Thailandia: risalendo il Mare delle Andamane

Tra spiagge paradisiache e sapori: dal mare cristallino di Koh Lipe al caos di Patong, passando per il silenzio di Koh Kradan e la natura rigogliosa di Koh Mook
Scritto da: _Ivana_
thailandia: risalendo il mare delle andamane
Partenza il: 17/11/2016
Ritorno il: 29/11/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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17/18 NOVEMBRE: BANGKOK

Finalmente, dopo mesi e mesi di conto alla rovescia, il giorno tanto atteso è arrivato: oggi si parte per la Thailandia! Attendiamo questo momento da giugno, quando abbiamo prenotato il volo verso Bangkok. Programmare un viaggio con così tanto anticipo ci ha permesso di trovare delle tariffe davvero convenienti (solo 500euro a/r per un diretto Milano-Bangkok), ma il count-down verso la partenza è stato infinito! Il volo da Malpensa parte alle 13. Ci lasciamo alle spalle un cielo grigio che promette pioggia pregustando le calde temperature e il sole brillante che ci stanno già attendendo. Per il mio compagno di viaggio, mio fratello, Andrea, è il settimo viaggio nel “Paese del Sorriso”: ne ha visitato gran parte da nord a sud, ne conosce i costumi e il cibo, ma l’itinerario che abbiamo in mente tocca luoghi in cui non è mai stato. Per me invece si tratta del primo viaggio intercontinentale; sono impaziente di trascorrere queste due settimane in una terra così differente ma anche spaventata dalle possibili difficoltà che potrò incontrare. È il viaggio inaugurale del nuovo Boeing A350 della Thai Airways ma nonostante i sedili siano più spaziosi rispetto ai vecchi aerei dormire ci risulta quasi impossibile.

Dopo quasi 11 ore di volo atterriamo al Suvarnabhumi Airport di Bangkok. Qui sono le 6 del mattino, ma l’aria è già calda e il sole si sta già alzando. La coda per l’immigrazione è interminabile e molto lenta: ritiriamo l’autorizzazione per entrare nel Paese e cambiamo giusto una ventina di euro per poter prendere un taxi fino in centro. L’albergo che abbiamo scelto è il Royal Tha Thien. Passeremo solo una giornata a Bangkok e abbiamo bisogno di un hotel il più comodo possibile, che ci permetta di evitare lunghi spostamenti in giro per la città. Situato nella zona dei templi, il Royal Tha Thien si rivelerà la scelta giusta: il personale è gentilissimo e parla un buon inglese, e la posizione è per noi perfetta. Il viaggio verso l’albergo ci porta via un’oretta di tempo. Il traffico di Bangkok è leggendario, e le manifestazioni organizzate in commemorazione del re, venuto a mancare il mese scorso, bloccano gran parte della zona centrale. Siamo infatti in un periodo di lutto: cartelloni in memoria del re riempiono la città, e gli abitanti sono vestiti di nero o, se indossano una divisa, portano il lutto al braccio. I controlli per entrare al Palazzo Reale sono comunque veloci e ci ritroviamo in breve tempo immersi in un mondo dorato, fatto di palazzi decorati da pietre luccicanti e stupe che si innalzano nel cielo. È da qui che inizia la nostra giornata a Bangkok.

L’architettura dei vari edifici che compongono questo complesso ci lascia senza fiato e i nostri sguardi vagano vispi da una parte all’altra del palazzo. Entriamo anche nel Tempio del Budda di Smeraldo, il tempio più importante dell’intero Paese, e osserviamo con attenzione questa minuscola statua del Budda scolpita nella giada verde, che quasi scompare nel grande trono dorato su cui è posizionata. Il caldo si fa però sentire e il nostro abbigliamento (fatto di pantaloni lunghi e maglie coprenti per poter entrare nei templi) non aiuta per niente. Decidiamo quindi di dirigerci verso il Wat Pho, dove è situato l’immenso Budda sdraiato che misura ben 46 metri di lunghezza. La statua ricoperta di oro è immensa e sarà forse la cosa che più ci resterà impressa di questa giornata. Ci cambiamo in fretta indossando finalmente canotta e pantaloncini e ci dirigiamo verso la stazione di Hua Lamphong, sede dei ricordi più belli di Andrea in questa metropoli, ed è qui che abbiamo il primo dispiacere: siamo assonnati, il fuso orario si fa sentire e per non metterci a discutere e contrattare accettiamo la proposta di un giovane taxista che si offre di accompagnarci per 200bath. Scopriremo in seguito che la cifra è spropositata e che non ci si deve mai fidare di chi non vuole utilizzare il taximeter, senza contare che ha cercato di fermarsi davanti ad un chioschetto di gelati dove probabilmente aveva qualche commissione e gli abbiamo dovuto dire con chiarezza di portarci dritti alla stazione senza farci perdere tempo. È ormai ora di pranzo e ci fermiamo in un ristorantino davanti alla stazione per gustare il primo piatto thailandese. Ordiniamo un buonissimo fried rice che paghiamo solamente 60bath, e proseguiamo il nostro giro verso Pratunam Market, un immenso mercato di abbigliamento frequentato da pochi turisti ma da molti abitanti del posto. Il mercato si snoda in vie in superficie e cunicoli sotterranei pieni zeppi di persone e per girarlo interamente non basterebbe una settimana. Alzando gli occhi scopriamo che ci troviamo proprio sotto il Bayoke Hotel, uno degli alberghi più alti della città. Per 350bath saliamo sulla piattaforma rotante situata all’84esimo piano per ammirare l’incredibile skyline della città. Al 20esimo piano ci attende invece la SPA per un massaggio ai piedi incluso nel prezzo. Ancora stanchi, ma un po’ rigenerati dalla piacevole pausa, prendiamo un taxi per andare a vedere il tramonto sul fiume e sul Wat Arun, proprio dietro il nostro albergo. Il taxista non capisce cosa intendiamo, o forse siamo noi a non farci capire! Ci porta all’imbarco verso il Wat Arun e ci ritroviamo in una zona completamente sconosciuta. Chiediamo informazioni ad una studentessa venendo in breve raggiunti da una marea di altre persone che in un inglese sgangherato cercano di aiutarci e ci consigliano di prendere il pullman. È così che attraversiamo Chinatown, su un vecchio autobus guidato da un autista che azzarda sorpassi impossibili mentre mangia del riso! Ci fermiamo al The Desk, un locale situato proprio di fronte al Wat Arun, e saliamo sulla terrazza per goderci un cocktail al tramonto. La vista è incredibile nonostante il Wat Arun sia in ristrutturazione. Siamo ormai davvero sfiniti. Ceniamo con un pad thai incredibilmente gustoso, fatto di tagliatelle di riso, verdure e carne o pesce, preparato da una signora su un carrettino sotto il nostro albergo. Rimaniamo incantati a guardarla mentre gira l’enorme wok: sono in Thailandia da poche ore e sono già follemente innamorata dei suoi sapori! La nostra giornata a Bangkok è ormai finita. Stravolti ma entusiasti, rientriamo in albergo. Domani all’alba ci attende un nuovo volo: destinazione KOH LIPE!

