Tokyo 2019
Informazioni utili
Volo + Hotel: Avendo scelto di visitare solo Tokyo, ci siamo affidati ad un pacchetto Expedia, acquistato a marzo. L’hotel, situato nel quartiere di Ueno, è servitissimo dalla metro (e dal treno Keisei da e per l’aeroporto di Narita), vicino a ristoranti, bar e negozi e prevede anche la prima colazione (continentale).
Assicurazione: In Giappone come negli Stati Uniti la sanità è privata, l’assicurazione è quindi vivamente consigliata. Questa volta l’abbiamo stipulata con Coverwise.
Adattatore di corrente: Noi l’avevamo portato ma non è servito: l’hotel era dotato di prese USB per ricaricare i nostri dispositivi.
Pocket wifi / scheda SIM: Grande dilemma, risolto brillantemente con la scoperta che il nostro hotel metteva a disposizione di tutte le stanze un handy smartphone con connessione internet. Dopo aver chiesto lumi in rete a chi lo aveva già utilizzato, abbiamo scelto di non sottoscrivere alcun abbonamento e ci è andata bene. L’handy smartphone ci è servito come navigatore, per il resto abbiamo usato i nostri telefoni servendoci del wifi dell’hotel.
Connessione dati: Quando non usate il wifi è importante eseguire alcune procedure sul vostro telefono: disabilitare roaming e dati mobili (comprese le app in rete), mettere un APN farlocco, poi da tipo di rete preferito scegliere 3G/2G. A noi l’ha detto un’amica che va spesso in Giappone, di fatto non abbiamo ricevuto addebiti stratosferici dalla nostra compagnia telefonica.
Biglietti / abbonamenti metro: Arrivando a Narita ed alloggiando a Ueno, ci è venuto comodo prendere il treno Keisei, che abbiamo prenotato già dall’Italia. In 40 minuti si arriva a Ueno, capolinea della corsa.Per la metro il prezzo dei biglietti varia con le distanze: non è possibile fare abbonamenti settimanali perché le linee metro sono gestite da compagnie diverse. Esistono però abbonamenti giornalieri per la linea JR (la metro di superficie che collega i luoghi più turistici di Tokyo) ed abbonamenti da 1,2 o 3 giorni per tutte le altre linee.
Suica/Pasmo: Sono tessere ricaricabili (acquistabili ad un prezzo di 500 Y) su cui potete trasferire importi a vostra scelta per i biglietti della metro, per pagare nei combini e anche per pagare i taxi. Noi non l’abbiamo usata.
Contanti e carte di credito: Noi avevamo cambiato in yen l’equivalente di 750 € (= 90.000 yen): abbiamo quindi pagato quasi tutto cash, tornando a casa con circa 16.000 yen. La carta di credito, abilitata per tutto il mondo l’abbiamo quindi usata pochissimo, ma ha sempre funzionato.
Guide: Noi avevamo la guida Feltrinelli di Tokyo ed abbiamo letto I love Tokyo della Pina, ma sono serviti tantissimo anche i consigli dei gruppi Facebook Giappone per tutti e Voglio andare in Giappone, nonché i blog di Marco Togni e di Marchino in Giappone ed i video giapponesi su Facebook di Piero Armenti de “Il mio viaggio a New York”. Su You tube abbiamo giuardato anche le puntate di “Turisti per caso” dedicate al Giappone: effettivamente, risalendo agli anni ’90 sono un po’ datate, ma comunque divertenti ed istruttive. Grazie a tutti!
Mappe: La mappa della metro l’avevamo su carta, quella di Tokyo (in italiano) l’abbiamo presa all’ufficio informazioni nel Palazzo del Governo. Avevo scaricato sul telefono anche la mappa Japan travel, e maps.me ma le abbiamo usate pochissimo. Nelle principali stazioni della metro (Ueno, Shibuya, Shinjuku, Akihabara ecc…) sono in distribuzione mappe cartacee con indicazioni di tutto quello che c’è da vedere nel quartiere. Tranquilli, non vi perderete! In ogni caso, fuori da ogni stazione metro ci sono piccoli presidi di polizia dove potete chiedere informazioni: l’inglese lo parlano poco, ma si fanno in 4 per aiutarvi.
Da sapere: Il popolo giapponese è fantastico, nessuno si arrabbierà mai con voi, ma certe cose non andrebbero fatte: non dare mance, non sbaciucchiarsi ne’ mangiare in pubblico, non starnutire, rispettare le file. Poi ognuno fa come vuole… A questo punto direi che possiamo partire!!
5/07/2019 – L’arrivo
Dopo 1000 ore di volo e una sosta nel paradiso di Dubai, eccoci all’aeroporto di Narita: pratiche di entrata, impronte digitali, dogana, passaporti, tutto scorre velocemente. Sul piano degli arrivi individuiamo il desk della Keisei Skyliner e cambiamo i nostri voucher con i biglietti per il treno, che arriva puntualissimo, è pulitissimo e in 45 minuti ci deposita alla stazione Keisei di Ueno. Seguendo le indicazioni dettagliatissime della mia collega Cristina, ci basta attraversare la strada, infilarci in una via piena di ristoranti et voilà, come per magia ci ritroviamo davanti al nostro hotel.
Velocemente facciamo il check in che comprende anche vari omaggi di benvenuto, poi su al 15° piano dove ci attende la nostra stanza con vista sulla Tokyo sky tree, che meraviglia! La stanza è piccola, ma fully equipped: troviamo anche il pigiama e 2 tipi di ciabattine e, con mia grande sorpresa, anche la piastra per i capelli. Tokyo, ti adoro!
