Tierra de fuego y de pasion

9 giorni in giro per l'Andalusia
Scritto da: Max Canal
tierra de fuego y de pasion
Partenza il: 18/08/2010
Ritorno il: 26/08/2010
Viaggiatori: 20
Spesa: 2000 €
Finalmente arriva il viaggio di agosto, atteso con ansia per mesi, come rituale di ogni anno! Quest’anno niente Paesi nordici – nonostante sarebbero un bel refrigerio dalla calda estate siciliana – ma tutto il contrario: l’Andalusia, la regione più a sud della Spagna e dell’Europa continentale, tierra de fuego y de calor, specialmente ad agosto!! Questo viaggio poi l’ho aspettato molto anche perché avrei potuto far pratica con lo spagnolo, che ho imparato con un corso intensivo fai-da-te a base di serie tv viste su internet! Carichissimi, partiamo il 18 agosto da Enna, raggiungiamo con dei pulmini a noleggio l’aeroporto di Catania, e lì do il mio arrivederci alla Sicilia con un fantastico arancino alla norma. Facciamo scalo a Malpensa, e nel pomeriggio eccoci a Malaga. L’aeroporto è collegato da un ponte pedonale di vetro alla stazione ferroviaria; il tempo di fare i biglietti con il display touch screen e saliamo a bordo del nostro treno, che in pochi minuti ci porta alla stazione Maria Zambrano, terminal AVE (alta velocidad espanola): in Spagna l’alta velocità arriva fino alla punta sud del Paese, notiamo, mentre in Italia, chissà perché.., si ferma a Napoli. L’hotel è il Barcelò Malaga, un modernissimo 4 stelle proprio accanto alla stazione (che, dimenticavo, ha dentro un grande centro commerciale), caratterizzato da un’architettura contemporanea sorprendente: c’è anche un toboga che permette di scivolare dal primo piano alla reception, molto divertente! E’ tempo di Feria a Malaga, e si vede: negozi chiusi, confusione, cattivi odori nelle vie del centro, ma la città è comunque graziosa, con una Cattedrale imponente e una grande via pedonale molto piacevole e ben curata, Calle Larios, che per la Feria è parata a festa, ed è coperta, come molte vie andaluse in estate, da grandi teli bianchi. Ceniamo in un ristorantino chic in una traversa di Calle Larios, dove assaggiamo le prime delizie spagnole: io scopro il mitico flamenquin (un involtino fritto con ripieno di prosciutto, formaggio, o in altre varianti anche funghi o carne tritata), mentre altri del gruppo prendono il famoso pulpo a la gallega o assortimenti di prosciutto (jamon serrano). Verso mezzanotte, su un’affollatissima navetta, ci spostiamo al villaggio della Feria, con giostre, ruota panoramica, chioschetti ecc. Peccato che si mette a piovere! Dall’Andalusia non ci aspettavamo proprio che piovesse ad agosto! L’indomani, giorno 19, prendiamo le auto che avevamo noleggiato via internet e che ci vengono consegnate davanti all’hotel e ci avviamo verso Granada, a meno di due ore di autostrada. Granada è stupenda, un sogno fatto di palazzi arabi, vicoli stretti, case bianche, con lo sfondo della Sierra Nevada, le più alte montagne di Spagna! Di sera ceniamo in un locale di tapas molto famoso in Calle Elvira, ma ciò che mi strega letteralmente sono le teterias, cioè le sale da tè arabe, di Calle de la Caldereria (una traversa di Calle Elvira), dei localini stupendi, con un’atmosfera orientale incredibile, meglio di stare in Marocco! Il proprietario di una di questi, un signore barbuto, mi scrive il mio nome in arabo con un pennarello sull’avambraccio: un ricordo bellissimo, svanito purtroppo in pochi giorni! Che peccato non essere entrati in una teteria: è il rimorso maggiore di questo viaggio, ma anche il maggior motivo per tornare presto a Granada! L’indomani, 20 agosto, si va alla scoperta della città: di mattina, partendo da plaza Nueva percorro il bellissimo lungofiume con vista sulla sovrastante Alhambra, e mi perdo tra i vicoletti in salita sul lato sinistro della strada: un labirinto da sogno! Mi imbatto in un vicolo cieco strettissimo con un corridoio di legno sospeso che collega due case, vago tra piazzette silenziose e senza tempo, e pian piano salgo, addentrandomi nel quartiere dell’Albaicin, fino al mirador de San Nicolas, dove per caso incontro mia cugina Barbara, anche lei sola, e ci facciamo delle foto con la bellissima vista su Alhambra e Sierra Nevada. Una anziana signora