19 NOVEMBRE: KOH LIPE – PATTAYA BEACH

La sveglia suona presto: oggi si parte per Koh Lipe. Alle 5 del mattino attraversiamo Bangkok per arrivare al Don Muang Airport, l’aeroporto dedicato ai voli nazionali. La città è già sveglia, o forse non si è mai addormentata: alcuni negozi sono già aperti e i mercati accolgono già i primi clienti. In solo mezz’ora arriviamo all’aeroporto e ci fermiamo al Coffe Club per una prima colazione decisamente abbondante: una buonissima zuppa di noodles e pollo con riso cocco e arachidi. Voliamo verso il minuscolo aeroporto di Trang con Air Asia e troviamo un paio di chioschetti che ci organizzano per 1.000bath un viaggio combinato bus+barca per Koh Lipe. Tre ore dopo sbarchiamo finalmente su Pattaya Beach. La spiaggia è semplicemente stupenda: il mare limpido, di un azzurro intenso, bagna una distesa di sabbia bianca talmente fine da sembrare farina. Diverse barchette sono ormeggiate sulla spiaggia ma ci sono comunque molti spazi lasciati liberi, soprattutto ai margini. Non resistiamo e ci buttiamo subito in acqua, felici come bambini, godendoci pienamente il nostro primo bagno. Qui a Koh Lipe alloggeremo al Green View, un resort ecologico fatto di bungalow di bambù molto basici e con molti “spifferi”. Il mio primo pensiero è “chissà quanti insetti entreranno!”, ma in quattro giorni di permanenza vedremo solo un piccolo insetto e tante, tantissime zanzare (ritiro tutto: dopo settimane dal rientro Andrea mi ha detto che di insetti ce n’erano eccome ma ho avuto la fortuna che li vedesse prima lui!). È ormai pomeriggio inoltrato quando iniziamo un giro di perlustrazione per l’isola, attraversata da una strada chiamata “Walking Street” su cui si affacciano una miriade di ristoranti, centri massaggi, chioschi di frutta e gelati e negozi di souvenir e abbigliamento. Ai lati della Walking partono due stradine che portano a dei piccoli villaggi abitati dai locali e alle altre due spiagge dell’isola: la Sunrise Beach e la Sunset Beach. È una dimensione perfetta: un’isola non troppo grande in cui è impossibile annoiarsi! È durante questa passeggiata alla scoperta dell’isola che notiamo un piccolo ristorante thailandese gestito da una sorridente vecchietta situato poco al di fuori della Walking: l’Aroy Dee. Diventerà il nostro luogo preferito sull’isola! Ci fermiamo per un massaggio Thai sulla spiaggia di Pattaya mentre ammiriamo il tramonto e torniamo all’Aroy Dee per cenare con una zuppa di noodles e un gai tom kamim, una zuppa di pollo, bambù, citronella e curcuma che sarà l’unico piatto a non farci impazzire in tutto il nostro soggiorno thailandese. I prezzi sono poco più alti di quelli trovati a Bangkok ma decisamente bassi in confronto agli altri ristoranti di Lipe, la qualità dei piatti sarà sempre ottima e le cameriere incredibilmente disponibili nello spiegarci l’intero menu. I locali sulla Walking e sulla Pattaya Beach sono ancora pieni di turisti quando ci dirigiamo verso il nostro bungalow, felici di aver scelto Koh Lipe come destinazione per il nostro viaggio.

