tierra incantada – andalusia

Quell'estate avevamo pensato di fare le ferie ancora una volta con i nostri amici perciò ci siamo attaccati a Internet per vedere le offerte di vacanze, poi la rosa si è ristretta sulla Spagna., Andalusia, e – detto fatto – siamo andati. Questa è la cronaca – a chi potesse servire – di questo viaggio fai da te con indicazioni che...
Scritto da: fiorella_fiore
tierra incantada - andalusia
Partenza il: 03/07/2005
Ritorno il: 13/07/2005
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Quell’estate avevamo pensato di fare le ferie ancora una volta con i nostri amici perciò ci siamo attaccati a Internet per vedere le offerte di vacanze, poi la rosa si è ristretta sulla Spagna., Andalusia, e – detto fatto – siamo andati.

Questa è la cronaca – a chi potesse servire – di questo viaggio fai da te con indicazioni che potrebbero essere utili, anche se ormai è datato, in quanto è del 2005 ed è stato piuttosto veloce dal 3 al 13 luglio.

Via Internet abbiamo prenotato i voli con Ryanair: partenza da Orio al Serio e arrivo a Siviglia, affitto della macchina con Hertz, poi Cordoba, Granada, Almeria e rientro da Valencia, il tutto al prezzo strepitoso di 83€ !!!! – con Alitalia e Iberia ce ne sarebbero voluti circa 400 …

3 luglio 2005 – Praticamente non siamo andati a letto: infatti alle 2,15 siamo partiti per l’aeroporto di Orio al Serio dove siamo arrivati verso le 5, abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio convenzionato con l’aeroporto e il solito pulmino ci ha trasportati al terminal, dove abbiamo fatto il check-in alla Ryanair e alle 6,45 siamo partiti con un Boing 737.

Siamo arrivati a Siviglia verso le 9,15 con circa 20 minuti di anticipo sull’orario previsto, abbiamo affittato una macchina – una Peugeot 307 sw rossa – e ci siamo avviati in città.

Dovevamo trovare l’albergo “Maestranza” in calle Gamazo prenotato tramite Internet, vicino a Plaza Nueva e in effetti l’abbiamo trovato subito.

In città la luce abbagliante e il caldo notevole ci hanno subito colpito poi, in hotel, la nostra impressione è stata ancora più forte. Si trattava di una casa antica con un bellissimo patio arredato con divani e mobili antichi e l’ingresso delle camere affacciava sul patio. Tutte le scale e il patio avevano ad un’altezza di circa 1 metro, 1 metro e mezzo, delle bellissime azulejos e le camere i tipici balconcini spagnoli che già avevamo a Burgos.

Lasciati i bagagli in albergo ci siamo subito recati a visitare la città e ci siamo diretti verso la Cattedrale e la Giralda.

Ci siamo avviati verso la Cattedrale – che è di dimensioni inusitate – e al cui ingresso alcune gitane mi hanno messo in mano un rametto di timo volendo leggermi la mano. Quando ho capito l’antifona ho restituito immediatamente il timo per evitare di farmi coinvolgere nella solita questua.

Dopo questo giro d’ispezione ci siamo fermati a pranzare in un bar di fronte alla cattedrale a mangiare.

Il caldo era veramente notevole, sui 36° circa, e malauguratamente abbiamo scelto un piatto a base di polentine calde col formaggio che per i primi tre o quattro bocconi erano molto buone ma poi fredde non erano più mangiabili. Pazienza… Abbiamo quindi cominciato la visita della Cattedrale dove mi ha colpita molto il monumento sepolcrale di Cristoforo Colombo e le dimensioni della cattedrale stessa, la più grande di Spagna! Questa cattedrale cattolica sorge sull’area della vecchia moschea. Nel 712 dopo la caduta del califfato di Cordoba, Siviglia diventerà la capitale dei Regni di Taifas e raggiungerà una grande prosperità sotto gli Almohadi. Un sultano di questa dinastia – Yacoub Al-Mansour – nel 1195 farà costruire la Giralda alla quale, con la Riconquista nel 1248 ad opera di Ferdinando III di Castiglia, saranno aggiunti simboli cristiani e la parte superiore sulla quale è stato posto poi un bronzo del ‘500 che rappresenta la Fede. Questo segnavento – giraldillo – ha dato il nome al campanile moresco.

Dopo aver ammirato la Cattedrale con notevoli opere quali il retablo, il presbiterio, la tomba di Colombo – monumento stupendo in cui quattro portatori recanti sul petto i simboli dei regni di Castiglia, Leon, Aragona e Navarra, portano a spalla il feretro del navigatore – le volte fiammeggianti alte 56 metri, ci avviamo alla Giralda e saliamo su: sono 96 metri! Ad ogni piano lo spettacolo sulla città e sulla cattedrale cambia, ed è sempre più bello. Sulla cima siamo veramente incantati e non facciamo che scattare foto o usare la cinepresa.

Usciamo per il Patio de los Naranjos (aranci) che è stupendo e ci ritroviamo per le strade con un calor della madonna: siamo sui 37-40 gradi e siamo stravolti. Qui, per difendersi dal caldo, alcune strade e piazze hanno innalzato dei gradevoli teloni che procurano un po’ d’ombra. Per fortuna è un caldo secco che non c’ammazza come a Genova.

Decidiamo perciò di salire sulle classiche carrozze che ci faranno visitare la città non a piedi e che ci procureranno un po’ di venticello.

Il cocchiere è un tipo simpatico che ci spiega i posti che vediamo. Percorriamo quindi questa bellissima città degli aranci, passando per tutti i monumenti principali, arriviamo alla Torre de Oro – splendida costruzione araba – che sorge sulle rive del Guadalquivir e dove soffia una favolosa arietta che ci ridà fiato, costeggiamo il Parque Maria Luisa nel quale ci inoltriamo e dove troviamo alberi stupendi, fiori profumati, fontane e frescura. La carrozza ci fa andare in Plaza de Espana dove tutte le province spagnole sono rappresentate in panchine dalle favolose azulejos.

