Thailandia: da vivere a piedi nudi e cuore scalzo
THAILANDIA DA SUD A NORD, DICEMBRE 2017: Krabi, Phi Phi, Koh Bulon, Koh Lipe, Chiang Mai e Chiang Rai
Premetto una cosa. A noi le cose semplici non piacciono, quindi il fai da te è un must. È impegnativo, bisogna documentarsi, chiedere informazioni, correre qualche rischio ma l’itinerario è fatto sempre su misura per soddisfare le nostre curiosità e appagare il senso di libertà. Niente Resort di alto lusso o escursioni di massa, mai più di quattro giorni nello stesso posto. La nostra è sempre una vacanza dinamica alla ricerca di luoghi ed esperienze che lasciano emozioni, da vivere a piedi nudi e cuore scalzo. Vedere località famose ci sta, ma organizzarle con piccoli sotterfugi per evitare la massa, è una grande soddisfazione. I prezzi riportati sono tutti in valuta locale e al momento il cambio è di 0,38, quindi dividete la somma dei Bath per circa 40. La corrente è la 220v e non occorrono adattatori. Il Wi-Fi si trova praticamente ovunque, negli hotel, ristoranti, bar quindi non avrete problemi a comunicare o cercare su internet le informazioni che vi occorrono. Portate repellenti per le zanzare e citronella o similari per la camera e ricordate che la sigaretta elettronica è severamente vietata e punita come fosse eroina.
Indice dei contenuti
KRABI – AO NANG
La preziosa Il nostro viaggio inizia a Malpensa, sotto una nevicata che ci fa temere qualche ritardo. Invece va tutto bene. Il volo di 11 ore con la Thai ci conduce direttamente a Bangkok dove, dopo tre ore, prendiamo il piccolo aereo della Bangkok Airlines che in meno di due ore ci porta a Krabi. L’aria è umida, i 26 gradi ci fanno scordare immediatamente il freddo italiano. Prendiamo un taxi che con 500 thb ci porta in mezz’ora al Vipa Resort a Ao Nang. Il Resort è piccolo e spartano ma il bungalow è immerso nel verde, ai piedi di una montagna che sembra la metà di un enorme panettone con lastroni verticali bianchi che si tuffano nella vegetazione rigogliosa. È a una quindicina di minuti a piedi dalla trafficata e caotica via principale che scende per un km verso il mare. Un susseguirsi di locali, ristoranti, caffè, supermercati, negozi di tatuaggi e souvenir, centri massaggio, banconi di tour operators che organizzano ogni tipo di escursione, tuk tuk, scooter, macchine, strisce pedonali mai rispettate, marciapiedi dissestati, sacchi neri di spazzatura che attendono di essere ritirati, odori di ogni tipo. La globalizzazione si personifica nel McDonald e nello Starbucks ma l’atmosfera è tipicamente orientale. La spiaggia ai piedi della strada principale è una lunga striscia di sabbia bianca costellata di longtails, le tipiche barche simili a gondole che, con il loro particolare motore (di auto!), rimbombano come elicotteri. Sono loro i mezzi principali per spostarsi sulle splendide isole o sulle vicine, spettacolari, spiagge di West Railay, East Railay e Phra Nang, collegate tra loro tramite sentieri all’interno dei resort. Su questo versante, il panorama è mozzafiato e, se si evita di guardarsi intorno e notare la massificazione, si può pensare di essere stati immortalati in una cartolina. Enormi faraglioni sbucano dal mare turchese e smeraldo, mentre alle spalle della spiaggia candida, si sviluppa imponente una fitta boscaglia con caverne e archi naturali spettacolari. Le scimmie scendono impavide verso la civiltà e, incuranti dei flash, si lasciano