The Botswana Adventure

In viaggio nella terra degli elefanti
Scritto da: mariapaola79
the botswana adventure
Partenza il: 13/07/2019
Ritorno il: 29/07/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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L’Africa è una terra magica, ricca di suggestioni e all’interno di questo continente quello in Botswana è considerato il viaggio dei viaggi. Situato nel cuore dell’africa meridionale, il Botswana offre una natura incontaminata e selvaggia. Botswana è da sempre sinonimo di animali in libertà, primi fra tutti gli elefanti. Confina a nord e a ovest con la Namibia, a est con lo Zimbabwe e a sud con il Sudafrica.

A differenza di altre nazioni africane il Botswana, fin dall’indipendenza nel 1966, è riuscito ad avere una buona stabilità politica ed economica. Alla base dell’economia troviamo i diamanti, pensate che ad Orapa si trova una delle miniere più grandi al mondo.

Ma il Botswana è noto a livello internazionale soprattutto per il suo patrimonio naturale. Gran parte del territorio è protetto e la creazione dei parchi è stata incentivata dal governo allo scopo di preservarne lo straordinario ecosistema ed anche per trasformare il Botswana in una meta esclusiva, favorendo principalmente gli operatori turistici di altissimo livello e le attività a scarso impatto ambientale.

Gran parte del Botswana è arido o semi-arido, motivo per cui risulta scarsamente popolato ma pur molto povero di acque il Botswana possiede alcuni bacini lacustri che vengono alimentati stagionalmente dal fiume Okavango. Durante il periodo di piena l’Okavango forma un complesso intreccio di canali e isolotti che richiamano una quantità infinita di animali tra cui ippopotami, coccodrilli, leoni, leopardi, aquile ed elefanti. Quando il fiume è in piena, raggiunge i 22.000 km ed è considerato il delta più grande del mondo. Erano anni che sognavo un viaggio in Botswana e forte delle precedenti esperienze di self drive in Sudafrica e Namibia volevo replicare la stessa formula.

Da subito però sono emerse alcune grandi questioni.

  • In primis, il costo. Il Botswana sembrava avere costi astronomici. Ho contattato diverse agenzie, sia in Italia che direttamente in loco ed ho confrontato diversi preventivi. Niente da fare, il costo totale a persona, senza tenere conto del volo internazionale, era semplicemente inavvicinabile. E visto che mi piace essere concreta per darvi un’idea si parlava di circa €4.500/€ 5.000 a persona!
  • Strade insidiose e non solo per il terreno sconnesso su cui avevamo già fatto ampia pratica in Namibia. Piste di sabbia, in alcuni punti parecchio profonda, strade talvolta allagate o interrotte, mancanza di segnaletica…Da quanto emergeva dai diversi forum trovati in rete, guidare sulle strade del Botswana era una faccenda per veri esperti e soprattutto non era consigliabile a chi, come noi, aveva solo due settimane di tempo e un sacco di km da percorrere. Bisognava infatti tenere conto di eventuali imprevisti come insabbiamento, scoppio di pneumatici ect… che in certi contesti sono all’ordine del giorno.
  • La nostra estate è alta stagione e molti campeggi/lodge sono al completo già da gennaio/febbraio. Inoltre, i tempi di risposta da parte dei vari parchi e riserve sono molto lunghi, sempre se vi rispondono. In pratica eravamo già fuori tempo massimo per una corretta organizzazione. Non volevo rinunciare al mio sogno africano e si sa, chi la dura, alla fine la vince.

La soluzione mi viene proposta dalla stessa agenzia a cui mi ero rivolta per il viaggio in Namibia, sotto forma di un viaggio di gruppo in campo tendato mobile. Ovviamente questo andava contro il mio desiderio iniziale di esplorare questo paese in totale autonomia e libertà ma abbracciava la formula di alloggio in tenda che avevo ipotizzato essere ottimale per assaporare appieno la natura selvaggia e ancora incontaminata del Botswana. Premetto che non avevo mai dormito in tenda e il campeggio è quanto di più lontano alla mia idea di vacanza ma avevo voglia di sperimentare qualcosa di nuovo e seppur con tutti i dubbi del caso ho iniziato a valutare seriamente l’alternativa proposta dall’ agenzia.

Non ci saremmo dovuti preoccupare di nulla. Lo staff sarebbe stato formato da tre persone: un autista più due aiutanti che avrebbe pensato a montare e smontare il campo, cucinare e lavare i piatti. Ovviamente avremmo potuto dare una mano ma non era richiesta la nostra partecipazione attiva, a differenza di programmi offerti da altre agenzie. Il gruppo poteva arrivare ad un massimo di 16 persone, altra nota positiva visto che i gruppi numerosi proprio non fanno per me e saremmo stati di nazionalità mista, avendo escluso le partenze con l’accompagnatore parlante italiano. L’itinerario era interessante, non solo toccava tutti i must di un viaggio in Botswana come il Delta dell’Okavango, il Parco Chobe e la Riserva Moremi; includeva anche zone meno note come la Tuli Game Reserve e si estendeva fino alla Cascate Vittoria, in Zimbawe, che al terzo viaggio nel sud dell’Africa era tempo di visitare.

L’unica nota dolente erano i km che avremmo dovuto macinare (più di 3.500 km). Il viaggio sarebbe iniziato e terminato a Johannesburg, in Sudafrica. Questo permetteva di abbassare drasticamente i costi, rendendo il Botswana un viaggio accessibile anche a chi ha uno stipendio normale. Tra vari ripensamenti e preventivi sempre più stellari ci siamo convinti che la proposta della Xenia Viaggi fosse quella vincente.

E cosi il 13 luglio alle 15,30 partiamo da Bologna su un volo Emirates diretto a Johannesburg.

Volando con Emirates facciamo ovviamente scalo a Dubai, un aeroporto su cui siamo già transitati parecchie volte. In questa occasione avremo anche l’onore di dormire in aeroporto e non su di un scomodo seggiolino di plastica. A causa di una importante differenza tra l’operativo volo inizialmente quotato e quello confermato, l’agenzia ci ha gentilmente omaggiato una notte nel Dubai International Hotel. Ci attendeva uno scalo di ben 9 ore e senza l’appoggio della camera sarebbe stata un’attesa sfiancante.

Ripartiamo il 14 luglio alle 10,05 della mattina per arrivare finalmente a destinazione alle 16,25 ora locale.

Siamo in Sudafrica, che ancora una volta ci ha accolto con un grande sorriso. Non appena metto piede a terra la stanchezza del viaggio e soprattutto lo stress accumulato evaporano come una bolla di sapone, lasciando il posto alla sana adrenalina da scoperta. Ora si che mi sento finalmente in vacanza. Spazzo via dalla mente tutte le ansie e incazzature lavorative che mi hanno tormentato nell’ultimo periodo e faccio posto alle emozioni e gioie che l’Africa ha in serbo per me. Sento che sarà un’avventura degna di questo nome. Il cellulare è ancora in modalità aereo e decido di lasciarlo così per tutta la durata della vacanza. A questo giro voglio connettermi solo alla natura, tutto il resto può aspettare.

A Johannesburg ci attende una lunga coda al controllo passaporti. Perdiamo più di un’ora e quando siamo finalmente fuori dall’aeroporto noto con stupore che è già buio. Qui in Sudafrica è inverno e avevo dimenticato che alle 18,00 è già buio pesto. Troviamo senza troppo difficoltà lo shuttle gratuito dell’Hotel. Pernottiamo al Peermont Metcourt Suites, dove avevamo già alloggiato qualche anno fa alla fine del viaggio in Sudafrica. Grazie alla sua vicinanza con l’aeroporto è la soluzione ottimale per chi a Johannesburg è solo in transito.