Torniamo quindi in albergo che sorge nella zona della Maestranza, antico rione dove risalta anche la Plaza de Toros più grande e famosa dell’Andalusia, che vediamo dall’esterno ed è veramente imponente (contiene circa 25-30.000 spettatori), ci rinfreschiamo un po’ – siamo stravolti – facciamo un riposino minimo e poi cerchiamo un ristorante dove mangiare. Quello consigliato dal portiere è chiuso e anche gli altri intorno lo sono, essendo domenica, per cui ci infiliamo nel primo restaurante che ci ispira dove mangiamo un salmorilljo andaluso che non ci piace gran chè (zuppa fredda di verdura frullata, una specie di gazpacho) orata al forno, cerdo alla piastra (maiale) e non so cos’altro. Il cameriere ci aveva servito come antipasto qualcosa di buonissimo col pomodoro che poi scopriamo essere sanguinaccio… il conto è un po’ salato, ma pazienza.

Sono ormai le 23, passeggiamo un po’ per digerire e percorriamo il lungo fiume fino alla Torre de Oro, poi torniamo in hotel, distrutti. Dormiremo, come sempre qui in Spagna, con l’aria condizionata .

4 luglio – Appuntamento verso le 9 per fare colazione, troviamo un bar gradevole, io bevo spremuta d’arancia buonissima e cominciamo l’escursione. Che potevo bere in questa città degli aranci? Per prima cosa ci dirigiamo verso l’antica Juderia nel Barrio de Santa Cruz che è favoloso specialmente con le plazes de Dona Elvira, de los Venerables Sacerdotes, d’Alfaro, de Santa Cruz, de las Crucis che formano una cornice per le terrazze dei caffè e dei ristoranti.

Vicoletti, piazzette con panchine di azulejos e alberi di aranci profumatissimi e ombrosi, patii incantevoli, balconi, finestre, fiori stupendi, odor di gelsomino, agapanti. Le fotografie si sprecano. Abbiamo anche la fortuna di incontrare per strada un tizio che accompagna i turisti suonando la chitarra e che Mario riprende.

Andiamo poi alla Casa de Pilatos, costruita alla fine del XV secolo dal marchese don Fadrique de Tariffe che si sarebbe ispirato alla casa di Pilato a Gerusalemme. E’ un misto di stile mudéjar, rinascimentale e gotico fiammeggiante, con bellissimo patio che evoca un elegante palazzo arabo e magnifici rivestimenti di azulejos così come lo scalone interno che percorriamo.

Sono ormai circa le 14 per cui ritorniamo verso Santa Cruz dove pranziamo nella splendida piazzetta con panchine rivestite di azulejos e aranci ombrosi che rinfrescano l’aria, nel ristorante La Cueva in Plaza de Dona Elvira dove assaggiamo la nostra prima paella e la nostra prima sangrilla. Sono veramente notevoli, anche l’antipastino di gamberi ed avocado che gustiamo per ammazzare il tempo dell’attesa per la paella. E’ talmente caldo che i proprietari del ristorante hanno posto a fianco della porta d’ingresso un enorme ventilatore che spruzza acqua fredda e noi ci facciamo spruzzare ben bene.

Dopo mangiato torniamo in hotel per riposare un po’ e per ripararci dalla calura insopportabile ( ma non eravamo ancora stati a Cordoba…) Verso le 18 siamo di nuovi pronti per un’altra avventura e inoltrandoci nei violetti di Santa Cruz scopriamo la Casa de la Memoria, centro culturale, dove eseguono l’arte flamenco non turistico. Ci informiamo e prenotiamo subito i posti per la sera alle 21.

Continuamo il nostro giro, bevendo acqua a volontà per il caldo, e alle 8,20 siamo in coda per entrare: siamo tra i primi, visitiamo le stanze superiori che ospitano l’esposizione di quadri e arte mudejar veramente gradevole, poi torniamo d’abbasso. Finalmente ci fanno entrare in questo patio stupendo: tutt’intorno le sedie, al centro un palchetto di legno e tre sedie, di fronte al palchetto lanterne arabe e una grande coppa bassa d’ottone nella quale galleggiano fiori. Incantevole !! L’atmosfera è veramente da favola.

Ci omaggiano con dei ventagli per farci fresco durante lo spettacolo.

Arrivano gli interpreti: sono Isabel Lopez e Antonio Molina “Choro”, ballerini, e Jeromo Segua e Pedro Bernal chitarrista e cantante. Iniziano gli ultimi due: il chitarrista suona divinamente e il cantante ha una bella voce, piuttosto giovani. Sono bravi, anche quando battono le mani per dare il ritmo che accompagna il cantante, improvvisano arie e suoni.

Entrano poi la ballerina e, alternandosi, il ballerino. Sono molto concentrati nella loro parte, abbiamo capito che il flamenco è qualcosa che nasce dal di dentro, e ogni interprete segue il suo istinto ed esegue i passi che gli suggerisce il cuore e il cervello. Lei è bravissima ed ha costumi splendidi, lui è un gran bel figliolo davero bravo.

Lo spettacolo – notevole e condito da grandissimi applausi e da qualche olè dei presenti spagnoli – termina intorno alle 22 dopo di chè andiamo a mangiar tapas da Las Teresas, consigliato dalla guida Michelin. Ci sediamo nei tavoli all’aperto e iniziamo timidamente con qualche tapas: sono stupende! Allora ci lanciamo all’assalto: sangrilla, tapas, raciones di jamon serrano e vai! Torneremo in albergo tardi, sarà un’abitudine che acquisiremo in questo viaggio, cenando sempre molto tardi come tutti gli spagnoli.