vendeva nacchere proprio su una panchina del mirador, e decido di comprarne un paio: siccome le parlavo spagnolo, la signora mi ha spiegato tre tecniche per suonarle, facendomi ripetere i movimenti per vedere se imparavo, e alla fine si è messa a cantare una tipica canzone di flamenco, e io le facevo da accompagnamento con le nacchere! Queste sono le esperienze uniche ed emozionanti che rendono ogni viaggio un pezzo insostituibile della nostra vita! La vita è fatta innanzi tutto di emozioni, solo in secondo luogo di materia, e sono le piccole sorprese che i viaggi ci riservano a farcelo capire! Interagire con la gente del posto significa portarsi dentro quella terra, e io l’Andalusia la porto ancora nel mio cuore per questo. Ci lasciamo incantare ancora dalle stupende piazzette di Granada, in una delle quali pranziamo (io prendo una buonissima paella), con il gorgoglio di una deliziosa fontanella come unico rumore di sottofondo. Di pomeriggio visitiamo l’Alhambra, la reggia dei califfi di Granada, esempio supremo di architettura araba in Europa. L’Andalusia, finora, ci ha dato la sensazione di essere a casa: sarà il clima caldo, la gente amichevole e l’architettura araba, tutti tratti in comune con la Sicilia, ma ci sentiamo davvero “di famiglia” qui! Un bel bagno nella piscina dell’hotel, e un’altra giornata andalusa vola via. Prossima meta: Algeciras, città di mare sullo stretto di Gibilterra, base di appoggio per visitare la punta sud d’Europa. Troviamo Gibilterra piuttosto carina, specialmente per l’effetto che fanno i bidoncini con scritto “bitter”, i lampioncini neri all’inglese con cascate di petunie, quell’atmosfera so British (si attraversa a piedi la frontiera, e da lì in poi entri nel Regno Unito!), ma per colpa della Feria locale è tutto chiuso. In compenso interagisco di nuovo con la gente del posto, anche stavolta per caso: è bastato chiedere la direzione per l’Europa Point a una signora seduta su una panchina, e poi, parlando parlando, mi ha raccontato che lei, come gran parte degli abitanti di Gibilterra, è di origine inglese, ma vive qui da tante generazioni, e infatti abbiamo chiacchierato in spagnolo. Riusciamo a bloccare il bus che va all’Europa Point (alcuni del gruppo erano rimasti indietro), e dentro facciamo amicizia con una signora (unica passeggera oltre a noi), questa inglese doc, che ci prende in simpatia e ci spiega dove scendere e tutto il resto. L’Europa Point è un posto suggestivo, la punta d’Europa, e infatti si vede, oltre le mitiche Colonne d’Ercole, il Marocco, con le sue luci. Una suggestiva moschea e un faro rendono l’atmosfera magica… Assaporiamo il vento dell’Africa a pieni polmoni, con la luna piena… Meraviglia! Purtroppo l’escursione di un giorno in Marocco, a Tangeri (mezz’ora di traghetto da Tarifa o Algeciras) è fallita perché abbiamo saputo troppo tardi che ci voleva il passaporto ed alcuni di noi non l’avevano. Fa buio, non c’è più nessuno, chiamiamo i taxi e per un bel quarto d’ora viviamo l’angoscia che non arrivino: sarà meglio farcela a piedi? ma no, siamo lontani, le strade sono deserte e poco illuminate! sì però se restiamo qui? Alla fine, con un grande respiro di sollievo arrivano i taxi: siamo salvi! Ceniamo in un ristorante sulla spiaggia, dove hanno acquari con dentro le aragoste che si muovono, ed altre specialità “vive”: il conto, prevedibilmente, si rivela salato proprio come l’acqua in cui si muovevano le aragoste, da 30 a 50 euro a persona in base a ciò che si è preso. In compenso, pesce freschissimo, che più fresco non si può! Domenica di mare a Conil de la Frontera, spiaggia stupenda, una parete rocciosa, sabbia finissima e l’Oceano Atlantico, sempre spumeggiante. Pomeriggio tra i vicoli marocchini di Tarifa, lembo sud d’Europa, dalla affascinate atmosfera araba. Emozionante raggiungere la rotonda dei due mari, sul ponte che porta all’isoletta di Tarifa, dove una targa sulla sinistra riporta: “Mar Mediterraneo”, ed una sulla destra: “Oceano Atlantico”. E’ qui che si incontrano i due mari, un luogo unico dove mi sono impersonato nei navigatori del passato: ad est l’Europa, tutto quello che conosciamo, la nostra civiltà, casa; a ovest l’oceano, immenso, infinito, burrascoso, e