20 NOVEMBRE: KOH LIPE – SUNRISE BEACH

Ci svegliamo chiedendoci quale sarà il paesaggio che troveremo fuori dal nostro bungalow: durante la notte un terribile temporale si è abbattuto sull’isola e temiamo abbia rovinato la spiaggia e il mare. In realtà, resta solo qualche nuvola a ricordarci dell’acquazzone notturno. Siamo ancora in una stagione di transito, in cui gli strascichi dei monsoni causano brevi ma violenti piogge, e il cielo variabile ci accompagnerà per buona parte del nostro viaggio. Facciamo colazione sulla Walking Street al Coffee House con zuppa di noodles e pad siew fried noodles, una sorta di pad thai accompagnato da innumerevoli salse, e ci avviamo verso la Sunrise Beach attraversando un piccolo villaggio dove semplici scene quotidiane ci passano davanti agli occhi: una signora che stende il bucato, un vecchietto che arrostisce del pesce, una mamma che sgrida un bambino. Le “case” sono incredibilmente piccole, coperte di calda lamiera. Restiamo a bocca aperta alla vista della Sunrise Beach, la spiaggia secondo noi più bella di tutta l’isola. La sabbia è un po’ più spessa rispetto a quella di Pattaya, ma il paesaggio è incantevole: una lunga spiaggia bianca interrotta da una piccola lingua di sabbia che si protende nel mare, con l’isola di Adang che fa da sfondo a questo incredibile quadro. Purtroppo qualche nuvola è ancora presente e ci chiediamo quanto questo posto sarebbe ancora più fantastico con la giusta luce. La spiaggia è quasi vuota e poter fare il bagno in tutta tranquillità in questo mare così limpido ci pare un sogno. Torniamo verso la Walking gustando degli arrosticini di pollo e maiale pieni di aglio ma dal sapore incredibile che diventeranno la mia droga, e prendiamo un carrettino che qui chiamano “taxi” (sull’isola non esistono auto!) per andare dall’altro capo dell’isola verso la Sunset Beach. La spiaggia ci lascia un po’ delusi risultando decisamente in stato di abbandono in confronto alla bellissima Pattaya e alla ancora più meravigliosa Sunrise. Mucchi di rifiuti si trovano sparsi qua e là e rovinano l’incantevole paesaggio. Restiamo comunque sulla spiaggia sperando di riuscire a vedere il tramonto, rovinato da qualche nuvola. Per cena scegliamo il Monkey’s, un ristorante gestito da italiani consigliatoci da un amico, e scegliamo di cenare con del pesce di giornata di più di 2kg di peso arrostito al barbecue, delle verdure saltate e della banane in latte di cocco come dolce. Il tutto, comprese tre birre, ci verrà a costare solo 1.300bath (36euro circa per una mangiata di pesce che ricorderemo a vita!).

21 NOVEMBRE: KOH LIPE – SUNRISE BEACH

Anche oggi colazione al Coffee Club con la solita zuppa di noodles che adoriamo sempre di più e un mango sticky rice, un dolce tipico thailandese composto da pezzi di mango accompagnato da riso glutinoso e latte di cocco. La voglia di un caffè espresso è però ormai evidente: facciamo quindi una tappa al Bloom Bar per un caffè “very very small, please!”. Passiamo la giornata tra Pattaya e la Sunrise trovandola ancora più meravigliosa di ieri ora che è illuminata dai raggi del sole. Attraversiamo l’intera spiaggia, partendo dagli scogli a sud, passeggiando verso la lingua di sabbia protesa nel mare e nuotando o scalando piccole alture per arrivare a una piccola spiaggia incorniciata dagli scogli. Anche questa sera ceniamo all’Aroy Dee, optando per un fried rice e un panang chicken che chiediamo essere poco piccante. Abbiamo ormai capito che la cucina thailandese usa tantissimo peperoncino e salse piccanti e ordinare un piatto piccante, seppur specificando di volerlo POCO piccante, ci sembra quasi un atto di coraggio! Un’ultima birra sdraiati sulla spiaggia e un’altra giornata a Lipe si conclude. Domani sarà l’ultima su quest’isola, fatta di spiagge favolose, persone cordiali e divertimento, ma anche caratterizzata da un basso rispetto per l’ambiente che tra cumuli di rifiuti e nuovi resort in costruzione rischia di trasformare quest’incredibile gioiello in una nuova Phi Phi Island…

22 NOVEMBRE: KOH RAWI E KOH ADANG

Oggi si va in gita: mentre passeggiamo sulla Sunrise ci fermiamo al Taxi Boat Koh Lipe Boat Trip, gestito da un eccentrico signore hippy che per 1.500bath ci farà passare cinque ore a spasso per l’arcipelago di Tarutao insieme a Capitan Yuk, il nostro barcaiolo sorridente che non parla una parola di inglese! Avere la longtail boat solo per noi è comodissimo: siamo noi a scegliere quanto far durare le varie soste, fermandoci nei posti che più ci interessano. Già guardare dal mare la Sunrise è un’esperienza incredibile che vale da sola il costo del viaggio! Ci fermiamo a largo di Koh Hin Ngarn e di Koh Rawi per fare snorkeling sfruttando un timido sole. La paura di nuotare nell’acqua alta che mi accompagna da quando ero bambina sta facendo largo alla voglia di tuffarmi in mezzo a questi pesci colorati quando veniamo sorpresi da un violento acquazzone che infradicia qualsiasi cosa si trovi sulla barca. Capitan Yuk mi sorride, cerca di spiegarmi a gesti che passerà presto e mi insegna ridendo come si dice “pioggia” in thailandese. Il tempo cambia velocemente e ci dirigiamo verso Koh Rawi dove troviamo ad attenderci un sole splendente. Ordiniamo un fried rice nell’unico ristorante presente e ci avventuriamo verso est, camminando fino a quando la spiaggia non termina e incontrando sempre meno turisti. Anche qui, i colori del paesaggio sono uno spettacolo e la spiaggia bianca è arricchita da un tocco di rosso, dato dalle foglie degli alberi cadute sulla sabbia. Riprendiamo il viaggio fermandoci al largo di Koh Kata per una sosta di snorkeling che sarà la più emozionante dell’intera vacanza. L’acqua è talmente limpida che decido di buttarmi, lasciando definitivamente da parte ogni timore di non riuscire a nuotare nell’acqua alta. È un’esperienza incredibile: siamo circondati da bellissimi pesci colorati che giocano con noi, sono talmente tanti che il mare sembra una tavolozza gialla e blu in continuo movimento! Io, che sono una principiante, sono incantata dalla quantità di pesci che non solo non si allontanano, ma sembrano quasi venirci incontro, ma anche Andrea al suo ennesimo viaggio intorno al mondo è sorpreso. Sostiamo a Ho Cha Bang per qualche foto sugli immensi scogli che contornano la spiaggia e ci dirigiamo verso Ko Adang per prendere il sole sulla sua spiaggia bianca e nera, fatta quasi di riso, a ridosso della pineta. È la nostra ultima sera a Lipe e decidiamo di provare un nuovo ristorante. Camminiamo in lungo e in largo per mezz’ora alla ricerca di un ristorante thailandese ma quelli che ci incuriosiscono sono pieni oppure decisamente più cari dell’Aroy Dee. Finiamo così nuovamente al solito posto, mangiando un pad thai (che ci viene servito non solo già un po’ piccante, ma con del peperoncino sul piatto da aggiungere e ben due salse piccanti a disposizione che ovviamente lasciamo da parte!), e del kao man gai tom, del pollo accompagnato da una salsa agrodolce. Salutiamo con tristezza le ragazze dell’Aroy Dee che ci hanno viziato coi loro piatti e prepariamo i bagagli. Domani si parte di nuovo: KOH KRADAN ci aspetta.