L’Hotel fa parte di un complesso molto più grosso, l’Emperors Palace, con all’interno cinema, ristoranti e mega casinò. Rifiniture e abbellimenti vari ricordano una piccola Las Vegas in miniatura. Non amo molto questo genere di spazi e certe trovate kitsch (come la riproduzione del David di Michelangelo) ma ammetto che l’Emperor Palace ha il suo fascino e vi permetterà di trascorrere una piacevole serata. Noi, nel rispetto dei vecchi ricordi di viaggio, ceniamo da Braza. Si rivela nuovamente un ottimo ristorante, in particolare per la carne. Attenzione che le foto sul menu sono ingannevoli, le porzioni sono in realtà giganti. Il personale è gentile e cordiale e il conto super competitivo. (ordiniamo beef espetadas, pollo arrosto in salsa piri piri, fegatini di pollo, 3 birre medie. totale con mancia 500 rand, pari a 32€)

Ordiniamo due castle ghiacciate e brindiamo all’inizio di questa nuova avventura.

Lunedi 15 luglio

La sveglia suona alle 6,00. Facciamo colazione, raccogliamo le nostre cose e ci presentiamo in reception dove incontriamo lo staff della Kikobo e il resto del gruppo formato da altre 8 persone di nazionalità mista, c’è addirittura un australiano. (Valentina e Joris, una coppia di novelli sposi con cui stringeremo una bella amicizia, Ornello di Monza, Michelle francese & Sara inglese con i figli Sam e Ben, e Peter direttamente dalla lontana Australia). In totale siamo in 10 e questo ci permette di avere sul track che useremo per gli spostamenti principali spazio in abbondanza, tenendo conto che è omologato al trasporto di 16 persone.

Oggi ci aspetta un lunghissimo viaggio. 600km per uscire dal Sudafrica e attraversare la provincia del Limpopo per raggiungere il Khama Rhino Sanctuary, prima tappa del nostro itinerario. Il Khama Rhino Sanctuary si estende per oltre 40 chilometri quadrati nel Kalahari Sandveld e venne fondato nel 1992 allo scopo di fornire un habitat importante per la conservazione dei rinoceronti bianchi e neri, a rischio estinzione. L’area è popolata da diversi animali selvatici, tra cui si contano 230 specie diverse di uccelli.

Per fortuna le strade sono in buono stato ma 600 km tutti filati sono uno sproposito. Il mio sguardo corre fuori dal finestrino e si muove nei vasti spazi africani; quella terra rossa e il cielo senza nuvole, un paesaggio ormai famigliare e rassicurante. È uno dei rari luoghi al mondo dove riesco a non pensare, semplicemente assaporo la bellezza di quello che ho di fronte, svuoto la mente e mi sento libera. Sono di nuovo in Africa e non potrei essere più appagata. La mia anima è straripante di gioia.

Ci fermiamo in un supermercato per acquistare acqua e qualcosa da mangiare per il pranzo. Sarà un pranzo veloce consumato nella piazzola di un’area di servizio. L’idea è cercare di arrivare al Camp prima delle 16,00 per avere la possibilità di partecipare ad un game drive all’interno della riserva. Purtroppo, al confine impieghiamo più tempo del previsto. Oggi ci sono molte persone e la coda che si è formata è lentissima. Capiamo ben presto che per il game drive dovremo attendere l’indomani. Ottenuto un primo timbro sul passaporto che attesta la nostra uscita dal Sudafrica, dobbiamo attraversare il confine a piedi e veniamo sottoposti ad una strana quanto dubbia sanificazione delle scarpe. La procedura mi lascia alquanto perplessa ma dobbiamo assecordarla senza fare domande, cosi ci ha istruito lo staff della Kiboko. Quando attraversate la frontiera “just waves and smile”…( salutate con la mano e sorridete). In pratica, allo scopo di prevenire la diffusione di possibili malattie che potrebbero essere letali per gli animali della riserva, dobbiamo passare le suole delle scarpe sopra uno zerbino imbevuto di disinfettante. Quel tappetino è talmente indecente che più che prevenire un possibile contagio a me sembra un potente veicolo di distruzione di massa. Anche il truck deve ovviamente sottoporsi ad un processo di sanificazione della ruote e ci raggiungerà ad un secondo posto di blocco, dove otteniamo il nostro timbro di ingresso in Botswana.

L’euforia del momento viene presto smorzata non appena ci comunicano che mancano ancora 100 km prima di raggiungere la riserva dove campeggeremo per la notte. Come spesso mi capita sui mezzi di trasporto entro un loop di micro pisoli da cui è impossibile svegliarsi del tutto. Il resto della giornata scivola via tra una buca e un sobbalzo mentre il mio corpo piomba in uno stato catatonico.

Arriviamo al Khama Rhino Sanctuary che sta quasi facendo buio, come accennavo in questo periodo dell’anno in Sudafrica il sole cala alle 18,00 e non appena sparisce oltre la sottile linea dell’orizzonte calano le tenebre. In Africa il buio è veramente nero come la pece, motivo per cui senza torcia frontale la vita in campeggio sarebbe stata assai complicata. Ho preparato il borsone in fretta e furia la sera prima della partenza ma la torcia frontale è stato uno dei primi oggetti che ho spuntato sulla lista delle cose da portare.

Mi sento totalmente rintronata e mentre cerco di uscire dal torpore che mi ha inghiottito durante le ultime ore di viaggio, lo staff della Kikobo con una rapidità ed efficienza mai vista prima monta le tende, accende il fuoco e predispongono tutto il necessario per la cena. Sono impressionata e penso che forse la scelta di questa tipologia di viaggio non è stata poi cosi sbagliata. Dopo cena ci sediamo attorno al fuoco che diventerà la nostra televisioneper le prossime due settimane.

Ad ogni partecipante l’organizzione fornisce un lettino da campo, materassino e sacco a pelo. Ricordavo la forte escurisione termica tra il giorno e la notte ma nei precedenti viaggi avevo smepre dormito tra quattro mura. In tenda la situazione è un tantino diversa. La prima notte faccio molta fatica ad addormentarmi ma già dal giorno successivo mi sento perfettamente a mio agio in ogni singolo aspetto che la vita da campeggio comporta.

Martedi 16 luglio

Alle 5,00 suona implacabile la sveglia, è ancora buio pesto e il risveglio è dei più duri che ricordi, forse perché ho preso sonno da poche ore. Come da regolamento del camp dobbiamo impacchettare i nostri sacco a pelo e lasciarli fuori dalla tenda assieme a lettini e borsoni. Sarà premura dello staff smontare la tenda. Abbiamo giusto il tempo di un caffè al volo, rigorosamente attorno al fuoco per scaldarci e uscire dal torpore della notte, prima che il 4×4 della riserva venga a recuperarci per iniziare il game drive mattutino. Di fatto il nostro primo game drive della vacanza. Fa un freddo esagerato e rimpiango tutti gli strati che ho lasciato a casa pensando fossero superflui. I primi 3 quarti d’ora trascorrono senza nessun avvistamento ed è ancora talmente buio che nemmeno mi scomodo a tirar fuori la reflex dallo zaino. Anzi, mi raggomitolo su me stessa cercando di farmi piccola piccola nel tentativo di disperdere meno calore possibile. Non appena le prime fioche luci del mattino iniziano a rivelare il bush che ci circonda li vediamo, una famiglia al completo di rinoceronti: mamma, papà e il piccolino impegnati a fare colazione che non ci degnano nemmeno di uno sguardo. Ora si che è tempo di scattare. Attendo paziente che almeno uno dei membri della vorace famigliola sollevi il capo dal cespuglio che stanno avidamente divorando per un’inquadratura decente ma la luce è ancora molto debole. Emozionati per questo primo avvistamento rimaniamo ancora qualche minuto ad osservare questi imponenti animali per poi proseguire il giro. A questo punto torpore, freddo, sonno…è tutto sparito. Con sguardo vigile e attento (o almeno così mi sembra) scansiono l’ambiente attorno a me, mentre le mie dita pronte e reattive all’azione, stringono forte la reflex adagiata sulle ginocchia. Incrociamo degli impala, degli gnu e tre dolcissime giraffe.

