno dei ponti più fotografati al mondo ovvero il Golden Gate bridge chiamato così ovviamente non per il colore ma per il nome della baia che sovrasta. Attraversiamo il ponte con il vento che ci taglia la faccia e scendiamo dal pullman alla fermata in fondo al ponte per scattare numerose foto che lasceranno indelebile il ricordo di questa magnificenza architettonica, attenzione il colore non è rosso ma come dicono gli abitanti di San Francisco “arancio antico”.

Fatto questo prendiamo il big bus in versione old style che ci farà fare il tour di Sausalito, opulenta e carinissima cittadina baciata dal sole californiano. Si dice che in questa città gli abitanti abbiano il reddito pro capite più alto di tutti gli Stati Uniti. E’ curioso come nel giro di pochissimi chilometri passiamo dalla nebbiolina fredda di San Francisco al sole splendente di Sausalito. Passiamo un oretta piacevolissima tra le stradine che si arrampicano per la cittadina e passeggiando lungo la via principale ricca di negozi e ristorantini. Le abitazioni sono veramente eleganti e ben curate così come le aiuole e i giardini non a caso molti personaggi famosi americani possiedono da queste parti una “piccola” villetta”. Il bus “old style” ci aspetta con il simpatico autista Jack che durante la guida illustra caratteristiche e curiosità del posto, ripartiamo e torniamo verso il Golden Gate dove scendiamo e torniamo sul Big Bus che ci farà nuovamente attraversare il ponte per riportarci a San Francisco. Questa volta scendiamo alla fermata prossima alla famosa “Crookedest street”, ovvero la parte di Lombard street tutta curve a serpentone così concepita per limitare al 16% una pendenza che invece sarebbe del 27% che, inutile dirlo, creava enormi rischi a chi la percorreva. Molti si divertono a percorrerla in auto e lunga è la fila sulla salita che la precede dove l’odore acre dei dischi dei freni incandescenti la fa da padrone. Questo tratto di strada è veramente molto curato con fiori e ortensie che le fanno da cornice e dalla cima della quale si gode una bellissima vista della città. Da qui scendiamo verso il Fisherman’s Wharf pullulante di turisti e di locali di ogni genere. Un luogo pieno di colori che mette veramente allegria e dove il punto di forza sono i leoni marini che al Pier 39 invadono la banchina tra sbadigli, tuffi e dormite colossali. Si avvicina l’ora del tour serale di Alcatraz quindi ci portiamo al Pier 33 dove ci imbarchiamo in direzione dell’isola che ospita il famoso carcere che ha ospitato tra gli altri Al Capone. In realtà l’isola di Alcatraz sarebbe quella di fronte rinominata così perché questo è il nome in spagnolo di una specie di volatile, strettissimo parente dei pellicani, che popolava e popola l’isola. Ma successivamente per errore di un comandante militare americano, che credette che Alcatraz fosse l’isoletta che ospitava il carcere, rinominò Alcatraz quest’ultima e così è rimasto fino ad ora. Il tour è veramente interessante e assolutamente da non tralasciare. Un’ audio guida in italiano ci accompagna per tutto il giro del carcere raccontando curiosità e come si svolgeva la vita all’interno di questo penitenziario chiuso il 21 Marzo del 1963 perché i costi di gestione erano diventati insostenibili. Le celle totali sono 360 il picco massimo di occupanti è stato di 320 carcerati con una media di circa 220 l’anno. Vengono mostrate anche le celle da dove Frank Morris e i fratelli Anglin riuscirono a fuggire scavandosi un pertugio con dei cucchiai e risalendo lungo le conduttore dell’acqua fino al tetto. Nessuno ha mai saputo se siano affogati o se ce l’abbiano fatta. I Tour finisce nella Dining room considerata la più pericolosa e ingestibile in quanto i carcerati in quel momento avevano a disposizione coltelli e forchette potenziali armi per attaccare. Il cibo che veniva servito, a quanto si dice, non era affatto male e la qualità di vita in questo penitenziario non era delle peggiori. Curioso è un pannello bianco dove venivano riposti i coltelli da cucina ognuno dei quali disegnato con una sagoma nera per verificare con una semplice occhiata che tutti fossero al suo posto alla fine dell’uso. Finita la visita torniamo verso il molo da dove il traghetto ci riporterà a San Francisco, ormai è buio e l’ambiente è veramente suggestivo ma veramente bella è anche la vista della città e del Golden Gate illuminati che ci accolgono al nostro rientro. Ceniamo a base di fish & chips e zuppa di granchi e via in albergo a dormire. Una nota per chi fosse interessato, il tour conviene prenotarlo con tre mesi di anticipo altrimenti è impossibile trovare posto. Il giorno in cui l’abbiamo fatto noi (4 Agosto) alla biglietteria era affisso un cartello con scritto “Prossimo tour disponibile 30 Agosto”….

