Toscana giardino d’italia
In occasione del ponte di inizio novembre e per festeggiare il mio compleanno in maniera un po’ diversa, partiamo, dalla provincia di Milano, io, mio marito e i nostri due bimbi, rispettivamente di tre anni e di poco più di tre mesi. La nostra destinazione è la Toscana e più precisamente San Gimignano e i suoi dintorni.
La nostra sistemazione per i prossimi 4 giorni è la Fattoria di Pancole, nell’omonima località. Situata a soli 4 km da San Gimignano, in posizione panoramica e circondata da vigneti ed uliveti, la Fattoria di Pancole dispone di otto appartamenti, piscina con solarium e lavanderia per uso comune. Noi affittiamo il delizioso appartamento “Scoiattolo”, nella parte più antica della Fattoria, adatto ad ospitare 2-3 persone (330 euro totali, biancheria per camera, bagno e cucina, pulizie finali e riscaldamento inclusi). Sono disponibili anche appartamenti decisamente più ampi. La Fattoria di Pancole è specializzata nella produzione di vini, in particolare i Docg rosso “Chianti Colli Senesi” e bianco “Vernaccia di San Gimignano” del quale troviamo un omaggio sul tavolo della cucina! Una volta preso possesso dell’appartamento, andiamo subito alla scoperta di San Gimignano, che si erge su di un colle, in posizione dominante sulla sottostante Valdelsa. Il cielo, da prima nuvoloso e piovoso, si sta aprendo e ci regala un po’ di sole. Lasciata l’auto in uno dei parcheggi a pagamento (vivamente consigliato dai proprietari della Fattoria, dato che qui i vigili sembrano molto agguerriti), entriamo dalla Porta San Matteo, per raggiungere presto la grande piazza S. Agostino, dove sorge l’omonima chiesa. Il sole prossimo al tramonto dona ai palazzi calde sfumature dorate. Proseguiamo verso il centro percorrendo via San Matteo. Sede di un piccolo villaggio etrusco, San Gimignano ebbe grande sviluppo durante il Medioevo grazie alla via Francigena che l’attraversava. Patrimonio mondiale dell’Umanità, è oggi famosa per le sue numerose e celebri torri, che ne disegnano l’inconfondibile profilo all’orizzonte. Già nella seconda metà del 1200 se ne contavano ben 72, a manifestazione della ricchezza del ceto mercantile (grazie alla produzione e all’esportazione dello zafferano) e protette fin quasi la fine del secolo da un’apposita legge che vietava la demolizione delle case se non per edificarne di più belle. Le prime che incontriamo (oggi ne rimangono 15), tra le quali la possente torre detta la “Rognosa”, la torre del Comune, sono in Piazza del Duomo, il centro monumentale di San Gimignano, sulla quale si affacciano anche la Collegiata (visita a pagamento), il Palazzo del Popolo e del Podestà. Sulla facciata di quest’ultimo si apre un grande voltone, detto la Loggia, dove vengono sistemate numerose seggiole, occupate a qualsiasi ora da persone di ogni età che assistono allo scorrere della giornata e al passaggio dei tanti turisti. Sulla piazza, molto animata nonostante la stagione autunnale, si aprono anche molti bar. La nostra passeggiata prosegue nell’adiacente e affascinante (a nostro parere) Piazza della Cisterna, così denominata per un pozzo che ne occupa il centro. A pianta triangolare e pavimentata con mattoni rossi disposti a lisca di pesce, la piazza vede affacciarsi eleganti palazzi e case torri medievali. In breve la piazza si anima di numerose persone al seguito di un variopinto corteo in abiti d‘epoca, con tanto di “banda” medievale. Facciamo una deviazione (decisamente in salita) per andare a visitare la Rocca di Montestaffoli o per meglio dire i ruderi della rocca, immersi in un verde giardino. Dall’alto dell’unica torre rimasta si possono ammirare le imponenti torri delle due grandi piazze della città. Ormai si sta facendo buio, le giornate a novembre sono decisamente corte. Ritornati sui nostri passi, imbocchiamo via San Giovanni, affollata di turisti e negozi che espongono begli oggetti di artigianato locale e che si chiude con la sua porta duecentesca, che si apre nella cinta muraria con un caratteristico arco ribassato.