5 luglio – Siviglia – Colazione al solito bar in Avenida de la Constitution e poi subito a visitare il Real Alcazar. Questo splendido palazzo è il risultato di varie fasi costruttive. Infatti, dell’antico alcazar (fortezza) almohade del XII secolo si conservano solamente il Patio del Yeso e gli archi fortificati che separano il Paio de la Monterai dal Patio del Leon, il resto è di epoca cristiana. Nel XIII secolo Alfonso X el Sabio fa elevare sui resti almohadi un palazzo oggi conosciuto come Salones de Carlos V e nel XIV sec. Pedro I el Cruel farà costruire il nucleo principale del complesso odierno. Il Palazzo di Pedro è un capolavoro dell’arte mudejar. Visitiamo incantati il Patio d’ingresso, il Patio de las Doncellas, stupendo per proporzioni e decorazioni in gesso, il Dormitorios de los Reyes Moros, due sale decorate da stucchi azzurri con magnifico soffitto a cassettoni, il Patio de las Munecas (cortile delle Bambole) con bella decorazione di stile granadino, el Salon des Embajadores con spendida cupola del 1427 dove sono rappresentati i 7 piani del cielo, tutta in legno intarsiato d’oro, il Patio del Yeso (gesso) che ha conservato caratteristiche dell’Alcazar Almohada del XII sec., le stanze di Carlo V, dove è avvenuto il suo matrimonio con Isabella del Portogallo e la sala del Principe, dove è nato suo figlio Filippo II. Per ultimo visitiamo la Sala degli Arazzi, splendida, e i giardini col – tra altre cose – laghetto di Mercurio, la galleria del grutesco del XVII sec., il cenador di Carlos V (la pergola), il labirinto e il giardino inglese. Fiori, alberi, fontane e giochi d’acqua sono stupendi. Usciamo dal Patio de Banderas dove ammiriamo il profilo della Giralda.

Terminata la visita andiamo a recuperare l’auto e ci rechiamo a Plaza de Espana che avevamo intravisto nel giro in carrozza e nonostante el calor cominciamo la visita agli archi del complesso creato nel XIX sec. Per l’esposizione mondiale del 1929, le panchine con le azulejos e siamo stravolti dal caldo.

Imperterriti ci dirigiamo verso l’altra sponda del Guadalquivir nel quartiere di Triana – che deve il suo nome all’Imperatore Traiano – per pranzare in un locale caratteristico sul fiume ma il caldo e i sensi unici – sono ormai le 15 – ci fanno fermare in un anonimo bar dove mangiamo però molto bene.

Rifocillati ci dirigiamo quindi a Cordoba, che raggiungiamo percorrendo una strada tra campi con splendidi panorami, luce accecante, calore insopportabile, estesissimi campi di grano e di girasoli ormai rinsecchiti che si estendono a perdita d’occhio. Comunque in tutta l’Andalusia, come già al nord in aprile, vi sono innumerevoli e profumatissimi eucalipti.

Abbiamo l’albergo prenotato via internet – il Maimonides – ma con i sensi unici non riusciamo a raggiungerlo, complici i divieti di imboccare alcune strade. Alla fine, dopo un’ora di vani tentativi, chiediamo aiuto alla polizia che ci dice di percorrere una strada in senso vietato! Infine raggiungiamo la piazza della Mezquita dove siamo proprio di fronte al nostro albergo. Scendo per vedere com’è la situazione e subito annaspo, non respiro, sono in apnea…Ma che è Cordoba, il buco del culo del mondo? Dove mai siamo capitati? All’inferno? Il termometro segna 44 gradi, non si respira, dall’asfalto si alza una nuvola di calore quasi insopportabile… riusciremo ad uscir vivi da ‘sta città? Cordoba, capitale della Betica, ha visto nascere Seneca, Lucano, Averroè e Maimonide , città storica notevolissima.E’ stata dapprima romana poi col califfato di Cordoba ha visto Abd al Rahman I Omayyade di Damasco, al Mansur ovvero il Vincitore, ministro di Hisham II (976). Il califfato di Al Andalus alla morte di quest’ultimo re fu spezzettato in tanti piccoli regni, i Reinos de Taifas. L’arabo Muhammad Ibn Rushd, conosciuto come Averroè (1126-1198) fu uno spirito universale: fisico, astrologo, matematico, medico e filosofo, grazie a lui l’Occidente scoprì Aristotele. Nella stessa epoca visse l’ebreo Maimonide (1135-1204) celebro medico, teologo e filosofo che per sfuggire alle persecuzioni visse in Marocco e in Egitto. Costui era un ebreo sefardita, la cui tribù arrivo nella penisola iberica insieme ai Fenici ed ai Greci e che nell’VIII sec. Accolsero con simpatia i musulmani.

La città fu riconquistata dai cristiani nel 1236 e con l’avvento di questi ebbe inizio l’impoverimento della stessa che ritrovò poi la sua prosperità solamente nel XVII secolo grazie alla lavorazione del cuoio.

Per la cronaca, dopo un periodo di serena convivenza i serfarditi furono osteggiati dai musulmani prima e dai cristiani dopo, che nel 1492 li espulsero dalla Spagna. Fra di essi la famiglia del filosofo Spinoza emigrata nelle Fiandre.

Parcheggiamo l’auto nel garage dell’hotel, prendiamo le valigie – ce ne hanno scassato una durante il volo – ed entriamo in albergo, che è favoloso, tutta una decorazione mudejar sullo stile della Mezquita con busto di Maimonide vicino all’ascensore, bellissimi arazzi alle pareti, mobili antichi, archi dipinti di bianco e rosso tipo Mezquita. L’aria condizionata ci da un minimo di sollievo: non oso pensare a quel che succederà quando usciremo.

Prendiamo possesso delle camere, che sono belle, ci rinfreschiamo, ci riposiamo un po’ e usciamo per la cena.