15° GIORNO (VENERDì 05 AGOSTO 2016)

Sveglia colazione e via verso Union Square dove saliremo nuovamente sul Big Bus per continuare la visita di San Francisco. Lasciamo il bus alla fermato di Alamo Square, il parco purtroppo è chiuso per lavori, per andare ad osservare le “painted lady”, sei case in legno in stile vittoriano molto colorate chiamate così perché rappresentano in tutti i sensi una cartolina della città. Dopo le foto di rito decidiamo di spostarci verso Mission, il quartiere latino americano della città, non vi meravigliate di trovare qualcuno che manco parla inglese. Il quartiere è caratterizzato da moltissimi murales a sfondo politico, sociale ma anche semplicemente riferiti a personaggi dei cartoni animati. Il più bello e maestoso è sicuramente quello che copre completamente il “Women’s building” un centro di propaganda per la difesa dei soprusi subiti dalle donne e per l’uguaglianza dei sessi. Qui è possibile visitare anche la missione Dolores la prima della città fondata nel 1776. Attiguo a questa il verdissimo Dolores park dove facciamo una sosta per mangiare e per riposarci. Riposati e rifocillati torniamo alla fermata di Alamo Square prendiamo nuovamente il Big Bus in direzione Pacific Heights, il quartiere più residenziale della città, ma passando nuovamente dal Golden gate bridge ed essendo il cielo sereno non possiamo esimerci da scendere nuovamente dal pullman per scattare altre foto con il ponte reso ancor più bello dal sole splendente. Come avevo detto la meta in realtà era Pacific Heights quindi rimontiamo e dopo un paio di fermate eccoci a destinazione. La zona è veramente molto bella, case vittoriane di gran livello tutte o quasi con vista magnifica sulla baia e giardini curatissimi, ma la più interessante è quella al 2640 di Steiner street, ovvero la casa protagonista del film Mrs. Doubtfire. E’ proprio lei, sull’angolo di una strada con notevole pendenza abbellita da piante e alberelli curatissimi che fanno ombra a molte pietre con su scritte dediche di ammiratori provenienti da ogni parte del mondo all’attore Robin Williams indimenticato protagonista del film. Lasciamo la casa, non senza aver fatto diverse foto, e scendiamo verso Union street, la via dei negozi di Cow Hollow, zona chiamata così perché un tempo vi pascolavano le mucche. E’ l’ora di tornare verso il Fisherman’s Wharf visto che alle 19.30 abbiamo il tour notturno del Big Bus. Sulla via ci fermiamo ad osservare il famoso cambio di rotta del Cable Care alla fine di Hyde street, veramente caratteristico anche se le operazioni di salita dei visitatori sono veramente lentissime cosicchè si formano delle file veramente chilometriche. Puntuali arriviamo alla fermata per il Tour notturno che ci porterà a fare un giro completo della città con l’aggiunta di una puntatina fin sotto il Golden Gate bridge, da dove si gode una vista dello stesso veramente entusiasmante, e di Treasury Island, l’isoletta di fronte alla città che si raggiunge però attraversando il Bay bridge tra sferzate di vento gelido che mettono a dura prova la nostra resistenza. Da qui godiamo una bellissima vista sulla città interamente illuminata e anche di questo bellissimo ponte che, di notte, forse è anche più bello del Golden gate visto come è illuminato. Il tour notturno termina con il passaggio attraverso il quartiere finanziario che un po’ ricorda la city di New York per arrivare fino al Fisherman’s Wharf da dove eravamo partiti. Per chi interessato come noi il pulmann ci riporta fino a Union Square dove ceniamo e poi a nanna.

16° GIORNO (SABATO 6 AGOSTO 2016)

Oggi è l’ultimo giorno, alle 18.10 abbiamo il volo Turkish per tornare a casa. Ultimo giretto della zona di Union square e del vicino quartiere di Chinatown che, rispetto a quello di New York, è molto più carino e originale. Pranziamo e torniamo verso l’albergo dove ci attende il pulmino dell’Airport express che in mezz’ora scarsa ci porterà al Terminal 1 del San Francisco International Airport, operazioni di imbarco partenza e dopo una sosta di 4 ore a Istanbul arrivo a Milano alle 23.30 e fine di questo indimenticabile e meraviglioso viaggio. Un ringraziamento particolare a Gianluca “Guida per caso” dei parchi americani preziosissimo per tutti i suoi consigli che hanno influito non poco sulla riuscita di questo viaggio.

Alla prossima

CONCLUSIONI E CONSIGLI

TOTALE KM 4.550

COSTO TOTALE BENZINA: EURO 300 C.CA

COSTO NOLEGGIO AUTO 12 GG: EURO 800 (COPERTURA ASSICURATIVA TOTALE)

COSTO HOTEL: EURO 1828 (17 NOTTI 4 PERSONE)

COSTO AEREO: EURO 2.720 TOTALI A/R (Periodo ideale per prenotare Gennaio/Febbraio)

Assicurarsi di avere la copertura totale senza franchigia (aggiungendo la Road safe assistance vi cautelate in caso di recupero con carro attrezzi, il resto di solito è compreso nel normale contratto di noleggio)

Prenotazioni hotel/motel: io ho fatto tutto da casa e mi son trovato bene ad eccezione di un caso nel quale se non avessi prenotato mi sarei fermato prima. Vicino ai parchi ho visto molti Motel con la scritta “No Vacancy” mentre al di fuori quasi tutti avevano disponibilità. Rapportandomi con altri italiani incontrati durante il viaggio ho riscontrato che prenotando da casa per lo stesso hotel anziché sul momento ho risparmiato diversi dollari. Come motore di ricerca ho utilizzato Hotel.com che ha il vantaggio di darti il prezzo già comprensivo delle tasse ed è possibile aderire ad un programma fedeltà che prevede per ogni 10 notti una notte in regalo di un valore pari alla media delle notti accreditate.

Trasferimento aeroporto San Francisco: dopo varie analisi abbiamo optato per Airport Express, una navetta prenotata direttamente dal nostro albergo, che per 60 dollari ci ha accompagnato dall’albergo stesso al Terminal dove opera la Turkish. L’alternativa è la linea BART un trenino che dalla città ti porta fino all’aeroporto per dollari 11 a persona. La fermata non era molto vicina all’albergo avevamo 2 valigie grosse una piccola e due zaini quindi abbiamo optato per qualcosa di più comodo (lo consiglio la differenza sono pochi spiccioli).

Un consiglio nel calcolo dei tempi di percorrenza: aggiungete sempre un’oretta a quello che viene detto dai vari siti internet o dal navigatore. Non farete mai tutta una tirata, troverete sempre qualcosa che merita una sosta fotografica, oppure una località che vi incuriosisce. Una cosa che ho imparato in questa parte di America è che in ogni angolo troverete sempre qualcosa di interessante e di originale.

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Sequoie

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San Francisco Mission

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death valley badwater



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