Il vero obiettivo di questo game drive erano i rinoceronti che abbiamo avvistato senza grosse difficoltà. La nostra guida dice che la mattina è più difficile avvicinarli e avendone trovati 3 siamo molto fortunati. Credo lo dica a tutti i gruppi come a sottolineare la sua bravura come driver (ed ottenere una mancia più generosa) ma poco importa quale sia la verità. Siamo più che soddisfatti di questo inizio giornata.

Ora ci attende un altro lungo trasferimento verso Maun. Come ieri tutte queste ore sedute sul truck si rivelano essere sfiancanti. Credo mi sarei stancata meno se avessi percorso gli stessi km a piedi. A Maun ci sono diversi stock exchange e ne approfittiamo per cambiare un pò di soldi in pula, al valuta locale. Proseguiamo poi per l’Audi Camp, un grazioso campeggio con spaziose piazzole equipaggiate di zona barbeque. I bagni in comune sono puliti e dotati di acqua caldissima. Ne approfittimao subito perchè i giorni successivi ci dovremo un pò arrangiare.

Trascorriamo un’altra piacevole serata attorno al fuoco. Siamo tutti emozionati per l’indomani, entreremo nella Moremi Game Reserve dove pernotteremo 2 notti nel bush, ci attende un campeggio più spartano ma più autentico.

Mercoledi 17 luglio

Due jeep 4×4 della compagnia Delta Sure Safaris, con cui collabora Kiboko, ci vengono a prelevare. Lasciamo i bagagli sul truck che rimarrà parcheggiato presso l’Audi Camp e partiamo con uno zainetto a testa che contiene il minimo indispensabile per i prossimi due giorni. Presso il camp a Moremi non avremo elettricità per cui ho approfittato della notte per caricare la batteria dalla macchina fotografica (comprese quelle di scorta). Reflex e obiettivi vari saranno gli unici oggetti di cui avrò davvero necessità a Moremi. Mi sto piano piano rendendo conto di quante cose inutili e superflue sono abituata a portarmi appresso quando sono in giro. E dire che il borsone che ho preparato per questo viaggio pensavo fosse già ridotto all’osso ma grazie al trasferimento a Moremi realizzo che si può fare ancora di meglio. Entriamo al South gate e ci spostiamo verso l’area Khwai, dove verrà allestito il nostro camp. È una zona del parco fantastica, proprio a ridosso del fiume, popolato da ippopotami e alligatori. Veniamo intimati a non allontanarci per nessun motivo dal campo, soprattutto di notte. Se avessimo il bisogno impellente di andare in bagno possiamo farlo ma sempre muniti di torcia e facendo bene attenzione a cosa c’è in giro. E se durante la notte, sentissimo dei rumori strani, non siamo autorizzati ad uscire per nessun motivo dalle nostre tende. Io di rumori sospetti durante le due notti a Moremi ne ho sentiti davvero tanti ma non mi sono mai sentita in pericolo, tutt’altro. Un contatto cosi diretto ed intimo con la natura era esattamente quello che cercavo e sono grata a tutto los staff per avermi fatto vivere questa esperienza facendomi sempre sentire a mio agio e protetta. Pranziamo nel campo, sempre allestito in tempo zero e con una facilità che mi lascia tutte le volte di stucco. Nel tempo in cui io apro una banale seggiola da campo, Promise ha già montato una tenda!

Nel pomeriggio ci attende il primo game drive ufficiale a Moremi, anche se arrivando al campo abbiamo già avvistato decine e decine di elefanti, giraffe e zebre.

Ecco il Botswana che mi aspettavo, con la sua natura che ci regala continuamente nuove emozioni e già so che una volta a casa sentirò il bisogno di ritornare il prima possibile.

Trascorriamo una piacevole serata attorno al fuoco, appagati dall’ottima cucina di Bryan che oltre ad essere un eccellente cuoco si rivela essere anche un grande intrattenitore. Ci racconta diversi aneddoti frutto della sua lunga esperienza in questo settore e non perde occasione per metterci in guardia da eventuali pericoli. Siamo in un camp senza recinzioni dove gli animali sono liberi di muoversi e di cacciare, in particolare la notte. Per evitare ospiti indesiderati ci chiedono di non tenere cibo nelle tende, nemmeno eventuali snack che potremmo avere con noi. Le iene in particolare sono attirate da tutto ciò che è commestibile. È sempre una buona norma tenere la cerniera dell’ingresso della tenda chiusa, al fine di evitare che animali come serpenti o scorpioni di introducano senza che ce ne accorgiamo. Tutte queste precauzioni mi sembravano esagerate finchè non ho visto un pitone lungo quasi 2 metri a poca distanza dal nostro camp e quando, di notte. mentre cercavo un angolino da utilizzare come bagno mi sono ritrovata faccia a faccia con un Honey Badger una specie di grosso tasso che mi soffiava irritato. È ovvio che molti racconti ci vengono riportati per creare la giusta suspense che una situazione come questa richiede ma non sono stati di certo inventati e un black mamba è davvero entrato in una tenda lasciata distrattamente aperta da un ospite!

Giovedi 18 luglio

Finalmente oggi niente spostamenti, ci godiamo un’intera giornata a Moremi. La giornata inizia prima del sorgere del sole, ci prepariamo per il nostro game drive mattutino. Un caffè per svegliarci e partiamo tutti imbacuccati a bordo nei 4×4, nemmeno dovessimo andare in esplorazione dei ghiacciai dell’artico. Le jeep sono aperte e l’aria la mattina taglia letteralmente la faccia. Finché non escono i primi delicati raggi del sole non c’è verso di scaldarsi.

Ci dirigiamo subito all’albero dove ieri avevamo trovato i resti della cena di un leopardo e come B-Beta, la nostra guida, aveva ipotizzato lo troviamo appisolato di fianco a quel poco che resta della sua preda. È un animale meraviglioso. È semi nascosto dalle foglie ma B-Beta con abili manovre riesce a regalarci una prospettiva eccezionale. Il rumore del motore sveglia il leopardo che alza la testa e controlla dall’alto del ramo su cui è appollaiato che sia tutto ok prima di chiudere nuovamente gli occhi. Scatto a raffica per non perdermi nemmeno un fotogramma, sono al mio quarto safari ma questo è il primo leopardo che riesco a vedere cosi distintamente. Siamo ancora frastornati da questo avvistamento quando, spostandoci verso un’area diversa, ci imbattiamo in un magnifico leone maschio. È seduto placido a bordo strada e non sembra disturbato dal nostro arrivo. Sembra quasi posare per noi come un gattone ma non appena apre le fauci il suo ruggito lacera il silenzio e ci riporta alla realtà; è talmente potente che sento quasi il terreno vibrare. Ora è chiaro chi comanda. B-Beta ci spiega che è un richiamo per le leonesse ma non significa che siano nei paraggi. Il ruggito del leone può essere udito anche a 7 km di distanza e B-Beta sostiene che al momento il suo richiamo non ha ricevuto alcuna risposta. Deve esser davvero cosi perché ad un certo punto il leone si alza ed inizia a venire fiero verso di noi. Cammina lungo il fianco della jeep con la grazia e indifferenza tipica dei felini. Se avessi allungato la mano avrei potuto accarezzarlo. Vi ricordo che la vettura è aperta su tutti e quattro i lati. Solo talmente emozionata che non so più cosa fare: è meglio un video o continuo con le foto? E così finisce che non faccio né l’uno né l’altro e rimango come ipnotizzata ad osservare il leone che, criniera al vento, sparisce nel bush. Sembrava una star di Hollywood che sfila sul red carpet. Sono solo mancati gli applausi finali perché ci è stato intimato di non fare nessun rumore e secondo me eravamo tutti talmente rapiti dalla scena che ci siano fin dimenticati di respirare per diversi secondi.