L’aria è irrespirabile: dal terreno sale un calore incredibile che ci penetra dappertutto. E’ quasi impossibile respirare.

Ci dirigiamo verso il ristorante El Caballero consigliato dalla guida e dotato di aria condizionata dove mangiamo discretamente bene, ma siamo troppo stanchi e accaldati per apprezzare.

Finita la cena loro decidono di gironzolare un po’ per la città, io decido di andare a letto, ma prima di farlo voglio circumnavigare la Mezquita, e mi accorgo facendolo di quanto siano enormi le sue dimensioni.

6 luglio – Cordoba – Facciamo una splendida colazione in hotel a base di frutta fresca e yogurt. Ciliegie e meloni sono buonissimi. In questi posti si sente veramente bisogno di frutta, verdure e acqua per sopravvivere.

Dopo colazione ci rechiamo alla Mezquita che apre alle 10 entrando dal giardino degli Aranci, splendido, dove ci si dedicava alle abluzioni rituali nella grande vasca di Al-Mansur.

La storia di questo edificio inizia con la costruzione della moschea sull’area dove sorgeva la basilica visigotica di San Vicente. Abd al Rahman (756-788) comprò dai cristiani la parte del loro edificio e nell’arco di un anno innalzò la splendida moschea a 11 navate, aperte sul cortile degli Aranci. Successivamente fu ingrandita da altri califfi che vi aggiunsero altre 8 navate.

Con la Reconquista all’interno della moschea fu costruita una cattedrale cristiana, in parte gotica in parte barocca, che non ha – per me – il fascino della moschea.

Iniziamo pertanto la visita di questo gioiello architettonico enorme e stupendo.

Usciamo nel Patio de Los Naranjos e ci sediamo sui gradini, fa caldo, è mezzogiorno, ammiriamo quel che resta del minareto inglobato in una torre barocca del XVII sec. Usciamo poi dalla Puerta del Perdon di stile mudejar del XIV sec., ricoperta di placche in bronzo minuziosamente lavorate.

A nord, nel muro esterno, è stato eretto un piccolo altare dedicato alla Virgen de los Faroles (Vergine delle Lanterne) che avevo visto illuminato la sera prima ed è molto bello.

Gironzoliamo poi per la Juderia, con i suoi violetti, negozi e piazzette Intanto sono più o meno le 14/14,30 e la fame si fa sentire per cui tornando sui nostri passi raggiungiamo un locale dove fanno tapas e ci accomodiamo.

E’ un locale carino, fresco, dove vendono bottiglie di buon vino, jamon e altre leccornie. Scegliamo delle ½ racions di acciughe marinate, buonissime, dei gamberetti in salsa rosa, delle polpette alla maniera araba il tutto condito da una gran caraffa di sangrilla nonché, come postre, fettine d’arancia condite con olio e cosparse di cannella veramente deliziose, che prenderemo poi anche alla sera. Ad un turista che lo chiede sento il camerire che gli risponde sul tempo: gli dice che quando fa proprio caldo il termometro arriva a 48-49 gradi!!! Mangiamo bene e spendiamo poco, dopo di che, soddisfatti, andiamo in hotel a riposare anche perché prima delle 18 qui è impossibile camminare, infatti in giro non si vede nessuno.

Alle 18 siamo fuori, belli freschi, si fa per dire, e cominciamo quindi a gironzolare per scovare luoghi caratteristici. Tra di essi la Casa Andalusi, in Calle Judios, vicino alla sinagoga che purtroppo è chiusa.

Questa casa andalusa, anche se ricostruita, è molto bella, con bel patio, begli arredamenti, la solita fontana dell’acqua che sa di fresco e, in cantina, resti di mosaici romani. Usciamo soddisfatti. Nel nostro girovagare scopriamo una deliziosa piazzetta dove si erge il monumento ad Averroè e uscendo dalle porte antiche dove sono collocate antiche vasche e fontane il monumento a Seneca.

7 luglio – Cordoba – Splendida colazione con frutta in albergo, poi prepariamo le valigie e ci avviamo verso l’Alcazar de los Reyes Cristianos.

La statua di Alfonso X el Sabio ci accoglie all’ingresso di questa fortezza degli Omayyadi della quale rimangono dei piacevolissimi patii, fontane, alcune sale dove sono conservati mosaici romani e un bellissimo sarcofago romano del III secolo. Dall’alto delle torri si hanno ampie vedute dei giardini che sono animati da una bellissima successione di fontane, giochi d’acqua, giardini a terrazze, fiori, gelsomini, agapanti e alberi di cipressi. In mezzo al giardino un grandioso monumento ritrae Cristoforo Colombo mentre spiega a Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona le sue teorie per la scoperta del Nuovo Mondo.

Abbiamo deciso di non fermarci oltre a Cordoba e di partire per Granada.

Il giorno prima, all’Ostello della Gioventù, eravamo entrati in Internet ed avevamo prenotato l’albergo, l’Abadia, che si dovrebbe trovare nel centro della città. Come al solito via internet – bookings – si hanno delle ottime facilitazioni negli alberghi.

Percorriamo quindi una strada tutta in mezzo a coltivazioni di ulivi che si estendono a perdita d’occhio, molto trafficata, sono circa 200 km., e verso le 13 decidiamo di fermarci per pranzare. Ci fermiamo a metà strada, nel villaggio di Alcaudete, troviamo una trattoria – ci dicono però di aver pazienza, la cucina apre alle 13,30 – dove gustiamo, verso le 14, 14,30, delle buonissime uova, patate fritte e pollo a la plancia nonché – dulcis in fundo – una gran fetta di sandìa che ci fa un gran piacere – e poi proseguendo e arrivando in città abbiamo una fortuna incredibile perché seguendo le indicazioni per l’albergo lo troviamo senza alcun sforzo.

