Toubab… un cadeau
I GIORNO 19/11/10 : Alla fine siamo partiti solo in tre! Si pensava di essere una folla ma, chi per un problema , chi per un altro , si sono defilati tutti … Meglio pochi ma buoni ! Alle 9.40 siamo andati in stazione a prendere Nadia che è arrivata in treno e poi a Genova a prendere Enrico all’uscita da scuola che ci accompagnerà all’aeroporto di Malpensa. Abbiamo volato con la Royal Air Maroc e siamo decollati puntuali alle 16.25 , abbiamo fatto scalo a Casablanca e alle 20.40 siamo ripartiti verso la nostra meta finale : Bamako. L’ atterraggio è avvenuto circa 15 minuti prima del previsto cosi ad attenderci non abbiamo trovato subito l’ incaricato del nostro tour operator e siamo stati presi dal panico, dal momento che era notte fonda e non sapevamo veramente dove andare. Dopo qualche minuto si è presentato Van, la guida che ci accompagnerà nella nostra grande avventura per i prossimi 18 giorni. Buba, il nostro autista ci ha condotto in hotel il “Mirabeau “ . Abbiamo attraversato la città in piena notte, così non ci siamo resi conto in quale parte della città sia ubicato… È un struttura vecchiotta abbastanza maltenuta ma questi probabilmente sono gli standar maliani, visto che è definito dalla Lonly Planet una delle migliori strutture turistiche della capitale. Finalmente il tanto agognato riposo, ma ci aspettava un’ altra brutta sorpresa: ci hanno aperto la valigia facendo saltare il lucchetto con il quale è stata chiusa e ci hanno rubato la busta con l’ occorrente per la pulizia personale . . . Domani si dovranno fare acquisti!
II GIORNO 20/11/10 : Stamane sveglia con tutta calma e colazione alle 10, prima delle 11 Van è venuto a prenderci e siamo partiti per Koulikoro, un piccolo porto fluviale sul Niger, da cui ogni mercoledi parte il traghetto che risalendo il Niger porta fino a Gao. Stamattina la temperatura supera i 30° ma per la nostra guida le temperature sono piuttosto rigide infatti per tutta la mattina ha indossato un giaccone . . .Abbiamo percorso una dritta strada per 56 km e dopo un’ ora siamo arrivati in questa piccola cittadina di origine coloniale , di cui rimane ancora la stazione ferroviaria. Abbiamo attraversato la zona del mercato dove si vende veramente di tutto: verdura, frutta, tessuti, saponi fatti con olio di palma e di karitè, pesci essiccati, erbe per la medicina tradizionale. Abbiamo pranzato in un grazioso ristorante sul fiume . Nel pomeriggio siamo tornati a Bamako dove abbiamo cambiato un po’ di euro in franchi SFA e poi ci siamo fermati in una sorta di supermercato dove ho potuto comprare il minimo indispensabile per la pulizia personale in questo periodo. Attraversando nuovamente la città ci siamo trovati imbottigliati in un traffico incredibile , auto , bus, taxi , collettivi fermi e strombazzanti, donne, bambini , persone che zigzagavano tra i mezzi di trasporto. . . Un delirio di colori, rumori, odori da far girare la testa! Siamo saliti su per le pendici della collina che sovrasta la capitale fino a Point G , un punto panoramico da cui si vede tutta la città dall’ alto attraversata dal Niger con i tre grandi ponti che collegano una sponda all’ altra , una miriade di basse casette immerse tra il verde che si estende a perdita d’ occhio. Sull’ altro lato della collina si può vedere tra la vegetazione il bianco palazzo presidenziale. Un po’ di relax in hotel e poi sono venuti a prenderci per andare a cena nel ristorante “Le Relax” , un affollato ristorante maliano- libanese dove abbiamo gustato il famoso “capitain “ il pesce persico del Niger poi subito a nanna domani partenza all’ alba.
III GIORNO 21/11/10 : Stamane partenza alle 7.30 , abbiamo ben 550 km da percorrere. La strada attraversa molti villaggi dove abbiamo potuto vedere i loro abitanti intenti nelle occupazioni quotidiane: donne che pestano il miglio con i loro bimbi legati alla schiena, scolari delle scuole coraniche chiedono il pasto alla fermata dei bus, bambini , anche piccolissimi, corrono incontro alla nostra jeep salutandoci e sperando in un piccolo dono. Spesso la nostra corsa è interrotta da mandrie di mucche e capre che attraversano la strada , che a tratti è viola, infatti il nero dell’ asfalto si fonde con il rosso della terra che la circonda. La prima tappa è stata nel piccolo paese di Kono Bougou dove si svolge il mercato settimanale; anche qui la solita allegra confusione, i cibi più strani esposti su grandi fazzoletti stesi a terra o su improvvisate bancarelle. Una signora stava friggendo delle appetitose frittelle nel burro di karitè fuso, abbiamo appreso cosi che oltre alle proprietà cosmetiche si usa anche come alimento. Ci siamo fermati per il pranzo a San e poi proseguendo verso Djennè ci siamo fermati in un piccolo villaggio con un numero incredibile di granai; queste costruzioni in banco sollevati da terra perché non vengano infestati dalle termiti , alcuni hanno il tetto in paglia ( i maschi) altri no ( le femmine) e i tipi di sementi che vi sono immagazzinati sono differenti a seconda che il granaio sia maschio o femmina. Abbiamo sostato in un altro piccolo villaggio sorto attorno ad una graziosa piccola moschea dove siamo stati attorniati da uno sciame di bambini a cui abbiamo distribuito caramelle fino a che ne abbiamo avute , ma sicuramente qualcuno sarà rimasto senza! Siamo giunti finalmente all’ imbarcadero davanti ad un tramonto mozzafiato , peccato lo abbiano disturbato un gruppo di venditori petulanti che tentavano persino di entrare sulla jeep per vendere collanine o altri monili. La traversata del fiume Bani dura circa una mezz’ ora e siamo giunti a Djennè , che si trova su un’ isola immezzo al fiume , che era ormai buio, cosi siamo andati subito in hotel. Il nostro hotel è “Le Campement” costruito in fango come tutte le abitazioni circostanti, a pochi metri dalla Grande moschea. Ha un grande cortile centrale dove è anche situata la sala ristorante e attorno piccole casette in cui sono dislocate le stanze. Le stanze, malgrado siano dotate di aria condizionata e zanzariere sono estremamente spartane dotate solo di acqua fredda per la doccia. Abbiamo cenato in hotel con un menù tipicamente francese: zuppa, cous-cous e crepes. Dopo cena abbiamo passeggiato per il centro fino alla moschea ed io ho avuto veramente l’ impressione di far parte di un presepe : davanti alle piccole case delle tettoie di foglie di palma dove la famiglia consuma la cena davanti a un piccolo fuoco mentre le pecore, le capre e gli asini circolano liberamente mentre la notte è illuminata quasi interamente dalla luna . . . Che magia!
IV GIORNO 22/11/10 : E’ lunedi , giorno di mercato a Djennè, forse il più grande mercato di tutto il Mali , sveglia di buon’ ora per la visita della città e del mercato. Oltre a Van ci ha accompagnato una guida locale , infatti per visitare qualsiasi città o villaggio si paga una tassa e si viene accompagnati da una guida locale . Abbiamo percorso tutto il perimetro della città, passando attraverso i vicoli che ci hanno condotto dapprima fino alla grande Moschea , dopo essere transitati davanti al museo di prossima apertura. Abbiamo potuto ammirare i vari tipi di architetture usate: marocchina, sudanese, touculeur tutte in banco , cioè una malgama di fango, paglia, sterco, anticamente anche burro di karitè cotti al sole. Dalla struttura della casa anticamente , si poteva dedurre il numero degli abitanti, il numero dei figli e il loro sesso e il numero delle mogli ( ogni uomo può prendere fino a 4 mogli). Le finestre delle case di origine marocchina sono coperte grate finemente decorate in modo che le donne potessero guardare la vita che si svolgeva in strada senza essere viste. La moschea è sito mondiale dell’ UNESCO ed è stata costruita nel 1907, riproducendo fedelmente il modello precedente costruito nel 1280 per festeggiare la conversione all’ Islam di Koi Komboro e poi lasciata andare in rovina da un re guerriero alla fine del secolo scorso, infatti dopo ogni stagione delle piogge, ogni anno si provvede a restaurare le parti rovinate dai fenomeni atmosferici. In Djennè, prima della costruzione della Grande Moschea esistevano innumerevoli piccole moschee, che vennero distrutte per fare in modo che l’ intera popolazione della città venisse qui a pregare e ,al posto delle altre moschee, sono state costruite scuole coraniche e cimiteri per bambini morti prima del primo anno di età. La Gran Moschea è il più alto edificio di fango al mondo, più di 18 m, con 3 torri che fungono da minareti e 5 porte d’ accesso, severamente proibito ai non mussulmani. Abbiamo proseguito tra un dedalo di viuzze fino alla tomba di Tapama Dienepo, una ragazza sacrificata qui per salvare la città dagli spiriti. Abbiamo visitato un laboratorio di bogolan, un tessuto di cotone (il Mali è uno dei più grandi produttori di cotone al mondo ) tessuto a mano in strisce poi cucite le une alle altre e poi tinte con il fango , indaco, erbe e cortecce. Dopo aver contrattato a lungo siamo riusciti ad acquistare un delizioso copriletto per 15000 SFA, circa 20 euro. Siamo saliti su un tetto adiacente la moschea dove abbiamo potuto ammirare la magnificenza di tal edificio e il brulicare coloratissimo delle persone che affollano il mercato che si estende a perdita d’ occhio. Abbiamo passeggiato tra i banchetti che vendono veramente ogni cibo, sapone, medicine, vestiti, tessuti, bottiglie di plastica vuote, spezie , chi prepara cibi, chi arrostisce carne, chi frigge pesci. . . E’ uno spettacolo inspiegabile a chi non ha mai visitato l’ Africa : i colori dei loro abiti, il vociare delle contrattazioni, gli odori intensissimi,( per non definirli puzze!) fanno letteralmente girare la testa! Abbiamo pranzato in hotel e poi ci siamo concessi un paio d’ ore di relax perche le temperature fuori sono proibitive . Poi verso le 15 abbiamo nuovamente fatto un giro sul mercato ma buona parte dei commercianti ritirava già le loro merci perché a volte il villaggio d’ origine dista diversi chilometri da percorrere a piedi o a dorso d’ asino e qui il sole tramonta verso le 18 . Alle 16 siamo andati a visitare un villaggio che dista 4 km da Djennè : Senossa. Questo piccolo villaggio conta 6/8 mila abitanti ed è abitato da bambara , che si occupano di pesca e da peul , che si occupano di pastorizia e agricoltura. Questo villaggio , come Djennè , è costruito completamente in banco ed ha 2 moschee in stile sudanese, una maggiore al centro del paese e una più piccola sul fondo, vicino alla casa della gioventù. Siamo ripartiti di là quando una luce rossa ammantava il paese e sulla strada del ritorno abbiamo visto carretti trainati da cavalli o asini , alcuni camion stracarichi di persone , motorini, molte persone a piedi, che tornavano a casa stracarichi di pacchi, fascine di legna ecc. Abbiamo cenato da “Chez Alì” , un locale che dista poche centinaia di metri dalla piazza della moschea , frequentato per lo più da turisti, il menù è stato sempre lo stesso: brochettes di vitello o pollo, infondo non si viene in Mali per la sua cucina! La serata è però stata allietata da un gruppo di percussionisti che suonavano musica africana e da un gruppetto di bimbe che ballavano al ritmo di quella musica frenetica.
V GIORNO 23/11/10 : Partenza di buon’ ora per i mitici Paesi Dogon , ma non abbiamo potuto lasciare Djennè prima di aver dato un ultimo saluto alla Gran Moschea. Come è diverso da ieri, cosi silenzioso, della confusione di ieri rimane solo qualche carretto, un ultimo camion che carica enormi pacchi di merci prima della partenza e. . . Cumuli di spazzatura ovunque! Abbiamo ben presto lasciato la strada asfaltata a favore di una polverosa pista che ci ha portato fino a Nandò. Non è stato facile raggiungerlo e dopo circa un’ ora siamo arrivati in una radura dove la strada moriva e , come per caso, un minuscolo omino della falesia era lì ad attenderci. Nei paesi Dogon per accedere ai villaggi bisogna pagare una tassa d’ ingresso ,solitamente poche migliaia di SFA , ed essere accompagnati da una guida locale. Abbiamo intrapreso la salita tra i sassi su per la falesia e dopo circa 15’ e 300m di dislivello, sotto il sole battente, siamo giunti in cima alla collina , dove voltando a sinistra abbiamo finalmente scorto l’ abitato del paese , ben mimetizzato fra le rocce. Siamo entrati attraverso una porta in pietra e siamo stati letteralmente assaliti da una miriade di bambini,che ti prendevano per mano e chiedevano ogni tipo di regalo tentando di muoverti a compassione mostrandoti ogni piccola ferita o malanno. Al centro del paese si trova una particolare moschea con belle colonne ed una parte tondeggiante simile ad un presbiterio. Siamo saliti sulla sommità della collina da cui abbiamo potuto godere di un panorama mozzafiato sul villaggio con le sue case di fango sui cui tetti vengono stesi miglio, sorgo, bissab e fagioli a seccare. Siamo ridiscesi a valle sempre seguiti da tutti i bimbi del paese e ripresa la jeep abbiamo continuato il viaggio. Dopo più di un’ ora Niongono ci è apparso da lontano ,con il centro abitato a filo della falesia. Abbiamo percorso una scala naturale scavata nella roccia e dopo 15’ di salita, siamo arrivati in paese, che è di una bellezza eccezionale , in cui piccole stradine dividono case di fango, ognuna con una torretta comunicante con quella della casa a accanto, così in caso di inseguimento si può facilmente sfuggire all’ inseguitore. Davanti ad ogni casa c’ è un cortile in cui la famiglia consuma i pasti (salvo rari casi si cucina all’ interno della casa) e dove soggiornano polli e capre. La nostra guida locale ci ha condotto a casa sua per mostrarci l’ interno di queste abitazioni: al piano terra c’è la cucina dove si cucinano i pasti, la camera da letto, la doccia. Al piano superiore la zona riservata alle donne e per arrivarci una scala impervia ricavata dal tronco di un albero scavato in maniera da creare degli appoggi di pochi centimetri che fungono da scalini . Un’ ulteriore scala porta sul tetto della casa che viene usato come essiccatoio di granaglie e legumi. Le porte hanno elaborate serrature tutte intagliate che si chiudono con un sistema di chiodi ed entrando in un laboratorio di falegnameria non abbiamo resistito dall’ acquistarne una. In questo villaggio c’è una moschea e la casa del fondatore del villaggio che risale a 700 anni fa. Bandiagara non è distante ma la strada è una vera e propria pista disseminata di buche priva di segnaletica cosi ci sono volute più di 2 ore ad arrivare in hotel per il pranzo. L’ hotel “La faleise” ha un giardino interno dove sono sistemati i tavoli del ristorante; le camere sono veramente deliziose in stile africano , c’è una grande doccia, un letto a baldacchino con lenzuola di un bel turchese brillante e con bogolan alle finestre. Le stanze si affacciano su due patii l’ uno di fronte all’ altro su cui , da una parte ci sono altre stanze, dall’ altra una terrazza ristorante. Relax ai bordi della piscina fino alle 16.30 quindi partenza per Songo , raggiungibile in pochi minuti perché dista pochi chilometri da Bandiagara e la strada per raggiungerlo è asfaltata. In questo villaggio ci sono 5 pozzi per il fabbisogno di tutta la popolazione e i muri dei granai sono decorati con i simboli sacri dei Dogon: il coccodrillo, il serpente, la stella, il pestello e il mortaio, le maschere. Proseguendo abbiamo incontrato alcuni filatoi e la tugunà , cioè il luogo di riunione degli uomini del villaggio , severamente vietato alle donne, dove si discutono i problemi del villaggio stesso. Sulla sommità dell’ altura c’è il luogo predisposto per la circoncisione dei bambini dai 4 ai 7 anni , con una grande cerimonia che si celebra ogni 3 anni. La grande parete di roccia è dipinta con simboli rossi, bianchi e neri e qui ci sono due pietre poste l’una di fronte all’ altra su cui siedono il “ chirurgo” e il piccolo paziente.C’è una sala adiacente con tante pietre disposte in cerchio su cui siedono i bambini quando aspettano di essere chiamati per essere circoncisi. I bimbi rimarranno in questo luogo per più di un mese perché vengano istruiti in modo che possano passare dall’ infanzia all’ età adulta. Il giorno seguente la cerimonia si fa una grande festa dove vengono cucinati gli animali offerti dalle famiglie dei ragazzini circoncisi e in quell’ occasione si suonano buffi strumenti ricavati da grandi zucche. La luce calda del tramonto ha colorato le case del villaggio di un arancione incredibile lasciandoci senza fiato. Al termine della discesa un numeroso gruppo di bambini ci aspettava cantandoci una canzone e dopo gli applausi abbiamo distribuito loro delle caramelle. Tornati in hotel abbiamo fatto un bel bagno nell’ acqua fresca della piscina. Abbiamo cenato in hotel e poi a nanna.