2 novembre 2006 – Il giorno successivo ci mettiamo in viaggio per raggiungere l’Abbazia di San Galgano. Un leggero vento soffia dalla mattina presto, rendendo azzurro e terso il cielo. Lungo il percorso ammiriamo il delizioso borgo di Monteriggioni, arroccato e protetto dalle sue possenti mura a sviluppo circolare e rinforzate da ben 14 torri. Così Dante racconta in un canto dell’Inferno “Monte Reggino di torri si corona…”. La strada si inoltra nella zona più collinare e boscosa delle Colline Metallifere e sebbene in linea d’aria si proceda dritti, la strada è una continua oscillazione a destra e a sinistra, in salita e in discesa. Finalmente individuiamo la prime indicazioni che in breve ci portano ai ruderi dell’abbazia cistercense, che si erge isolata in piena campagna. La vasta costruzione a croce latina, che vide il suo massimo splendore nel XIII secolo, per poi iniziare il suo periodo di decadenza poco dopo, fino alla rovina avvenuta alla fine del 1700, innalza le sue grandi navate, dall’intenso colore rosso dei suoi mattoni, al cielo, mentre il pavimento è oramai invaso dall’erba. Fu sconsacrata nel 1789. Dell’annesso monastero di San Galgano rimangono oggi solo la sala capitolare, la sala dei monaci e parte dell’elegante chiostro. E’ molto suggestivo muoversi al suo interno, osservandone le forme, le decorazioni rimanenti, i capitelli (ve ne sono oltre un centinaio), i grandi rosoni dei transetti. Si può solo immaginare l’atmosfera solenne che si poteva al tempo respirare durante le celebrazioni sacre o la vita dei monaci all’interno di queste mura. Sembra, da alcuni studi, che le proporzioni di questa chiesa si rifacciano ad una sorta di geometria sacra, secondo la quale l’uomo si inserisce in un sistema di ritmi ed armonie naturali; i monaci cistercensi avrebbero sviluppato una straordinaria conoscenza del potere evocativo di alcune, così dette, “forme simbolo” che poi utilizzavano nella costruzione delle loro abbazie e i cui codici venivano tenuti rigorosamente secreti. Inoltre pare che tali codici geometrici somigliassero a quelli utilizzati nell’Antico Egitto! Chissà!!! Poco lontano, sul poggio di Montesiepi si erge l’Eremo di San Galgano, un’antica chiesetta romanica, facilmente raggiungibile a piedi lungo un sentierino non asfaltato. Da quassù si gode di un ampio panorama sulla pianura sottostante e sull’abbazia, della quale si possono meglio apprezzare il fascino delle sue condizioni e le sue notevoli dimensioni. A pianta circolare, con volta bicromatica, la chiesetta ospita al centro un masso che custodisce la spada che San Galgano avrebbe conficcato, oltre 800 anni fa, in segno di rinuncia alla vita materiale. E’ davvero emozionante trovarsi di fronte alla “Spada nella Roccia”; la mente corre alle antiche leggende che raccontano di cavalieri e dame, alla famosa saga di Re Artù. Dopo pranzo ritorniamo sui nostri passi per una sosta pomeridiana a Siena. Il primo incontro con questa bellissima città è la famosissima Piazza del Campo, a forma di valva di conchiglia e sempre affollata di gente. Come tanti altri ci godiamo un attimo di riposo seduti per terra e con gli occhi rivolti in alto, a guardare la Torre del Mangia del Palazzo Pubblico, di cui presto inizieremo a “scalare” i suoi 88 metri d’altezza (ingresso 6 euro). Il panorama da quassù è superbo, spaziando su tutta la città e i suoi tetti rosso mattone. Tornati con i piedi per terra, continuiamo la visita dei principali e più famosi luoghi d’interesse che Siena offre. Sul far della sera si alza un forte vento, piuttosto freddo, che disturba molto i bambini. Torniamo a casa per spegnere le candeline e gustarci la torta di compleanno!!! 