23 NOVEMBRE: KOH KRADAN

Stamattina partiamo presto per Koh Kradan. Scegliamo il Bloom Bar convinti di fare una veloce colazione con pancake e cappuccino e toppiamo in pieno: le ordinazioni arrivano dopo più di mezz’ora e sono anche sbagliate… Rimpiangiamo la nostra adorata zuppa di noodles del Coffee House dei giorni scorsi e ci dirigiamo (in evidente ritardo) verso l’imbarco della Bundhaya Speed Boat. Siamo gli ultimi a salire, i posti sono già tutti occupati e siamo costretti a sederci in una panchina bagnata al fondo della barca, proprio sopra ai tre assordanti motori e in balia del maltempo in caso piovesse. Riceviamo gli sguardi sprezzanti degli altri passeggeri e ci sediamo con riluttanza. Ancora non sappiamo di aver avuto i posti migliori: saremo gli unici a sdraiarci al sole che sta facendo capolino dalle nuvole e a poter ammirare le meraviglie del paesaggio, che ci regala isolotti sparsi per tutto il percorso e scogliere rocciose a picco sul mare. Sbarchiamo a Kradan dopo 2 ore. L’isola ci appare subito cruda, scarna e decisamente più selvaggia di Lipe. La lunga Kradan Beach è una distesa di sabbia dorata su cui si affacciano i resort e i relativi (pochi) centro massaggi. Qui non ci sono locali, non ci sono negozi, non ci sono cambi. L’unico minimarket dell’isola vende acqua e sacchetti di patatine. È l’ideale per chi cerca un luogo solitario, in cui fondersi in pieno con la natura, dove trovare esclusivamente giungla, spiaggia e mare. I resort di livello più alto fanno venire a prendere i bagagli dei loro clienti da alcuni facchini fino all’attracco della Bundhaya; noi invece ci trasciniamo i nostri zaini (ringraziando di essere partiti dall’Italia quasi vuoti!) per tutta la spiaggia fino al Kalumè Village, il resort scelto per il nostro soggiorno, e conosciamo il suo proprietario Mario che si dimostrerà per tutta la nostra permanenza una persona estremamente disponibile e cortese. Nel nostro bungalow di bambù gli “spifferi” sono davvero molto ampi. Il mio dubbio sull’entrata selvaggia di insetti è ancora più forte di Koh Lipe, trovandoci su un’isola fatta solo di spiagge e giungla, e purtroppo troverà conferma in serata quando uno scarafaggio verrà a farci visita e convincerò Andrea a trasferirci in un bungalow di legno, più chiuso ma comunque non impenetrabile. Ci metteremo poco ad abituarci all’assenza di acqua calda, ma continueremo fino all’ultimo giorno a dimenticarci che l’elettricità è erogata solo dalle 18 alle 7, continuando imperterriti a schiacciare inutilmente gli interruttori! Partiamo alla scoperta dell’isola e ci avventuriamo verso l’interno dove troviamo il Paradise Lost, un ristorante situato nel mezzo della giungla dotato anche di bellissimi bungalow. Pranziamo con un fried rice che paghiamo ben 150bath e capiamo subito che su quest’isola i prezzi saranno decisamente più alti rispetto a quanto visto fin’ora. Proseguiamo il sentiero attraverso la giungla per arrivare alla Sunset Beach, una spiaggia ancora più aspra che il mare mosso e le nuvole basse rendono particolarmente selvaggia. Peccato sia, come la Sunset di Lipe, rovinata dalle decine di accendini e bottiglie di plastica che vi sono ammucchiati. Ci spiegano che si tratta di particolari correnti che trasportano sulle spiagge di Kradan rifiuti provenienti dal mare, ma se sulla Kradan Beach il personale dei resort ogni mattina pulisce l’intera spiaggia, la Sunset è lasciata in balia di se stessa, trovandosi sul lato dell’isola dove vige il divieto di costruire. Il tempo non è dei migliori e dopo aver approfittato dell’attrezzatura che il Kalumè mette a disposizione dei suoi clienti per fare un po’ di snorkeling, ci fermiamo al bar del resort sdraiandoci sotto dei bellissimi gazebi. La nostra intenzione è di fermarci a Kradan solo per due notti. La spiaggia e il mare sono meravigliosi, ma temiamo di rimanere a corto di svaghi in tempo breve! Vogliamo però avere il tempo di vedere la famosa Esmerald Cave di Koh Mook, l’isola situata proprio di fronte. Mario sta però organizzando un’escursione a Koh Rok per la giornata seguente che verrebbe solo 700bath a testa. La tentazione di vedere anche Koh Rok è troppo forte e finiamo per prenotare una notte in più a Kradan: Phuket dovrà attendere! Ceniamo al ristorante del Kalumè, composto da un menu thai e un menu italiano. Il profumo della pizza sfornata da Mario inebria tutto il ristorante e ci fa quasi venire voglia di tradire il nostro adorato cibo thai. Resistiamo e ordiniamo del pad thai e del pollo alla salsa di cocco e lime che non ci rimarrà particolarmente impresso. Anche la sera, l’isola appare tranquilla e rilassata: non essendoci locali né numerosi ristoranti, una volta finito di cenare ci si avvia tutti verso il proprio bungalow, ridendo un po’ guardando l’orologio che segna appena le 21:30! Passiamo la notte a litigare con le zanzare e all’alba abbiamo finalmente un’illuminazione: qui non siamo a Lipe! Qui non basta lasciar cadere la zanzariera fino a terra, bisogna rimboccarla sotto il materasso! Ci addormentiamo sentendoci degli sciocchi per non esserci arrivati prima. Manca poco alla sveglia e domani ci attende una lunga giornata a Koh Rok.

24 NOVEMBRE: KOH ROK

Oggi si va in gita a Koh Rok! Abbiamo passato la notte in bianco ma ci troviamo puntuali alle 8:30 per partire. Del barcaiolo non c’è però alcuna traccia. Niente panico, Mario è abituato e anche chi conosce bene la Thailandia! Scherzando diciamo che non era specificato se si trattasse delle 8:30 nostre o delle 8:30 “thai”. I thailandesi sono spesso in ritardo e hanno una concezione del tempo molto più elastica della nostra. Il barcaiolo appare dopo tre quarti d’ora: finalmente si parte! La nostra barca è formata da me e Andrea e due coppie di tedeschi che tentano di farsi spiegare dal barcaiolo il percorso che ha intenzione di seguire ma né il barcaiolo né il suo giovane aiutante spiccicano una parola di inglese! Partiamo quindi “all’avventura”, senza sapere bene che giro faremo per arrivare alla nostra meta. Dopo esserci fermati per tre soste di snorkeling interessanti ma non paragonabili alla meraviglia vista a Koh Kata qualche giorno fa, scendiamo a Koh Rok Nok, meravigliosamente bella come le isole che abbiamo avuto la fortuna di visitare fin’ora. Anche qui, la sabbia è bianchissima e il mare trasparente, tanto che è possibile vedere anche lontano le rocce che compongono il fondale alternandosi alla sabbia. L’isola di fronte da all’acqua delle intense sfumature, creando dei giochi di colore che fanno brillare i nostri occhi. Pranziamo al ristorante dell’isola dove conosciamo Anna e Marcello, arrivati qui con un’altra barca organizzata dal Kalumè. Anna è thailandese ma parla un ottimo italiano e gestisce con il marito milanese un ristorante thai in Italia. Mai incontro fu più azzeccato per noi, da sempre attratti dalla cucina orientale e desiderosi di provare piatti thailandesi da poter riprodurre anche quando torneremo a casa. Anna si rivelerà una guida culinaria preziosa, consigliandoci piatti da assaggiare e insegnandoci qualche semplice ricetta. Ripartiamo dopo pranzo e ci fermiamo per un altro po’ di snorkeling al largo della costa. Il mare è di un verde fosforescente e mentre gli altri si allontanano con maschere e pinne, io e Andrea scendiamo solo per fare un bagno in quest’acqua così luminosa. Risaliamo sulla barca e siamo invitati dal barcaiolo a sederci sul retro, dove ci offre un caffè solubile (terribile ma apprezziamo il gesto!!!) e noccioline da sgranocchiare. Facciamo rotta verso Kradan, dove arriviamo dopo un’oretta di navigazione. Questa sera proprio non ce la facciamo a resistere: stasera pizza! Mangiamo con gusto la nostra cena italiana e passeggiamo verso il bungalow. È ancora presto ma su quest’isola gli orari non esistono. Ci avviamo verso il bungalow con aria di sfida: stanotte le zanzare non l’avranno vinta!

25 NOVEMBRE: KOH MOOK

Fin da quando abbiamo scelto l’arcipelago di Trang per la nostra vacanza in Thailandia, sapevamo che avremmo voluto vedere l’Esmerald Cave. Abbiamo visto foto e video di questa grotta raggiungibile solo a nuoto nell’isola di Koh Mook ed eravamo convinti che sarebbe stata una tappa fondamentale del nostro viaggio. Le aspettative erano alte, il timore per me di avere qualche difficoltà data la mia scarsa propensione alle attività avventurose ancora di più. Ma la visita all’Esmerald Cave si è rivelata ancora più emozionante di quanto potessimo mai immaginare.

Partiamo nuovamente con lo stesso barcaiolo che ieri ci ha portato a Koh Rok, con la solita barca organizzata da Mario al Kalumè, al costo di 420bath. Con noi ci sono Anna e Marcello, conosciuti ieri, e una coppia di giovani svizzeri sorridenti e alla mano, Cornelia e il suo fidanzato dal nome impronunciabile. Sono solo le 8 del mattino ma siamo già tutti pronti per partire. Mario si è raccomandato di essere puntuali: per vedere la grotta come si deve bisogna andarci presto. Il mare oggi decisamente più agitato dei giorni scorsi, la marea è più alta. Basta mezz’ora di barca per raggiungere Koh Mook. Il barcaiolo si ferma al largo di un’alta parete ricoperta di vegetazione in cui si apre un piccolo arco; sarà il suo aiutante a farci strada nella grotta. Scendiamo in acqua e iniziamo a nuotare verso l’apertura della grotta. Il mare non è proprio piatto e a metà percorso sento già gambe e braccia che iniziano a dolermi.

La nostra guida controlla se ci siamo tutti e ci fa strada verso la grotta; tutto è buio ma il giovane si ferma a far luce sulle pareti bianche, tra le quali rimbomba il rumore sordo del mare. Lo seguiamo percorrendo 80metri di percorso non lineare, fatto di curve e virate nel buio. Le braccia fanno sempre più male e l’aria inizia a mancarmi quando intravediamo un fascio di luce. Ci siamo, stiamo arrivando alla cava. Usciamo venendo abbagliati dalla luce chiara del mattino che colpisce una piccola spiaggia di sabbia bianca, circondata interamente da scogliere ricoperte di verde. L’emozione che si prova di fronte ad un luogo del genere non è facile da descrivere. La spiaggia silenziosa, incorniciata dalla foresta arrampicata sui dirupi, trasmette un senso un pace e di armonia con la natura, e la fatica provata per raggiungerla amplifica ancor più le sensazioni provate. Restiamo una mezz’oretta ad ammirare questo meraviglioso spettacolo, non staccando i nostri sguardi dal mare piatto, dalle scogliere, dalla luce che entra dall’alto e dagli splendidi fiori che troviamo adagiati sulla spiaggia. Non vorremmo andarcene mai più e ci guardiamo l’un l’altro emozionati, lieti di aver fatto questa incredibile esperienza solo noi sei, con una piccola barchetta alle 8 del mattino. L’atmosfera che si respira quando percorriamo il percorso inverso è completamente diversa: la grotta è occupata da una trentina di turisti aggrappati a corde e boe, disposti tutti in fila indiana. Non è più buia: i caschetti luminosi la rendono illuminata a giorno. Non è più bianca: la luce abbagliante dei caschi rende impossibile distinguere le scanalature delle pareti. Non è più sorda: il rimbombo del rumore del mare è sostituito da urla e chiacchierii. Raggiungiamo a nuoto la barca sfiniti, con ancora gli occhi che luccicano.

Sbarchiamo a Charlie Beach, la spiaggia più nota di Mook, dove resteremo per un paio di ore. Non sappiamo se avremmo abbastanza tempo per visitare il villaggio dell’isola; ci limitiamo quindi a prendere il sole sulla spiaggia incastonata da due promontori, passeggiando accompagnati da granchi e paguri. Pranziamo tutti insieme al Koyao, un bellissimo ristorante posizionato sulla spiaggia su una terrazza a picco sul mare. La vista sulla Charlie Beach da qui è ancora più bella e il poter assaggiare nuovi piatti scelti con l’aiuto di Anna rende tutto ancora più speciale. Optiamo per un pollo con red curry e assaggiamo una particolare insalata di mare e noodles condita con spezie e lime. L’appuntamento con il barcaiolo è alle 13. Ci avviamo verso la barca ma… la barca non c’è! La guida ci dice che sta arrivando, è dovuto rientrare a Kradan ma sta già tornando indietro. Una situazione del genere in Italia mi avrebbe fatto uscire dai gangheri. Ma qui vige “l’ora thai” e ce ne torniamo tutti al bar a prendere birra e thai tea, il buonissimo te thailandese preparato con latte condensato e ghiaccio, mentre il sole viene coperto da nuvoloni neri e si scatena un altro temporale monsonico. Due ore dopo finalmente si rivede il barcaiolo: torniamo a Kradan e ci diamo appuntamento per ritrovarci tutti e sei per cena. È ancora presto, pioviggina e pensiamo di fare un massaggio, ma questa è Kradan, non Lipe! I centri massaggi sono pochi ed è necessario prenotarli. Compriamo così i biglietti per partire per Phuket con la solita Bundhaya Speed Boat (che strapaghiamo 2.650bath ma che ci dicono essere più affidabile) e ci sdraiamo a fare aperitivo al Kalumè, in attesa della cena. Optiamo per il ristorante del Kradan Beach Resort e rimaniamo soddisfatti della scelta: il cibo thai è gustosissimo, e accompagniamo un piatto di pesce fritto con insalata di mare e insalata di papaya fritta, piccante ma buonissima! Salutiamo Cornelia e il suo fidanzato e Anna e Marcello, con la promessa di andare a provare il loro ristorante thailandese, e rientriamo nel nostro bungalow per fare i bagagli. La vacanza sta trascorrendo velocemente, domani si riparte per l’ultima parte del nostro viaggio: destinazione PHUKET!