Torniamo esaltati al camp per il brunch a base di uova, pancetta, fagioli e salsicce. Ci credete se vi dico che nel frattempo Bryan ha perfino cotto del pane dolce con uvetta?

Nel pomeriggio ci attende un nuovo game drive. B-Beta è bravissimo e sono sempre più convinta che i driver sono dotati di una vista che nemmeno i super eroi possono vantare. Riesce a vedere e classificare animali che per me sono solo un puntino nero all’orizzonte e con lo stesso binocolo faccio fatica a distinguere. È persino riuscito a determinare dal movimento di due piume che un’aquila, per me lontana anni luce, stava mangiando un serpente. E cosi, effettivamente, era.

Il pomeriggio è la volta degli elefanti. Un nutrito branco con tanto di piccolini si stanno avvicinando ad una pozza d’acqua. Non riesco a distogliere lo sguardo da uno dei cuccioli le cui grosse orecchie sventolano all’aria come due bandiere. È evidente che rispetto a quelle degli adulti sono ancora molto sottili e morbide e sembra proprio l’elefantino della Walt Disney in procinto di spiccare il volo. Rimaniamo a lungo ad osservare questi enormi pachidermi mentre B-Beta ci fornisce interessanti informazioni sulle loro abitudini e cicli di vita. Con le zampe immerse nel fango usano la proboscide come una gigantesca cannuccia. Sono così vicini che possiamo percepire il loro odore e udire distintamente l’aspirare delle proboscidi nell’acqua torbida. Quando si ritengono idratati a sufficiente, in una ordinata fila indiana lasciano la pozza d’acqua. È tempo anche per noi di rientrare al camp.

Sulla via del ritorno non mancano ovviamente incontri ravvicinati con zebre, giraffe, gnu, impala e tanti altri animaletti cornuti (non vuole essere un’offesa) di cui ancora confondo i nomi: steenbok, waterbuck, puku, bushbuck, kudu, lechwe

Tornati al camp troviamo Bryan intento a preparare una delle sue succulente cenette.

Prima di partire cercavo di immaginarmi come sarebbe stata la vita in campeggio e vi confesso che ero abbastanza preoccupata, soprattutto quando pensavo alla delicata questione del bagno. In realtà mi sono adattata da subito e anche se ci sono state giornate in cui ho rinunciato a docciarmi non mi è mancata nessuna comodità che un hotel mi potesse offrire. Si trova sempre un modo alternativo per arrangiarsi e non avrei mai pensato di mangiare così bene.

Mentre ceniamo la nostra attenzione viene catturata da forti rumori proveniente dal fiume che scorre a poca distanza dalle tende. Ci muoviamo cauti nell’oscurità finché la luce bianca della torcia elettrica illumina le sagome di 3 enormi montagne che giocano nell’acqua a pochi metri da noi. I loro barriti rompono il silenzio della notte e per un attimo ci fanno trasalire. Rimaniamo in silenzio a goderci quello spettacolo.

Dopo cena, ci sediamo attorno al fuoco per scaldarci e spronati dai numerosi avvistamenti della giornata ci facciamo coraggio e affrontiamo un argomento un tantino spinoso. Chiediamo maggiori dettagli sulla legge approvata qualche giorno prima della nostra partenza sulla riapertura della caccia agli elefanti in Botswana. A quanto pare sono così numerosi che stanno diventando un problema per la sicurezza dei villaggi e delle coltivazioni. Gli elefanti stanno al Botswana come i cinghiali stanno al nostro appennino. È un tema controverso e non è questo il luogo per affrontarlo ma non vi sarà difficile immaginare che agli occhi di una europea, venuta in africa per un safari, l’approvazione di questa legge è tanto sconveniente quanto crudele.

Venerdi 19 luglio

Se amate stare a letto fino a tardi il safari non fa per voi. Anche oggi la sveglia suona senza sconti alle 5,00. Dobbiamo impacchettare le nostre cose e liberare le tende che verranno smontate dallo staff e caricate sul rimorchio in modo da partire non appena fosse finito il nostro game drive, l’ultimo foto safari a Moremi sempre nella zona del Khwai. Torniamo a Maun, dove alle 15,00 ci attende una delle esperienze più entusiasmanti del nostro viaggio in Botswana: il volo panoramico sul Delta dell’Okavango.

Passiamo dall’agenzia con cui abbiamo prenotato il volo per il pagamento e l’emissione dei biglietti. Si trova proprio di fronte all’ingresso dell’aeroporto di Maun, dove con i nostri preziosi biglietti in mano dobbiamo sottoporci alle normali procedure di controllo, esattamente come se stessimo per prendere un volo di linea.

Mi sembra tutto così strano.

A meno che non abbiate una paura folle dei velivoli molto piccoli questa attività è imperdibile. Io non ero mai salita su un Cessna prima e quando l’ho visto da vicino qualche dubbio mi è venuto ma mai e poi mai avrei rinunciato a salirci. Il Delta dell’Okavango è un ecosistema molto complesso. Il Delta ha origine dal fiume Cuito che dall’Angola lentamente si fa strada fino a raggiungere il delta, dove si dirama in più braccia che non hanno sbocco sul mare. Una caratteristica unica per un fiume. Quando le piogge ingrossano il fiume Cuito, l’acqua impiega mesi prima di raggiungere il delta ed alimentare l’Okavango che a quel punto diventa l’habitat ideale e richiama milioni di animali. Quindi il periodo migliore per visitare il Delta dell’Okavango è da maggio a ottobre, quanto è completamente inondato.

Dal Cessna mi sembra di essere dentro un documentario della National Geographic, non credo a quello che vedo. Sono talmente emozionata che non so più dove guardare e cosa fare: foto, video, no meglio ancora una foto…ma poi realizzo che è meglio godersi il momento con i propri occhi e non attraverso il mirino di una reflex. Cosi ripongo i miei strumenti e con il naso appiccicato al finestrino non faccio che ripetermi quando la natura è meravigliosa.

Lo scenario cambia di continuo, passiamo dalle zone più aride e desertiche caratterizzate da un colore giallo ocra e che rende il paesaggio quasi lunare, alle zone più fertili e verdi lungo i diversi corsi d’acqua che disegnano dolci curve come in un dipinto. In prossimità dell’acqua possiamo ben distinguere ippopotami, elefanti, zebre e giraffe che vanno ad abbeverarsi. Sono tantissimi. Qui mi rendo davvero conto della vastità ed unicità di una terra come il Botswana. La luce calda del tardo pomeriggio rende l’atmosfera ancora più calda e fiabesca. Ecco il mal d’africa. Vorrei sorvolare il delta ancora per ore ed ore ma purtroppo è tempo per noi di atterrare.

La sera davanti al fuoco ci scambiamo impressioni e alimentiamo le intense emozioni vissute durante la giornata. Faremo base ancora una volta presso l’Audi camp.

Sabato 20 luglio

L’Audi camp è un’ottima base di partenza per le escursioni sul Delta, oggi ci attende un altro must di questo viaggio in Botswana, la gita in Mokoro, la tipica imbarcazione ricavata dal tronco di un albero e utilizzata dalla popolazione locale per muoversi lungo questi corsi d’acqua.

Per raggiungere il fiume impieghiamo circa 2 ore. Attraversiamo i villaggi della popolazione del Delta, un pugno di case di fango con tetti di paglia da dove escono bimbi sorridenti che ci salutano sventolando le loro manine. Veniamo condotti al punto di partenza dove numerose canoe attendono l’arrivo dei turisti e facciamo la conoscenza dei nostri polar, i barcaioli che ci accompagneranno in questa bellissima escursione.