3 novembre 2006 – Anche oggi il cielo è terso. La nostra meta è Pisa, decisamente fuori mano, visto che dobbiamo percorrere ben 86 km, ma la celeberrima Torre Pendente è uno stimolo sufficiente per affrontarli. Una raccomandazione a chi arriva a Pisa con la propria auto: fate molta attenzione ai cartelli di “Zona a traffico limitato”, perché sono a controllo elettronico, forniti di telecamere e soprattutto visibili solo quando nella zona a traffico limitato si è già entrati. La multa arriva ed è salata!Comunque, fulcro della città è ovviamente Piazza dei Miracoli, che ospita tra i più famosi e visitati monumenti italiani. In effetti i turisti sono tanti e delle più svariate nazionalità. Il marmo del Duomo, del Battistero e della Torre è di un bianco splendente e quasi accecante alla nitida luce di questa bellissima giornata, in netto contrasto con il verde intenso del prato che li ospita. Piazza dei Miracoli sembra essere, per alcuni, la metafora del ciclo esistenziale dell’uomo, dalla nascita (il Battistero) alla morte (il Camposanto). Altri vedono nelle posizioni reciproche delle tre costruzioni le tre stelle della costellazione dell’Ariete. Fatto sta che Piazza dei Miracoli affascina e rapisce per la sua straordinaria bellezza; noi trascorriamo qui l’intera giornata. In attesa di salire sulla Torre Pendente (ingresso 15 euro, con orari prefissati; i bambini sotto gli 8 anni non sono ammessi, il che ci costringe a salire in due turni differenti), ammiriamo l’esterno del Duomo e del Battistero, posti uno di fronte all’altro. Rimaniamo stupiti dalla bellezza delle decorazioni e forse, vista l’ora di pranzo, ci appaiono, poco poeticamente, come immensa torte alla panna!! La nostra attenzione è però rivolta tutta alla Torre, simbolo indiscusso della città, riconosciuto in tutto il mondo. La Torre Pendente è in realtà il campanile del Duomo, anche se occupa una posizione defilata rispetto alla Cattedrale. Si tratta di una collocazione inconsueta, ma che risulta essere in uno dei punti più in vista della Piazza, in cui la via Santa Maria (quella da noi percorsa una volta lasciata l’auto in prossimità del Lungarno), uno degli antichi assi viari della cittá, giunge nella piazza stessa. Grazie, quindi, alla sua altezza elevata (55 metri, anche se pare che il progetto iniziale ne prevedesse 70) e alla sua mole slanciata, il campanile era ben visibile da ogni parte della piazza, e, probabilmente, anche dal fiume Arno, assumendo così la funzione di punto di riferimento e di simbolo autorevole dell’orgoglio civico e religioso della comunitá cittadina. La costruzione della Torre durò circa duecento anni. Sebbene in passato molti credettero che la pendenza della Torre fosse parte intenzionale del progetto, pare ormai certo che questa sia stata inizialmente concepita come un edificio dritto e che il suo cedimento si sia, tuttavia, manifestato sin dalle fasi iniziali dei lavori (e proseguito nel corso degli anni con varie accelerazioni), a causa delle particolari caratteristiche morfologiche del terreno sottostante, attraversato, per di più, in profondità, da falde d’acqua. I tentativi di contrastare l’incedere dell’inclinazione si susseguirono nel tempo, sia sostituendo le parti lesionate, sia agendo sul sottosuolo. L’inclinazione attuale è di circa 55°. Non è da molto che la Torre è tornata ad essere nuovamente visitabile. La visita della Torre di Pisa è un’esperienza unica al mondo. Salendo i 294 gradini che portano alla sommità si ha la percezione tangibile della legge di gravità. Non a caso Galileo compì proprio qui i suoi studi sulla caduta dei gravi. La prima cosa che balza agli occhi è che il solco di usura dei gradini oscilla a destra e a sinistra, regolarmente. Superata una certa altezza poi si percepisce sempre più intensamente l’effetto dell’inclinazione, che rende prima più faticosa, poi, subito dopo pochi passi, più leggera la salita. Arrivati in cima il panorama sulla Piazza è superbo e reso ancora più straordinario dall’effetto della pendenza, che quassù si fa sentire ancora più forte e che fa quasi girare la testa. Ho viso in effetti tanti turisti in difficoltà a mantenere l’equilibrio. Pisa offre comunque molte altre attrazioni turistiche, purtroppo messe in ombra dalla più famosa Piazza dei Miracoli. Per tornare all’auto, ci imbattiamo, infatti, in Piazza dei Cavalieri, antico centro della città repubblicana, sulla quale si affacciano eleganti edifici cinquecenteschi, tra i quali il Palazzo dei Cavalieri, con la sua facciata adorna di graffiti, il Palazzo dell’Orologio e la chiesa di S. Stefano dei Cavalieri. Altrettanto suggestivo il Lungarno lungo il quale spicca, per la ricchezza delle sue decorazioni, il piccolo edificio in marmo di S. Maria della Spina.
4 novembre 2006 – L’ultimo giorno di vacanza lo dedichiamo a Volterra. Il breve tragitto che percorriamo per raggiungerla si snoda in un paesaggio quasi incantato, di colline e campi coltivati, una vera e propria tavolozza dei colori caldi dell’autunno. Volterra sorge su di un ripido colle, dominante sulle sottostanti Val Cècina e Val dell’Era, nella parte settentrionale delle Colline Metallifere e a soli 30 km dalla costa tirrenica. Tutte queste caratteristiche geografiche si colgono, con uno sguardo attento, arrivando in Piazza Martiri della Libertà, vero e proprio balcone della città. Qui la terra è ricca di giacimenti minerari, di allume, ferro, argento e rame; qui la terra è interessata da fenomeni geotermici che si rendono visibili con i famosi soffioni boraciferi, getti di vapore acqueo e acido borico che fuoriescono dalle fenditure del terreno. Così, sullo sfondo delle colline, appaiono ai nostri occhi pinnacoli di fumo bianco e accanto l’inconfondibile sagoma della centrale geotermica di Larderello. Spingendo poi lo sguardo più in là, ecco scorgere il mare; un anziano signore si è fermato e ci ha fatto notare due rilievi, l’isola della Capraia e il Monte Capanna dell’Isola dell’Elba. Con questa piacevole visione ancora nella mente, iniziamo la visita di Volterra dalla Piazza dei Priori, centro della città e anche una delle piazze medievali più belle d’Italia, oggi occupata dalle bancarelle del mercato. Forse non si riesce ad avere una bella visuale d’insieme della piazza medievale, ma l’atmosfera è molto allegra. La Piazza, quadrata e selciata, è dominata dal massiccio e austero Palazzo dei Priori, il più antico palazzo comunale rimasto in Toscana, con merlature e facciata sulla quale spiccano colorati stemmi in terracotta. Di fronte a questo si trova il Palazzo Pretorio con la Torre del Porcellino, così chiamata per una scultura rappresentante un cinghiale sporgente sulla facciata. Subito dietro il Duomo e il battistero ottogonale, a bande bianche e verdi. Volterra ci piace subito per l’uniformità della sua struttura che appare molto bella passeggiando lungo le vie. Ma Volterra è una città ricca di testimonianze antichissime, romane ed etrusche, non solo medievali. E’ così possibile ammirare il Teatro romano, ben conservato, dove sono visibili parte delle sue ampie gradinate, dell’area dell’orchestra e delle scene; e l’Acropoli dell’antica città etrusca, all’interno del Parco archeologico “Enrico Fiumi”. Questa oasi verde, ai piedi della Fortezza medicea (oggi un carcere di massima sicurezza), che occupa la parte più elevata del colle, rappresenta un luogo piacevole dove riposare e far giocare i bambini. Prima di tornare a casa andiamo a vedere le Balze, un paio di km fuori Volterra, attraversando il rione di borgo S. Stefano. Non è facile trovarle, né ammirarne la bellezza a causa di una recinzione per lavori in corso. Quel che si può comunque vedere dà l’idea della bellezza di quest’impressionante fenomeno geologico. Le Balze sono, infatti, degli scoscendimenti a calanchi, formatisi in seguito a frane di materiali argillosi, che hanno ingoiato parte dell’antica necropoli e della cerchia muraria etrusca. 5 novembre 2006 – Rientriamo a Milano. Il cielo si è fatto grigio, ma non riesce ad offuscare la bellezza di questi luoghi che in tanti, nel mondo, ci invidiano. Alla prossima!