Il tempo di disfare le valigie e siamo già fuori, pronti a gustarci la nostra prima cena giapponese. Siccome piove e siamo affamati ma anche stanchi, ci infiliamo in un ristorante coloratissimo e super affollato e prendiamo posto ad un tavolino condiviso con altri 3 clienti. Per ordinare si usa il tablet, ci facciamo impostare la lingua inglese e cominciamo a guardare il menù: io ordino senza esitazione okonomiyaki, la pizza giapponese, Francesco riso e quello che dalla foto sembra un fritto di pesce ma si rivelerà poi un brodetto, 2 belle birre e via.
Fatto l’ordine ci portano un piattino con delle strane cose (1 è un pesce) e ci accendono un fornellino. Sbirciando dalla parte dei vicini scopriamo che dobbiamo cucinarli noi… Intanto arriva il riso e il mio okonomiyaki su una pietra ollare incandescente, poi la stagnola con dentro una specie di brodetto sempre da cucinare. All’arrivo delle birre brindiamo allla nostra vacanza con un bel “Kampai!”: i nostri vicini si divertono per le nostre espressioni perplesse e anche per la nostra abilità nell’usare le bacchette…dateci tempo, diventeremo bravi anche noi! L’okonomiyaki non mi piace proprio, faccio a cambio col riso di Fra. Finita la cena salutiamo i vicini con inchini vari e torniamo in hotel. Indossiamo i nostri pigiamini giapponesi e ci addormentiamo appena toccato il letto.
6/07/2019 – Templi ne abbiamo?
Non so se per la stanchezza dovuta al lungo volo o per la comodità del letto, fatto sta che ci svegliamo alle 9: la colazione viene servita fino alle 9.30, bisogna affrettarsi! Beviamo qualcosa di caldo e mangiamo paste dolci e salate, non sono il massimo ma va bene, è talmente grande la voglia di immergerci nella città che i pasti sono solo un dettaglio.
Oggi vogliamo esplorare in nostro quartiere e quelli limitrofi, niente metro, solo piedi! Sotto una pioggerella nebulizzata ci avviamo verso il mercato di AMEYOKO, a pochi passi dal nostro hotel: nato come mercato nero nel periodo successivo alla 2. Guerra mondiale, adesso vi si vende un po’ di tutto, dall’abbigliamento al cibo. Quasi casualmente, in una via laterale, ci imbattiamo nel Marishiten Tokudaiji Temple, primo dei tanti templi che vedremo durante la nostra vacanza, abbarbicato in cima ad una gradinata. La nostra passeggiata ci porta poi dentro al parco di Ueno, pochi passi e siamo davanti al National Museum of Western Art, progettato da Le Corbusier: il museo ospita una bella collezione di impressionisti donata dal magnate della Kawasaki, attualmente sono in corso mostre interessanti, ma ci siamo ripromessi di vedere meno musei e più paesaggi, quindi ci limitiamo a girovagare nel fornitissimo bookshop ed ammirare le statue di Rodin nel cortile. A breve distanza un’enorme statua di balena ci indica l’ingresso del National Science Museum e poi ancora l’enorme Tokyo National Museum… tanta roba! Il bookshop si trova all’esterno dell’enorme palazzo che ospita il museo: ci sediamo ad un comodo tavolo per organizzare i nostri futuri spostamenti. Fra i depliant a disposizione c’è anche la mappa di Yanaka, il quartiere verso cui siamo diretti. Il nostro handy smartphone ci indica la direzione giusta, facciamo una piccola deviazione per dare un’occhiata ad alcuni edifici del campus dell’Università di Tokyo, poi ci immergiamo in un quartiere che sembra fuori dal tempo: viuzze strette, case basse, negozi e bar tranquilli, un’atmosfera rilassata e slow. Ma questa è sempre Tokyo, vero?
In pochi minuti troviamo il cimitero ed entriamo: i viali sono tranquilli, alcuni taxisti dormono all’interno delle loro auto in attesa di clienti, in lontananza, a contrasto, l’enorme mole della Tokyo sky tree. Ci aggiriamo curiosi, diamo un’occhiata anche ai vari santuari e templi, in uno di loro, il Tenno-ji, dove svetta un grande Buddha in rame, incontriamo anche alcuni monaci. La pace e la tranquillità regnano incontrastate in quest’angolo delizioso. Ci imbattiamo poi in Ueno Sakuragi Atari, un gruppo di case del periodo Showa (1926–1989) adibite ora a panetteria, birreria e negozio di gastronomia. Ad una bancarella due signore mi offrono una bottiglietta di non so cosa…mi pare brutto rifiutare. Raggiungiamo poi Yanaka Ginza, la via principale del quartiere: dalla Yuyake dandan, la scalinata che porta sulla via, una bella veduta della città. Il tempo qui sembra essersi fermato agli anni 70, forse anche prima. Avevo letto che questa via era famosa per i souvenirs di gatti, ma a parte un piccolo negozio all’inizio della strada non è che ci sia un granchè. Compriamo due onigiri e ci sediamo in un barettino improvvisato a bere due birre e goderci il passeggio lungo la via. Improvvisamente passa la sosia di Kuniko, una delle protagoniste del libro “Le quattro casalinghe di Tokyo”, che ho letto per prepararmi al viaggio: vestito nero, capelli neri, accessori firmati, è proprio così che me l’ero immaginata…non è per spoilerare, ma un brivido mi corre lungo la schiena…
È tempo di fare ritorno a Ueno, Google maps ci dice che la strada da fare è quella dell’andata, quindi andiamo.