Ci accomodiamo a due a due sulle imbarcazioni e ci sediamo su piccole seggioline di plastica posizionate in maniera da non sbilanciare la barca. Il polar in piedi dietro di noi inizia a remane aiutandosi con un lungo bastone. La canoa si allontana dalla riva scivolando silenziosa sull’acqua e ci addentriamo negli stretti canali che compongono il Delta. Da subito la barca ondeggia vigorosamente ma non appena il livello dell’acqua sale si stabilizza grazie anche all’abilità del polar che mi chiedo come riesca a stare cosi eretto. Scacciato ogni timore di ribaltarmi in acqua mi abbandono totalmente e mi pervade una sensazione di immensa pace. Si sente solo il rumore dell’acqua che si apre al nostro passaggio e il canto degli uccelli che popolano le sponde del fiume. Improvvisamente sentiamo rumori decisamente più sospetti che si fanno via via più intensi e vicini. Non ci sono dubbi, si tratta di ippopotami. Subito scorgiamo solo un paio di paffute orecchie tonde ma ben presto ci rendiamo conto che il fiume è pieno. Manteniamo una distanza di sicurezza perché sappiamo quanto questi animali possono essere pericolosi. Raggiungiamo un’isola dove scendiamo per una breve passeggiata. Scorgiamo qualche zebra che scatta nervosamente non appena entriamo nella loro traiettoria visiva e qualche giraffa, più dolci e mansueta, che al contrario delle zebre non sembrano troppo curarsi della nostra presenza. Prima di salire nuovamente sul Mokoro consumiamo all’ombra degli alberi il nostro pranzo al sacco. Il gruppo di ippopotami è ancora ben visibile soprattutto ora che qualche esemplare ha deciso di salire sulla terra ferma, mostrando tutta la sua mole. Anche questa escursione giunge purtroppo al termine. Mentre facciamo ritorno al punto di partenza vedo transitare diverse imbarcazioni cariche di tutto il necessario per un campeggio. Scopro che c’è la possibilità di fare escursioni in Mokoro di più giorni, un modo per addentrarsi molto più in profondità nel Delta ed esplorarlo. Mi riprometto di informarmi meglio per un eventuale nuovo viaggio in Botswana, perché diciamolo, questo è un paese che non si esaurisce con un solo viaggio.

Al termine della escursione in Mokoro facciamo ritorno all’Audi Camp, dove abbiamo il tempo di rilassarsi in piscina anche se l’acqua è più gelida di un torrente in alta montagna. Dopo aver immerso mezza gamba ed avere avuto l’impressione che l’acqua bruciasse da tanto era fredda mi convinco che di più non si può osare.

Trascorriamo un’altra piacevole serata attorno al fuoco, domani ci aspetta un lungo trasferimento per raggiungere il Chobe River Front.

Domenica 21 luglio

Ci fermiamo per una veloce pausa pranzo lungo la strada, nelle tipiche aree pic nic che avevamo tanto apprezzato durante il nostro viaggio in Namibia. Tempo di mangiare un sandwich e ci rimettiamo in viaggio, mancano ancora 200 km a Kasane.

Il continuo confronto con la Namibia è inevitabile e mi sento quasi a disagio nei confronti degli altri partecipanti. Non voglio fare la saputella di turno, né passare per quella esperta ma nelle conversazioni questo paragone viene continuamente fuori, mi viene spontaneo. Anche in Namibia avevamo trascorso intere giornate in macchina e i repentini cambiamenti di paesaggio mi avevano riempito gli occhi, quasi azzerando la stanchezza e la fatica di tante ore di guida. Qui invece tutto è piatto e monotono. E poi la libertà che trasmette guidare il proprio mezzo è incomparabile rispetto all’essere semplicemente trasportata e doversi attenere ad un programma che non ammette la benché minima variazione. Ma è presto per fare bilanci e trarre conclusioni affrettate. Manca ancora una settimana e voglio viverla appieno.

Raggiungiamo uno dei tanti check point dove dobbiamo sottoporci alla ormai usuale procedura di sanificazione delle suole delle scarpe e delle ruote del truck. Mancano ancora diversi km a Kasane, porta di ingresso per il Chobe, ma stiamo entrando in una zona già considerata Parco e lungo la strada non si fanno attendere i primi avvistamenti: zebre, struzzi, gnu e qualche giraffa. Poco prima di raggiungere Kasane ci attraversa la strada una famigliola di elefanti con piccolino al seguito che corre per stare al passo dei grandi, con le ancora piccole orecchie che sventolano disordinate assecondandone l’andatura. Non ho mai visto tanti elefanti come in questo viaggio! Il Botswana è davvero la terra degli elefanti! Il cartello che indica il nostro ingresso nella città di Kasane mi strappa un sorriso, siamo arrivati.

Pernotteremo per due notti presso l’area camping del Chobe Safari Lodge, una meravigliosa struttura che sorge sulle acque del fiume Chobe, che costituisce il confine settentrionale del Parco Nazionale di Chobe, rinomato per l’abbondante concentrazione di animali selvatici, in particolare di elefanti e ippopotami ma l’acqua attrae ogni specie animale, tra cui grandi bufali che a loro volta diventano facile preda per i leoni. Domani avremo modo di scoprire questa zona così florida e ricca di vita, per oggi ci accontentiamo di assistere ad uno splendido tramonto.

Lunedi 22 luglio

La giornata inizia con un game drive all’interno del Chobe, escursione facoltativa al costo di 295 pula (circa €30). Il game drive è stato prenotato dalla Kiboko per nostro contro ma è gestito dalle guide del Chobe Safari Lodge. Il lodge non è ubicato all’interno del Parco, dista una decina di km. Promise ci accompagna in reception che questa mattina pullula di persone, tutte già sveglie per lo stesso motivo. Qui veniamo smistati e facciamo conoscenza con la guida che ci accompagnerà in safari. Prima di entrare nel Parco occorre dichiarare la targa del mezzo e pagare la tassa di ingresso. Chi stesse viaggiando in autonomia deve tenere conto che l’accesso a questa aerea del parco è regolata da orari diversi rispetto a quelle concessa alle guide ufficiali. In pratica il viaggiatore autonomo può entrare solo dopo le 9,00 (esattamente l’orario in cui i safari organizzati dai lodge lasciano il parco) e deve uscire entro le 14,30. Ovvero la fascia oraria in cui gli animali sono presumibilmente meno attivi. Questo è quanto ho letto sulla guida e quanto in teoria dovrebbe essere applicato, al fine di evitare la congestione dell’area e infastidire il meno possibile gli animali. Nonostante sulla carta le intenzioni siano buone poi la realtà presenta sempre più sfaccettature. Quando abbiamo avvistato un bellissimo esemplare di leone maschio il povero felino si è ritrovato in tempo zero circondato da veicoli da ogni lato, tra cui anche auto di viaggiatori in self drive. Era talmente disorientato che è tornato sui suoi passi sparendo nel bush e di conseguenza sparendo anche dalla nostra vista. Ecco, in questo momento ho capito quanto siamo stati fortunati a Moremi, non solo per l’avvistamento decisamente più fortunato ma anche perché quel momento attorno a noi non c’era nessuno. A Chobe non sono ovviamente mancati gli incontri con altri animali ma i grandi felini suscitano sempre un entusiasmo maggiore.

Alle 9,00 si conclude come da programma il nostro game drive, veniamo riportati al campo dove troviamo un invitante brunch a base di uova, fagioli, salsicce e bacon che ci risolleva l’umore, inevitabilmente deluso dalla caccia mancata.

Ci rilassiamo poi nella bellissima piscina della struttura in attesa di prendere parte alla crociera sul fiume. La partenza è prevista per le 15,00 in modo da essere in un punto molto suggestivo del fiume verso l’orario del tramonto. Ci sono diverse compagnie che organizzano crociere sul fiume con barche più o meno grandi. Per noi l’attività era già inclusa nel programma ma se viaggiate in autonomia vi consiglio di valutare la compagnia Pangolin Photo Safaris. È una compagnia specializzata in safari fotografici, sia via terra che via fiume. Sia le barche che le jeep sono equipaggiate con reflex ed obiettivi professionali e sarete seguiti da un fotografo professionista che potrà darvi validi consigli di composizione e sull’uso delle macchine per i meno esperti. Al termine del safari vi verrà rilasciata la scheda di memoria con i vostri preziosissimi scatti. Ovviamente la qualità si paga ed essendo questa escursione già compresa nel programma non ho voluto fare la difficile ma quando ho visto la barca della Pangolin in azione mi sono mangiata le mani. Qualunque sia la compagnia da voi prescelta la crociera sul fiume Chobe vi regalerà avvistamenti memorabili: mandrie di bufali che ruminano con aria svogliata, waterbuck dal buffo fondoschiena cerchiato, ippopotami che si rotolano nel fango, coccodrilli, una moltitudine di uccelli e poi elefanti. Tanti, tantissimi elefanti che scendono ad abbeverarsi al fiume. Man a mano che si avvicina l’ora del tramonto il paesaggio attorno a noi si tinge di una sfumatura dorata. Le barche iniziano a rientrare, non possono rimanere in acqua dopo tramonto per la pericolosità degli animali che popolano il fiume. Il sole si è ormai tuffato dietro l’orizzonte, tra poco scenderà il buio, dipingendo di grigio e di nero tutto ciò che fino a pochi istanti prima era oro vivo. È stato un pomeriggio memorabile.

Martedi 23 luglio

Oggi siamo diretti in Zimbawe. Per fortuna alla frontiera non c’è troppa coda e le procedure per ottenere il visto sono abbastanza veloci. Tenete conto che per rilasciarvi il visto di ingresso devono compilare a mano diversi form e sappiamo bene che i funzionari in dogana non brillano per celerità ma come mi ho imparato ad inizio viaggio: “just smile and waves…!” Il costo del visto per entrare in Zimbawe è di usd 30 da pagare ovviamente in contanti.

Il territorio che separa il confine alla cittadina di Victoria Falls è un enorme parco e se saremo fortunati avremo la possibilità di vedere già lungo la strada diversi animali e i primi avvistamenti non si fanno attendere. Prima ci attraversa la strada un nutrito gruppo di giraffe poi di elefanti. Ancora una volta rimango impressionata dalla bellezza selvaggia del territorio, impreziosita in questo periodo dell’anno, dai caldi colori autunnali che avvolgono e riscaldano il paesaggio.

Dopo tanti giorni e dopo tanti km percorsi nella natura incontaminata, l’arrivo a Victoria Fall è un misto di eccitazione e stordimento. Ci sono negozi, ristoranti, bar, uffici del turismo, pub…una cittadina costruita ad uso e consumo dei turisti. Qui trascorreremo due giorni in totale autonomia. Veniamo portati all’ufficio della Wild Horizons, agenzia con cui collabora la Kiboko, per prenotare eventuali attività extra mentre lo staff si godrà un po’ di meritato riposo. Ci viene mostrato un video introduttivo sulle diverse attività disponibili. Ce n’è per tutti i gusti, dalle proposte più adrenaliniche come rafting e bungee jumping a quelle più soft. La nota dolente è che sono tutte molte care. Siamo ancora un po’ incerti sul da farsi ma vorremmo sfruttare al massimo la nostra permanenza a Victoria Falls.

Decidiamo di prenotare subito per il pomeriggio il “volo dell’angelo”: 13 minuti di emozione pura in elicottero sopra le Cascate Vittoria. Ci accordiamo per il volo delle 16,00 e un servizio pick up ci verrà a prendere direttamente in Hotel.

Alloggiamo presso il Cresta Sprayview Hotel, dopo 10 giorni consecutivi di campeggio entrare in una camera di hotel mi fa un effetto strano, mi sembra ci sia così tanto spazio attorno a me che sono un po’ disorientata. Mi manca già l’intimità della tenda ma ammetto che la comodità di un bagno tutto per sé è impagabile. Abbiamo 2 ore di tempo per rilassarci e ricomporci prima che vengano a prenderci per il volo. Il Pick up è alle 15,45

Dopo un veloce briefing introduttivo veniamo pesati per capire come distribuire meglio il peso. Saremo in 4 in totale, assieme a noi un’altra coppia formata da mamma e figlio di Israele. Non ho mai volato su di un elicottero e sono davvero emozionata. Come fino ad oggi avevo visto solo fare nei film Indosso le cuffie antirumore e che ci permettono di sentire eventuali comunicazioni da parte del pilota. In una nuvola di polvere ci stacchiamo lentamente da terra. Che sensazione meravigliosa! Ho immaginato tante volte questo momento che temevo di averlo idealizzato ma quello che si apre davanti ai miei occhi è al di sopra di ogni più vivida immaginazione. È un’esperienza assolutamente da fare anche se dura così poco.

Sulla via del ritorno invece di farci portare in Hotel chiediamo di essere lasciati in centro che da subito mi appare molto meno sfavillante di come mi era sembrato passandoci in pullman questa mattina.

Ci sono un sacco di persone che chiedono l’elemosina e provano a venderci la moneta locale fuori corso e non spendibile. Non mi capacito di come una città con un’affluenza di turisti così massiccia durante tutto l’anno possa essere in realtà cosi povera. Prima di entrare in Zimbawe lo staff, che in questi giorni non sarà con noi, ci ha fatto solo due grandi raccomandazioni:

  • non girate a piedi dopo il calar del sole
  • non parlate di politica con nessuno

Mi sembravano le solite esagerazioni ma ora inizio a capire.

Visitiamo il mercato dell’artigianato locale, dove si trovano prodotti molto belli, gli stessi che vengono esportati nei diversi stati africani. Se avete la pazienza e la stoffa del commerciante qui potreste fare davvero degli affari e strappare dei prezzi interessanti. Accettano anche il baratto. Potreste scambiare le vostre scarpe, t-shirt o quello volete per una statuetta di legno intarsiata.

Obbedienti come due scolaretti prendiamo un taxi per rientrare in Hotel sono le 18,30 e il sole è già tramontato. Per cena ci rechiamo, sempre rigorosamente in taxi, al Pub “3 Monkeys”. Sarà che avevo saltato il pranzo ma l’hamburger con patatine che ordino è buonissimo!

Mercoledi 24 luglio

Tra le varie attività proposte c’era la Lion walk, ovvero la possibilità di camminare fianco a fianco a dei cuccioli di leone. Sono stata a lungo combattuta, un po’ per il prezzo non trascurabile, un po’ perchè temevo fosse la classica trappola per turisti. Ho cercato di documentarmi in rete e le informazioni che il lento wi fi dell’Hotel mi ha permesso di trovare erano come sempre discordanti, così ho optato per testare l’esperienza personalmente. Opto per la passeggiata delle 10,00 e un comodo pick up ci viene a recuperare in Hotel. Prima di iniziare la passeggiata vera e propria ci mostrano un video in cui viene spiegato nel dettaglio la storia e lo scopo di questa riserva. Qui vengono accolti cuccioli di leoni rimasti orfani fino al compimento dei 2 anni, quando ancora non sono pericolosi per l’uomo. Dopo i due anni, non appena iniziano a manifestare i naturali istinti selvaggi di caccia vengono re introdotti in natura. Durante il briefing viene sottolineata la validità e la serietà del programma, incoraggiando i partecipanti a svolgere un periodo di volontariato presso di loro per rendersi meglio conto di come funziona e partecipare attivamente al progetto. Sottolineano più volte che i leoni non sono né sedati né addomesticati, semplicemente si sono abituati fin da cuccioli alla presenza dell’uomo e non lo vedono come una minaccia. Se avete visto il film “Mia e il leone bianco” saprete che è tutto possibile. Successivamente ci fornisco alcune informazioni comportamentali da osservare durante la passeggiata. Non stupitevi se alla fine vi faranno firmare una liberatoria. La sicurezza è garantita ma si tratta comunque di animali selvaggi. Veniamo divisi in due gruppi di circa 10 persone e accompagnati da quattro rangers per ciascun gruppo partiamo per la nostra passeggiata. Al momento la riserva conta 4 leoni: Penga, Lumba, Paya e Pax. Ci saranno due leoni per gruppo. Dopo un breve percorso eccoli sdraiati in una piazzola. Vi avevo detto che si trattava di due cuccioli ma la loro stazza è comunque notevole. Ci addentriamo ancora di più nel parco con i leoni che camminano al nostro fianco. Il contatto è ravvicinato anche se nel pieno rispetto delle esigenze dell’animale. Abbiamo poi la possibilità di accarezzarli e fare foto con loro. Quando mi accuccio di fianco a Penga e allungo la mano pe accarezzargli l’ispida schiena sono travolta da emozioni cosi intense che sono difficili da trasmettere ma impossibili da dimenticare. Nonostante le mie remore iniziali sono rimasta affascinata e molto soddisfatta e non posso che consigliarla. In parte sono certa che si approfittino di noi turisti per far pagare uno sproposito il costo del biglietto e lucrare con i poveri leoni, ma voglio anche credere che buona parte del ricavato venga davvero utilizzato per combattere l’estinzione di questi essere meravigliosi. Al termine della passeggiata, prima di riportarci in Hotel, ci viene offerto uno spuntino e una bibita ma sono ancora talmente emozionata che ho lo stomaco chiuso.