26 NOVEMBRE: PATONG

Oggi il sole splende su Kradan. La giornata è bellissima, il cielo pulito e finalmente ci permette di vedere le isole vicine nitidamente. Resteremmo volentieri un’altra giornata su quest’isola, a goderci la spiaggia che abbiamo quasi sempre visto coperta di nuvole, ma il nostro viaggio deve proseguire. Lasciamo Kradan con la paura che resti così meravigliosa nella sua crudezza ancora per poco tempo e con la speranza che rimanga il più a lungo possibile lontana dai circuiti turistici abituali. Con soli dieci minuti di ritardo prendiamo la speed boat. È proprio vero quello che mi dicevano sull’organizzazione degli spostamenti in Thailandia: ti attaccano un bollino colorato sulla maglia e ti portano dove vuoi! L’hotel che abbiamo scelto per questi ultimi giorni in Thailandia è il Ginger House, situato nel centro di Patong Beach, cuore della vita notturna della città, a cinque minuti dalla spiaggia e altrettanti dalla famosa Bangla Road. Ci arriviamo dopo un’ora di taxi organizzato in maniera super efficiente da una postazione al molo di Phuket: ti chiedono dove vai, ti danno la ricevuta e due secondi dopo sei già in auto! A Patong fa caldissimo e lo smog e l’afa rendono l’aria quasi irrespirabile; la città è affollata, persone provenienti da ogni parte del mondo passeggiano sul lungomare e nelle vie del centro. Un bel cambiamento rispetto a Kradan! Lasciamo i bagagli e partiamo per un giro di shopping, ma prima ci fermiamo in uno degli innumerevoli carrettini che vendono arrosticini e pad thai. Riceviamo il nostro piatto di pad thai cotto sul momento, lo “condiamo” con le salse e le spezie a disposizione e ci accomodiamo… sul marciapiede! Mangiare per strada qui è normalissimo, così come gustarsi un mega piatto di pad thai alle 4 del pomeriggio: qui si mangia sempre, in qualsiasi momento della giornata e qualsiasi cosa si stia facendo (mentre si guida un pullman, mentre si viaggia su un motorino, mentre si passeggia…). Passiamo così il pomeriggio tra negozi di abbigliamento, souvenir e prodotti di bellezza, per i quali i thailandesi hanno una vera e propria fissazione. Ogni due passi si trovano negozi dedicati all’estetica, pieni di creme e bagnoschiuma di ogni tipo. Curiosiamo tra gli scaffali, trovando una marea di creme per il viso sbiancanti che da noi avrebbero ben poca fortuna ma che qui sono gettonatissime, e altrettante creme e trucchi maschili dalle confezioni rosa a cui siamo poco abituati. Ci fermiamo al Coffee Club per un caffè espresso che paghiamo più di un pasto ma decisamente buono per trovarci all’estero e facciamo un giro dentro il Jungceylon, un centro commerciale nel quale è anche possibile comprare dei bei souvenir a poco prezzo. È incredibile il contrasto tra le luci e la modernità dei locali e lo stato in cui la città appare agli occhi di noi occidentali: enormi fili elettrici avvolti su loro stessi corrono sopra le nostre teste e le strade sono zeppe di buche e mattonelle mancanti. Ceniamo al Sak&Sa, un ristorante fatto solo di tavoli posti sotto un telo blu che ci ricorda le feste di paese che propone un menu semplicissimo: tutti i piatti costano 100bath. Ordiniamo pollo con salsa di ostriche e il piatto che si guadagnerà il titolo di “miglior piatto della vacanza”: stir fry sweet and sour chicken, pollo con salsa agrodolce. Il gusto e l’equilibrio dei sapori ci conquista subito e rimpiangiamo di non avere un pezzo di pane con cui poter fare la scarpetta con questa salsa dal sapore così speciale.

Ci troviamo a Patong Beach, perciò dove potremmo andare la sera se non sulla Bangla Road?! Se di giorno ci è parsa una semplice strada pedonale costellata di locali e bar, la sera appare completamente diversa, trasformandosi nel luogo dell’eccesso. Locali dalle luci accecanti e con musica a tutto volume si susseguono, bellissime ragazze in tacchi e minigonna invitano ad entrare nei locali, travestiti con abiti luccicanti posano per alcune foto, promoter lasciano volantini urlando il nome del locale per cui lavorano. È una fiumana di gente che percorre la strada, alcuni vestiti da sera, altri vestiti da discoteca, altri ancora (noi) con i soliti pantaloncini e infradito. Dappertutto i “butta dentro” ti circondano, insieme ai venditori ambulanti, ma sempre con grande garbo e non essendo mai invadenti. È sicuramente una tappa obbligatoria a Patong, caotica e attraente, ma per noi quasi soffocante. Ci sediamo in un locale ad osservare la vita della Bangla, venendo subito avvicinati da una ragazza che vuole intrattenerci giocando a forza quattro ma che capisce in fretta che vogliamo solo goderci una birra affacciati sulla strada. Lasciamo il caos della Bangla per rientrare in albergo, lieti di non intraprendere una nuova battaglia con le zanzare e di riavere a disposizione l’acqua calda, ma rimpiangendo un po’ i tranquilli bungalow sulla spiaggia delle notti scorse.

27 NOVEMBRE: BANZAAN FRESH MARKET E PATONG BEACH

Oggi facciamo tappa al Banzaan Fresh Market di Patong, il mercato locale, per curiosare tra le tante bancarelle e fare qualche acquisto. Quelle zeppe di frutti tropicali sembrano quasi dei quadri colorati, pesci di ogni tipo e crostacei ancora vivi sono tenuti in grandi vasche, ma è il reparto spezie quello che più ci interessa. Gli scaffali sono riempiti da tantissime salse e oli differenti che a prima vista ci appaiono tutte uguali ma che ci sforziamo di distinguere. Riconosciamo la salsa d’ostriche e la salsa di pesce che troviamo sul tavolo del nostro ristorante di fiducia e acquistiamo anche una salsa agrodolce con il proposito di provare a cucinare il pollo di cui ci siamo innamorati, insieme ad alcune spezie. Ci fermiamo ad una bancarella a comprare un piatto di riso per la colazione e scegliamo tra i tanti abbinamenti disponibili della carne tritata che ci dicono essere giusto un pochino piccante (le labbra ci bruceranno al primo boccone, era piccantissima!). Lasciamo i nostri acquisti culinari in hotel e decidiamo di farci un ultimo massaggio thai. I centri massaggi si trovano ovunque a Patong; noi optiamo per un centro che ci pare professionale e ben tenuto, il Number One, dove paghiamo 350bath per essere stritolati e tirati per un’ora. Il massaggio thai non è proprio rilassante, è molto tecnico e a volte quasi doloroso, ma ti rimette a nuovo, lavorando in maniera meticolosa su muscoli e nervi. Usciamo rigenerati dal centro massaggi e pranziamo nel nostro solito ristorantino scoprendo un altro ottimo piatto thailandese, il deep fried shrimp, delle piccole cotolette di gamberi accompagnate da salsa agrodolce. È ormai pomeriggio ed è ora di vedere finalmente la spiaggia di Patong. Sarà che il mare è un po’ agitato e che il tempo è un po’ nuvoloso ma non rimaniamo impressionati dalla Patong Beach, soprattutto provenendo da isole paradisiache quali Lipe e Kradan. La spiaggia è lunghissima e molto spaziosa e offre divertimenti fatti di moto d’acqua, parafly e gommoni. I venditori ambulanti sono innumerevoli e vendono di tutto: vestiti, gioielli, tatuaggi, massaggi, frullati e gli immancabili arrosticini. Ci ricorda un po’ la Romagna! Restiamo in spiaggia per vedere il tramonto, purtroppo rovinato da qualche nuvola e torniamo a cenare nel nostro ristorante di fiducia. Stasera lasciamo da parte il frastuono e i neon della Bangla Road e ci limitiamo ad un giro all’Hard Rock Cafè per poi tornare subito in albergo. Ormai è tempo di fare per l’ultima volta i bagagli: questa è la nostra ultima notte in Thailandia, e la tristezza inizia a farsi largo. Riempiamo gli zaini con la marea di vestiti, scarpe e souvenir comprati qui a Patong e ringraziamo ancora una volta di non esserci portati quasi nulla dall’Italia!