VI GIORNO 24/11/10.:Stamane abbiamo avuto un contrattempo con cosi per ingannare il tempo abbiamo fatto una passeggiata per Bandiagara , che è un grande paese senza alcuna attrattiva . Alle 8.40 è finalmente arrivato Bouba e , attraverso una strada sterrata , tra campi di cipolle e di miglio , siamo arrivati a Djiguibombo. Questo villaggio è un dedalo di viuzze che confluiscono in piccole piazzette con al centro grandi alberi di baobab , la fornace , la tugunà. La moschea è moderna e stride con il resto delle costruzioni in fango. Abbiamo proseguito per una strada che serpeggia tra le maestose rocce della falesia fino a Kani Kombolè , il secondo villaggio più antico dei paesi Dogon, dove abbiamo potuto ammirare la sua splendida moschea. Il terzo villaggio che visitiamo è Teli ,dopo aver attraversato il centro e costeggiato la moschea ci siamo inerpicati tra le rocce per raggiungere le antiche abitazioni dei Tellem che sono letteralmente abbarbicate sulla falesia. I Tellem erano un popolo che abitava queste zone impervie forse per difendersi dalle fiere che popolavano la savana. Nel XIII /XIV arrivarono dai paesi mandinghi i Dogon e i Tellem sparirono misteriosamente, chi dice fossero migrati verso la Costa D’Avorio, chi dice fossero stati trucidati dai Dogon. I Tellem erano piccoli, probabilmente cugini dei Pigmei e le loro casette e granai erano piccoli parallelepipedi fatti di fango , con piccole finestrelle , ora usate dai Dogon come cimitero degli Hogon, cioè capivillaggio di fede animista. Il quarto villaggio è Endè , sovrastato da un maestoso pinnacolo di roccia , che svetta verso il cielo come un grande dito; nel villaggio si trovano molti filatoi di tessitura di bogolan tinti con l’ indaco. Abbiamo pranzato in un campement a Yabatalou e alle 15.30 siamo ripartiti per Guimini , in villaggio posto sulle pendici della falesia , davanti a dune di sabbia rossa, color mandarino. Per arrivare abbiamo attraversato una zona di deserto sabbioso sahariano e dopo aver parcheggiato in un grande spiazzo abbiamo cominciato la salita per le vie pietrose del paese. Questo villaggio è per metà mussulmano e per metà cristiano, qui gli anziani del paese ci hanno permesso di entrare nella moschea , ma è stata una delusione : c’è in portico ricoperto di tappeti dove pregano le donne , mentre l’ interno , riservato ai soli uomini , è spoglio con una nicchia rivolta verso la Mecca ed alcune piccole mensole su cui sono riposti i libri della preghiera. Anche la chiesa non è un granchè: moderna ed essenziale con alcune file di panche e un tavolo in cemento che funge da altare. Abbiamo proseguito per Nombori , un villaggio per metà mussulmano e per metà animista ma, mentre la moschea è ben visibile al centro dell’abitato sembra veramente un’ impresa vedere la casa dell’ Hogon . Prima dell’ entrata del paese c’ è una bella tugunà con pilastri intarsiati. La vista è stata abbastanza frettolosa malgrado una calda luce ammantasse tutto l’ abitato perché la guida ci aveva detto che in uno dei paesi limitrofi era giorno di mercato . . . Peccato che il mercato fosse notturno e quindi aprisse i battenti solo dopo le 20! Abbiamo fatto ancora una sosta nel villaggio di Komokan , ma purtroppo era già quasi buio e percorrendo le strade sassose si rischiava veramente di rimetterci una caviglia. Siamo arrivati a Tireli che era già buio pesto ed abbiamo dovuto usare le torce per raggiungere il nostro campement. Certo che qui bisogna veramente scordarsi ogni agio: si dorme sui tetti ,a cielo aperto, protetti da una zanzariera; c’è un bagno, essenziale ed una doccia fredda, ma d’ altro canto siamo in uno dei paesi più poveri al mondo e dormire sotto una splendida luna piena ha tutto il suo fascino! Dall’ alto della terrazza su cui abbiamo cenato ( di nuovo riso e pollo!) abbiamo potuto osservare la vita vera di queste persone: i fuochi accesi davanti alle porte delle case per cucinare la cena , donne e uomini che si incontrano per le vie e si salutano con i lori lunghissimi rituali, le risa e i gridi dei bambini che giocano e un tamburo che suona in lontananza . . . Cose cosi difficili da raccontare e da credere per chi non è mai stato in Africa
VII GIORNATA 25/11/10 : Certo che stanotte si è dormito veramente poco: persone che cantilenavano i loro lunghi saluti, asini che ragliavano, neonati che piangevano,alle 4.30 i galli hanno preso a cantare e le donne a pestare il miglio e poi alle 6 il sole splendeva già sulle nostre zanzariere. Dopo la colazione siamo partiti per la visita di Tireli : la tugunà, la piazza per la danza delle maschere ( noi non abbiamo assistito a questo spettacolo perché ci sono stati chiesti più di 40 euro a testa, e , a noi, è sembrata una cifra veramente esagerata in un paese dove lo stipendio medio si aggira sui 50 euro ) la casa elle donne , dove vengono isolate quando sono “impure”. Da Tireli abbiamo camminato attraverso il sahel fino ad Amani . Qui si trova una palude sacra che contiene una decina di coccodrilli, che quando il lago si prosciuga non si sa dove vadano a rintanarsi, per poi ricomparire dopo la stagione delle piogge , quando il lago è nuovamente ricco d’ acqua. Il coccodrillo è un animale sacro dei Dogon , la leggenda narra che quando il primo Dogon si è trasferito qua da i paesi mandinghi , dovendo attraversare il Niger ha usato il dorso di un coccodrillo per raggiungere la riva opposta. Abbiamo proseguito per Ireli, un altro villaggio abbarbicato sulla falesia , sovrastato da un buon numero di abitazioni Tellem, ma camminare tra i massi sotto il sole di mezzogiorno è veramente faticoso! Abbiamo raggiunto Banani ed abbiamo pranzato in un altro campement. Nel pomeriggio abbiamo incontrato Assou, il titolare della Diatigui Travel , un tipo veramente in gamba , certo che se fosse stato lui ad accompagnarci sarebbe stato sicuramente un’ altra cosa ! Verso le 4.30 siamo ripartiti per Sangha, avremmo dovuto raggiungerla a piedi , ma in vista della scarpinata di domattina e la nostra forma non fosse al top, abbiamo preferito raggiungerla con la jeep. Abbiamo scavalcato la falesia e, giunti sull’ altopiano abbiamo potuto vedere campi sterminati di cipolle e numerose donne e bambini che annafiavano con i secchi. Abbiamo percorso a piedi un breve tratto di strada cotto un galleria di roccia scavata probabilmente dall’ acqua. Siamo arrivati in Hotel “La Guina” e, dopo aver preso possesso delle nostre stanze abbiamo fatto un giro per il paese, molto più grande dei precedenti , più moderna, pittosto brutto. C’è una grande tugunà e qui finalmente abbiamo potuto vedere la casa dell’ hogon , un vecchio stregone di 94 anni , capo degli animisti, la casa in cui ha vissuto Marcel Griaule , un francese studioso della cultura Dogon , ricca di feticci e amuleti attaccati alle pareti esterne della casa. Dopo la cena subito a letto in vista della levataccia di domani.
VIII GIORNATA 26/11/10 : Sveglia alle 5 per essere pronti alle 6 da Sangha per arrivare a Youga Na , luogo di partenza del nostro trekking attraverso la falesia , alle 7. Lì , ad attenderci la guida locale e altri 6 o 7 avventori che ci hanno accompagnato su per un sentiero pietroso in salita per più di mezz’ ora , fermandoci di tanto in tanto per riprendere fiato ed ammirare il superbo panorama. Siamo così arrivati a Youga Dougorou , un villaggio adatto solo alle capre, sulla cima della falesia. Questo villaggio è celebre perché ogni 60 anni si svolge la più grande festa delle maschere di tutti i paesi Dogon. Anche qui le case dei Tellem sono così situate in alto sulle pareti di roccia , tanto da far realmente credere che i Tellem volassero ! Lasciato l’ abitato ci incamminiamo tra le case dei Tellem in una stretta gola in cui si trova una sorgente d’ acqua comparsa dal nulla : uno spettacolo incredibile ! Abbiamo ricominciato a salire tra le pietre e poi abbiamo attraversato un crepaccio con una scala Dogon e, finalmente siamo sopra la falesia ! Da qui si domina un panorama stupendo su tutto l’ altopiano sottostante, dove qua e là si scorgono macchie bianche delle greggi e poi solo savana e da quassù si ci sente veramente in cima al mondo! Abbiamo camminato per più di mezz’ ora su queste pietre nere, oltrepassando spaccature nella roccia , sopra profondi canyon , in un paesaggio quasi lunare. Siamo quindi ridiscesi tra la civiltà nel villaggio di Youga Piri e quindi sull’ altopiano dove c’ era la jeep che ci attendeva per accompagnarci al nostro campement di Yendouma. Abbiamo pranzato e ci siamo rilassati sui materassini fino alle 16.30 e poi abbiamo visitato il villaggio. Ci siamo arrampicati su per una strada irta di sassi fino ad un grosso masso da cui si domina tutto l’abitato e la pianura circostante; siamo, poi, andati a visitare un laboratorio di sculture in legno, che,però, aveva prezzi esagerati , assolutamente incontrattabili. Dopo cena ci siamo subito ritirati nella nostra “suite” su di un tetto polveroso e con la zanzariera tenuta su da una sedia rovesciata !