La giornata non è finita, ci attendono ancora tante sorprese. Alle 14,00 con lo shuttle gratuito messo a disposizione dall’Hotel ci reciamo alle Cascate Vittoria. Prima di entrare nel parco però ci dirigiamo al ponte che conduce in Zambia e attraversiamo il confine. Alla dogana basta dire che andate a vedere il ponte, vi rilasceranno un pass da rendere al vostro rientro in Zimbawe. Ricordatevi di questo dettaglio o sarete costretti a pagare nuovamente il visto di 30 usd in ingresso. Sul ponte siamo sulla terra di nessuno. Viene regolarmente attraversato da macchine e camion che lo fanno vibrare leggermente. Ammetto che non vedo l’ora di essere sull’altro lato. Non provo nemmeno ad affacciarmi per guardare in basso, il solo ricordo anche ora che sono seduta alla mia scrivania, mi fa tremare le gambe. Raggiunta all’altra estremità del ponte raggiungiamo un sicuro punto panoramico da cui poter ammirare il ponte in tutta la sua lunghezza. Sto scattando una foto quando dal mirino vedo qualcosa che dal ponte sta cadendo verso il basso. Sto per mettermi ad urlare quando realizzo che si tratta del bungee jumping e di qualche pazzo che ha deciso di buttarsi di sotto. Lo vedo rimbalzare su e giù finchè si esaurisce la forza d’urto e qualcuno scende a recuperarlo. Mai e poi mai potrei fare qualcosa di simile e se anche accadesse sarebbe sicuramente l’ultima cosa che faccio perché sono certa morirei di spavento ancora prima di buttarmi.

Facciamo ritorno in Zimbawe ed entriamo nel parco delle cascate Vittoria. L’ingresso di 30 usd a persona. Un lungo camminamento conduce a diversi view point, uno più strepitoso dell’altro. Ci saranno momenti in cui l’acqua nebulizzata delle cascate vi bagnerà dalla testa ai piedi ma è una caldissima giornata di sole e non voglio rinunciare alla piacevole sensazione di refrigerio indossando un asettico k – way. (anche perchè non ce l’ho!). Non riesco a contenere la gioia, corro da un view point all’altro e faccio milioni di foto, a conti fatti tutte uguali ma lo spettacolo naturale che ho di fronte ai miei occhi è talmente bello che non riesco a smettere di scattare. Il parco chiude alle 18,00 e per poco non ci chiudono dentro. L’ultima corsa dello shuttle messo a disposizione dall’Hotel era alle 17,00 cosi contrattiamo un taxi.

È stata una giornata piena e densa di emozioni, tanto che per cena preferiamo rimanere in Hotel. Dispone di un validissimo ristorante dove assaggio per la prima volta da carne di facocero, che con mia grande sorpresa trovo deliziosa. Da domani non li guarderò più con gli stessi occhi disinteressati con cui li ho osservati fino ad oggi.

Giovedi 25 luglio

Purtroppo, è già tempo di salutare Victoria Falls. Sarei rimasta qui un altro giorno per un po’ di relax a bordo piscina. È vero che la vita del campeggio mi sta entusiasmando ma anche svegliarsi una mattina con una sveglia un po’ “più comoda” non è poi così male. Oggi dovremo percorrere ben 370 km e attraversare nuovamente la frontiera. Per fortuna le procedure presso l’ufficio della dogana sono estremamente (e stranamente aggiungo io) veloci.

Eccoci nuovamente in Botswana. Ci fermiamo per un pranzo veloce lungo la strada per spezzate il lungo viaggio. Nel primo pomeriggio arriviamo al Nata Lodge, si ritorna alla vita da campeggio. Abbiamo un po’ di tempo a disposizione per rilassarci per poi alle 16,00 visitare il Makagadikgadi Pans in attesa del tramonto. Con una superficie pari a quella dell’intero Portogallo, il Makgadikgadi Pans è il pan più esteso del mondo e rappresenta una destinazione unica. Durante la stagione secca il paesaggio si presenta come un enorme lago prosciugato e ricoperto di un sottile strato di sale. Durante la stagione delle piogge il lago diventa uno dei luoghi più importanti al mondo per la riproduzione dei fenicotteri rosa. La zona circostante si trasforma in verdi pascoli e accoglie migliaia di zebre e gnu che qui si raccolgono in cerca dell’acqua e a loro volta attirano leoni, ghepardi e altri predatori.

Oggi se saremo fortunati potremmo avvistare qualche fenicottero ma in questo momento c’è poca acqua e dubito saranno presenti degli animali.

Arrivati a destinazione scendo dal truck un po’ sconcertata. Il luogo è spettarle e privo di qualsiasi forma di vita. Un forte odore di salmastro mi riempie le narici mentre cammino sulla vasta superficie sabbiosa e a testimonianza del passaggio dei fenicotteri troviamo solo qualche piuma. I colori predominanti sono tenui e smorzati e vanno dal giallo paglierino dell’erba della savana al bianco accecante di questo infinito spazio inanimato interrotto qua e là dal marrone dei baobab e delle acacie. Dopo lo sgomento iniziale questo luogo così inospitale rivela lentamente il suo fascino che cerco di immortalare da più angolazioni. Come ci avevano promesso assistere qua al tramonto è stato molto suggestivo.

Tornati al campo ci attende una squisita grigliata di carne, e poi come ormai d’abitudine, ci raccogliamo attorno al fuoco per scaldarci e scambiarci opinioni sulla giornata ma anche solo scherzare e prenderci un po’ in giro. Ormai viaggiamo da due settimane e con il gruppo si è creato un bell’ affiatamento.

Stavamo quasi per andare a dormire quando sentiamo dei movimenti sugli alti alberi che circondano il camp. La nostra torcia illumina gli occhi di animali invisibili che brillavano fosforescenti nell’oscurità. Facciamo più luce finché non scorgiamo dei dolcissimi galagoni, che saltano agili da un ramo all’altro. È incredibile come delle creature è così piccole riescano a fare balzi così grandi ma soprattutto è incredibile come questo paese sia una inesauribile fonte di sorpresa e scoperta.

Venerdi 26 luglio

La sveglia suona alle ore 5,00. Si torna ai ritmi rigidi e severi del campo ma paradossalmente mi sveglio più riposata rispetto alle Victoria Falls dove nonostante il comodo letto di un Hotel, mi ero svegliata con un tremendo torcicollo. È una mattina particolarmente fredda e umida, tanto che facciamo colazione stretti attorno al fuoco. Smontato il campo e caricato tutto sul truck partiamo. Ci attendono 500 km. Quella di oggi sarà una giornata dedicata unicamente al lungo trasferimento per raggiungere la Tuli Game Reserve.