oltre, l’ignoto: quanto avrei voluto vivere ai tempi di Colombo! Me lo vedevo già, con le sue tre caravelle, transitare proprio su quelle acque, davanti a me, dove passò effettivamente, più di 500 anni fa, con le spalle rivolte alla patria lontana, e lo sguardo aperto verso l’ignoto. Qui passò anche Ulisse, e trovarsi in questo posto così speciale, battuti dal vento incessante di Tarifa, è stupendo! Finita la fase “mistica” (!), torniamo in centro dove notiamo un ragazzo appostato in un enorme scatolo di cartone, con dei buchi per occhi e braccia: quando passa qualcuno, lui esce le mani fuori e grida per farlo spaventare! Divertente, vero? Ci pensiamo noi! Con Alessandra, simpatica compagna di viaggio, decidiamo di fargli uno scherzo: così ci allontaniamo, e torniamo dopo un po’; Ale è armata di un contenitore spray pieno di acqua, e non appena passiamo davanti al tipo, e lui grida e si dimena per farci spaventare, spruff!, gli diamo una bella rinfrescata! Che ridere! Poverino non se l’aspettava, e ci dice basito: “que es? agua de colonia?”. Fantastico! Cena con paella che non mi sembrava tanto gustosa; così, seguendo il consiglio di un’altra compagna di viaggio, la signora Maria, aggiungo il limone e diventa buonissima: provatelo! Ecco, ci aspetta Siviglia: che dire, una città bella quanto afosa, con una cattedrale gotica spettacolare per via soprattutto del suo campanile-minareto (la Giralda), le bellissime viuzze del barrio Santa Cruz, il lungofiume, la Torre de Oro… Ma andiamo con ordine! Tappa in hotel (Barcelò Renacimiento, un 5 stelle che si fa perdonare la posizione a 3 km dal centro con camere enormi e una bella piscina che con questo caldo ci vuole da morire), poi, lasciati i bagagli e rinfrescati, serata a tapear (un verbo curioso che significa “andare di bar in bar a mangiar tapas”: esprime bene la cultura andalusa!). Il giorno dopo, 24 agosto, visitiamo meglio Siviglia, sia i pittoreschi scorci del centro storico, che i refrigeranti negozi di Calle Sierpes e Calle Tetuan (qualche puntatina da Zara, visto che si è in Spagna, non guasta certo!). Pomeriggio in piscina (siamo sui 42° C…), e serata di flamenco in un locale consigliatoci da un cameriere palermitano che avevamo conosciuto a pranzo: è a ingresso libero, quindi non avevamo molte aspettative, ma la ballerona (sì, un po’ sovrappeso) si è rivelata bravissima e ci ha infuso il ritmo del flamenco nelle vene! Tanto che, appena usciti, ci siamo messi a improvvisare per strada battendo le mani al ritmo passionale e caliente di questa bellissima tierra andalusa! Così mi metto in testa di comprare le scarpe da flamenco, quelle che fanno tanto rumore e che mi piacciono tanto: è catartico il flamenco, liberatorio, ti permette di buttare fuori tutta la rabbia e la passione che hai dentro… Ma per pietà della signora del piano di sotto, rinvio l’acquisto a quando vivrò in una villetta isolata! 25 agosto, ultimo giorno a Siviglia (per ora! abbiamo già prenotato un weekend a novembre con il volo Ryanair Palermo-Siviglia): intenso, inolvidable, cioè indimenticabile. Un’esperienza che consiglio a tutti sono i Bagni Arabi: non è la stessa cosa degli Hammam che ci sono da noi! Quello dove siamo stati, nel barrio Santa Cruz, si trovava in un palazzo con un bellissimo patio andaluso; l’arredamento è in purissimo stile arabo, ogni dettaglio profuma d’Oriente. Optiamo per la soluzione aromaterapia-massaggio-vasche, per un totale di 1 ora e mezza (con 15 minuti di massaggio) a 32 euro a persona. Vale davvero la pena! Per prima cosa ci mettiamo in costume e ci diamo una sciacquata negli spogliatoi, poi comincia il percorso dei sensi: scendiamo per delle scale avvolte nella penombra, illuminate solo da piccole candele che fanno tanta atmosfera (peccato solo che senza le lentine si arranca un po’!). Quindi ci ritroviamo in una sala da tè, cui torneremo all’uscita. Le assistenti ci guidano alle docce e poi si entra nella sala per i massaggi: penombra ancora più intensa, aromi particolari, candele, musica araba di sottofondo. La massaggiatrice (o il massaggiatore) ti guida verso il tuo lettino e per 15 minuti ti porta fuori dal tempo, un’esperienza quasi mistica, totalmente rilassante! Per