La zona non è gran chè e l’albergo non ha neppure l’insegna, però vedendo le camere decidiamo di rimanere. Si trova in una casa antica con un bellissimo patio interno, le nostre camere sono all’ultimo piano, ammobiliate di nuovo, e tutto è stato recentemente ristrutturato ed è pulitissimo.

Il proprietario ci da alcune indicazioni su cosa fare e cosa trovare per cui, posate le valigie e armati dell’inseparabile macchina fotografica, cinepresa e bottiglie d’acqua iniziamo a conoscere Granada che acquisisce importanza nell’XI sec., quando il califfato di Cordoba viene smantellato dall’invasione degli Almoravidi e la città diventa capitale di un regno di Taifas. Dopo varie vicissitudini il 2 gennaio 1492 Granada viene riconquistata dai re cattolici ponendo fine a 781 anni di dominazione musulmana.

A Granada nacque – tra gli altri – Eugenia de Montijo che andò in sposa a Napoleone III. E qua vicino, a Fuentevaqueros vi è la casa di Federico Garcia Lorca, assassinato dai fascisti nel 1938.

In quegli anni in questi regni convivevano pacificamente le tre religioni musulmane, ebree e cattoliche, fu con l’avvento del cattolicesimo che cominciarono le persecuzioni contro ebrei e moriscos che culminarono con la definitiva cacciata di questi ultimi due popoli dalla Spagna. Si può dire senza ombra di smentita che l’islam si era mostrato molto più tollerante del cristianesimo verso le altre religioni, per non parlare poi dell’Inquisizione.

Seguendo le indicazioni dell’albergatore ci inerpichiamo all’Albayzin passando dalla Puerta de Elvira che costeggia questa splendida collina di fronte a quella dell’Alhambra, piena di viuzze carine, stradine fascinose e irte salite. Scopriremo poi che passando da Plaza Nueva avremmo visto uno spettacolo migliore. Peccato faccia un caldo boia. Stanchi e distrutti arriviamo al Mirador de San Nicolas, dove ci sediamo su una panchina e godiamo della bellissima vista sull’Alhambra. Purtroppo il contorno di gente che vi è – a parte i turisti – è poco raccomandabile per cui teniamo ben strette borse e macchine fotografiche. Ci spingiamo poi a visitare la parte gitana della collina, detta del Sacromonte, di fronte al Generalife. I sentieri che la percorrono serpeggiano tra boschetti di fichi d’India e conducono alle grotte dove una volta risiedevano i gitani. Qui le case d’abitazione o gli hostales sono detti carménes.

Seguendo la guida andiamo a cena in un ristorante con terrazza sull’Alhambra: la vista è mozzafiato, splendida davvero, e ammiriamo l’antica fortezza in tutte le sue luci fino al tramonto (circa le 22).

Ce ne torniamo quindi in albergo dopo aver preso l’autobus che ci riporta giù in città, e dopo aver passeggiato per la Gran Via de Colon e Plaza Nueva. Ammiriamo il Monastero di Santa Isabella la Real e la facciata della Cattedrale nonché le montagne della Sierra Nevada all’orizzonte.

8 luglio – Granada. Facciamo colazione in un bar simpatico vicino alla Iglesia de San Juan de Dios che non visitiamo, il barocco non ci dice molto. Andiamo poi a comprare frutta, pane e pizzette che mangeremo durante la visita dell’Alhambra.

Passando da un’edicola scopriamo gli attentati di Londra e ne rimaniamo inorriditi. Compriamo il quotidiano che leggeremo poi in coda in attesa di entrare alla fortezza.

La giornata si è improvvisamente guastata, siamo in balia degli eventi, tutti. La guerra all’Irak ci sta portando al disastro assoluto e il terrorismo, invece di diminuire è aumentato a dismisura.

Prendiamo il bus, n. 32, e siamo all’Alhambra, facciamo la nostra brava coda per entrare – 15 minuti – e intanto leggiamo le tremende notizie degli attentati – poi, armati di guida, entriamo.

La prima tappa è alla medina poi visitiamo i banuelos, splendidi bagni arabi con la volta piena di finestrelle a forma di stelle che danno luce alle stanze, indi percorriamo la strada che porta alla chiesa di Santa Maria, ci lasciamo sulla destra il Palazzo di Carlo V e dirigiamo verso l’Alcazaba, l’antica fortezza del XIII sec. Che è splendida, con le sue varie torri dalle quali godiamo di un panorama stupendo e della quale ammiriamo le sale. Dalla Torre de la Vela godiamo di un magnifico panorama sui palazzi, il Generalife, il Sacromonte, la città e la Sierra Nevada.

A mezzogiorno dobbiamo essere pronti per la visita prenotata dei Palazzi Nasridi.Entriamo pertanto nei Palacios Nazaries. La meraviglia e lo stupore non ci abbandoneranno più se non alla nostra uscita. Qui tutto è meraviglioso, spettacolare, grandioso, nel suo insieme bellissimo.

Il Mexuar, nel primo palazzo, è splendido. Qui aveva sede il governo e l’amministrazione giudiziaria. Le azulejos sono incomparabili. Proseguiamo per il patio del Cuarto Dorado, che nel suo muro a meridione ci mostra una sintesi dell’arte nasride con una composizione in pannelli che inquadrano le finestre in maniera incantevole e con una decorazione in stucco e ceramica eccezionale. Passiamo poi al Cortile dei Mirti nella cui vasca, circondata appunto da mirti, si riflette la torre merlata di Comares. Ci inoltriamo per la Sala della Barca – deformazione di Barakha che significa benedizione – e il Salone degli Ambasciatori, vastissimo ed incantevole. Questa sala era dedicata alle grandi udienze, è coperta da una magnifica cupola in legno di cedro e decorata con azulejos dai fantastici riflessi e rivestita da stucchi decorati con arabeschi, versetti del Corano ed elogi dei principi.