fotografare quasi in posa, con un bicchiere in mano, una banana o un pezzo di panino. Consiglio la spiaggia di Phra Nang, in fondo, vicino alla grotta scavata dall’acqua. I colori del mare sono pennellate dalle diverse sfumature e l’acqua è trasparente ed invitante. Se invece preferite avere a portata di mano acqua, bibite, gelati e cibo, sarete accontentati dalle Longtail che, ancorate alla spiaggia di West Railay, con enormi cartelloni plastificati esibiscono le foto della loro mercanzia. Nei due giorni successivi recuperiamo la veglia di quasi 36 ore con lunghe dormite ma non ci facciamo mancare l’occasione di organizzare un paio di escursioni. Ci affidiamo al Krabi Vip Tour (https//www.krabiviptour.com/krabi-tour) gestito da Federico e la sua speed boat da 11 posti. È più caro rispetto alle innumerevoli proposte delle agenzie locali ma ne vale la pena. La barca è nuova, il servizio accurato e non si è ammassati sui tanti barconi che popolano il mare. Il turismo coreano e cinese è esageratamente presente e spesso si muove in massa verso le attrazioni più famose, quindi attenzione se non volete ritrovarvi stipati come sardine. Scegliamo il tour delle 7 isole + tramonto. Partenza alle 13.00 e rientro alle 20.00. Prezzo: 1.500 thb + 400 per parco marino. Poda Island, Chicken Island, Tup Island, Door, Talu, MaeUrai. Posti splendidi, indimenticabili. La gita inizia nel pomeriggio, proprio quando la maggior parte dei turisti lascia le isole per far ritorno all’hotel, ciò significa che si può godere pienamente delle isole, senza turisti che affollano l’arcipelago. Durante il tour è possibile fare snorkeling sulla barriera, consumare il proprio pasto su una spiaggia immacolata, approfittare della bassa marea per sprofondare i piedi nella lunga lingua di sabbia bianca che collega l’isola di Tup a Chicken Island, rivolgere un silenzioso pensiero alle vittime dello tsunami ricordate con nomi incisi su massi bianchi e tasselli di legno nella spiaggia di Poda, godersi il tramonto con birretta a Railay e, quando cala il buio, nuotare in mezzo al plancton fluorescente. Nelle tre sere di permanenza, per cena, proviamo il Massiman, consigliato da Riccardo, tipica cucina Thai; il Cheap Cheap per il BQQ fish e il Tandoori, ristorante indiano che spezza la monotonia della scelta. Tutti sulla lunga via principale.
Il terzo giorno è già ora di lasciare Ao Nang alla volta di Phi Phi Island. Approfittiamo del Krabi Vip per unire l’escursione alla trasferta e farci strabiliare dalla meraviglia delle meraviglie di questo arcipelago: Maya Bay, resa famosa per il film The Beach, che ha lanciato Leonardo di Caprio. Acqua turchese spiaggia bianca, caverne e splendida laguna color smeraldo alle spalle (Lohsaman Bay); Bamboo Island, niente da invidiare alla precedente per la sua ampia spiaggia bianca; Monkey Beach, famosa per le scimmie dispettose. Consiglio di portare con sé solo il cellulare perchè la loro cleptomania è famosa. Certo, i posti non sono più incontaminati ma puntellati da vestiti colorati, cappelli a tesa larga, occhi a mandorla e telefonini con asta per selfie sempre pronti a scattare. Ci si diverte di più a guardare le pose più assurde degli asiatici, dalla femme fatale ai gesti dei supereroi, che fare snorkeling tra i pesci tropicali! Salutiamo il Krabi Vip e la simpatica compagnia di una coppia di sardi, per dirigerci in long tail boat verso la prossima dimora.