28 NOVEMBRE: PATONG BEACH

Oggi è il nostro ultimo giorno in Thailandia. Fa caldissimo e decidiamo di goderci fino all’ultimo il mare e il bellissimo sole. Ci fermiamo in un chioschetto a comprare un po’ di frutta per fare colazione e mi convinco che non posso andar via dalla Thailandia senza aver prima assaggiato il durian, il frutto tipico del sud-est asiatico famoso per emanare un odore simile a quello del formaggio. Non mi fido a comprare un’intera vaschetta di questo frutto perciò mi limito a provarlo sotto forma di gelato. Il sapore non è per nulla nauseabondo ma non rientra per niente tra i miei frutti preferiti! Finisco a fatica il mio gelato giusto per non darla vinta ad Andrea che mi aveva avvertita che non mi sarebbe piaciuto e passo con gioia a gustarmi del mango e della papaya mentre camminiamo verso la spiaggia. Ci stendiamo finalmente a prendere il sole, constatando che forse è la prima volta che ci fermiamo in spiaggia senza andare in esplorazione da una parte all’altra, e ascoltiamo delle vecchie canzoni thailandesi che un venditore ambulante appostato di fianco a noi spara a tutto volume. Il caldo sta ormai diventando insopportabile e l’ora della partenza si avvicina. Ci rechiamo al solito ristorante ricevendo un’amara delusione: è chiuso! “Ci vediamo domani!”, ci dice la proprietaria che ormai ci riconosce. Le spieghiamo con tristezza che stiamo partendo e finiamo all’Enjoy Restaurant ordinando per l’ultima volta i piatti che più ci sono piaciuti: pad thai, pollo con salsa agrodolce e le cotolettine di gamberi, che non ci piaceranno quanto quelli del “nostro” ristorante, e beviamo un altro thai tea sentendoci un po’ come i tedeschi che in vacanza in Italia abbinano il cappuccino a qualsiasi pasto. Partiamo alla disperata ricerca di un carretto per gustare per l’ultima volta degli arrosticini o almeno un buon frullato di mango ma non ne troviamo neanche uno, anzi, notiamo che anche alcuni negozi sono chiusi. Non lo sapevamo ma oggi qui si festeggia la Festa della Mamma e alcuni lo considerano un giorno festivo… Restiamo così con la voglia di arrosticini e torniamo in albergo ad aspettare il taxi che ci porterà all’aeroporto di Phuket. Ovviamente il taxi è in ritardo! Lo abbiamo chiamato per le 16, ma l’“ora thai” è diversa dalla nostra e il tassista arriva venti minuti dopo. Ci prendiamo un ultimo triste thai tea all’aeroporto e lasciamo Phuket e la sua iperattività, incredibilmente divertente per un paio di giorni ma sicuramente non adatta a noi per più di qualche giorno di vacanza. È già buio quando atterriamo al Don Muang Airport: ritiriamo i bagagli e prendiamo la navetta gratuita verso l’aeroporto internazionale Suvarnabhumi, sorprendendoci che sia puntuale! Attraversiamo Bangkok, reimmergendoci nel suo traffico e preparandoci al rientro. Tiriamo fuori biglietti e passaporti e affrontiamo di nuovo la fila all’ufficio immigrazione e i controlli per l’imbarco. Atterriamo a Malpensa dopo 12 ore di volo. Guardiamo il termostato sul cruscotto della macchina: segna esattamente 30 gradi in meno rispetto a quelli che avevamo fino a ieri! Eccoci tornati all’inverno, al freddo, al lavoro che domani ci attende. Rientriamo felici di avere nell’animo la voglia di viaggiare, che ci fa scoprire luoghi di una bellezza mozzafiato, incontrare persone che trascorrono vite diverse, assaggiare nuovi sapori, affrontare nuove esperienze. Ripensiamo alle spiagge paradisiache, ai templi dorati, al sorriso di Capitan Yuk e al diluvio monsonico su una piccola barchetta in mezzo al mare, alla forza della massaggiatrici, alla gentilezza delle cameriere, al gusto incredibile dei piatti provati e al senso alquanto distorto che i thailandesi danno alle parole “poco piccante”, ai loro perenni ritardi e alla capacità di prendere la vita con leggerezza, senza mai avere fretta, senza mai arrabbiarsi. Prima di partire abbiamo spesso sorriso alle osservazioni che ci venivano fatte. “Ma come, senza agenzia e senza prenotare?”, era la domanda che chi non è abituato a viaggiare ci poneva. Andrea lo sapeva già, io l’ho scoperto ora: la Thailandia è un paese meraviglioso, ospitale, organizzato, pronto ad aiutarti in ogni occasione. Un paese che vent’anni fa è entrato nel cuore di Andrea, e che ora ha conquistato un angolo anche del mio.

Torino, dicembre 2016. Ivana e Andrea

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Thailandia: risalendo il Mar delle Andamane



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