All’entrata nord del parco veniamo accolti dalla “Festa dei samurai”, tante bancarelle di street food e alcuni spettacoli di samurai e ragazze in costume. Addentrandoci nel parco arriviamo al santuario TOSHOGU (1616), tutto dorato e bellissimo, a fianco la pagoda di cinque piani. Osserviamo il rito del lavaggio delle mani e della preghiera da parte dei fedeli e facciamo conoscenza con gli omamori, i famosi talismani giapponesi: io ne compro subito uno, sarà mia cura non aprirlo e legarlo al manico della borsetta. Guardiamo i tanti ema ed i biglietti bianchi appesi. Proseguiamo poi verso il tempio KANNON, (1631) bello rosso che spicca in cima alla collina: nelle nostre foto il cielo nuvoloso e la luce che se ne sta andando non gli rendono affatto giustizia. Ebbene sì, anche in estate in Giappone fa buio verso le 18.30!
Costeggiamo il laghetto SHINOBAZU, ricoperto in gran parte di ninfee che stanno fiorendo, chissà che meraviglia fra qualche settimana! Circumnavighiamo il lago affacciandoci alle terrazze panoramiche sulle ninfee, sembra proprio di esserci dentro. In mezzo al lago il tempio BENTENDO, dedicato alla dea della fortuna. All’uscita del parco ci ritroviamo proprio davanti alla stazione Keisei, è facile trovare la via di casa! Ci fermiamo in un kombini e compriamo un dorayaki, morbido dolcetto ripieno di crema di fagioli rossi, che mangeremo in hotel bevendo un caffè.
Dopo un riposino ci avviamo verso il ristorante di pollo che avevamo già adocchiato ieri sera, ci sistemiamo al bancone ed ordiniamo con il tablet, ormai anche noi siamo esperti. Il piatto di Fra viene cucinato al tavolo direttamente dal cameriere, peccato per i suoi pantaloni chiari, sporcati da qualche schizzo inopportuno. Sul mio piatto meglio sorvolare, almeno la birra è buona! All’uscita piove quindi non ci rimane che rientrare in albergo.
7/07/2019 -Templi, shopping e fish&chips
Oggi è domenica e piove. Per la prima volta prendiamo la Yamanote line e scendiamo a SHINJUKU, a detta di tutti la stazione più incasinata di Tokyo, con 36 binari e più di 200 uscite. Seguiamo le indicazioni per il GOVERNMENT BUILDING e dopo poco ce lo troviamo davanti in tutto il suo splendore. Prima però oltrepassiamo lo SKYSCRAPER DISTRICT, dominato dai grattacieli di hotel di lusso come Keio Plaza, Hilton, Hyatt Regency, solo per citarne qualcuno. Dopo i controlli preliminari, saliamo al 45° piano del Palazzo, l’entrata è assolutamente free, la vista purtroppo, a causa della nebbia, non può spaziare fino al Monte Fuji, come avevamo sperato, ma il panorama è comunque bello. Parlo con una simpatica signora che fa la guida volontaria. Quando ci indica il TOKYO DOME, il grande stadio in ristrutturazione in vista delle Olimpiadi del 2020, io butto là che la nostra squadra del cuore ha avuto fra le sue fila un calciatore giapponese, Yuko Nagatomo: non potete immaginare l’entusiasmo di questa vecchia signora! Sa perfettamente chi è, dice che in Giappone è molto popolare e sa anche dove gioca attualmente, incredibile! Ecco come sarò io fra 30 anni! Fra i luoghi che ci mostra c’è anche il Santuario Meiji Jingu, immerso nel Parco Yoyogi, che vorremmo visitare fra poco. Al bookshop compro alcuni maneki neki, i gattini portafortuna con la zampetta alzata. Riscendendo al 1° piano del palazzo ci dirigiamo verso l’ufficio del turismo, dove chiediamo sia la mappa che una guida turistica di Tokyo in italiano. Tutte le impiegate sono super gentili e sorridenti.
La pioggia continua a cadere e noi ci affidiamo al nostro navigatore per farci condurre al santuario, e contro ogni previsione ci arriviamo. Il luogo è molto suggestivo, lo sarebbe ancor di più senza pioggia… Preceduto da un torii maestoso, il santuario shintoista è dedicato alla memoria dell’imperatore Meiji e della moglie Shoken. Furono gli stessi sudditi, alla morte degli imperatori, a donare 100.000 alberi provenienti da tutto il Giappone, per formare questa foresta in onore dei loro sovrani. Il santuario fu completato e consacrato nel 1920, ma venne distrutto durante il secondo conflitto mondiale: quello attuale è una ricostruzione completata nel 1958. Entriamo nella hall del santuario, è in corso una cerimonia privata e non possiamo accedere: dopo poco vediamo uscire gli sposi seguiti da un piccolo corteo nuziale. Camminando verso l’uscita passiamo davanti agli enormi e colorati barili di saké e di vino francese donati al santuario. In breve arriviamo sul JINGU-BASHI, piccolo ponte che normalmente dovrebbe essere popolato da teenagers in costumi cosplay, ma, vista la giornataccia, oggi nessuno si è presentato. La stazione di HARAJUKU è affollatissima, c’è anche un comizio elettorale. Ci dirigiamo verso OMOTESANDO, il grande viale che taglia in due il quartiere: è però quasi impossibile percorrerlo, in mezzo alla marea di gente ed ombrelli, rigorosamente trasparenti. Ci rifugiamo dentro al TOKYU PLAZA, nuovissimo shopping mall con un ingresso tappezzato da vetri che crea un effetto caleidoscopico, ed un bel giardino pensile all’ultimo piano. Alla ricerca di un posto in cui mangiare qualcosa, finiamo per doverci accontentare di un panino in piedi al bancone di Starbucks… ci rifaremo questa sera.