Abbandoniamo questo cortile e proseguiamo per il Cortile dei Leoni, fantastico, edificato da Mohammed V. Attorno all’antica fontana ornata da 12 splendidi leoni, una bellissima galleria piena di colonne mette in comunicazione le varie sale al cui interno di ciascuna si trova una vasca circolare marmorea nella quale gorgoglia acqua fresca che viene immessa da canalette poste nel pavimento. Gli arabi erano maestri nel costruire fontane e reti idriche che servivano sia per decorazione che per apporto d’acqua a campi coltivati.

In questo Paio dei Leoni siamo letteralmente senza fiato. Non riesco veramente a descrivere la bellezza che i miei occhi hanno visto. Peccato che non si possano scattare foto senza avere una marea di gente intorno.

Arriviamo infine alla Sala degli Abenceragi, coperta da una cupola favolosa a forma di stella ornata da mouquarnas: le teste degli Abecenraghi, giustiziati per ordine di Boabdil, sarebbero state ammucchiate nella vasca centrale che si dice sia diventata rossa da quel momento, ma si tratta solamente di ossido.

Ci dirigiamo alla Sala dei Re e poi a quella delle Due Sorelle che probabilmente era la residenza dei sultani. Questa sala deve il suo nome a due grandi lastre identiche di marmo poste sul pavimento.

Passiamo poi alla Sala de los Ajimeces e al Mirador de Lindaraja anch’esse finemente decorate.

Arriviamo alle stanze di Carlo V ed a quella dove soggiornò Washington Irving al quale si debbono i Tales of Granada.

Usciamo poi in un bellissimo patio in legno, voluto da Carlo V per isolarsi dal resto della corte insieme alla moglie Isabella e al delizioso giardino con fontana del ‘500 che segue.

Ancora emozionantissimi per ciò che abbiamo visto usciamo nei Jardines del Partal che scendono a terrazze verso la torre de las Damas, dal grazioso portico con artesonato, fatta costruire da Yusuf I agli inizi del XIV sec.

Sono circa le 14,30 per cui cerchiamo una panchina all’ombra e insieme a tanti altri turisti assaporiamo il fresco degli alberi e delle fontane e il canto degli uccelli mentre gustiamo pane e frutta e beviamo abbondante acqua.

Ci rechiamo quindi al Palazzo di Carlo V. Questo palazzo fu fatto costruire dall’imperatore nel 1526 per consacrare la potenza cristiana rispetto a quella musulmana. La pianta esterna è un perfetto quadrato in stile rinascimentale, la parte interna disegna una pianta circolare su due piani sostenuta da due ordini di colonne: il quadrato come elemento di potenza, e il cerchio come elemento di spiritualità.

Ci incamminiamo poi verso i giadini del Generalife col suo palazzo fatto costruire come residenza di campagna dai re narsidi. Il nome Generalife ha diversi significati, il più romantico è Yannat al Arif che significa “giardino sublime del paradiso” e un altro, forse più appropriato, “orto de alarife” (orto voluto dall’architetto). La sua costruzione fu iniziata nel XIII sec. E portata avanti fino alla cacciata dei mori nel 1492.

E’ un susseguirsi di giardini, frutteti, vasche d’acqua, fontane, patii, colori e profumi stupendi. In un viale vi sono delle splendide panchine all’ombra per cui, dopo essermi ben bagnata con gli spruzzi di una fontana favolosa, mi stendo su una panchina dove per circa mezz’oretta noi quattro ci riposiamo un po’. Riposati e rinfrescati continuiamo la visita, incantevole, fino alla “Scala dell’acqua” eccezionale capolavoro di ingegneria idraulica in quanto la posizione del Generalife è alta sulla città e far arrivare l’acqua fin qua non era affatto facile. Questa semplice scala, contornata da alberi e fiori, e in special modo alberi di alloro, è coronata ai due lati dei corrimani da canalette d’acqua freschissima che scorre impetuosamente e nella quale immergiamo le braccia e ci rinfreschiamo viso, collo e gambe salendo la scalinata che culmina in un bellissimo viale fiorito di rododendri.

Usciamo, sono circa le 20, e ci rechiamo a zonzo per la città dove scopriamo il Mercato Arabo che è delizioso e andiamo a cena in una fantastica piazza colma di aranci e melograni: è una delle piazze più famose di Granada, lo scopriremo leggendo la guida, la Bib-Rambla, dove assaporiamo una buona insalata tropicale e jamon serrano con melone. Questa città di notte s’accende, infatti oltre all’illuminazione normale è tutta decorata con arabeschi colorati fluorescenti bellissimi.

Segue la solita passeggiata pro-digestione e poi a letto, intorno alle 24 come al solito. D’altra parte Granada è molto fresca al mattino e alla sera, probabilmente risente dei venti che vengono giù dalla Sierra Nevada, per cui è un piacere passeggiare quando spira un fresco venticello.

9 luglio – Granada – Colazione al solito bar, dove sono gentilissimi, poi ci dirigiamo alla Cappella Reale che apre alle 10 come del resto tutti i negozi e monumenti qua in Spagna. Davanti alla Cappella Real c’è già gente, poi aprono ed entriamo. Questa cappella è stata costruita per i re cattolici tra il 1506 e il 1521, infatti Carlo V volle fare un omaggio ai genitori ed ai nonni materni. Dire che sono affascinata è limitato. Ci rechiamo poi a visitare le sale attigue dove troviamo la corona di Isabella, la spada di Ferdinando, un quadro di Botticelli, uno del Perugino e diversi fiamminghi.

Usciamo da questo splendido monumento, la cattedrale purtroppo è chiusa per restauro meno la cappella dove s’era svolto il matrimonio la sera precedente e che avevamo già visto, per cui compriamo pane e frutta e iniziamo il viaggio verso Almeria.