PHI PHI DON: LA FRICCHETTONA
Molti parlano di Phi Phi come una sola isola, in realtà sono due: Phi Phi Don e Phi Phi Leh. La prima famosa come una diva di Hollywood, con tutti i suoi pro e i suoi contro, la seconda deserta. Chi l’ha vissuta vent’anni fa, quando era abitata da pescatori, e i turisti erano pochi avventurosi, la critica molto ma, secondo il mio modesto parere, conserva ancora una singolarità unica. Quindi, non lasciatevi scoraggiare da alcune recensioni catastrofiche presenti in rete: Phi Phi è ancora un luogo di una bellezza sconvolgente. Un piccolo paradiso in cui convivono resort di lusso e ostelli trasandati, turisti che cercano qualche giorno di riposo assoluto e ragazzi interessati alla vita notturna. Phi Phi è perfetta per tutti, basta essere consapevoli delle sue caratteristiche e fare le proprie scelte di conseguenza, soprattutto in merito alla struttura in cui dormire. Il piccolo villaggio di Tonsai è stato completamente ricostruito ed è il cuore pulsante dell’isola. Formato da un dedalo di viuzze, è come un ingarbugliato Bazaar, con locali, negozietti, bar, piccoli supermercati, bancarelle di street food, tattoo studios, farmacie, gente che va e che viene. Moltissimi giovani a dorso nudo, in costume e piedi scalzi animano le vie creando un piacevole e libero movimento. È la zona più affollata e rumorosa dell’isola e per il pernottamento la consiglio solo a chi vuole dedicarsi prevalentemente alla vita notturna. Consiglio di provare una cena al Dow, un ristorantino semplice, dove da un lato della strada principale si può trovare cibo vegano e vegetariano, dall’altra fresco pesce alla griglia e cucina Thai. Tonsai è anche la zona dove approdano le barche e le Long tail, nella lingua di sabbia che collega due colline, ma ci sono zone dell’isola dove si possono godere ore di pace in piccoli Paradisi, quasi in isolamento. Ad esempio, l’intera costa orientale, oltre ad essere stata meno toccata dallo tsunami, non ha sofferto di alcuna speculazione. Certo qualche nuovo resort è stato costruito, ma con intelligenza, senza forzature e senza rovinare il paesaggio. Qui trovi spiagge magnifiche, tra le più belle delle Thailandia. Con un mare azzurro, limpido e trasparente, quasi come ai Caraibi o le isole giuste dell’Oceano Indiano. Attenzione però perché è molto lontana da Tonsai e da tutti i suoi servizi. Per una Long Tail con partenza da Laem Tong Bay si spendono 1.000 bath a persona, quindi anche il semplice spostamento per i pasti diventa impegnativo e la sera bisogna accontentarsi dei ristoranti in zona. Se cercate la tranquillità assoluta allora la costa est è perfetta, ma a mio avviso Long Beach è un compromesso migliore. Se poi riusciste a trovare qualcosa ai margini di Tonsai, sarebbe il top! Long Beach dista solo 20 minuti a piedi da Tonsai ma considerate che la strada la sera è poco illuminata , trafficata dai furgoni e scooter locali (non noleggiano nessun mezzo di trasporto ai turisti) e ricca di ripide salite. L’alternativa per raggiungere Tonsai, dove come dicevo, la scelta dei ristoranti e locali è molto più ampia, sono le Long Tail che con solo 10 minuti di navigazione e 150 bath a persona vi condurranno nel cuore della vita notturna. In zona Long Beach non c’è molta scelta, a parte un paio di ristoranti degli hotel. Consiglio comunque un drink dopocena al bar sulla spiaggia del Resort The Beach. Cocktail discreti, ambiente easy, bella musica e spettacoli con il fuoco.
Una cosa che assolutamente vi sconsiglio è venire sull’isola con le gite di un giorno da Phuket, sarebbe una giornata buttata. Vi ritrovereste con altre centinaia di persone a condividere gli stessi stretti pontili, gli stessi ristoranti e la stessa fetta di spiaggia. Zero poesia, zero bellezza. Se volete visitare Phi Phi prendetevi 2 o 3 giorni e soggiornate nella zona meno frequentata. Noi abbiamo optato per l’Hip Resort, a Long Beach, sul cocuzzolo di una collina, raggiungibile esclusivamente tramite 50 ripidi scalini. La nostra palafitta dá su un panorama spettacolare, è spaziosa e confortevole. L’unica pecca è il servizio. Poco professionali e avari nella colazione e attenzioni. Se durante il giorno non volete rimanere confinati sulla Long Beach, da lì, con una passeggiata di 10 minuti si può raggiungere la bellissima spiaggia di Loh Moo Dee, sul lato opposto dell’isola dove, i pochi turisti trovati, sono la massa di coreani che ogni tanto scendono dai barconi ma che si fermano giusto il tempo di un bagnetto. Qui, la mattina, l’acqua è quasi commovente. Trasparente e turchese, invitante e pura. Verso il pomeriggio il mare si ritrae ma si può godere dell’isolamento e del silenzio. Da lì con una passeggiata di circa 45 minuti, attraverso una strada asfaltata dalle notevoli pendenze (d’obbligo una buona scorta d’acqua) e un sentiero di terra battuta che si inerpica in una fitta boscaglia, si può arrivare al Seaview Point da dove ammirare lo spettacolare panorama che si affaccia su Tonsai, dove un istmo divide una baia dal color cobalto dalla laguna turchese di Loh Dalam. Proprio qui, nel mezzo di un curato giardino tropicale, si trova il Memorial dello tsunami che nel 2004 distrusse questa bellissima isola e la vita di migliaia di persone. Un’alternativa al percorso è quella di partire direttamente da Tonsai, dal Tourist Village, per prendere la più breve ma molto impegnativa salita composta da un centinaio di scalini e stretti sentieri tortuosi.
KOH BULON: LA PARADISIACA
I tre giorni a Phi Phi volano e ci troviamo in un attimo sullo speed boat che dopo qualche tappa e quasi 4 ore di mare mosso e mal tempo, si ferma al largo di Koh Bulon. Una Long Tail viene ad accoglierci e il trasbordo di persone e bagagli avviene in mare aperto. Siamo solo in 4 a scendere dalla Long tail e affondare i piedi nella sabbia borotalco che ha le sembianze della neve. Il tempo è ancora brutto ma non piove. Decidiamo di capire quanto è grande questo atollo maldiviano. In breve ci accorgiamo che è davvero piccolo, piccolissimo. In meno di quindici minuti si attraversa a piedi mediante un sentiero poco segnalato che si addentra nella foresta. Attraversiamo palafitte nascoste tra le fronde, una scuola che accoglie i pochi bambini dell’isola, alberi della gomma, un paio di bar frequentati da locali e arriviamo nella spiaggia opposta, la Sunset, in piena bassa marea, con i pescherecci immobili tra sabbia e rocce. Decine di gabbie per la pesca sono accantonate in prossimità della riva. Qui gli abitanti vengono definiti gli zingari del mare e sono personaggi molto particolari. Il Pansand Resort, dove alloggiamo, è bellissimo. Semplice nel suo complesso ma alle spalle della più bella spiaggia dell’isola. Le piccole palafitte all’ombra di palme e alberi secolari, sono spartane ed essenziali. Così vicine al mare che la notte se ne sente il canto, così in mezzo alla natura che la sveglia all’alba te la danno gli uccellini e la buona notte i grilli dai fischi lunghissimi e le cicale. Asciugamani al posto delle lenzuola, senza acqua calda, elettricità solo dalle 18:00 alle 06:00… Questa è la vera Thailandia, quella incontaminata e più vera.
Ogni mattina, uscire a piedi scalzi e ritrovarsi immediatamente in spiaggia per incantarsi davanti all’alba è una delle cose più rasserenanti che ci possano essere. La sabbia è compatta e le lunghe passeggiate, respirando iodio a pieni polmoni, sono un dono per lo spirito e il corpo. Non c’è molto da fare, a parte poltrire sotto una palma o nell’ombreggiato giardino del Resort con un bel libro, nuotare, farsi una corsa lungo la spiaggia, bere una birra ghiacciata sotto il gazebo in riva, concedersi qualche massaggio e cenare all’Hug Bulon. Questo è un chiosco incantevole, tavolini sulla spiaggia, lanterne ad illuminare, ottimo cibo a pochi soldi, splendida musica. Gestito da una famiglia Thai: il nonno, il cuoco, che porta sempre una torcia spenta in testa vi porterà direttamente in tavola i piatti prescelti, il papà così allampanato che potrebbe essere un nuovo protagonista della famiglia Adams è colui che prende le ordinazioni; la mamma, che non sorride mai è quella che sovrintende e controlla, e i due figli, egocentrici gipsy, si dedicano ai cocktails e al bar. Se sarete fortunati, alla fine della serata, i due ragazzi dalle splendide voci e le chitarre in mano vi dedicheranno un’ora di estasi. Un posto così stupefacente che non potreste volere di meglio. Dovrete assolutamente assaggiare il loro mojito all’ottimo prezzo di 100 bath e il Sea food Phad Thai, in assoluto il più buono di tutta la vacanza! Consiglio: dopo le 16.00 mettere sempre abbondate repellente perché le sand flies sulla spiaggia non vedono l’ora di lasciarvi dei ricordini poco simpatici. Se poi volete aggiungere una coccola alla vostra permanenza affidatevi alle mani esperte delle massaggiatrici del Bulon Resort e se siete un po’ masochisti chiedete un Thai massage, ottimo per sciogliere le contratture ma da fare a denti stretti.
KOH LIPE: LA MAGICA
Con i suoi 2 km di lunghezza e 1 di larghezza, Koh Lipe in confronto a Koh Bulon ci dà la sensazione di poterci perdere. Spiagge bianche o dorate ma mare turchese e a tratti smeraldo mettono un freno alla malinconia lasciata dall’isola che abbiamo da poco abbandonato. C’è una ragione del perché le spiagge di Koh Lipe siano così pulite. Ogni lunedì, tramite il Trash Hero Project, turisti e locali volontariamente si prestano a ripulire le spiagge da detriti portati dal mare o bottiglie lasciate sulla riva dagli incivili. In cambio ricevono un pasto e da bere. Un’iniziativa eco solidale che mai mi sarei aspettata in Thailandia e che mi ha piacevolmente sorpreso. La strada principale denominata Walking Street attraversa l’isola e collega le due spiagge principali: Pattaya e Sunrise Beach. La prima bianca, lunga, profonda con la sabbia così compatta che ti invoglia a camminare o correre; la seconda, dorata, con sabbia più grossa, meno profonda e scoscesa. Verso Sunset Beach si apre su una duna bianca con una lingua di sabbia che si tuffa nel mare. Entrambe le spiagge, seppur molto diverse hanno in comune le Long tails, i Resort che si nascondono nella fitta vegetazione che le lambisce, ristoranti e bar sulla spiaggia dove consumare un drink sdraiati su stuoie e cuscinoni. Tutto condito da un’ottima musica. Tutto turistico ma molto amalgamato alla natura e all’ambiente. Tappa fissa per molti è il tramonto a Sunset Beach per farsi incantare dagli infuocati tramonti di Lipe. Ottimo mojito a 100 thb. La Walking Street è la lunga via dello struscio. Qui si susseguono bar, ristoranti, diving center, tour operator, supermercati, bancarelle, negozi, centri massaggi, farmacie. Dalle 18:00 è chiusa al traffico, non che sia esagerato, ma a volte tuk tuk e scooter che cercano di farsi spazio tra la folla, sono veramente fastidiosi. Sulla Walking, segnalo il Pooh’s (sia come massaggi che per il ristorante e bar), il Papaia per il bbq di pesce. Raccomando anche il tour operator Thai Beach Travellers quasi all’inizio della via, venendo da Pattaya a sinistra. Ottimi prezzi ed eccellente organizzazione. Se cercate invece qualche vestitino esotico e particolare, approfittate del B Freak, di proprietà di una ragazza italiana e un argentino che vivono a Lipe da 12 anni. È piuttosto costoso per gli standard ma i capi sono originali e si differenziano nettamente dalla massa. Poi passate dal Same Same per un drink, buona musica e la compagnia di un gruppetto di cani e gatti che convivono amorevolmente. Sulla spiaggia Pattaya, invece, dopo uno spritz accompagnato da una piadina romagnola al Kiosketto (se dopo due settimane diventate nostalgici di qualche tradizione italiana), se vorrete cenare in riva al mare, con i piedi nella sabbia e un bel pesce grigliato nel piatto, non perdetevi il Daya Restaurant, poco più in là, verso la fine di Pattaya Beach. Bella musica e ambiente particolare anche al Monkey. Oppure trasferitevi sulla Sunrise al Sunrise Restaurant dove il pesce al bbq è superlativo! Dopo tanti viaggi ed esserci sempre ripromessi di evitare ristoranti italiani all’estero, la vigilia di Natale abbiamo fatto un’eccezione e per la prima volta abbiamo trasgredito. La scelta è andata sul Capriccio, dal look accattivante ma dal servizio lentissimo e prezzi molto alti rispetto allo standard. Però la bottiglia di Trebbiano d’Abruzzo, della quale non abbiamo risparmiato nemmeno una goccia, ci ha reso felici come bambini che si accingono a scartare i regali di Babbo Natale. Se passerete qualche giorno a Lipe e vi stancherete dei soliti panorami, potreste optare per una escursione sulle isole di Koh Adang e Koh Rawi. Evitate l’uscita di gruppo, se potete, e prendete una Long Tail tutta per voi. Costa il doppio, ma la differenza di 20€ non è esagerata se vi permette di non essere schiacciati come sardine e di avere un minimo di autonomia in più. Si parte alle 09:30 e si torna alle 16:00 con diverse tappe per lo snorkeling (barriera splendida con coralli e pesci di ogni genere) e un’ora e mezza per l’eventuale pranzo, al quale dovrete provvedere voi, e riposino in spiaggia. Purtroppo, se come noi, andrete in alta stagione, non potrete pretendere di essere soli o di non vedere attorno a voi decine di giubbetti galleggianti arancioni con dentro asiatici che affollano le altre barche e gli stessi spot per lo snorkeling. L’escursione si acquista dai tour operator (noi ci siamo rivolti sempre al Thai Beach Traveller) e il pick up è di fronte al Resort.
BENVENUTI AL NORD – CHIANG MAI: LA SPIRITUALE
Lasciamo Koh Lipe alle 11:30 con la Speed Boat per Pak Bara dove alle 13:30 troviamo il taxi che ci condurrà in aeroporto a Hat Yai. Per il trasferimento ci affidiamo sempre alla Thai Beach che con 600 thb a testa (speed boat + taxi) ci offre un ottimo e completo servizio. Bisogna riconoscere che l’organizzazione dei trasporti è da veri professionisti e spesso molto più efficiente di quella italiana. Arriviamo all’aeroporto in perfetto orario per il volo Air Asia delle 18:25 che in un’ora e mezza ci condurrà a Chiang Mai. Il nostro hotel, il Buri Boutique Resort, si trova a due passi da uno dei templi più belli della Old Town, il Wat Phra Singh e a 400 mt dall’ottimo ristorante Roof 69 che offre cucina internazionale e Thai. Il traffico e lo smog, a cui non eravamo più abituati, ci fanno arricciare il naso e sorridiamo appurando quanto poco siano rispettate le strisce pedonali e le piste ciclabili. L’idea iniziale di noleggiare una bici o uno scooter non ci sfiora nemmeno per sbaglio anche perché le maggiori attrazioni sono tutte molto vicine e i Red taxi (dei pickup coperti) sono ovunque e molto economici, basta alzare una mano, dare l’indirizzo e salire al volo. La città vecchia è un quadrato circondato dai resti di vecchie mura e da un canale. Nelle vie principali c’è una così alta concentrazione di templi da farne indigestione. La Ratchadamnoen Road, la Rachavakinai Road, la Ratchanaka Road ne sono il fulcro. Ci sono quelli dorati (più diffusi), quello di legno e il Silver, un po’ meno conosciuto ma molto particolare. Se avete qualche domanda esistenziale legata al buddhismo o qualche curiosità da soddisfare non fatevi mancare l’occasione di una chiacchierata con i monaci per uno scambio interculturale. Loro saranno felici di praticare l’inglese e voi di capire qualcosa di più della loro filosofia di vita. Tutti i pomeriggi, dalle 13:30 alle 18:00, nel cortile esterno del bellissimo Wat Chedi Luang potrete fare conversazione con i monaci o i novizi (aspiranti monaci che hanno meno di 20 anni). Una sola raccomandazione: i monaci non possono essere toccati dalle donne e nemmeno ricevere direttamente qualche oggetto; per non fargli torto appoggiatelo su un tavolo o fateglielo allungare da qualche uomo. Frequentare un tempio è possibile per tre giorni, tre mesi o tre anni; ciò dà la possibilità ai ragazzi che non possono ricevere un’istruzione di ottenerla gratuitamente in cambio di alcuni servizi (pulire, cucinare, servizi sociali). Il tempio più visitato è il Doi Suthep, costruito su una collina ad una quarantina di minuti della old town. Si può accedere al complesso principale tramite la funicolare o percorrendo una scalinata di 300 gradini. Non così tanto diffusi come i templi, ma molto frequenti, sono i mercati. Il Pratu Chiang Mai market è una distesa di bancarelle dove trovare un’ampia offerta di street food, mentre i mercati più famosi ed estesi sono il Night Bazaar Market e il Saturday Market che si sviluppa lungo la Saturday Walking Street, aperto solo di sabato. Un’alternativa più tranquilla la si trova lungo le sponde del fiume Ping, fuori dal centro, dove si susseguono ristoranti e locali. Infine non si può non citare il Warorot Market (da visitare durante il giorno), frequentato dai thailandesi, con un’infinità di bancarelle dove sbizzarrirsi con foto di vita locale. Nella città vecchia, sulla Prapokklao Road, fermatevi per un’ottima centrifuga (senza acqua, succo artificiale, zucchero o ghiaccio ma esclusivamente frutta e verdura) da Fresh Time o godetevi un‘ottima cena francese alla Fourchette. Tutto il centro pullula di ristoranti, bar, chioschi, agenzie per escursioni ma se vorrete vedere negozi più moderni e particolari andate nel quartiere Nimman e girate per le vie interne. L’atmosfera è hipster e le vetrine invogliano ad entrare a curiosare, perdendosi tra vestiti stravaganti e colorati e pezzi di arredamento vintage. Non posso che consigliarvi vivamente di ritagliarvi del tempo per recarvi al Nimman House massage per due ore di massaggio Thai e una di oil massage. Pulito, rilassante e con massaggiatrici bravissime. Inclusi nell’irrisoria cifra di 20 euro, ci saranno vestiti profumati in leggero cotone che dovrete indossare per il Thai massage + mutandine usa e getta + acqua, tea e biscottini. Uscirete veramente rinati e vi sembrerà impossibile che quelle 3 ore siano passate tanto velocemente! Noi ne approfittiamo per ben due volte, visto che il meteo è poco clemente e la pioggia non ci lascia tregua per diversi giorni, tanto da lasciare Chiang Mai senza aver mai visto il sole. Se invece vorrete fare qualcosa di particolare, nella città vecchia ha sede il Thai Massage Conservation Club che ha una particolarità: i massaggiatori sono tutti ciechi, notoriamente esperti grazie al loro sviluppato senso del tatto. Anche il Chiang Mai Women’s Prison Massage Center si trova nella città vecchia ed è assolutamente da provare. La cosa bella è che le massaggiatrici, bravissime, sono detenute in carcere per reati non gravi. All’interno del loro programma di recupero c’è anche l’apprendimento dell’arte del massaggio, professione che potranno mettere in pratica una volta uscite. Tutti gli introiti dei massaggi vanno interamente a loro. Causa mal tempo, salta il trekking di due giorni che ci eravamo prefissati di fare, ma per fortuna a Chiang Mai ci sono delle valide alternative. Se volete capire quali sono gli ingredienti e come cucinare i vostri piatti Thai preferiti, un’ottima opportunità è data dai corsi di cucina. Noi scegliamo quello pomeridiano/serale, proposto dalla Baan Thai Cookery School. Ottimamente organizzato, vengono a prenderti in hotel, ti portano al mercato per mostrarti gli ingredienti principali della cucina thailandese sottolineandone le caratteristiche, ti fanno scegliere 4 portate che cucinerai e consumerai (attenzione a non esagerare con il peperoncino e il curry!). Il corso ha una durata di 4 ore, dalle 16:30 alle 20:00. I nostri piatti (Phad Thai, Papaia Salad, Chicken in coconut milk e Green curry soap) non erano proprio da Master Chef ma dignitosamente commestibili. Un’altra esperienza che mi sento di suggerirvi è di trascorrere almeno una mezza giornata con gli elefanti. Non approvando chi se ne serve per farli cavalcare ai turisti, scegliamo il Kanta Elephant Sanctuary (www.kantaelephantsanctuary.com), per un’attività ecosostenibile. Prenotiamo per l’opzione della mattina (7.30 – 12.00) a 1.500 bath. Il pick up in hotel è puntuale, dividiamo il minivan con un’altra decina di persone. In 50 minuti arriviamo a destinazione. Ci consegnano una divisa da indossare sopra il costume perché il programma prevede non solo di dargli da mangiare (canna da zucchero di cui vanno ghiotti) ma anche di immergersi in un piccolo laghetto fangoso muniti di spazzola e catino per fargli il bagnetto e prendersi cura di loro. Il Sanctuary è attivo da due anni e in tutto hanno 15 elefanti di tutte le età che sono stati salvati dai duri lavori, come trasportare tonnellate di legname. Dopo un’ora e mezza a stretto contatto con loro, c’è la possibilità di fare una doccia e rifocillarsi con frutta, biscotti, tea e caffè. In omaggio anche una t-shirt del Kanta. Chi volesse trascorrere più tempo al Sanctuary, aggiungendo 1.000 bath, può fare un giorno intero.
CHIANG RAI: IL BIANCO, IL NERO E IL COLORE DEI FIORI
Man mano che passano i giorni, il flusso turistico aumenta anche al nord, tanto che per la mattina non riusciamo a trovare posto sui bus che dovrebbero portarci a Chiang Rai. Il primo disponibile è alle 14.00 ma avendo pianificato di trascorrere a Chiang Rai l’ultima giornata e dovendo affrontare come minimo tre ore e mezzo di viaggio, sarebbe un vero peccato arrivare nel tardo pomeriggio perché non riusciremmo a vedere nulla. Fortunatamente, l’ufficio dei Green Bus (pullman che fanno questo tragitto), di fronte al Phra Singh Temple, ci trova un’ottima soluzione. Con un minivan condiviso con altri, per 300 bath a testa, riusciamo a partire alle 09:00 e farci portare non solo a Chiang Rai ma anche al famoso Wat Rong Khun, meglio conosciuto come White Temple. È la sfavillante e immacolata creazione di un artista tailandese eclettico e sofisticato, Chalermchai Kositpipat, ed è interamente in gesso bianco con vetri incastonati che brillano al sole. Ogni dettaglio del tempio, come il ponte “The cycle of rebirth”e “il Gate of heaven” ha un significato particolare e incoraggia i visitatori sull’insegnamento del buddhismo che mostra la via per sfuggire alle tentazioni e concentrarsi sulla mente. Là dove i murales di molti templi rappresentano scene di storia buddista, il White Temple contiene affreschi coloratissimi con supereroi e personaggi dei fumetti (Batman, Spiderman, Hello Kitty) che raffigurano il bene e il male, il sacro e il profano. Un concentrato di stramberie che lo rendono unico. Una situazione parimenti surreale, la potrete ritrovare nel nero, cupo e macabro contesto del Baan Dam o Black House. Anch’esso ad una decina di km dal centro, verso l’aeroporto, è stato partorito dalla mente un po’ perversa di un altro famoso artista thailandese, Thawan Duchanee. Si tratta di un complesso di case in legno, tutte verniciate di nero, con al loro interno teschi di animali, corni, pelli di coccodrillo. Una specie di museo all’interno di un ampio parco con tanto di laghetto. Il centro di Chiang Rai non è molto esteso e va girato a piedi. Partendo dall’incrocio della pacchiana Golden Clock Tower, i templi più importanti sono tre: Wat Ming Muang, Wat Phra Kaew, Wat Phra Singh. Percorrete poi la Street Bazaar, che dalle 18.00 si riempie di bancherelle e la Walking Street. Se siete coraggiosi e avete voglia di uno snack, fatevi riempire un bicchiere di grilli o vermi fritti. Per puro caso ci imbattiamo nel famosissimo festival dei fiori nel parco Mueng Chiang Rai, che si tiene ogni anno a fine dicembre. Una vasta distesa di tappeti e tunnel fioriti dove farsi avvolgere dal profumo intenso e dall’acqua nebulizzata. Manichini di donne con vestiti principeschi realizzati completamente con rose, garofani e gigli. Tutto intorno, un’aria di festa e giocosità. Da non perdere è lo spettacolo della torre dell’orologio che alle 20.00 si apre, a suon di musica, per mostrare il fior di loto che conserva al suo interno. Il piccolo hotel che ci ospita, il Baan Jaru, è in un’ottima posizione, nuovo, curato, economico e con un proprietario che finalmente parla un inglese comprensibile. Consigliato, così come il centro massaggi Arisara Thai Massage, dove masochisticamente ci regaliamo le ultime due ore di massaggio Thai, in un ambiente accogliente e pulito. E così si conclude il nostro viaggio in Thailandia, terra di luci, colori, immagini, odori, sapori, sorrisi, coccole e fiori. Un viaggio semplice, liscio come l’olio, nessun imprevisto tranne la pioggia del nord, ma come si dice in certi casi: mai darsi per vinti perché c’è sempre una valida alternativa che ci aspetta dietro l’angolo!
Kop khun khrap e a presto!