IX GIORNO 27/11/10: A parte i soliti rumori, i nostri sogni sono stati irrimediabilmente interrotti alle 4 prima dai canti dei galli, poi dalla conversazione accorata tra due asini e, per ultimo , cosa che ci ha fatto letteralmente sobbalzare, le grida del muezzin che si trovava veramente a pochi metri da noi ! Quest’ ultimo ha salmodiato per 10 minuti buoni per poi riprendere mezz’ora dopo: addio sonno! Stamattina colazione con frittelle calde e poi partenza per Bamba, un grande villaggio contornato da laghetti pieni di ninfee, piuttosto sporco, privo di attrattive , con una grande piazza del mercato, che di lì a poche ore si sarebbe popolato, peccato aver sbagliato l’ orario della visita ! Abbiamo ripreso la jeep per lasciare con rimpianto i paesi Dogon e sulla strada abbiamo incontrato innumerevoli donne con voluminosi cesti sulla testa, piccoli carretti trainati da asini , qualche motorino che si appropinquavano alla zona del mercato. Siamo giunti a Nombori e qui abbiamo visitato il museo della cultura Dogon. L’ edificio in fango è diviso in 4 stanze in cui sono esposti bogolan che narrano la storia di questo popolo ,statue tipiche, gioielli, il calendario. L’ultima sala è la boutique ma la temperatura lì dentro era così alta che non ci siamo soffermati. Ci siamo fermati per il pranzo a Douentza e poi abbiamo proseguito per quella che viene definita la Monunet Valley maliana perchè qui la falesia prosegue con alte montagne dalle rocce rossastre dalle forme più strane .A pochi chilometri da Hombori si trova la montagna più spettacolare: la mano di Fatima, chiamata così perchè è formata da 5 guglie tanto da ricordare le dita di una mano . Questa parete rocciosa è una delle più celebri e difficoltose pareti da scalare e vengono da tutto il mondo a tentare l’ impresa. Abbiamo preso possesso delle nostre stanze nel campement e poi siamo andati a vedere il tramonto sulle dune di sabbia che attorniano la città. Purtroppo abbiamo dovuto fare un largo giro per raggiungerle perchè parte del terreno era ancora allagato dall’ acqua piovana e ci siamo anche impantanati con la jeep,ma il nostro grande Bouba è riuscito a farci ripartire quasi subito. Siamo saliti su questa duna di sabbia rossa e dopo pochi minuti sono comparsi un nutrito gruppo di bambini a chiedere il solito “cadeau” ma sono stati allontanati dalla nostra guida locale tanto da assistere in pace al magico tramonto sulla Mano di Fatima. Siamo poi ridiscesi quasi subito perchè percorrere quel breve tratto di strada coperto di acquitrini con il buio sarebbe stato veramente difficoltoso. Arrivati al campement ci siamo accorti di essere senza luce per un problema al generatore, per fortuna avevamo con noi i frontalini!. Anche la doccia era senz’ acqua ,per fortuna questa andava solo aperta! Abbiamo cenato, veramente molto bene, al buio al centro del cortile dove la famiglia del proprietario si apprestava nelle proprie faccende. A fianco alla nostra sistemazione c’ era un negozio di artigianato dogon e non abbiamo resistito dall’ acquistare altre 2 maschere.
X GIORNO 28/11/10: Sveglia alle 6 e partenza alle 7 per la visita di Hombori. La città si divide in 2 parti: quella moderna a livello della strada, dove si trovano tutti gli esercizi commerciali , gli edifici pubblici, in cui vivono diverse etnie ed è nato circa 20/ 30 anni fa,e una parte antica sulla sommità della collina. Qui vivono gli Shongai, l’ antico popolo autoctono ed ognuno dei due quartieri ha un proprio governatore, la propria moschea e la propria scuola . Tra un dedalo di stradine siamo arrivati nella piazza principale dove c’è il palazzo in cui si amministra la giustizia e sull’ altro lato la grande moschea, entrambe in banco, come quasi tutte le costruzioni del villaggio . Siamo partiti alla volta di Timbouctou attraverso una pista, quasi invisibile tra campi parzialmente allagati, dune di sabbia rossa, radure punteggiate di acacie; qua e là gruppi di capanne di paglia appartenenti ai pastori fulani ,grandi greggi di pecore e mucche fino ad arrivare ad Indiatafane, nel parco nazionale di Duentza. Qui c’ è una grande palude in cui gli elefanti all’ alba e al tramonto vanno ad abbeverarsi. In questa riserva si trovano in alcuni mesi dell’ anno un branco di circa 300 elefanti, gli unici animali selvaggi sopravvissuti alle cacce dei maliani. Non è comunque facile avvistarli, data anche l’ ora in cui siamo arrivati naturalmente non li abbiamo visti. Ci siamo fermati nel villaggio di Bambara Moonde dove si tiene il mercato settimanale ma siamo stati accerchiati e seguiti da un tale numero di bambini che ci impediva di avvicinarci ai venditori così, dopo pochi minuti eravamo di nuovo sulla jeep, per poi fermarci dopo alcuni chilometri sotto le fronde di un’ acacia per un pic- nic : pane, sardine , formaggini, carne in scatola e favolosi manghi! Una delizia dopo 10 giorni di riso, cous- cous e pollo! Ben presto siamo ripartiti e, dopo, 80 km siamo arrivati all’ imbarcadero dove abbiamo preso la chiatta che ci ha portato alla mitica Timbouctou. Abbiamo atteso più di un’ ora di imbarcarci così abbiamo famigliarizzato con alcuni bambini di etnia bozo che vivono sulle rive del fiume . La traversata è durata più di un’ ora sotto la luce rossa di un tramonto mozzafiato e dopo lo sbarco ci sono voluti altri 18 km per arrivare in città e al nostro hotel. L’hotel “ La Colombe” è in centro , a poche centinaia di metri dalla Grande Moschea , è piuttosto vecchio e alquanto trascurato; la camera è spaziosa con un piccolo letto e l’ arredamento è essenziale, la doccia finalmente è calda ; una sistemazione confortevole secondo la Lonly Planet ma secondo gli standard italiani una topaia ! Abbiamo cenato sulla terrazza dell’ hotel e poi dopo quattro chiacchiere con un simpatico cameriere subito a nanna !