Percorriamo l’autostrada, autovia, che ci porterà a sud, tutta costeggiata da uliveti, aranceti e altre coltivazioni a perdita d’occhio. Ci fermiamo per strada, sotto un albero per avere ombra, e consumiamo il nostro pasto – pizzette, albaricoques, platano (banane) e altra frutta – al quale segue il solito caffè in una stazione di sosta dove notiamo in esposizione due bottiglie di vino che hanno l’effige di Franco sull’etichetta. (sic) Riprendiamo il nostro viaggio e arriviamo velocemente ad Almeria, col suo Alcazar e i suoi grandi viali profumati pieni di fontane. Ma noi non abbiamo voglia di mondanità, per cui l’abbandoniamo e ci dirigiamo verso San Josè, piccolo villaggio sul mare dove Alberto era stato tre anni or sono.

Passiamo attraverso vari villaggi dai nomi incredibili, Ruesca, Boca de los Frailes, Pozo de Los Frailes, Albaricoques e finalmente siamo a San Josè, che è carino, anche se un po’ costruito da quando vi era stato Alberto, adagiato sul mare dal degradare delle colline.

Abbiamo attraversato un paesaggio desertico, dove le colline sono dune arse dal sole e non vi è vegetazione se non fiori di agave e bassi cespugli. Abbiamo infatti intravvisto in autostrada il villaggio western fatto costruire da Sergio Leone per i suoi films. Non ci meraviglia affatto che quei luoghi possano essere scambiati per il Messico. Anche le case sembrano pueblos bianchissimi. D’altra parte siamo nella zona di Tabernas, l’unico deserto esistente in Europa.

Non ci avevamo fatto caso, ma è sabato, e gli alberghi sono tutti pieni per il week-end. Per fortuna troviamo alloggio nell’ hostal “Agades”, carino, pulito e con piscina, per cui siamo tranquilli.

Venendo fin qui avevamo notato i manifesti di una corrida a San Isidro e gli uomini vorrebbero andare. Dopo un po’ di titubanza da parte di noi donne riprendiamo l’auto e ci dirigiamo a San Isidro dove c’è la plaza de toros. Acquistiamo i biglietti (30 €!!!!!) e prendiamo posto in pieno sole, anche so ormai sono le 18 e la corrida inizierà alle 18,30. Quando chiediamo quanto durerà ci rispondono che dipende dal toro…Meno male che abbiamo i sombreros e acqua nello zaino e che avevamo mangiato un po’ di frutta prima di salire in auto. Gli spagnoli sono incredibili: arrivano sugli spalti con borse frigo, prosciutti interi, forme di pane enormi, bibite, sangrilla… mangeranno per tutto lo spettacolo. La corrida comincia e si presentano i toreri e un caballero – fantastico – su un cavallo eccezionale. Per fortuna il vicino di Mario gli dà qualche ragguaglio su come si svolgono le corride e lui poi ci passa le informazioni. Il cavaliere inizia a toreare sul cavallo, ed è bravissimo nonché fichissimo, però a me fa pena il toro, e quando lo colpiscono mi giro dall’altra parte, così come quando gli danno la stoccata finale. Insomma, noi due ragazze facciamo tifo per la bestia.

Uscendo il vicino di Mario gli regala un cappello e poi ci dice che è il proprietario del ristorante El Emigrante di San Josè.

Presa l’auto ed arrivati in paese ci rechiamo quindi a cena lì, e sono più o meno le 22… mangiamo discretamente pesce e frutta, poi passeggiamo per il paese che ha un sacco di bancarelle hippyes sul lungomare e dove noi donne facciamo acquisti e poi a letto, sempre alle 24 o alla una.

10 luglio – San Josè Facciamo colazione in un bar poi ci rechiamo alla Plaja de los Genoveses, bellissima e poi a quella di Monsul, altrettanto bella. Siamo nel cuore del Parque Natural de Cabo de Gata e la natura è veramente stupenda. Anche queste spiagge di ghiaietta finissima bianca contornate da alberi sono fantastiche. Facciamo un bel bagno e poi, per non scottarci troppo, verso le 13 veniamo via e ci cerchiamo un ristorante El Ancla, l’ancora, dove mangiamo veramente bene del buon polpo a la gallega, triglie fritte e vongole al verde. Il tutto innaffiato da una buona sangrilla.

Verso le 15,30 siamo in albergo e andiamo tutti a dormire.

Io mi alzerò verso le 18 – avevamo proprio bisogno di un po’ di relax – e faccio un bel bagno in piscina. Qui, anche se caldo, vi è un venticello fresco per cui non si soffre affatto il sole. Splendido! La luce è abbagliante e l’aria profumatissima.

Verso le 20, ritemprati dal riposo pomeridiano, passeggiata sul lungomare e verso le 22 – ormai le nostre abitudini sono spagnole – mettiamo i piedi sotto il tavolo in un ristorantino fronte mare dove scopriamo che il proprietario è di Finale Ligure, che il cuoco è genovese, che uno dei camerieri è di Torino e l’altro sempre italiano, che una delle figlie del proprietario serve anche lei a tavola e che un cameriere simpaticissimo tutto rasato con codino sulla sommità del capo è l’unico spagnolo. Sono tutti simpaticissimi e mangiamo anche molto bene, un delizioso prosciutto serrano con uno splendido melone e gli uomini una buonissima pizza che assaggiamo.

Torniamo all’hostal – non prima di aver fatto una bella passeggiata – che più o meno è l’una e poi dormiamo saporitamente.

11 luglio – Viaggio alla scoperta delle spiagge e dei luoghi.

Bellissimo posto, San Josè e questa costa splendida. Luce, colori, profumi sono incredibili. E poi la pace, il silenzio, il canto degli uccelli. La nostra anima si rasserena davvero.