Girato l’angolo in direzione OMOTESANDO HILLS ci appare sulla destra la sagoma inconfondibile di ORIENTAL BAZAAR, uno dei più grandi negozi di souvenirs in città: pioggia, giornata uggiosa, condizioni ideali per passare un po’ di tempo qua dentro, vero? In effetti il mio cestino dello shopping si riempie velocemente, meno male che il negozio è “solo” su 3 piani. Francesco mi regala una bellissima Koreishi bianca, la adoro!
La sosta successiva la facciamo da KIDDYLAND, regno dei giocattoli/pupazzi made in Japan, Hello Kitty, Totoro and friends spalmati su 5 piani coloratissimi. Ultima tappa di giornata TAKESHITA DORI, via pedonale piena zeppa di negozi per teenagers. E’ qui che vediamo il primo cat cafè e proviamo tanta nostalgia per la nostra piccola Sky rimasta a casa. Stanchi di prendere acqua (e anche freddo), prendiamo la Yamanote ad Harajuku e ritorniamo a Ueno. In albergo, dopo una bella camomilla calda ci addormentiamo per svegliarci affamati verso le 9. Stasera tutti all’Hub pub, proprio di fronte all’hotel, dove ci mangiamo un bel fish&chips (Francesco due) bevendo sidro e Guinness. La tv trasmette anche la partita Argentina-Cile di Coppa America, cosa vogliamo di più? Per esempio che smetta di piovere….
8/07/2019 – Curry rice? Anche no
Oggi finalmente è quasi sereno: facciamo l’abbonamento giornaliero alla Yamanote e partiamo per AKIHABARA, detta Akiba, l’electric town. Appena arrivati, nell’atrio della stazione metro prendiamo la mappa del quartiere, dettagliatissima: impossibile perdersi! Ci avviamo lungo la via principale e sembra di essere dentro al film Ralf spacca Internet: mega grattacieli colorati pieni zeppi di negozi di elettronica, karaoke, sale pachinko, manga, anime, ragazze in divisa da cameriere che invitano ad entrare nei tanti maid, cat, rabbit, owl cafè, benvenuti nel quartiere più pazzo di Tokyo. Vista l’insegna di un internet cafè prendiamo l’ascensore e saliamo all’8° piano di un palazzo, curiosi di scoprire come sia organizzato. L’ambiente è molto soft, alcune persone stanno leggendo i manga presi dalla enorme collezione sugli scaffali, altri mangiano, scrivono al computer, ed altri forse riposano: in questi posti è infatti possibile, per una modica cifra, passare la notte o solo alcune ore. L’anno scorso vidi in tv immagini di internet cafè presi d’assalto, soprattutto dalla popolazione più anziana a causa della grande ondata di calore che colpì la metropoli; ero quindi curiosa di dare un’occhiata.
All’uscita ci aspetta DON QUIJOTE, un enorme discount su 8 piani dove si trova di tutto, dal cibo ai gadget per soli adulti. Al 5° piano c’è anche uno dei Maid cafè più gettonati, l’@Home cafè, ma la cosa che ci lascia più interdetti sono i piani dedicati alle macchinette pesca pupazzi e a quelle tipiche da sala giochi, che follia!!!!
Dopo questa full immersion ci è presa fame: entriamo in una hamburgheria molto carina e mangiamo due super hamburger: il rifornimento di bevande si può fare all’infinito, ottimo! Nel pomeriggio gironzoliamo ancora un po’ per RADIO KAIKAN, zona dove si trovava anticamente il mercato nero, oggi un dedalo di viuzze dove si vendono radio e componenti elettronici di ogni genere.
Riprendiamo la metro e sbarchiamo a MAROUNOUCHI, con la TOKYO STATION in mattoni rossi clone della stazione ferroviaria di Amsterdam. Ci guardiamo intorno: potremmo essere tranquillamente a New York o in un’altra metropoli americana. Gli enormi grattacieli di vetro che circondano la stazione fanno parte del progetto di ristrutturazione voluto per risollevare la zona da una certa decadenza.
Percorrendo un bel viale alberato arriviamo nell’area del PALAZZO IMPERIALE, residenza dell’appena insediato Imperatore Naruhito, ovviamente inaccessibile. Oggi è lunedì ed anche i giardini interni sono chiusi. Insomma, questa zona non è che ci faccia impazzire. Tornando indietro cerchiamo la Brick square, una elegante piazzetta in mezzo ai grattacieli, circondata da edifici che ricordano tanto Londra e New York.
Mentre andiamo a riprendere la metro, veniamo quasi inondati dal flusso dei tanti salary men in uscita dai posti di lavoro: tutti in fila, silenziosi e vestiti allo stesso modo… Ci mettono un po’ di tristezza.
Saliamo sul treno per Shibuya e, una volta arrivati, cerchiamo la Hachiko exit: eccoci qui, a farci fotografare davanti alla statua di uno dei cani più famosi del mondo, HACHIKO appunto. Subito dopo proviamo l’esperienza dell’attraversamento del famoso INCROCIO DI SHIBUYA, sul quale ogni giorno si riversano migliaia di persone. Dall’incrocio veniamo catapultati sul CENTER GAI, via pedonale piena di negozi delle più famose catene mondiali.
Sto cercando Loft, negozio di cartoleria di ben 7 piani, un paradiso dove acquisto dei blocchetti di carta di riso deliziosi. Si è fatta l’ora di cena e, alla ricerca di un posticino po’ defilato, ci imbattiamo in un locale di curry rice. Il piatto è buono, ma gli effetti sul mio intestino devastanti.
9/07/2019 – Fra antico e moderno
Oggi il cielo è nuvoloso ma non piove: alla stazione di Ueno facciamo l’abbonamento per 2 giorni alla metro poi prendiamo la Ginza line ed arriviamo ad ASAKUSA, prima meta di giornata. Siamo curiosi di scoprire questo quartiere, uno dei più tradizionali di Tokyo. Su internet abbiamo letto che in questi giorni si svolge il festival delle “lanterne cinesi”, che altro non sono che gli anchecengi, quei fiori paffutelli che sembrano fatti di carta di riso, presenti anche in Italia. Eccoci a NAKAMISE DORI, la via piena di negozi di souvenirs che conduce al tempio. Le tante persone di ogni età, uomini e donne, che indossano il costume tipico inondano con i loro colori i dintorni del tempio, rallegrando un po’ la grigia giornata. Chiedendo il permesso fotografo gruppetti di ragazze ed anche singoli.
Il tempio SENSO-JI è maestoso: la sua costruzione risale al 7° secolo, fu però distrutto durante la 2. Guerra mondiale e successivamente ricostruito. L’entrata al tempio, il KAMINARI-MON, è imponente: una gigantesca lanterna di carta rossa dal peso di 670 kg (dono del fondatore della Panasonic per grazia ricevuta, pare) affiancata dalle statue delle divinità del tuono e del vento. La sala principale del tempio, dai soffitti bellissimi, è tutta un risuonare di tamburi, odore di incensi e il rumore delle monetine che i fedeli, in maniera molto disciplinata, gettano in un grande scrigno di legno dopo aver pregato ed essersi inchinati alla divinità che qui si venera, la dea Kannon. Sull’altare, tutto dorato e protetto da una cancellata, spiccano le svastiche, simbolo buddista di prosperità ed abbondanza. Non posso fare a meno di acquistare un nuovo omamori, che donerò ad un’amica. Dopo aver visitato il tempio, per quanto sia possibile con la folla di gente che entra ed esce in continuazione, passiamo al mercatino delle lanterne rosse: tutti le acquistano, un po’ come noi acquistiamo i prodotti tipici delle nostre sagre paesane. Io, che amo da sempre il colore arancio, sono attratta verso ogni bancarella: a ghirlande, in piantine o confezionate in piccoli cestini, questi fiori mettono allegria ed io mi incanto a guardarli e a fotografarli. L’aria di sagra paesana che si respira qua toglie molta sacralità e serietà al tempio ma va bene così. I profumi che si levano dalle tante bancarelle di street food sono davvero invitanti e ci mettono fame. Per la prima volta vediamo anche i risciò guidati da ragazzi, anche mingherlini, che portano a spasso i turisti attorno al tempio. Per pranzo ci allontaniamo un po’ ed entriamo in una specie di bettola 100% giapponese dove si mangia al bancone. Meno male che sul menù ci sono le foto!!!Io ordino seitan al forno e Francesco un piatto che dopo ½ ora di attesa scopriamo essere terminato. Le foglioline bianche sul mio piatto si muovono in maniera inquietante, aiuto!!!
Dopo pranzo diciamo ciao alla tradizione e ci incamminiamo verso la modernità della TOKYO SKY TREE, che vediamo tutti i giorni dalla finestra del nostro hotel, ora finalmente l’abbiamo davanti! Prima di arrivarci e di attraversare il fiume Sumida, guardiamo l’ASAHI BEER TOWER a forma di boccale di birra e l’ASAHI BEER HALL (disegnato da Philip Starck) con la caratteristica flamme d’or, da molti paragonata a qualcosa di poco nobile… Della moderna skyline fanno parte anche i SUMIDA WARD OFFICES, uffici governativi metropolitani.
Sotto la Tokyo sky tree il SOLAMACHI, un grande complesso commerciale con una bella food court dove ci fermeremo più tardi. L’ingresso alla torre non è gettonatissimo, nonostante sia in assoluto l’osservatorio più alto del mondo e su uno dei punti panoramici sia stato organizzato un temporary store per celebrare i 45 anni del marchio Hello Kitty. La mia collega Cristina, che mi ha dato 1000 utili consigli per organizzare questo viaggio, mi ha incaricato di portarle un ricordino, ma noi non siamo tanto amanti degli osservatori… meno male che c’è un bookshop che vende oggettistica di HelloKitty col logo della torre, qualcosa abbiamo rimediato.
La food court del Solamachi è invece molto invitante: per integrare il nostro pranzo non proprio abbondante compriamo due dolcetti che mangiamo seduti al tavolino. Entriamo poi nel supermarket ad osservare un po’ di cibo giapponese: adoro aggirarmi fra gli scaffali dei supermercati stranieri, si scoprono sempre tante cose interessanti! Acquistiamo i famosi kit kat dai gusti strani super osannati da tutti i turisti italiani, oddio, io non sono tanto amante del cioccolato, ma non mi sembrano nulla di chè.
Riprendiamo la metro ed arriviamo a GINZA, per scoprire un’altra faccia di questa poliedrica città: questo è il quartiere del lusso, la sua via principale, Chuo-Dori, non ha nulla da invidiare alla Fifth avenue. Negozi dall’aspetto fantastico disegnati da architetti di fama mondiale, tutte le grandi firme in parata, molte sono italiane e questo ci riempie d’orgoglio.
Io e Francesco ci separiamo sulla soglia di un mega Uniqlo di 11 piani, tutti da scoprire! Ci ritroviamo poi per entrare allo Shiseido parlour e da Muji. Ormai è buio (eh sì, qua fa buio troppo presto, verso le 18.30) e come per incanto tutto si illumina, creando un effetto stupefacente, wow! Dopo l’esperienza di ieri sera decidiamo di cenare a Ueno, in una tavola calda molto economica nei pressi del nostro hotel.
10/07/2019 – The digital day
Oggi è il gran giorno della visita al MORI DIGITAL MUSEUM di Odaiba: i biglietti li abbiamo comprati in Italia, devo solo cliccare sul link che il museo mi ha inviato sul telefono e fare lo screen shot del ticket elettronico, semplice, no? Per scoprire come arrivare ad Odaiba scrivo sul gruppo Facebook di Giappone per tutti – Consigli di viaggio ed in men che non si dica ho la soluzione, fantastico! Arriviamo con la metro a Shimbashi, poi prendiamo la monorotaia YURIKAMOME diretta ad Odaiba, l’isola artificiale nella baia di Tokyo. Durante il tragitto “sopraelevato” vediamo lo splendido skyline di Tokyo ed anche il RAINBOW BRIDGE.
Il treno ci lascia in una specie di jungla d’asfalto, nessuna indicazione per il museo, per fortuna c’è il nostro handy smartphone ad indicarci la strada giusta fra 2 grattacieli. Attraversiamo un ponte, i giardini su cui domina la grande ruota panoramica poi, oltrepassato un parcheggio coperto, ci andiamo ad accodare alle tante altre persone in attesa di entrare. La fila è lunga ma molto scorrevole e dopo soli 20 minuti, passato il nostro e- ticket sul display del tornello, siamo catapultati nel fantastico mondo del Team-lab, dove l’arte incontra la realtà virtuale, con risultati secondo noi spettacolari. Grazie al digitale l’arte cambia forma e colore e i visitatori sono parte integrante di opere in mutazione, che percepiscono in modo diverso a seconda del luogo in cui si trovano: colori e luci diverse, sensazioni diverse. In una superficie di 10mila metri quadrati 50 sono i lavori esposti, suddivisi in 5 aree principali. Non ci sono divisioni, le opere si espandono nei corridoi, comunicano fra di loro, a volte fondendosi. Le persone sono “dentro” le opere, seguono il passo felpato dei felini lungo le pareti o vengono sommersi da cascate di fiori, inondati da una pioggia di led o imprigionati in un groviglio di ninfee. Ognuno si costruisce il proprio viaggio mentale e lo vive, qua dentro.
Noi ci perdiamo in questo mondo per circa 4 ore (l’accesso alle aree più gettonate richiede a volte anche 40 minuti di fila) ed alla fine di questa full-immersion facciamo fatica a riabituarci alla normalità. Siamo all’interno della PALETTE TOWN, che oltre a questo strabiliante museo comprende la ruota panoramica di cui sopra (ora chiusa per non aver superato alcuni controlli di sicurezza) e il VENUS FORT, un centro commerciale “europeo”, nel senso che gli interni ricordano molto le città europee, con tanto di piazze, fontane, ed anche un “finto” cielo azzurro leggermente nuvoloso. Da qui ci spostiamo verso il DIVER CITY, al cui ingresso ci accoglie la statua del GUNDAM UNICORN gigante: una foto è d’obbligo.
Nella food court al pianterreno io assaggio finalmente i takoyaki, le famose polpettine di polipo che mi entusiasmano il giusto. Mentre mangiamo noto una cosa che invece apprezzo moltissimo: la possibilità, per chi ha bimbi piccoli, di prendere a prestito passeggini super accessoriati, grande idea! A questo punto ci aspetterebbero altri 6 piani di centro commerciale, ma dopo 4 ore in piedi al museo io sono abbastanza stanca, quindi diamo un’occhiata veloce ad alcuni negozi poi andiamo in cerca della metro per tornare a Tokyo. Il nostro abbonamento ci consente di prendere solo determinate linee e la Yamanote non è ovviamente compresa, è comunque divertente saltare da un treno all’altro, ormai siamo diventati super esperti! Giunti in hotel un po’ di riposo è d’obbligo. La cena la facciamo come sempre vicino a casa, i ristoranti non mancano di certo. Io mangio spiedini di pollo che non mi soddisfano completamente e finiscono in gran parte nel piatto di Francesco che ringrazia.