La Northern Tuli Game Reserve si estende su oltre 720 km² di terreno di proprietà privata e fa parte del Tuli Block, una fascia di terra incuneata trai confini del Sudafrica e dello Zimbabwe, nello sperone orientale del Botswana. È una delle riserve naturali private più grandi del Sudafrica che si è formata per salvaguardare e conservare il territorio e ne fanno parte diversi proprietari terrieri, uniti da uno scopo comune. Non è recintata per preservare la naturale migrazione delle specie. Offre un paesaggio molto vario, tra cui alberi di nyale e alberi della febbre che crescono lungo le rive del fiume, boschi di mopane, affioramenti di arenaria, massicce formazioni rocciose che conferiscono grandiosità (drammaticità) all’ambiente.

Questa zona nell’Africa meridionale è ancora sottovalutata in quanto sono presenti solo tre dei Big Five. Rinoceronti e bufali assenti ma Northern Tuli offre la possibilità di organizzare game drive di alta qualità. In questa zona prosperano leopardi prosperano e grazie alla scarsa vegetazione è relativamente facile rintracciarli. Anche leoni, ghepardi e cane selvatici vengono regolarmente individuati. Non mancano gli elefanti, e c’è anche un buon numero di zebre, impala, waterbuck gnu ed eland, la più grande antilope in Africa.

Il campo viene allestito sotto due enormi baobab lungo le sponde del fiume Limpopo popolati da enormi babbuini e agili scoiattoli. Anche se il fiume ora è in secca è un angolo incredibile, non potevamo concludere il viaggio in un posto più suggestivo.

Sabato 27 luglio

Il mio corpo si è ormai abituato agli orari africani e apro gli occhi ancora prima del suono della sveglia. In tempo zero sono pronta per il nostro ultimo game drive mattutino, organizzato dai rangers del Tuli Game Reserve. Nutriamo grandi aspettative per questo ultimo giorno, aspettative che non vengono deluse a partire dal paesaggio che ci circonda. Come già descritto il Tuli block è caratterizzato da un ambiente molto vario e man a mano che ci addentriamo nel parco lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi è commovente. Il cielo è punteggiato da nuvole, le prime nuvole che vedo dal mio arrivo e che stagliandosi contro le formazioni rocciose che si ergono all’orizzonte creano dei giochi di luce drammatici e suggestivi.

Identifichiamo un gruppo di elefanti che mangiano senza rumore i rami più alti di un albero di mopane, traditi solo dal fragore improvviso del legno spezzato. Poco più avanti un gruppo di impala sorpresi dal nostro arrivo scalciano nella polvere e si disperdono a grandi balzi. Ovunque ci sono i segni della presenza degli elefanti e tra queste il nostro driver ci indica tracce fresche di ghepardo. Proviamo a seguirle animati da un entusiasmo incontenibile. Purtroppo, la caccia non andrà a buon fine, almeno per ora. Riproveremo nel pomeriggio. La presenza di tanti nuvoloni nel cielo è positiva, si prospetta una giornata meno calda del solito e gli animali saranno più attivi anche nelle ore centrali.

Raggiungiamo le pendici della eagle’s rock, inizierà ora un safari guidato a piedi. Il ranger ci fa strada armato di fucile e ci chiede di mantenere un religioso silenzio e procedere in fila indiana. Con una breve passeggiata raggiungiamo la sommità di questo sperone roccioso che pensavo prendesse il nome dalla sua peculiare forma ma in realtà cela una sorpresa. Il ranger ci indica un nido di aquila dove dorme beato un pulcino di poche settimane. Vorrei gridare di gioia ma in Africa ho imparato l’importanza del silenzio, soprattutto in certe situazioni. I genitori non tardano ad arrivare, volteggiano sopra le nostre teste ma sembrano sapere che non siamo un pericolo per il piccolo. Da quassù la vista è strepitosa e mi si stringe il cuore al pensiero che oggi è il nostro ultimo giorno. Faccio un profondo respiro, confortata da un’unica certezza. Non so quando ma so che tornerò presto.

Tornati alla jeep facciamo ritorno al camp, dove possiamo rilassarci qualche ora in attesa del nostro “african massage” pomeridiano, cosi i ranger definiscono scherzosamente i continui sballottamenti a cui siamo sottoposti duranti i game drive a causa del terreno sconnesso. Mentre mi guardo attorno, assaporando ogni dettaglio di questo struggente angolo d’africa penso che un leone sarebbe la degna conclusione di questo meraviglioso viaggio. Non faccio in tempo a formulare questa riflessione che una leonessa di materializza davanti a noi attraversando la strada. Freniamo bruscamente e la seguiamo sparire nel bush senza renderci conto che davanti a noi, sotto dei cespugli, sonnacchiano altri 4 leoni! La sorpresa quasi mi immobilizza. Giro gli occhi per mettere meglio a fuoco la scena e mi sembra che persino questo impercettibile movimento possa fare rumore. In realtà sento martellare il cuore dall’emozione. Scorgiamo anche un paio di cuccioli veramente piccoli ma rimangono nascosti nel bush. Gli occhi gialli dei leoni sono fissi su di noi ma sono visibilmente in fase di riposo e dopo poco il nostro arrivo riprendono a sbadigliare e sonnecchiare. Vorrei rimanere qua per sempre ma il ranger suggerisce di muoversi, oggi la fortuna è dalla nostra parte e potremo stanare anche i ghepardi di cui avevamo visto le tracce questa mattina. Dice che al pomeriggio sono soliti stanziare in questa zona. Non sono trascorsi nemmeno 5 minuti dall’avvistamento dei leoni quando mi sembra di scorgere qualcosa sdraiato su una roccia. Avviso il driver di tornare indietro ma ho quasi paura a pronunciare quella parola, non può essere. Posso aver identificato io un leopardo sfuggito alla vista allenata e vigile del nostro driver? Era proprio un leopardo perfettamente mimetizzato tra le foglie di cespuglio. Il gruppo mi guarda incredulo e non riesce a smettere di complimentarsi, io ancora oggi non mi spiego come ci sono riuscita ma voglio credere che l’Africa mi abbia voluto omaggiare e ricambiare dell’amore che nutro per questo incredibile paese.

Alla fine, non riusciremo a vedere i ghepardi ma possiamo ritenerci ugualmente più che felici.

E le sorprese non sono ancora finite. La sera, mentre sediamo attorno al fuoco come di consueto, ci fa visita una genetta, un mammifero grande come un gatto ma di peso inferiore. Fa le fusa, ha le unghie retrattili, ma non è un felino. Ha il pelo maculato e una lunga coda che le serve per mantenere l’equilibrio quando si arrampica sugli alberi. Non conoscevo questo animale e vorrei tanto accarezzarla ma immagino scapperebbe seduta stante. Ci osserva con aria curiosa per poi sparire da dove era venuta.

Quando amo l’Africa.

Domenica 28 luglio

Lasciamo il camp all’alba, ci attendono 500 km e qualcuno del gruppo ha il volo nel tardo pomeriggio. Non possiamo per nessun motivo arrivare in ritardo. Verso le 17,00 raggiungiamo il Peermont Hotel dove tutto è iniziato due settimane fa. Sono state giornate talmente intense e ricche di emozioni che mi sembra di essere in viaggio da almeno due mesi. Salutiamo commossi il resto del gruppo e lo staff della Kiboko con l’augurio che non sia un addio ma un arrivederci. In cuor mio sono certa che sarà davvero così.

Lunedi 29 luglio

Volo di rientro, si torna in Italia.

Se vi è piaciuto il mio diario e lo avete trovato utile vi invito a passare sul mio blog, dove trovate un’ampia galleria fotografica. Se avete dubbi o domande non esitate a scrivermi, sarò felice di rispondervi. http://civediamoquandotorno.it

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Delta dell'Okavango



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