Dopo colazione decidiamo di recarci alla Plaja de los Muertos dove arriviamo con un fantastico sole. Questa spiaggia è nel pieno della riserva naturale e occorre scendere un sentiero tra le rocce che degradano verso il mare. Sembra di essere ad Acaba, tra le dune bianche, inframmezzate da qualche cespuglio basso e irsuto. Ci hanno detto che sono circa 6-700 metri di sentiero e che non ci vorrà più di un quarto d’ora. Ci incamminiamo.

Arriviamo sulla spiaggia. Fantastica, le sue rocce corrose dal vento sono incredibilmente belle e la spiaggia è enorme e di ghiaia bianca finissima. Prendiamo posto – e ce n’è in abbondanza – poi ci divertiamo a farci bagnare dal mare che è piuttosto mosso. Là in fondo vi sono i naturisti. Peccato per la parte sinistra dove si intravedere quel che sembra una cementifera o fabbrica di carbone: lì finisce il parco e ne hanno subito approfittato…Disgraziati!!!! Anche se non sembra, essendoci vento, il sole è molto forte, per cui verso le 13 ce ne andiamo e ci inerpichiamo su per il sentiero per raggiungere il posteggio.

Decidiamo di andare a mangiare a La Isleta del Moro che mi aveva consigliato Alberto.E’ un posto incantevole, una roccia scura sul mare e un piccolo villaggio bianco di pescatori aggrappato alle rocce, il tutto contornato da palme, fiori di agave enormi, alberi di fichi ed eucalipti, una favola.La trattoria è sul mare, una sala è destinata ad un gruppo che arriverà tra non molto, sono le 14 e devono ancora apparecchiare la tavola… ci dicono di andare a fare un giretto per ingannare l’attesa! Alle 14,30 stiamo letteralmente morendo di fame… Ci sediamo a tavola e per sopravvivere in attesa della paella con maresco prendiamo l’immancabile insalata e poi il cameriere ci porta sardine alla piastra deliziose.

La paella è favolosa, buona la sangrilla. Siamo anche golosi, per cui dopo la paella divoriamo calamari alla piastra e buonissimi chipirones – calamaretti piccolissimi – fritti che sono una vera delizia. Ci scoliamo due litri di sangrilla e poi trangugiamo dell’ottimo melone.

Sono le 16 quando ci allontaniamo dalla trattoria in cerca di ombra per posteggiare la macchina e farci un pisolino, cosa che faremo, anche se le mosche ci danno poca tregua.

Andiamo poi alla Plaja de San Miguel de Cabo de Gata, che è lunghissima e bianca ma che non ci affascina gran chè e rimaniamo sulla spiaggia fino alle 20,30 raccontando cazzate.

Riprendiamo la macchina e ritorniamo nella trattoria italiana dove mangeremo ancora bene. 12 luglio – Purtroppo oggi lasciamo San Josè per andare a Valencia dove dobbiamo prendere l’aereo per tornare a casa.

Facciamo colazione e poi ci rechiamo alle informazioni turistiche per cercare via internet un albergo che troviamo. E’ il Gran Valencia 5 stelle che offre camere a 69 € invece di 250! Prenotiamo immediatamente.

Ci rechiamo quindi ad acquistare frutta e pane e cominciamo il viaggio di risalita via autostrada. Percorriamo grandi dune-colline dalla vegetazione araba, seguiamo strade che non hanno gallerie – sono scavate a trincea – infatti in 500 kilometri incontriamo solo due gallerie molto lunghe – percorriamo la Costa Blanca, diamo un’occhiata dall’alto a Murcia e Alicante, intravediamo gli scempi edilizi del Benidorm, paghiamo l’unico ticket autostradale di questo viaggio (12 €) ed arriviamo finalmente a Valencia verso le 17.

Viste le condizioni della nostra scassatissima valigia, prima rendiamo valida la prenotazione e poi entriamo (stiamo aspettando che Ryanair ci rimborsi).

E’ un albergo fichissimo, le nostre camere sono al 18° piano con vista incredibile sulla città, piscina sul tetto al 24° piano, colazione con vista al 14°. Le stanze poi sono fantastiche. Lasciamo i bagagli e usciamo.

Col metrò andiamo subito nel centro storico e visitiamo la zona della Cattedrale, molto bella, El Miguelete, campanile con campana della cattedrale su un minareto del XIV sec., la Plaza de la Reina, il Palau de la Generalitat, la Torres de Quart del XV sec., la Lonja dei Mercanti (loggia) con splendida sala e bel patio con aranci. E poi calles caratteristiche, quella de los Caballeros, il Mercato central, tutto in art decò del 1928, la Plaza Virgin de la Paz con grande fontana, Plaza Redonda – rotonda, particolarissima –Plaza del Ayuntamiento – splendida, che ammiriamo illuminata – grandi viali – come l’Avenida San Vicente el Martir dove verso le 22 mangiamo delle buonissime e sfiziose tapas.

Nella cattedrale abbiamo anche ammirato – si fa per dire – la mano e il braccio mozzato di San Vicente Ferrer… Di corsa a letto, poi, riprendendo il metrò che in quattro fermate ci riporta all’hotel.

13 luglio – Partenza! Purtroppo oggi si torna a casa. Facciamo una buonissima colazione con frutta, yogurt e dolcini al 14° piano dove ci servono camerieri dal gilet rosso e grembiulone fino ai piedi nero, poi andiamo al 24° piano ad ammirare il panorama. Valencia è molto estesa, si trova infatti in una pianura incredibile che sfocia al mare, ha strade enormi, 4 corsie per ogni senso di marcia, grandi viali e giardini ma le nuove costruzioni abbondano ed il cemento sta divorando la campagna… e’ anche sede dell’America’s Cup 2005 e infatti in città e al porto vi è un gran fermento.

Raccattiamo le valigie e partiamo per l’aeroporto.

Ci imbarchiamo e arriviamo a Orio al Serio in perfetto orario.



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