11/07/2019 – Fra parchi e onsen
Oggi decidiamo di andare alla scoperta del Giappone più tradizionale: volendo sfruttare fino all’ultimo il nostro pass di 48 ore saliamo e scendiamo da almeno 3 treni prima di arrivare a KOMAGOME per visitare i RIKUJI-EN GARDENS, giardini tradizionali giapponesi dove tranquillità ed armonia regnano sovrane. Il nome significa “giardino dei 6 principi della poesia”, con riferimento alla poesia Waka: la disposizione degli elementi all’interno del parco va a riproporre scene di famose poesie, ahimè a noi ignote. Questo parco, allestito fra il 1695 ed il 1702, cadde in disuso nel 1800, fu poi acquistato dal proprietario della Mitsubishi e risorse a nuovo splendore. Neanche a dirlo a noi piace tantissimo: il senso di calma quasi tangibile che si respira qui ci comunica pace e tranquillità. Camminiamo senza fretta lungo i vialetti ben curati, osservando i tanti vecchietti seduti sui loro bassi seggiolini intenti a tracciare schizzi su fogli immacolati. Tutto è gradevole, nulla è fuori posto: le piccole cascate, le collinette con in cima capanne risalenti al 17. secolo, i ponticelli iconici, i gigli profumatissimi, i punti ristoro immersi del verde. La bellezza regna sovrana e per prolungare il più possibile questo stato di benessere ci fermiamo a pranzare in un piccolo ristoro: mangiamo tanuki udon e sansai udon, in assoluto il pasto più buono da quando siamo in Giappone. Il silenzio, la vista e la bellezza del parco ci inviterebbero a rimanere ancora, ma dobbiamo andare, la nostra giornata tradizionale non è ancora finita…
A piedi raggiungiamo il vicino quartiere di SUGAMO: giunti davanti alla stazione della metro troviamo le indicazioni per il Somei onsen Sakura, non ci resta che seguirle. Un po’ titubanti e molto incuriositi entriamo: le luci soffuse ci introducono in un ambiente molto soft. Depositiamo le scarpe nell’apposito armadietto e ci avviciniamo alla reception dove una ragazza molto gentile che parla un inglese abbastanza stentato ci illustra le modalità di accesso alla struttura. Regola fondamentale, non avere tatuaggi, quindi possiamo entrare senza problemi. L’unico problema, di cui eravamo già a conoscenza, è che le terme femminili sono separate da quelle maschili, quindi io e Francesco ci salutiamo e ci avviamo verso questa nuova esperienza, assolutamente da provare sia per rilassarsi che per entrare nel mondo giapponese attraverso le sue abitudini. All’interno dell’onsen silenzio e pulizia regnano assoluti: le inservienti sono molto discrete ma sollecite in caso di bisogno. Anche in questo luogo rimarrei ore ed ore a farmi coccolare dalle acque calde e dai vapori. Due ore e 1/2 dopo, ben idratata con le ottime creme a disposizione dei clienti, esco tutta accaldata, con le guance rosse ed i capelli voluminosi, ma super rilassata. Nella grande area che funge da salotto, sala d’attesa ed anche piccolo market incontro Francesco, anche lui soddisfatto di questo pomeriggio termale. Nella strada verso la metro ci viene in mente che di Sugamo aveva parlato la Pina nel suo libro “I love Tokyo”: è il quartiere della terza età, opportunamente creato ed attrezzato per gli “over”: case basse, studi medici, tante farmacie e tutto quello che può servire ai non più giovani. Ci addentriamo lungo la via principale, dopo aver dato un’occhiata al tempio e salutato in grande Buddha. Eccoli qua i negozietti che vendono biancheria intima rossa, che faccio, non compro niente? E così tre bellissimi paia di calzini si aggiungono alla mia ormai sterminata collezione. Da Sugamo la linea Yamanote ci porterà direttamente a Ueno, che bello!!! Dopo una merenda con un dolcetto a forma di gattino al Lotteria, grandissimo bar di fianco alla stazione della Keisei Skyline, entriamo proprio in stazione per dare un’occhiata ai lockers: domani il nostro check out in albergo sarà alle 12, il volo però è in tarda serata, vorremmo approfittare delle ultime ore in città per vedere il più possibile, ovviamente senza bagagli ingombranti al seguito.
Una volta in hotel facciamo il check in per il volo ed usciamo a cena abbastanza tardi: molti dei ristoranti della zona, nostra preziosa risorsa per tutta la settimana, stanno chiudendo o funzionano solo come bar. Finisce che ci ritroviamo nel ristorante della prima sera, io assaggio il mio primo ramen e Francesco un piattone con vari tipi di pesce, tutto molto buono, finalmente.
12/07/2019 – Finale da incubo
Stamattina ultima colazione al fornetto: la chiamiamo così perché cerchiamo sempre di sederci davanti al forno a microonde per poter scaldare le nostre brioches senza doverci alzare di continuo. Con calma e tanta malinconia per l’imminente partenza prepariamo i bagagli, poi facciamo il check out. Tanto per cambiare piove, il k-way è ormai diventato la nostra divisa per questa vacanza.
Prima tappa Yamashiroya, grande negozio di giocattoli dove finalmente trovo uno squishy e altri regalini kawaii per mia nipote, poi alla stazione Keisei dove ai locker preferiamo il deposito bagagli gestito da due arzille signore. Il prezzo è di 900 yen per entrambi i bagagli, ottimo!
A questo punto prendiamo 2 linee metro per vedere il quartiere di SHIMAKITAZAWA, che la Lonely planet definisce quartiere hipster per eccellenza. Arrivati alla stazione di Yoyogi-uehara non siamo sicuri che il treno proceda fino alla nostra meta, visto che sulla cartina la linea è solo tratteggiata. Niente paura, chiediamo al posto di polizia: un solerte poliziotto prende uno stradario di Tokyo dello spessore di almeno 30 cm e, in un inglese molto approssimativo ci spiega come arrivare. Sul nostro cammino incrociamo anche una moschea, con tutti i fedeli in preghiera sui tappetini. La pioggia comincia a farsi insistente, questa volta in nostro aiuto nessun cartello ne’ anima viva, quindi decidiamo di invertire il senso di marcia e ci avviciniamo timidamente alla vetrina di un ufficio, al momento chiuso per la pausa pranzo. Un ragazzo ci vede e ci viene ad aprire, ci stampa da Google una mappa della zona, accompagnandoci anche fuori (sotto la pioggia) per spiegarci meglio quale direzione prendere. La gentilezza dei giapponesi ci lascia davvero senza parole.
Finalmente eccoci a Shimakitazawa, ma sarà la pioggia e la giornata grigia, però questo quartiere non ci piace neanche un po’, potevamo risparmiarci tutta la fatica fatta per trovarlo. Individuata la stazione della metro, prendiamo il primo treno per Shibuya, qui sì che c’è vita!
Dall’interno della stazione scatto varie foto dall’alto del famoso incrocio, oggi attraversato da una miriade di ombrelli trasparenti. Un saluto ad Hachiko poi, oltrepassate le strisce pedonali più cool del mondo, entriamo in un Mos burger per un panino ed un caffè. Finalmente ci imbattiamo in un negozio DAISO, dove acquistiamo tanti regalini da portare in Italia. Un occhio all’orologio ci avverte che è ora di tornare a Ueno. In un kombini compriamo 2 onigiri e da Lotteria un dolcetto a forma di panda da mangiare in aeroporto, poi ritiriamo i bagagli al deposito e sistemiamo gli acquisti all’interno. Col biglietto del Keisei Skyliner acquistato il giorno dell’arrivo ci dirigiamo ora verso i tornelli, incuranti di quello che ci aspetterà da qui a poco…
Già il fatto che il tornello non si apra dovrebbe insospettirci, invece no, in qualche modo riusciamo a passare e a salire sul treno che è già sul binario. Chiediamo se va a Narita e ci rispondono di sì, quindi ci sediamo. Ci accorgiamo subito che non si tratta del treno bello e nuovo con cui siamo arrivati una settimana fa, pazienza! Sono le 17.43 e per più di 2 ore staremo dentro a questo treno che ha sì come destinazione finale Narita, ma ci arriverà dopo ben 42 fermate!!! Man mano che il tempo passa il panico si impossessa di me, cavolo, non possiamo perdere il volo di ritorno! Sulla carta d’imbarco c’è scritto che il gate chiude alle 20.30, io devo imbarcare anche la valigia, aiuto!! Alla stazione di Narita, quando mancherebbe 1 fermata all’aeroporto, il treno si svuota, per fortuna mi affaccio sul binario, dove leggo come destinazione Ueno: stiamo tornando indietro!! In un attimo raccogliamo i bagagli e ci catapultiamo fuori, in tempo per intercettare un controllore che ci dice che il treno per l’aeroporto partirà dal binario 5 alle 19.55. Non ce la faremo mai, che disperazione! Alla fine tentiamo il tutto per tutto, ci fiondiamo fuori dalla stazione e corriamo verso i taxi. Siamo già a Narita, l’aeroporto non può essere troppo lontano. Io investo quasi il povero autista, urlandogli di sbrigarsi perché stiamo perdendo il volo e dobbiamo arrivare il più velocemente possibile al terminal 2. Mille sono i semafori rossi, non so più cosa pensare, non voglio guardare l’orologio per non sentirmi male. Finalmente eccoci al terminal, ci catapultiamo fuori dal taxi come due furie e corriamo dentro. L’aeroporto è quasi deserto, meno male, vediamo subito il desk della Emirates e ci fiondiamo lì. Scusandomi con tutti i passeggeri in fila chiedo di poter passare, quando arrivo davanti all’assistente di volo sono talmente nel panico che non riesco quasi a parlare: le dico di fare il più in fretta possibile, sembro una pazza furiosa, lo so. Lei mi rassicura subito dicendo che il gate chiuderà alle 21.30, ma vaffa…!!!!
Finalmente possiamo tirare un sospiro di sollievo, ma corriamo lo stesso verso il gate 60. Mangiamo in fretta e furia onigiri e dolcetto poi ci avviamo verso l’imbarco, dove una hostess tignosa rimanda indietro Francesco che non ha fatto il check-in del suo bagaglio a mano (all’andata non lo avevano richiesto). Altro dietro front e ritorno al desk dove l’assistente di volo simpatica ci accoglie con un sorriso e ci stampa anche le carte d’imbarco per lo scalo di Dubai.
E così, con qualche brivido finale di troppo si conclude il nostro primo viaggio in Oriente. Dire che ci siamo innamorati è poco, siamo stati letteralmente conquistati sia da questa città dai mille volti (quelli tradizionali i nostri preferiti) che dai suoi abitanti, sempre sorridenti e gentili in un modo a noi italiani sconosciuto.
A parte il blackout finale non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo; la metro, che prima di partire ci sembrava un intreccio malefico, si è rivelata facilissima da usare. Non abbiamo neanche avuto bisogno del pocket wifi, cavandocela con la segnaletica stradale davvero efficace e con l’handy smartphone dell’hotel che peraltro abbiamo usato pochissimo. Inutile consigliarvi di andare in Giappone, pare che tanti italiani vi accorrano numerosi, ritornando poi entusiasti e pieni di nostalgia come noi.