XI GIORNO 29/11/10: Stamattina visita della mitica Timbouctou, la città del deserto, la città dei 333 santi. La visita ha inizio di buon’ ora per evitare la canicola di mezzogiorno davanti alla moschea Dyingerey Bar , la più grande ,che risale al XIV secolo e fu fatta costruire da Kankan Musa , re del Mali , dal ritorno dalla Mecca, e, come tutte le moschee, non è visitabile. Le strade sono coperte di sabbia e contornate di case in banco e capanne tondeggianti coperte di stuoie dei Bela , gli schiavi dei Tuareg. Ci siamo fermati a vedere la casa di Gordon Laing il primo esploratore giunto a Timbouctou ed ucciso sulla via del ritorno. La seconda moschea è quella di Sidi Yahiya, piccola , piuttosto anonima ma con belle porte decorate con motivi argentati. Al suo fianco una scuola coranica in cui i bimbi suddivisi in classi per età, ripetono a gran voce per tutta la mattina gli insegnamenti del Corano, poi, se resta tempo, un po’ di francese, arabo, matematica ecc. Abbiamo visitato la sala dei manoscritti della biblioteca di Ahmed Baba, dove in una teca sono conservati manoscritti in arabo di astronomia, farmacologia, matematica, del Corano, alcuni risalenti al XII/ XIII secolo. Abbiamo costeggiato la dimora di Renè Caillè , il primo esporatore che nel 1828 riuscì a tornare da Timbouctou e la descrisse in Europa. Siamo andati a vedere il Museo nel cui cortile è rimasto il pozzo che dà il nome alla città. La leggenda vuole che i primi abitanti della zona fossero pastori nomadi ed avessero lasciato una donna di nome Bouctou a guardia del pozzo ( Tim , appunto) e della città, da qui Timbouctou , il pozzo di Bouctou. All’ interno del museo pochi manufatti di uso comune presso i Tuareg. Siamo giunti attraverso un dedalo di viuzze in una grande piazza dove si affaccia la moschea di Sankorè , edificata per volere di una donna nell’ edificio che fungeva da università ed era stato allora abbandonato. Lì vicino il Gran Mercato, la più grande delusione della città , un edificio moderno , con un paio di banchi per ogni sala su cui si accalca ogni tipo di merce di pessima qualità. Siamo rientrati in Hotel , dove abbiamo riposato un po’ al bordo della piscina e poi siamo andati a pranzo al ristorante “Le Bouctou “ , dove abbiamo conosciuto una celebrità : il coiffeur di Timbouctou, il barbiere ufficiale della Parigi Dakar, quando ancora si correva in Africa, e , dopo varie insistenze Giò si è convinto a lasciarsi tagliare i capelli! Dopo il riposino , alle 16.30 siamo partiti per un fuori programma da noi richiesto : la visita al Museo di AL Mounsour dal nome del sultano che ha fatto costruire la casa nel secolo XVII . Il museo mostra l’ interno di una casa shongai , davanti sulla porta d’ ingresso una zona dove gli uomini lavorano tenendo d’ occhio la strada e le donne che stanno nella stanza immediatamente seguente dove filano o compiono le loro faccende domestiche: Segue un cortile interno dove sono custoditi oggetti per la pulizia personale o per la conservazione dei cibi. Le camere da letto sono 2, quella dell’ uomo , che occupa da solo , mentre l’ altra viene occupata dalle donne e dai figli. Nelle due stanze più interne si trovano , in una gli abbigliamenti tipici shongai , nell’ altra utensili da cucina .e i mortai per pestare il miglio. Questo museo è molto più interessante di quello visto in mattinata, più ricco e più ben organizzato e poi abbiamo avuto le esaurienti spiegazioni di Isaac , un amico di Van , che parla uno splendido italiano ( certo che se fosse stato lui la nostra guida avremmo amato ancora di più questo paese!) Abbiamo proseguito sulle dune circostanti la città per poter godere del tramonto sul deserto, ma siamo arrivati troppo tardi ed abbiamo potuto vedere solo gli ultimi raggi di sole infuocare le dune . Rientrando ci siamo fermati alla Fiamma della Pace , un grande arco in marmo costruito nel luogo in cui nel 1999 sono state date alle fiamme più di 3000 armi , dopo che la rivolta dei Tuareg è stata sedata. Ci siamo fatti condurre alla Maison de l’ Artisanat , che secondo Van era aperto anche la sera , invece chiude al tramonto anche per la scarsità illuminazione, cosi abbiamo trovato aperti solo un paio di negozietti. Siamo andati a cena da “Bouctou “ e poi siamo rientrati in hotel.
XII GIORNO 30/11/10: Siamo partiti alle 6.30 dal porto di Korioumè, il porto di Timbouctou con la pinassa. Questa è una lunga lancia a motore coperta da un tettuccio di stuoie con 2 file di panchette coperte da materassini , una zona centrale con un tavolo , sempre contornato da panche ,dove trascorreremo le nostre giornate in navigazione; dietro uno spazio dove prende posto l’ equipaggio e dove si cucinano i pasti , e, sulla poppa una specie di gabbiotto che utilizzeremo come toilettes. Stamattina l’ aria è fredda e abbiamo cominciato la navigazione avvolti nei parei, incredibile dopo il caldo dei giorni scorsi! La navigazione è cominciata all’ insegna del relax : abbiamo trascorso ore mollemente sdraiati sui comodi materassini, a leggere, a prendere il sole, guardando le rive verdi del fiume , dove ogni tanto compare un villaggio con case in fango. Abbiamo consumato il pranzo a bordo a base di spaghetti verdure e sardine e, verso le 2 siamo sbarcati nel villaggio di Dirè, dove si stava svolgendo, nella zona antistante il porto, il mercato settimanale :il solito caos di stuoie con su le merci più disparate, tante donne con i loro abiti così colorati, i fabbri ,davanti a piccoli fornelli, battevano piccoli attrezzi, i sarti, con le loro vecchie Singer, confezionavano vestiti colorati. C’ è una zona dedicata al commercio degli animali e del legno.La popolazione di Dirè è di etnia shorey , quindi nobili e i bella sono i loro schiavi, infatti in prossimità del mercato si trova un accampamento di capanne bella. Risaliti in pinassa abbiamo proseguito fino a Tomogati, un piccolo villaggio sulle cui rive tanti bambini giocavano e donne facevano il bucato. Appena approdati , però,ci sono venuti tutti incontro vocianti, prendendoci per mano e chiedendoci l’ immancabile “cadeau” . . .un delirio! Il villaggio ha una grande piazza con al centro una grande mango, una moschea in mattoni, tutte le case in banco con grandi cortili, ma è stato quasi impossibile visitarlo perchè questa grande folla di bambini ci impediva quasi di camminare così la nostra permanenza in questo villaggio è stata molto breve. Ripresa la navigazione abbiamo assistito ad un tramonto sul fiume in cui il cielo si è colorato di tutte le sfumature del rosso e si è specchiato sulle acque tranquille del Niger. Ci siamo fermati su di una duna dove passeremo la notte, abbiamo montato le tende, che tende! Di una tenda ne hanno fatte 2: una aveva il rivestimento esterno e l’ altra la zanzariera interna, ma qui le temperature durante la notte scendono e dormire senza alcuna protezione è dura, così è comparso un altro telo per rivestire la zanzariera: il risultato è una tenda come quelle dei Bella.Entrando all’ interno ci siamo accorti che anche le cerniere si inceppavano , insomma una scena da “Oggi le comiche”! Ben presto il cielo si è fatto buio buio, punteggiato da una miriade di stelle ma senza luna, abbiamo consumato la cena alla sola luce dei nostri frontalini e poi , per ingannare il tempo,( infatti erano solo le 8) abbiamo deciso di fare un fuoco, così con l’ ausilio delle nostre piccole torce abbiamo cominciato a girare in cerca di pezzi di legna, ma il nostro bottino è stato magro così ben presto il nostro falò non sono che rimaste le braci ! Dopo aver cantato alcune canzoni che Nadia aveva registrate sull’ I Pod ed aver bevuto un ultimo tè ci siamo ritirati nelle tende . Dopo alcuni minuti di silenzio abbiamo sentito dei rumori , forse dei passi, attorno alle nostre tende, che sono state piantate un po’ discoste dalla pinassa e dal suo equipaggio, così , dopo essere usciti, non con facilità date le cerniere, abbiamo perlustrato la zona , senza per altro trovare nessuno, ma per maggior sicurezza abbiamo spostato il campo in prossimità della riva e così abbiamo potuto finalmente riposare.
XIII GIORNO 1/12/2010: All’ alba avremmo dovuto salpare, ma le operazioni di risveglio e di riordino sono state più lente del previsto , cosi abbiamo ripreso il largo solo verso le 7. L’ aria è ancora fredda e abbiamo cominciato la navigazione ancora avvolti nelle coperte e le abbiamo riposte solo dopo che il sole è stato alto nel cielo. Dopo la colazione a base di tè, latte in polvere , caffè, pane e marmellata , abbiamo fatto una toilette come i gatti, usando solo le salviette per lavarci. La navigazione è durata quasi 5 ore, ed è bellissimo lasciarsi cullare dal lieve rollio delle onde guardando il paesaggio qua e là punteggiato da piroghe di pescatori, ogni tanto si oltrepassano villaggi , i cui abitanti sono occupati nelle faccende quotidiane, poi lunghi tratti di costa incolta abitata da una miriade di uccelli. Verso le 11 siamo arrivati a Nianfunkè ,dove abbiamo visto sulla riva un gruppo di donne con i loro bambini che facevano il bucato e poi abbiamo preso una strada sabbiosa che ci ha condotto verso il centro. Il mercato è una bella costruzione in banco ed è piena di piccoli ripari di fronde sotto cui siedono i commercianti e tante donne nelle loro vesti colorate si apprestano a fare la spesa contrattando rumorosamente. Nianfunkè è la città natale di Alì Farfa Tourè , uno dei maggiori cantanti maliani ma abbiamo girovagato un bel po’ prima di trovarne la casa essendoci affidati al ragazzo dell’ equipaggio , che evidentemente non sapeva dove condurci. Siamo finalmente arrivati alla casa di Tourè , deceduto nel 2006 e lì vivono ancora la moglie, la sorella e altri membri della sua famiglia.Alla nostra richiesta di poter vedere gli strumenti suonati dal grande artista ci hanno risposto che sono tutti esposti nel museo di Bamakò. Prima di reimbarcarci abbiamo acquistato la legna per il fuoco di questa sera e poi, a bordo abbiamo pranzato con riso condito con la stessa salsa usata sia per il cous-cous che per gli spaghetti . Abbiamo costeggiato villaggi fantasma parzialmente allagati, essendo da poco terminata la stagione delle piogge, e man mano che le acque si ritireranno i Bozo riprenderanno possesso delle loro abitazioni. Nel pomeriggio abbiamo visitato il villaggio peul di Sibi , tutto costruito in banco, dalle vie polverose , con una bella moschea sulle rive del fiume. Anche qui siamo stati assaliti da una miriade di bambini ma ben presto si sono allontanati e ci hanno lasciato proseguire il nostro giro per il villaggio. Ripresa la navigazione siamo stati nuovamente rapiti dall’ intensità del rosso di un tramonto , cercando un posto per accamparci per la notte, infatti questa zona è costituita per la maggior parte da acquittrini ricoperti da arbusti semisommersi. A notte ormai alta abbiamo trovato un piccolo spazio di terra asciutta ai piedi di un termitaio di fronte ad un piccolo accampamento Bozo. Abbiamo acceso il fuoco in attesa che la cena fosse pronta e abbiamo fatto un giro lì attorno in cerca di altra legna. Dopo poco una donna e una bimba dell’ accampamento di fronte sono venute a darci il benvenuto e ad offrirci un po’ della loro legna per il nostro falò . Veramente colpiti dalla cortesia di queste persone abbiamo regalato loro alcune magliette ed un pallone per la bimba . La serata è trascorsa più allegramente della precedente perchè allietata dalla musica di una radio dei pescatori e dallo schioppettio del fuoco. Dopo il rito del tè ci siamo ritirati, stasera sulla pinassa, visto l’ esperienza di ieri sera !
XIV GIORNO 2/12/2010: Stamattina la pinassa ha preso il largo verso le 4.30 ma noi abbiamo potuto riposare fino alle 7 .Solita toillettes a secco, ripristino dei divanetti, e poi , prima ancora che fossimo presentabili siamo scesi nel villaggio di Oka, un villaggio Shorey , Peul, Bozo. Siamo stati seguiti dalla solita orda di bambini salmodianti per le strade fresche del villaggio e poi siamo risaliti a bordo per la colazione : stamattina frittelle calde acquistate sulla riva . Questo villaggio si trova all’ ingresso del lago Debo, un sorta di delta interno del Niger largo una ventina di Km. Qui il vento è piuttosto forte e piuttosto fresco, così , per essere scaldati dai raggi del sole siamo saliti sul tetto della pinassa, che procede a fatica controvento in una superficie piuttosto increspata. Abbiamo quindi infilato un canale tra prati di piante acquatiche punteggiati da fiori colorati e ninfee bianche . Qui si innalzano in volo una miriade di uccelli colorati, grandi e piccolissimi … peccato non saperli riconoscere ! Abbiamo sostato in un villaggio di pescatori Bozo per acquistare il pesce che consumeremo a pranzo, anche qui i bambini hanno attorniato la pinassa e noi abbiamo lanciato loro un pallone … sembravano tutti impazziti per come si sono lanciati in acqua per prenderlo e poi a correre per le vie del villaggio strappandoselo di mano l’ un l’ altro. Abbiamo navigato fino alle 16.30 senza sosta oltrepassando Saba , un villaggio con una splendida moschea , però irraggiungibile dato l’ alto livello di acqua , per arrivare poi a Segubongo , un tranquillo villaggio in banco con una bella moschea risalente a 82 anni fa. In questo villaggio convivono Bozo, Bambara e Fulani ed è circondato di risaie ; una strada rossa lo congiunge al villaggio limitrofo e , a quest’ ora, è affollata da carri, carretti , asini, mandrie che tornano dal lavoro nei campi. Dopo alcuni minuti di ulteriore navigazione siamo arrivati a Tongorongo,un altro piccolo villaggio con una moschea , strade strette fra alti muri in banco. Qui , secondo la guida dovrebbe trovarsi una bella soho, cioè una casa dei giovani, dalla particolare architettura, ma dopo aver girovagato un bel po’ e chiesto a molti abitanti, nessuno ha saputo dirci dove si trova ! La nostra navigazione sta per finire , ma ci è voluta quasi ancora un’ ora prima di approdare al porto di Mopti e, nell’ oscurità, abbiamo rischiato di finire più di una volta nelle reti tese dei pescatori Bozo. I villaggi , nell’ oscurità, assumono una poesia del tutto particolare, la vita continua a fremere attorno ad un fuoco acceso, dove si consuma la cena, e dove l’ unica fonte di luce artificiale è qualche torcia a batteria…. Sembra veramente un presepe ! Arrivati al porto il fido Bouba era lì ad attenderci e ci ha condotto al nostro hotel “La Maison Rouge “ .Questo hotel, dopo tanti giorni di disagio, è il migliore che abbiamo occupato in Mali, le stanze sono veramente deliziose, l’ una diversa dall’ altra , ispirate alle varie etnie che convivono in questo affascinante paese; la nostra è in puro stile Dogon, con un baldacchino costituito da 4 scale Dogon e c’ è persino il camino dove si cuociono i cibi. La doccia è grande, calda, dotata di bagnoschiuma e il resto è tutto a posto e assolutamente curato. Abbiamo consumato la cena in hotel a base di piatti maliani “ occidentalizzati” in una caratteristica sala ristorante. Durante la cena è venuto a trovarci Assou e ci ha comunicato l’ impossibilità di assistere ad una delle numerose attraversate delle mandrie che si tengono in questo periodo, infatti queste si svolgono solo il sabato e quella di sabato prossimo dista veramente troppo dalla strada del nostro tour e poi la piccola cittadina è completamente priva di attrezzature turistiche , anche basilari. Abbiamo chiacchierato a lungo sulle usanze del popolo maliano e poi a letto, finalmente in un letto !
XV GIORNO 3/12/2010: Stamattina fantastica colazione alla francese con tanto di brioches e frutta fresca e poi via per la visita di Mopti , lasciando il nostro hotel a malincuore. La visita è cominciata a Tahikiri, un quartiere periferico popolato da Fulani , dove abbiamo visto la moschea in stile sudanese e poi siamo andati a trovare la “Bella Ada” , la ragazza copertina di Mopti. Costei è una signora sulla quarantina , neppure troppo bella, che per noi ha indossato i costumi tipici Fulani e 2 mastodontici orecchini. Abbiamo proseguito alla volta del mercato, anche qui affollatissimo di donne che si accalcavano davanti ai banchetti per la spesa quotidiana ., ma la merce si vedeva a malappena perchè letteralmente coperte di mosche ! Al piano superiore ci sono tutta una serie di negozietti d’ artigianato dove anche qui le contrattazioni sono state estenuanti. A piedi abbiamo raggiunto la Grande Moschea in stile sudanese risalente al 1930 e recentemente restaurata grazie ai fondi stanziati dall ‘ Aga Khan , come tate altre nel Mali. Abbiamo proseguito verso il porto , dove sono ancorate un gran numero di pinasse, sia turistiche che pubbliche. Quelle pubbliche sono più grandi e talmente cariche da avere la parte occupata dai passeggeri a filo d’ acqua. Sulla prua e sul tetto si caricano sacchi di riso e di miglio, legna, biciclette e motorini, ed ogni sorta di grossi pacchi. Abbiamo visitato un atelier di costruzione delle pinasse e ne abbiamo potuto vedere le varie fasi nell’ assemblamento e successivamente della decorazione. Abbiamo attraversato il mercato ittico ,che, forse per le temperature , è costituito per la maggior parte da pesce essiccato. Verso mezzogiorno le temperature erano cosi alte che ci siamo fermati per il pranzo al Bar Bozo, uno dei locali più celebri della città, non per la tipicità ma per la posizione della sua terrazza affacciata sul porto da cui si può vedere il via vai delle imbarcazioni . Abbiamo pranzato con spiedini di capitain, il più pregiato pesce del Niger, veramente ottimo. Dopo aver acquistato alcune maschere e 2 paia di infradito in un negozietto lì a fianco, siamo partiti per San, dove siamo arrivati solo nel tardo pomeriggio e lì abbiamo potuto ammirare una delle moschee più antiche del paese,che si trova al centro di una grande piazza, dove si trovano tanti ciechi, tanti poveri che chiedevano l ‘ elemosina, tutti dall’ aspetto disperato. Abbiamo proseguito per Terya Bugu, un centro di turismo eco sostenibile in aperta campagna. Per raggiungerlo abbiamo dovuto prendere una strada polverosa incontrando villaggi sparsi ,greggi e persone di ritorno dal lavoro dei campi. Al tramonto siamo arrivati in questa graziosa struttura e siamo stati alloggiati i un grazioso bungalow circolare con la facciata decorata e uno spazioso interno con ben 4 letti e una grande doccia calda . Abbiamo cenato qui a base di capitain in una terrazza ristorante a pochi metri dal fiume e poi a letto, si comincia a sentire la stanchezza del viaggio !
XVI GIORNO 4/12/2010: Alle 7.30 abbiamo fatto colazione con torta e marmellata fatta in casa e poi ci hanno condotto per la visita di tutto il grande complesso di Terya Bugu. Questo è un grande centro eco-sostenibile creato da un sacerdote francese per lo sfruttamento di una grande area incolta e per impiegare in tal progetto le famiglie dei villaggi circostanti. Il risultato è sicuramente sorprendente vista la realtà maliana: tanti piccoli bungalow circolari decorati con murales dove sorgevano garages e altri magazzini. L’ hotel è stato creato solo dopo la morte del sacerdote per avere una fonte di guadagno e per poter continuare l’,attività. Qui 350- 400 persone vivono di pesca, di allevamento, di agricoltura e sono autosufficienti dal punto di vista energetico( si procurano il gas tramite un processo di fermentazione delle foglie), hanno pannelli solari, pompe per l’ acqua; hanno un grande vivaio dove si producono le piante da frutto, una scuola a cui accedono anche i bambini dei villaggi circostanti ( sono circa 500 ) , un ambulatorio, un grande alveare per la produzione di miele. Qua e là sono disseminate gabbie con animali e grandi statue di carta pesta rappresentanti la fauna africana . Il tutto immerso in una foresta di eucalipti con pavoni che passeggiano tranquillamente per i vialetti. Abbiamo intrappreso la strada per Segou, attraverso la campagna e ci siamo fermati su di un ponte in cui i pescatori tiravano le reti per vedere i loro sistemi di pesca. Verso mezzogiorno siamo arrivati al nostro hotel di Segou , “L’ Esplanade” , una struttura piuttosto vecchia sul fiume gestita da un italiano . Verso le 12.30 siamo usciti per il pranzo ed abbiamo percorso a piedi un paio di isolati fiancheggiati da case in stile coloniale e con tanti banchetti che vendono oggetti d’ artigianato di buona qualità. Dopo pranzo siamo rientrati in hotel per una mezz’ ora e poi ci siamo imbarcati su di una pinassa per Kalabougou , centro di produzione delle ceramiche. La navigazione è durata circa un’ ora ed è stata piuttosto lenta perchè il fondale del Niger comincia ad essere piuttosto basso. Man mano che ci avvicinavamo al villaggio si vedeva una nube di fumo denso elevarsi al cielo e , appena sbarcati abbiamo girato di casa in casa per vedere come si modellano le terrecotte e che differenza c’ è tra un utensile e l’ altro. Nella più grande piazza del villaggio le donne alimentano numerosi falò con fasci d’ erba secca ,sotto i quali sono state poste le ceramiche da cuocere. Dopo il tempo di cottura vengono estratte dalle braci e passate in una soluzione di acqua e bacche per darne il colore rosso o il colore nero e poi si lasciano raffreddare. Siamo andati in una specie di magazzino dove abbiamo acquistato un piatto ed alcuni vasetti. Ci siamo nuovamente imbarcati per Segou ed abbiamo navigato al tramonto e, in vista del porto, abbiamo prestato soccorso ad un’ altra pinassa di francesi che era rimasta senza carburante. Una volta a terra abbiamo fatto acquisti sulla via principale e , poi, davanti al negozio di Van abbiamo assistito ad un concerto improvvisato di jembè (i bonghi maliani ) ed altri strumenti africani ed è stato molto suggestivo. La cena è stata al solito ristorante ed è stata allietata da musica dal vivo.
XVII GIORNO 5/12/2010: Oggi visitiamo la città di Segou e come passeggiando sul lungo fiume , siamo arrivati al mercato delle ceramiche , che però non aveva nulla di diverso dall’ emporio di Kalabougou,e poi ad un laboratorio di bogolan , uno spesso tessuto di cotone e rafia, tessuto in strisce che poi vengono cucite per formare coperte, tovaglie ecc. Vengono poi dipinti con il fango ed alcuni coloranti naturali: foglie di non so quale pianta poste a macerare in acqua per alcuni giorni da il colore ocra, radici fatte bollire alcune ore da il marrone. I decori, apparentemente geometrici, hanno però significati specifici e le donne li dipingevano in occasione del matrimonio per narrare le storie della propria famiglia da trasmettere poi ai figli. Dopo le spiegazioni ci hanno dato un pezzo di bogolan con alcune mascherine ed abbiamo creato anche noi il nostro bogolan: Giò ha scelto il simbolo della responsabilità, io quello della maschera Kanagha, cioè l’ unione tra cielo e terra, Nadia il simbolo del matrimonio. Abbiamo , quindi visitato l’ atelier dove erano esposti buona parte della produzione del laboratorio e non abbiamo resistito nell’ acqistarne un buon numero, erano tutti talmente belli ! Ci siamo quindi ristorati nel bar del laboratorio con un succo di baobab, un liquido lattiginoso leggermente asprigno, gradevole e dissetante. Abbiamo proseguito a piedi verso la zona coloniale dove si trovano una serie di edifici decadenti risalenti all’ epoca della dominazione francese, oggi sede di tutti i ministeri e gli uffici pubblici. Abbiamo preso la jeep e ci siamo recati in periferia a visitare un altro laboratorio di bogolan, abbiamo riascoltato l spiegazione sulla manifattura ma qui gli acquisti sono stati meno perchè le decorazioni erano meno belle di quello precedente. Abbiamo pranzato al ristorante dell “Auberge” , uno dei migliori alberghi di Segou, a base di capitaine. Nel pomeriggio siamo andati a visitare Segounkoro , l’ antica capitale del regno Bambara fino al XVIII secolo . Qui si alternano case in banco ed altre intonacate di rosso mattone, queste ultime simbolo di ricchezza , perchè la terra rossa va amalgamata con il burro di karitè e poi si deteriora più facilmente del fango. Appena arrivati nel villaggio abbiamo fatto visita al capo villaggio, che vive in una grande casa rossa e gli abbiamo chiesto il permesso di visitate l’ abitato. Abbiamo camminato per le strade sterrate fino al Palazzo delle sette stanze e alla tomba di Bitou Coulibaly un grande capo., e poi fino al fiume , dove le donne erano intente a fare il bucato e si trova la più antica delle tre moschee che si trovano qui, bella , rossa, davanti ad un gigantesco mango . L’ altra moschea è in banco ed è detta la moschea della regina , qui le ragazze madri non possono partecipare al restauro annuale perchè impure e pare porti sfortuna al villaggio stesso. Siamo ripartiti non senza essere assaliti da una marea di bambini che si accapigliavano per una maglietta , rischiando di finire sotto le ruote della jeep. . . Avremmo ancora tante cose da consegnare ma il loro atteggiamento rischia di far sì che riportiamo a casa delle cose ! Abbiamo proseguito ininterrottamente fino a Bamako, una grande metropoli piena di smog e il tramonto qui è stato oscurato da una cortina di smog. Siamo giunti nuovamente all’ hotel “Mirabeau” e stavolta la stanza mi pare più confortevole rispetto all’arrivo in Mali , forse dopo aver visto lo standard degli altri hotel ! Abbiamo cenato in hotel e poi a letto, non abbiamo ancora capito come è disposta la città e quanto dista dal centro e, soprattutto se è prudente passeggiare da soli la sera.
XVII GIORNO 6/12/2010: Stamattina visitiamo Siby, cittadina nel cuore dei monti Mandinghi, che dista 45km da Bamako. Oltrepassato il caos della capitale ci siamo incamminati lungo una diritta strada nella campagna contornata da rocce rosse dalle forme strane. Arrivati a Siby, abbiamo come di consueto pagato la tassa d’ ingresso e caricato con noi la guida locale che ci ha condotto su per una strada sterrata , tra coltivazioni di mango e karitè , e siamo arrivati ai piedi dell’ arco di Kamadian. Qui , lasciata la jeep, abbiamo intrapreso il cammino su per un sentiero sassoso che ci ha condotto sotto l’ arco, un superbo ponte di pietra che si estende tra due picchi rocciosi. Sotto l’ arco c’ è una caverna dove il kamadian (il capo dei Malinkè ) veniva a fare sacrifici di animali per sapere le sorti del paese , e poi per i privati che volevano un responso sull’ esito di un matrimonio, di un viaggio, della propria salute, dove le donne sacrificavano polli per poter aver figli. Siamo tornati alla jeep sotto il solleone e ci siamo fermati alla Maison de karitè ,dove abbiamo visto le donne che con il loro lavoro trasformano le noci in burro di karitè . Di fianco al laboratorio c ‘ è un piccolo negozio dove si vendono creme e saponi e , in cui, abbiamo fatto una buona spesa. Siamo andati a pranzo al ristorante del museo , ma non abbiamo potuto intraprendere la visita perchè , oggi,lunedi, il museo rimane chiuso. Abbiamo provato con il museo di Muso Kunda, il museo delle donne, che però, malgrado lo avessimo avuto nel programma, è chiuso per restauri da almeno un paio d’ anni ! Siamo andati alla Maison de l’ Artisanas, un rumorosissimo mercato dove gli artigiani di pelle, legno, oro, argento lavorano per creare le loro opere. Qui abbiamo dato fondo a tutti i nostri soldi facendo diversi acquisti.Ci siamo fermati in un supermercato, utilizzato soprattutto da occidentali, dove vendono ogni genere di alimenti, dalla pizza alle lasagne, dallo yogurt al gelato, dal vino agli alcoolici. Al piano superiore ci sono casalinghi e tutti gli addobbi natalizi, dalle palline alle statuine del presepe, cosa molto strana visto che la popolazione maliana è quasi totalmente mussulmana. Abbiamo acquistato dei Magnum e li abbiamo offerti anche a Van e a Buba che hanno assaggiato il gelato per la prima volta nella loro vita… Sembra incredibile ! Siamo rientrati in hotel dove abbiamo cercato di dare una collocazione in valigia a tutti i nostri acquisti in vista dell’ imminente partenza, ed è stata una vera impresa. Dopo la doccia siamo andati a cena al Caffè de Flauve , un locale poco distante dall’ hotel molto chic dove abbiamo mangiato veramente bene .
XVIII GIORNO 7/12/2010 : Stamattina partenza alle 8.30 per l’ ultimo giro di Bamako. Ci siamo recati al museo Nazionale , che , finalmente oggi è aperto. Appena varcato l’ ingresso abbiamo fatto un giro nel parco, molto ben curato , con modellini che riproducono l’ architettura più caratteristica del paese. Siamo entrati nel museo , che è diviso in quattro sezioni: la parte della preistoria delle zone subsahariane, la zona delle maschere rituali e delle sculture Dogon, quella dei tessuti. Il tutto è molto interessante e con esaurienti didascalie esplicative, peccato fossero in francese e la nostra guida avesse parecchie difficoltà a tradurle ! In una sala attigua c’era una mostra temporanea di musica tipica maliana degli ani 70, anche questa di nuova concezione , con postazioni in cui si può ascoltare i dischi dei cantanti più celebri. Abbiamo fatto una breve tappa ad una mostra di artigianato , che , però data l’ora , era ancora in fase di allestimento. Abbiamo pranzato a “Le Relax” e non abbiamo resistito, dopo tutto il cous-cous mangiato in questi giorni, ad una pizza! Non fate mai questo sbaglio : la pizza è un cibo assolutamente italiano e in nessun altro paese al mondo può essere eguagliata alla nostra! Subito dopo abbiamo fatto un giro in uno dei mercati della città: quello della Medina : grande, immenso, affollatissimo, dove si trovano un’ infinità di robirecchi, gomme di biciclette, cerchioni, tubi di scappamento, pneumatici …chissà cosa ne faranno poi … Abbiamo attraversato il mercato del pesce, una montagna di pesciolini praticamente marci al sole di mezzogiorno, coperti di mosche , posati in terra su di uno straccio, tra rigagnoli di acqua sporca e maleodorante, chissà chi mangerà quel pesce senza rimanere intossicato! Il mercato, come quasi tutti è diviso in sezioni , noi abbiamo attraversato quella della frutta, dei casalinghi, della medicina tradizionale ( corna, pelli di animali, teschi ecc) di abbigliamento. Verso le 2 siamo rientrati in hotel per un riposino a bordo piscina. Alle 5 siamo stati accompagnati a vedere il primo ponte di Bamako costruito dai francesi, anche se ora ce n’è in costruzione un secondo. Il vecchio ponte ora è percorribile in quanto è ormai terminata la stagione delle piogge, mentre durante la stagione delle piogge rimane completamente sommerso. La cosa più raccapricciante è vedere tutti gli alberi completamente coperti di sacchetti di plastica lasciati dalla piena , questo dimostra quanto il progresso sia riuscito a contaminare un paese ancora così vero. L’unica cosa veramente interessante del pomeriggio è stato l’attraversamento della città con il suo smog e il suo traffico delirante, ad ogni incrocio ci sono persone che si avvicinano e ti propongono le merci più strane : dagli spremiagrumi agli animali gonfiabili, ai tappeti , alle carte geografiche, tutti vendono tutto ! L’ hotel ci ha lasciato una stanza di cortesia dove abbiamo potuto ancora fare una doccia prima della partenza e calibrare il peso delle valigie. Alle 20.30 sono venuti a prenderci per portarci a cena e quindi in aeroporto. Abbiamo cenato in un bar ristorante nei pressi dell’aeroporto , la cena è stata piuttosto insapore probabilmente per la malinconia di lasciare un paese che ci ha regalato tante emozioni e di lasciare i nostri due compagni di viaggio che ci sono stati tanto vicini . Il nostro volo sarebbe decollato solo all’ una di notte , quindi di di tempo da trascorrere al bar ce ne sarebbe stato ancora molto ma abbiamo preferito farci accompagnare all’ aeroporto perchè stasera sia Van che Bouba sarebbero ritornati alle loro case e Segou, città di Van , dista 5 ore di cammino, mentre Mopti, città di Bouba , dista oltre 7 ore ,quindi abbiamo preferito lasciarli liberi un po’ prima. Dopo i doverosi saluti e ringraziamenti siamo stati lasciati davanti all’ ingresso dell’ aeroporto e qui abbiamo avuto una sorpresa inattesa : non abbiamo potuto entrare all’ interno fino all’ ora di fare il check in ! E’ stata la cosa più assurda che ci sia mai capitata in un aeroporto , abbiamo dovuto trascorrere più di 3 ore seduti sullo scalino di un marciapiede , non ci hanno neppure permesso di sederci sulle poche panche che contornavano l’ ingresso , mentre le poche boutique all’ interno rimanevano rigorosamente vuote, non consentendoci, come si fa abitualmente, di spendere i pochi SFA che ci erano rimasti . Verso mezzanotte siamo entrati , abbiamo imbarcato i bagagli e dopo un’ interminabile serie di controlli ci siamo imbarcati e siamo decollati puntualmente.
XIX GIORNO 8/12/2010: Verso le 6. Siamo atterrati all’ aeroporto di Casablanca ed abbiamo atteso che aprissero i negozi per poter ingannare l’ attesa . Anche qui abbiamo fatto ancora qualche acquisto poi verso mezzogiorno ci siamo imbarcati e dopo 3 ore di volo siamo atterrati a Milano sotto un cielo di piombo e ad una temperatura prossima allo zero…. Quanto ci manchi già Africa !
CONCLUSIONI: E’ stato un viaggio meraviglioso , molto faticoso, in cui è indispensabile un grande spirito di adattamento. Il Mali è forse uno dei paesi più poveri dell’ Africa quindi con scarse strutture turistiche e, soprattutto, con standard assolutamente inferiori a quelli europei, in cui le condizioni igieniche dei cosiddetti hotel di lusso sono appena accettabili. Ma tutto ciò è assolutamente irrilevante rispetto a ciò che il Mali può donarti : paesaggi incontaminati, panorami tanto belli da togliere il fiato, struggenti tramonti e un cielo così pieno di stelle che solo in Africa riesci a vedere. Ma la cosa più bella è sicuramente l’ umanità di queste numerose etnie che popolano il paese : i Dogon, i Bozo, gli Shongay, i Peul , i Tuareg , i Bellah, così diversi che sanno convivere serenamente; il sorriso e la vivacità dei bambini così numerosi , che sbucano ad ogni angolo , ti prendono per mano e chiedono , con un sorriso “toubab un cadeau !”. Qui il tempo pare si sia fermato secoli e secoli fa, luce elettrica,case in muratura, servizi igienici si trovano solo nelle grandi città. Qui le giornate sono scandite da gesti sempre uguali ogni giorno, gesti che significano sopravvivenza , si batte ogni giorno il miglio per poter cucinare il toh, (una sorta di polenta) per poter sfamare la famiglia intera, si va al pozzo all’ alba per prendere l’acqua che servirà al fabbisogno giornaliero della famiglia , si accendono fuochi nei cortili per cuocere i cibi, si coltivano i campi o si bada al bestiame, gesti che nella nostra realtà sono ormai dimenticati.
Solo un paio di consigli : è usanza nei paesi Dogon donare al capo villaggio e agli anziani noci di cola come segno di rispetto e di ringraziamento per permetterci di visitare il proprio villaggio.Procuratevene un buon numero e non eccedete nei doni , perché rischiate di rimanere senza prima di aver terminato il soggiorno . Noi le abbiamo acquistate al mercato di Djennè perché nei piccoli mercati non è facile reperirle. I bambini vi accoglieranno festosi all’ ingresso di ogni villaggio e vi chiederanno un cadeau ma se decidete di portare loro dei giochi o dei capi d’abbigliamento è conveniente consegnarli direttamente al capo villaggio ,che pensi lui a distribuirli ,perché i bambini si accalcano gli uni sugli altri quasi con violenza , tanto da rischiare veramente di farsi male.