quel quarto d’ora riesci a non pensare, a svuotare la mente, a non contare il tempo, vivi come sospeso in una bolla magica dove gli unici protagonisti sono i sensi… Usciamo rigenerati e andiamo nelle vasche: si parte dal tepidarium, con acqua “tiepida” a 36 gradi, una grande vasca con un bellissimo lampadario di legno in stile arabo a dominarla, sempre in una magica penombra, con musica in sottofondo. Poi si passa alla vasca calda, il calidarium, con 42 gradi, e infine nella minuscola vasca fredda (poco più di 10 gradi… Brrr!). Proviamo anche la vasca idromassaggio ma troviamo incantevole quella ad acqua salata, dove hai la sensazione che il peso del tuo corpo si annulli, ti appoggi in un angolo e lasci le braccia galleggiare a pelo d’acqua… Fantastico! Grazie a mio cugino Enrico per la scelta di questi Bagni Arabi! Sfuggiamo all’afa andalusa rifugiandoci da Starbucks (nella sola Siviglia ce ne sono 3, in tutta l’Italia neanche uno), dove indugiamo a lungo tra le mitiche cheesecakes che mi ricordano tanto Londra, osservando la gente che passeggia per strada (tutti turisti: che coraggio, girare alle 3 del pomeriggio, ad agosto, e a Siviglia!). Purtroppo il relax dura poco: è l’ultima sera a Siviglia, restano un sacco di cose da fare: si corre! Avevo fatto mettere da parte alcuni vestiti da Zara: sarà una corsa contro il tempo prendere il taxi per tornare in hotel, lavarmi, cambiarmi, poi prendere il taxi per Calle Tetuan, pagare i vestiti da Zara e prendere un altro taxi fino al locale di flamenco di stasera, la Casa de la Memoria, sempre a Santa Cruz. Nel delirio, tuttavia, trovo il tempo di chiacchierare con il terzo tassista, che mi mostra le telecamere poste agli ingressi del centro storico, spiegandomi che le auto che restano in centro più di 45 minuti vengono multate. Si lamenta un po’, ma io rispondo che è molto meglio avere un centro storico pedonale così come lo hanno a Siviglia (e un po’ in tutta Europa): nelle nostre grandi città, Palermo, Catania, Messina, le vie pedonali sono pochissime, e centri storici bellissimi come quelli siciliani sono rovinati dalla presenza delle automobili. Raggiungo al flamenco i miei che mi aspettavano già lì: lo spettacolo si svolge in un tipico patio andaluso, si paga 15 euro, bellissimo, ma personalmente mi aspettavo un po’ di più di come coinvolgimento emotivo. Per carità, i ballerini sono bravissimi, ma la ballerona di ieri sera mi ha trasmesso di più quella passione, quella forza viscerale che scuote la terra come un sisma, quel sangue bollente nelle vene che significa per me il baile flamenco. Vibrare e far vibrare il cuore di chi ti guarda, è flamenco. A Barcellona, qualche anno fa, avevamo visto uno spettacolo di alto livello con decine di ballerine e ballerini (e il biglietto era sui 40 euro), ma forse ti trasmette di più il locale dove c’è una sola ballerina (o ballerona!) che si esibisce a mezzo metro dal tuo tavolo, col rischio di caderti addosso (con il suo peso non indifferente!) a ognuna delle sue complicate e ammalianti mosse. In quel tipo di locale non c’è filtro tra te e chi si esibisce: siete tu e il flamenco, punto. E’ un terremoto di emozioni, un uragano di passione che ti travolge in pieno lasciandoti senza fiato. E’ “arte flamenco”!Non sono stato affatto breve come mi ero ripromesso (e non ho menzionato Cadiz, graziosa ma sporca, né Ronda, bellissima); ma cosa posso farci, è così, ogni viaggio è un pezzo di vita speciale, è una bibbia di emozioni, ricordi, immagini, momenti magici che porterai sempre nel cuore… Ogni viaggio è un tuffo nella vita, specialmente per noi occidentali, schiavi del giogo quotidiano casa-lavoro-lavoro-casa, schiavi del tempo, dello spazio, del denaro, schiavi della nostra vita… Specialmente per noi, il viaggio significa spezzare le catene che ci legano, significa ribellarsi a questo assurdo stile di vita che minaccia di trasformarci in automi… Significa tuffarsi in un mondo magico, in una dimensione parallela fatta dei tuoi sogni, dove potrai sempre tornare con la mente, a raccogliere emozioni, ricordi, sorrisi, mentre intorno a te è tutto un delirio. Il tuo angolo segreto di paradiso!


    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche