Tenerife: un viaggio bellissimo e un mare…di curve
Che bello tornare a viaggiare
Quando ho scoperto che era possibile tornare a viaggiare mi è sembrato quasi di vivere un sogno. Sembrava impossibile, sembrava che quel giorno non sarebbe più arrivato. O perlomeno non così “velocemente”. Ma non avevo tanto tempo per metabolizzare questa notizia, dovevo mettermi all’opera. Da lì a pochi giorni il mio volo sarebbe decollato.
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Amo le settimane (ma anche i mesi) che mi separano dalla prossima avventura. Molto tempo per sognare, fantasticare, programmare, ma soprattutto tempo per aspettare. Che per quanto folle possa sembrare, è la parte più vera ed intensa di un viaggio. È un mix di emozioni inspiegabili ma al contempo uniche. Questa volta, e credo che ormai sarà una consuetudine, abbiamo organizzato tutto in 15 giorni. Quindi mettetevi subito l’anima in pace: troverete dei prezzi più alti rispetto a quelli che avreste trovato due anni fa. Ma non sarà un volo dal prezzo troppo sproporzionato a fermarci (ci sarà dell’altro, o quasi).
Altra cosa fondamentale da fare per organizzare il proprio viaggio è controllare attentamente il sito della Farnesina nella sezione “viaggiare sicuri”. Qui troverete tutte le informazioni utili sui permessi e le restrizioni che ogni Paese sta adottando in un dato periodo. Un fattore comune è il tampone molecolare, effettuato 72 ore prima dell’arrivo e in lingua inglese.
In un lampo era già sabato: il giorno del tampone. Devo ammettere che ero abbastanza terrorizzata, eppure per una nuova avventura avrei affrontato questo e altro. Tempo poche ore avevamo già l’esito tra le nostre mani: negativo. Ok, era quasi fatta. Prima di partire dovevamo ancora finire di completare i nostri dati.
Si sta discutendo circa la volontà di voler applicare un passaporto sanitario: ecco quello che più o meno abbiamo fatto anche noi. Abbiamo scaricato un’app ed inserito vari dati personali, del volo e dell’hotel in cui avremmo pernottato. A poche ore dalla partenza abbiamo poi terminato inserendo informazioni riguardanti il tampone. Una cosa davvero molto semplice e poco invasiva a livello di privacy.
Non a caso non capisco il motivo per cui ci sia tanto astio a riguardo, ma ovviamente è solo un parare personale, qui meglio tornare al nostro viaggio.
Finalmente lunedì: è il grande giorno. Seppur organizzato in fretta e furia, quel giorno sembrava non voler arrivare mai.
Sono le 10:00 quando con il nostro zaino in spalla varchiamo le porte di un aeroporto tristemente vuoto.
Un silenzioso, e quasi svogliato, poliziotto ci allunga un’autocertificazione (la classica che ormai abbiamo tutti in borsa o nel portafogli). Lo compiliamo velocemente e ci incanaliamo in una piccola fila indiana nei pensi dei metal detector.
Prima tappa: Tenerife
Dopo 4 ore di volo siamo finalmente arrivati a destinazione: Tenerife.
Una lunga fila ci precede per i controlli, ma il tutto è risultato essere abbastanza veloce. Ci rechiamo rapidamente al banco del noleggio auto. Qualche informazione e abbiamo subito tra le nostre mani le chiavi di quella che, da lì a poco, sarebbe diventata la nostra compagna di avventure. 134, è questo il numero di parcheggio che dobbiamo cercare. Un’auto bianca, all’avanguardia e con il logo della società C.I.CAR. (Canary Islands Car, che è possibile trovare su tutte le isole canarie) ci mostra con fierezza il suo muso.
Un po’ di spray igienizzante qua e là e siamo pronti per raggiungere la nostra base: Los Cristianos. In circa 15 minuti siamo davanti al nostro apartahotel che risulta essere chiuso. La nostra struttura faceva parte di una catena più ampia, e dato il basso afflusso di turisti, ha incanalato tutte le prenotazioni in un unico edificio.
John Wayne. Appartamento 3405.
Gettiamo in un angolo le nostre valigie, indossiamo frettolosamente il costume da bagno e ci incamminiamo verso la spiaggia. Uno splendido tramonto ci attende a Playa de Las Vistas.
Giorno 2: Buena Vista del Nord
Ci alziamo di buon’ora ma siamo costretti ad attendere le 8:30 per poter fare colazione. Un caffè (davvero disgustoso) e qualche mini brioche ci riempiono lo stomaco per affrontare questa prima giornata sull’isola spagnola.
Sono circa le 10:00 quando finalmente saliamo in auto. Tacitamente abbiamo creato un accordo in cui si sottoscrive di vivere questa vacanza-avventura in totale relax. Entrambi avevamo bisogno di rigenerarci l’anima e buttarci alle spalle mesi di stress lavorativi. Volevamo solo rilassarci scoprendo nuovi spazi del mondo. Bastava anche una sola piccola città, non ci importava, contava solo farlo con totale calma.
Siamo pronti per raggiungere Buena Vista del Nord.
Così inizio a prendere confidenza con le innumerevoli curve che quest’isola prevede. Non sono molto felice quando queste diventano fitte, ma devo ammettere che ogni curva era un vera e propria emozione. In ogni istante poteva capitare di trovare un punto strategico per poter ammirare il paesaggio. E questa è anche un po’ la grande fregatura di vedere davanti gli occhi luoghi così affascinati. Già, perché se un tragitto sarebbe percorribile in un’ora, vorrete fermarmi ogni istante, facendo raddoppiare le tempistiche.
Siccome tutti gli accostamenti a bordo strada non ci erano bastati, decidiamo di fermarci nella città di Silos. La necessità di acquistare dell’acqua, ci ha dato l’occasione per visitare il suo centro storico. Un bianco acceso e delle vie strette la rendono, nella sua piccolezza, un vero gioiello. Riprendiamo l’auto e dopo poco raggiungiamo la nostra meta. O quasi.
Per raggiungere il faro bisogna percorrere una strada che però non è accessibile alle automobili. o meglio, lo è ma solo a determinati orari. Se volete raggiungere il faro comodamente seduti al volante, potete farlo dal martedì al venerdì solo fino alle 10:00 del mattino. Dopo di che, l’accesso sarà consentito solo agli autobus (1€ a tratta, pagabile direttamente al conducente e solo tramite moneta elettronica) o a piedi.
Decidiamo di incamminarci: una strada di curve, qualche tunnel completamente al buio ed una passeggiata di circa un’ora e mezza ci attendevano. Devo ammettere che è stata abbastanza pesante, ma lo spettacolo che avevamo davanti ai nostri occhi, non faceva sentire minimamente la fatica. Giungiamo in prossimità del faro e decidiamo di regalarci qualche attimo nella spiaggia a pochi metri. Non abbiamo tanto tempo a dire il vero perché l’autobus partirà tra 30 minuti. E di rifare lo stesso tragitto a piedi sotto il sole, per quanto spettacolare esso sia, non era tra le nostre intenzioni.
Riprendiamo la macchina e percorriamo a ritroso la strada del mattino, ma questa volta ci dirigiamo verso la spiaggia. La nostra nuova meta sono Los Gigantes, e in modo particolare la spiaggia di Los Guios, resa famosa dalla sua sabbia nera.
Sono le 3:30 del pomeriggio e non abbiamo ancora messo nulla sotto i denti. L’euforia che ci travolgeva non ci faceva sentire l’appetito. Un gelato rinfrescante andava più che bene. Trascorriamo il resto della giornata tra una chiacchierata, un tuffo in mare (per essere oceano, l’acqua era davvero calda) e una pennichella.
Un nuovo tramonto ci attende.
Torniamo in albergo per rigenerarci e siamo pronti per la nostra cena. Ma siamo troppo stanchi per rimanere a goderci la pace del mare, sentiamo il richiamo del letto.
Giorno 3: La Oratava
Ci svegliamo con la stessa calma con cui ci stiamo vivendo questa avventura e, dopo una leggera colazione, riprendiamo la nostra compagna a 4 ruote. Come sempre, anche quando ho poco tempo, prima di partire (e quindi di creare l’itinerario) prendo spunto da vari blog. Cerco circa luoghi di interesse, monumenti, viewpoint ed elementi particolari. Mentre evito di cercare fotografie perché voglio che quel luogo sia visto dai mio occhi e non delle mie aspettative.
Tra le molteplici ricerche, non mancava mai il nome di un paese: La Oratava. Era ben recensita e molto decantata. Ammetto che era tutto vero. Ne sono rimasta davvero piacevolmente colpita. Un insieme di vie strette in salita ed edifici colorati. Sembrava di essere in un luogo a sé: c’era un non so che di Lisbona, di Cuba, ma anche di Siviglia e di America.
Un piccolo paesino, ma ricco di sorprese. Ci siamo dedicati più ad una classica passeggiata tra le vie. Quello che però sicuramente merita di essere visitato è il Giardino Vittoria, da dove avrete una incredibile vista. Quando terminiamo la nostra passeggiata è già ora di pranzo e così decidiamo di buttarci in un piccolo forno dal quale proveniva un profumo davvero delizioso.
Optiamo per qualcosa di leggero anche se (devo ammetterlo) c’erano dei dolci da far venire l’acquolina in bocca! Prendiamo delle pizzette e ci rimettiamo subito in macchina, non abbiamo tempo da sprecare. Mangeremo lungo il tragitto. Tragitto che si è rilevato essere davvero “pesante”.
È stato proprio in quel momento che abbiamo realizzato che le strade di Tenerife sarebbero state tutte tranne che rilassanti. È molto comune, infatti, imbattersi in vie molto strette ma soprattutto piene di curve. E quando dico curve, intendo l’impossibilità di terminare di girare il volante verso destra che è già il momento di ruotarlo a sinistra! Ma la cosa ancora più assurda è che queste strade sono a doppio senso. Non vi nego che molto spesso abbiamo dovuto guardare più volte la segnaletica a terra per capire se potessimo transitare o meno. Ed è capito che, nonostante avessimo controllato con attenzione, ci fosse sorto il dubbio di aver percorso la strada in contromano. Un altro grande problema di queste piccole strade è che, una volta imboccate, è praticamente impossibile cambiare idea e riuscire a fare un’inversione a U.
Ed ecco che ci siamo ritrovati a dover proseguire per una lunga, e ovviamente stretta, via. A passo molto lento (“vai piano mi raccomando” con frase di sottofondo per praticamente tutta la settimana) ci ritroviamo davanti ad un muro. Già! La strada termina in prossimità di un ristorante. Questo è l’unico luogo in cui poter lasciare l’autovettura (al prezzo di 3 euro) per poi proseguire a piedi: la spiaggia ci attende! Piccola parentesi, arrivateci con le scarpe da ginnastica.
Una lunga scalinata vi porterà a toccare una sottile e nerissima sabbia fine. Forti onde si infrangono sulle rocce a pochi metri dalla riva. È la Playa del Bolullo. Una spiaggia davvero imperdibile. Sarà per la difficoltà nell’arrivarci e per le scalinate infinite o non lo so. Quello che so è che ne vale assolutamente la pena. Anche se questo significa dover rifare la stretta strada al contrario, accorgendosi che oltre ad essere piena di curve era anche davvero ripida.
La giornata è ancora lunga, così nel tragitto verso casa facciamo una deviazione verso Icod de Los Vinos dove potrete ammirare il maestoso albero millenario. Per accedere al parco è necessario acquistare un biglietto del costo di 5 euro. Ma esiste un trucco per evitare ciò: dalla piazzetta adiacente avrete un’ottima visuale a costo zero.
In realtà, non so per quale motivo, in quel periodo l’accesso era gratuito (ma una dritta non fa mai male). Dopo averlo ammirato in ogni suo lato ci siamo regalati una visita anche nel suo piccolo centro storico. Un gelato e si riparte.
Ora la stanchezza inizia a farsi sentire.
Giorno 4: Santa Cruz de Tenerife
Nuova giornata. Nuova avventura. Ma oggi, davvero, solo relax! Per la prima volta ci svegliamo a tarda ora (e per tardi intendi le 8:00). Ci prepariamo in fretta e furia per la nostra veloce colazione e via. Impostiamo il navigatore verso la capitale Santa Cruz.
Ma ovviamente il tragitto non sarà privo di fermate. Prima tappa: montagna Amarilla. Il giallo (da qui il nome) delle rocce e un’infinità di sfumature di blu la fanno da padrona. Oggi la temperatura non è altissima, ed è pur sempre ancora mattino presto. Niente bagno per questa volta. Scattiamo qualche foto e dopo un momento di titubanza ci guardiamo ed esclamiamo un “saliamo”.
Appare ripida e faticosa. Ma in realtà in 30 minuti sarete saliti e scesi dalla montagna e nel mentre vi sarete concessi anche del tempo per ammirare il panorama a metà tra mare e montagna e fare qualche fotografia. È quasi ora di pranzo così facciamo una breve sosta a El Médano (sì, proprio dove siamo atterrati) e ci gustiamo un gelato in spiaggia.
La terza tappa è ancora al mare: Playa Tejita. Qui, come anche sulla spiaggia successiva, il vento la fa da padrona insieme ai nudisti. Ci rimettiamo in movimento per una meta scoperta solo la sera prima: l’arco di Atajao. Non chiedetemi indicazioni precise perché sinceramente anche per noi non è stato facile individuarlo. Vi posso solo dire che dalla strada principale non sarete in grado di vederlo. Dovrete lasciare l’auto in uno spiazzo e proseguire per un tratto a piedi. Ma devo dire che, anche questa volta, ne vale la pena. Basta solo amare l’avventura e “buttarsi”. Attenzione solo a non cadere.
Ma non è la nostra vera destinazioni, così saliamo nuovamente in auto questa volta per raggiungere l’ultima tappa. Ci siamo. Finalmente siamo arrivati. Cerchiamo parcheggio, ma che queste volta è stato facile. Infiniti parcheggi, tutti gratuiti. Una corsa veloce e posso finalmente toccare la sabbia rosa di Playa De Las Teresitas.
Passare dal nero pece de El Bolullo a questo rosa sembra quasi impossibile. La bellezza del mare cristallino, della sabbia portata qui da Sahara e del verde attorno a noi, rendono il tutto ancora più unico. Fa caldo e l’ombra degli alberi non è in grado di abbassare la temperatura corporea. L’acqua però è davvero fredda, ma quanto è dannatamente bella! Alla fine mi sono concessa un piccolo bagno.
E poi subito a sdraiarsi al sole sperando che il vento, che proprio in quel momento si stava alzando, non decidesse di tirare troppo forte. Per tutto il restante tempo ci siamo dedichiamo solo ad attimi di relax, sole, tintarella e qualche chiacchiera.
La strada del ritorno ci attende. Dobbiamo prepararci per l’indomani.
Giorno 5 – Parco nazionale del Teide
È forse la giornata più attesa di questa vacanza. Ma non possiamo non iniziare con un’abbondante colazione. Prima però dobbiamo fare una cosa ancora più importante: chiamare nostro padre. Anche lontani chilometri, non ci dimentichiamo che oggi è la sua festa.
Ora siamo pronti. Possiamo metterci alla guida. Iniziamo con la visita ad un altro di quei paesi citati da tutti. E già il nome, Garachico, promette bene. Vi ricordate la strada che raggiungeva la spiaggia del Bolullo? Ecco…peggio!
Un’infinità di tornanti ci aspettano nuovamente. Arriviamo finalmente al parcheggio e non vediamo l’ora di visitare il paese. Ma poi ci guardiamo attorno e ci chiediamo per quale motivo avessimo fatto tutta quella strada per vedere (praticamente) il nulla. Un paesino deserto dallo stile antico è tutto ciò che abbiamo trovato. L’unica chiccha è la piscina naturale, El Caletòn, dove un gioco incredibile di onde e di schizzi d’acqua creano la cornice perfetta.
Ci ritornerei? Sinceramente no. Lo consiglierei? Sinceramente no.
Dopo circa un’oretta siamo nuovamente in auto. Un’altra veloce visita al Drago Millenario e siamo pronti per la nostra vera avventura di oggi: il Teide. Il terzo vulcano più alto (tra quelli attivi) al mondo ci aspetta. Piccolo consiglio: non fermatevi ogni secondo. La strada per arrivare alla vetta è lunga e il paesaggio mozzafiato vi implorerà di essere fotografato in ogni dove. Ma non fatelo, credetemi.
Più salirete e più incredibile sarà lo spettacolo. Noi però eravamo talmente innamorato di ciò che vedevamo che non facevamo un chilometro senza finire a scattare foto. È possibile visitare il Parco attraversandolo comodamente a bordo del proprio veicolo oppure, per i più avventurieri, incamminandosi tra i vari sentieri. In tal caso vi raccomando vi raccomando 3 cose: acqua, vestiti a cipolla e…non perdetevi! Perché può anche accadere di aiutare una donna francese (che non parlava nessun’altra lingua), che avesse perso non si sa bene dove il marito e che non sapesse dove avesse lasciato la sua autovettura.
Per quanto l’avessimo voluta e potuta aiutare, lei proprio non ci era di supporto. Sta di fatto che dopo pochi minuti ci chiede di scendere dalla nostra macchina perché probabilmente stavamo andando dal lato sbagliato. Mi sto ancora chiedendo come sia finita la faccenda e se gli automobilisti che l’hanno accolta subito dopo di noi siano stati più di aiuto.
Ma torniamo alla nostra avventura sul vulcano. Ci siamo fermati così tante volte che ero terrorizzata di arrivare in ritardo al nostro appuntamento. E ancora non avevamo pranzato (pur essendo già le 15:00). Vi consiglio di attrezzarvi con il pranzo al sacco. Come al solito mio fratello non mi ha dato retta, ci siamo dovuti accontentare di un panino duro e con del prosciutto secco. Comunque in quel momento mi sarebbe andata bene persino una pietra lavica trovata al lato della strada.
Avrei continuato a viaggiare lungo le strade del Parco nazionale ma per puro caso il mio sguardo è caduto sulla lancetta della benzina, “sbaglio o c’è solo una stanghetta illuminata?”. La prima stazione di servizio era a mezz’ora di distanza e data l’ora non era il caso. Così, dopo esserci velocemente cambiati in auto, abbiamo parcheggiato nei pressi della teleferica.
Sono le 17:00. Il gruppo inizio a comporsi e anche noi ci avviciniamo. La guida inizia a chiamare per nome tutti i partecipanti, è il nostro turno e anche noi possiamo indossare il braccialetto arancio di riconoscimento. Dopo un’ora siamo finalmente in cabina pronti a fare un breve viaggio (neanche cinque minuti).
Ecco il vero spettacolo. Le nuvole sotto di noi e a pochi metri dal nostro capo la bocca del vulcano Teide. Un sentiero ci porta lungo parte della parete rocciosa. Gli occhi sono talmente pieni di bellezza che non sanno dove guardare. Descrivere ciò che stiamo vivendo è impossibile. Quell’immagini così unica al mondo ti fa venir voglia di avere accanto a te chi ami. Perché, se dovessi paragonare quel tramonto spettacolare, lo paragonerei senza dubbio alle farfalle nello stomaco che sentiamo quando siamo vicino alle persone a noi care. E così abbiamo deciso di fare immediatamente una videochiamata a con i nostri genitori. Anche loro si meritavano quelle emozioni. Sì, anche a più di 3000 metri di altitudine c’era la connessione Internet. Buffo se pensiamo che dove avevamo incrociato la signora francese non ci fosse mezzo segnale, ed eravamo molto più in basso.
Terminiamo la chiamata, è ora di goderci il calar del sole. Una vera esplosione di colori: dal rosso fuoco a rosa tenue. In poco tempo il sole si è nascosto sotto le nuvole. La guida ci chiede di lasciare la nostra postazione, a breve calerà il buio. In men che non si dica un cielo dal blu profondo, tagliato da una linea dorata all’orizzonte (proprio dove ancora i raggi del sole, ormai nascosti, si riflettono) ci circonda. Quando torniamo alla nostra auto attorno a noi c’è solo silenzio e buio. Ma sopra di noi c’era ancora uno spettacolo: le stelle.
Un’infinità di stelle luminose ci inseguono. Proprio come farebbe un bambino, ho incollato il mio volto al finestrino. In quel preciso istante non sentivo più nulla, ero semplicemente e totalmente rapita dalla bellezza del cielo di Tenerife. Quando arriviamo a Los Cristianos sono già le 21:00. Parcheggiamo velocemente e torniamo allo stesso ristorante di alcuni giorni prima.
“Riusciamo a cenare?” Il proprietario, un simpatico ragazzo romano, ci fa segno con la mano di accomodarci. E qui, ragazzi miei, incomincia la parte tragicomica del viaggio. Sono circa le 21:30 quando ordiniamo le nostre portate. Abbasso lo sguardo verso il lungomare sottostante e noto agenti di polizia che con le torce cacciano i clienti dai locali poiché alle 22:00 ci sarebbe stato il coprifuoco.
Sono le 21:45, “diciamogli che portiamo la cena a casa” neanche il tempo di pensarlo e di alzarci dal tavolo che la cameriera ci viene incontro sorridente. Inizio a gettarmi letteralmente gli spaghetti giù per la gola. Non ho tempo per gustarmeli. Mancano pochi minuti alle 22:00 quando usciamo dal locale. A passo spedito raggiungiamo la macchina e alle 22:10 siamo al parcheggio vicino al nostro hotel.
Dopo qualche metro mi rendo conto di essermi dimentica le ciabatte in auto.
Vuoi andarle a prendere? No. Metti il caso che arriva un poliziotto, come glielo spiego che ho dimenticato le ciabatte in auto?, rispondo a mio fratello.
Lascio perdere e varchiamo l’ingresso dell’apartahotel. L’avevamo scampata. Aumenta il passo, ci sono i poliziotti anche qui. Saliamo a piedi che c’è la fila per l’ascensore!.
Insomma, dobbiamo finire la giornata nel panico più totale.
Una doccia bella calda e buona notte.
Giorno 6 – Calima e Las Teresitas
Anche oggi aprire gli occhi è stato difficile. Le emozioni e le fatiche di ieri, per quanto indimenticabili, hanno segnato il nostro corpo. Oltre che la mente.
Ma nonostante la stanchezza fosse ancora dentro di noi, ci facciamo forza e abbandoniamo il letto. Per oggi non abbiamo fretta. Ci gustiamo, forse per la prima volta, la colazione. Ma senza mai dimenticare il vero motivo per il quale ci troviamo qui: la volontà di scoprire luoghi nuovi. E così, con una brioche in una mano e il cellulare nell’altra, perfezioniamo l’itinerario giornaliero.
Raggiungiamo senza fretta la nostra auto. Non ci va di correre, non è mai stato nei nostri piani dopotutto, ma oggi più che mai sentiamo la necessità di respirare a pieni polmoni l’aria, il clima, i profumi e le emozioni che Tenerife ci sta offrendo. Dobbiamo farne il pieno prima di tornare in Italia.
Tra qualche giorno è previsto l’arrivo di Calima (la tempesta di vento che porta con sé la sabbia del Sahara) e il cielo sembra che si stia già preparando. Le nuvole iniziano a ricoprire gran parte del cielo e anche la temperatura si è abbassata. Ma non saranno di certo questi dettagli climatici a fermarci.
Ci dirigiamo nuovamente verso Las Teresitas, ma questa volta non siamo riusciti a rimanere sdraiarti per più di mezz’ora. Il vento era davvero troppo forte e l’aria fredda non ci permettevano di goderci il paesaggio. Ci rimettiamo in auto e proseguiamo verso il viewpoint. Piccola informazione utile a riguardo: non vi è alcuno spiazzo né cartello. Appena vedrete davanti a voi una sorta di chiosco abbandonato e recintato, fermatevi a bordo strada. Da lì potrete ammirare, dall’alto, la bellezza di quel luogo che pare essere uscito dalle fiabe.
Dopo aver ammirato l’ennesimo panorama mozzafiato, ci dirigiamo verso quella che una volta era la capitale di Tenerife, ovvero San Cristóbal de La Laguna. Dal costume di mezz’ora prima siamo passati a indossare pantaloni lunghi e giacca pesante. Per tutta la settimana abbiamo faticato ad incontrare più di dieci persone nello stesso luogo (fatta eccezione del lungomare di Los Cristianos) e ora vedere così tante persone insieme mi sembra impossibile.
Non avevo paura, non c’era quel panico da assembramento. Ognuno indossava correttamente la propria mascherina e rispettava il distanziamento (devo ammettere che sono molto più attenti e rispettosi di noi italiani). Era solo gioia quella che percorreva la mia anima. Finalmente vivevo quell’atmosfera di una città piena di turisti. Quella sensazione sognante che pervade ogni viaggiatore era finalmente davanti ai miei occhi. E forse, più che il paese stesso, del luogo conservo questo ricordo.
Ci rimettiamo in viaggio con l’intenzione di arrivare alla spiaggia del Benijo. Ma dopo aver esaminato attentamente i vari tornanti, cambiamo idea.
Ci dirigiamo così a El Suzal. Un paese totalmente privo di persone. Una vera tristezza se solo pensiamo che a pochi chilometri di distanza sembrava di vivere in un classico viaggio prepandemico.
La tristezza del luogo non ci trattiene per molto tempo. Giusto quello necessario per goderci un’ottima (ed economicissima) entrecôte.
Torniamo a Las Vistas per salutare l’ennesimo giorno qui a Tenerife.
Giorno 7 – Teide (di nuovo)
È domenica. Purtroppo. E questo significa una sola cosa: fine di questo viaggio.
Solita colazione e via, siamo pronti per recarci in spiaggia. Mentre aspetto il ritorno di mio fratello dalla sua (fantastica, così me l’ha definita) escursione in kayak, io mi godo gli ultimi attimi in riva al mare.
Chi invece sa nuotare e non ha paura dell’acqua, allora non può non seguire l’idea di mio fratello. Avrete la possibilità di nuotare con tartarughe marine e delfini, peccato soffrire di talassofobia. Magari grazie ai viaggi riuscirò, un giorno, a superare questa mia paura.
Una doccia calda per farlo riprendere dal gelo dell’oceano, un panino al volo e siamo già in auto. Avevamo programmato la visita di Masca, ma il richiamo per il Teide è stato più forte. Ci abbiamo lasciato una parte del nostro cuore. E poi in un giorno così pieno di nuvole, l’unica soluzione possibile è quella di superarle.
Attraversiamo fitte nuvole grigie e l’emozione inizia a diffondersi nel nostro corpo. Quella visione così unica e quasi tetra rende il luogo ancora più bello della volta precedente. Decidiamo di non allontanarci troppo, volevamo semplicemente vivere l’ebrezza di compiere un sentiero. E quello nei pressi in cui avevamo incrociato la donna francese, pareva esser perfetto per noi.
Piccoli consigli utili prima di intraprendere questa attività:
- in base all’orario indossate capi adeguati. Durante la giornata sentirete molto caldo ma se siete intenzionati a raggiungere la vetta del vulcano, per di più al tramonto, munitevi di abiti termici, giacche paravento pesanti e guanti. In un attimo vi troverete a -3 °C;
- se volete avventurarvi lungo i sentieri di giorno, indossate indumenti leggeri a prescindere dall’altitudine;
- la vetta è raggiungibile tramite l’uso di teleferica oppure tramite sentieri. In realtà arriverete a quota 3555 metri, i restati 160 metri sono raggiungibili solo dopo aver ottenuto il permesso da parte del Parco stesso. Permesso che però richiede molto tempo per essere ottenuto;
- portate con voi una buona scorta di acqua (una borraccia termica sarebbe ancora meglio), protezione solare alta, occhiali da sole e cappello;
- studiate prima i vari percorsi. Ognuno di essi prevede una certa difficoltà (bassa, medio, alta ed elevata). Se non siete esperti di trekking, fidatevi, optate per un sentiero dalla difficoltà bassa.
Noi, per l’appunto, abbiamo scelto quest’ultima tipologia. Devo ammettere che la mia voglia di avventura mi aveva portata, inizialmente, a scegliere un sentiero dalla difficoltà media. Con il senno di poi avremmo commesso in grande errore.
Abbiamo scelto il sentiero Sàmara, numero 13.
Il panorama, inutile dirlo, è magnifico. Quello spaccato tra “fitta” vegetazione da un lato e totale presenza di residui vulcanici dall’altro, rendono l’aerea davvero appagante alla vista. Ovunque spostassimo gli occhi trovavamo un motivo per rimanere a bocca aperta.
Il caldo, il sole negli occhi, le nuvole sotto di noi, la fatica, l’infinito numero di bottiglie di acqua terminate, il vento improvviso, la giacca addosso e dopo poco dello zaino, gli occhiali da sole poggiati sul naso e dopo un attimo sulla testa, il vulcano davanti a noi, la pace, il silenzio, la grandezza e la bellezza della natura, la felicità negli occhi e la gioia nel cuore.
Non riuscirete a far altro che ammirare l’incanto che avrete davanti…e sapete qual è la più grande fregatura? Che per tutte le volte che vi fermerete a scattare fotografie e a respirare bellezza e pace, impiegherete il doppio del tempo previsto per il percorso. Non a caso ci abbiamo impiegato 3 ore per un percorso di un’ora e mezza dalla difficoltà bassa.
Così abbiamo dovuto rinunciare alla nostra pizza in riva al mare ad ammirare l’ultimo tramonto. Per fortuna la nostra camera aveva una terrazza dotato di tavolo e sedie: abbiamo osservato il calar del sole da una zona più alta. Ma in fondo anche lì l’immagine era dimenticabile.
Giorno 8 – Volo Tenerife Italia
È giunta l’ora di chiudere per l’ultima volta la porta della nostra mini casa. Carichiamo l’auto, colazione veloce, check out e salutiamo Los Cristianos.
Purtroppo alle 11:30 dobbiamo recarci in ospedale per eseguire il tampone antigenico rapido (costo di 35 euro a persona) e questo impone di non allontanarci troppo.
Ci spostiamo verso Playa de Las Americas. Zona che personalmente non ho amato. A meno che non siate amanti delle surf, potete anche farne a meno di recarvici.
La spiaggia appare molto wild, ma di un aspetto quasi trascurato e oltre a un viale pieno di negozi, troverete ben poco. È ora di eseguire il test.
Attendiamo nella hall dell’ospedale per circa 15 minuti. Esito negativo. Non avevamo dubbi. Riprendiamo l’auto e ci concediamo un’ultima passeggiata sulla spiaggia di Las Vistas.
Ma l’aereo ci chiama. Torniamo dove tutto ha avuto inizio. Restituiamo le chiavi della macchina, passiamo i controlli ed è già ora di imbarcarci. È ufficialmente finito tutto. Incredibile quanto passi velocemente il tempo quando si sta bene. Perché è così che siamo stati: magnificamente bene.
Non vediamo l’ora di tornarci perché, inaspettatamente, l’isola è davvero ricca di luoghi da visitare. Ce ne mancano ancora tanti, anzi troppi: e se ci rivedessimo tra qualche mese?