Tanzania Parchi del Nord- maggio 2010

safari di 10 giorni senza agenzie, con guida locale con i suggerimenti di altri viaggiatori di Turisti per Caso, tra elefanti, fiori e aria fresca.
Scritto da: Lorenz67
tanzania parchi del nord- maggio 2010
Partenza il: 20/04/2010
Ritorno il: 02/05/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Dal 20 aprile al 2 maggio 2010.

Itinerario: si doveva partire da Milano Linate (partenza ore 16.00), ma causa vulcano siamo partiti da Fiumicino-aeroporto Kilimanjaro (arrivo ore 13.55); poi i parchi Arusha NP, Tarangire NP, Lake Manyara NP, Serengeti NP, Ngorongoro NP, Lake Eyasi, Arusha; aeroporto Kilimanjaro (partenza ore 15.50)-Milano Linate(arrivo ore 11.10)

Turisti fai da te, coppia “giovane”, nessun tour operator, contatto diretto con guida locale suggerita da un’altra coppia che c’era stata lo scorso anno. In sostanza eravamo noi due più autista e cuoco. L’itinerario lo abbiamo proposto noi su indicazioni sempre di quella coppia dello scorso anno che abbiamo contttato dopo aver letto il loro diario, la guida poi ci ha dato qualche suggerimento che abbiamo accettato.

Abbiamo speso più o meno a 2500 euro a testa: volo, safari, mance, spostamenti per 12 giorni.

Visto: 50€ al consolato tanzaniano a Milano

Vaccinazioni: profilassi malarica, tifo ed epatite

Batterie: occorre un caricabatterie per l’accendisigari della macchina, inutile cercare prese di corrente, avevamo due batterie a testa, una da usare e una in ricarica durante gli spostamenti, anche se poi è stato inutile visto che la machina fotografica l’abbiamo “persa”…

Safari: in tenda, tipo igloo di tela spessa, la dotazione è un materassino comodo per me, scomodo per Chiara, il sacco a pelo lo abbiamo portato noi, la tenda ce la montavano i ragazzi, cucina da campo, l’acqua non è potabile e usavamo quella nelle bottiglie delle quali avevamo una scorta; i bagni dei campeggi sono puliti, molto spartani e l’acqua calda per la doccia c’è quasi sempre; si mangia all’europea, o almeno quello che ritengono sia cibo all’europea; portate la carta igienica e salviette, bidet sconosciuto; necessaria torcia elettrica o ancora meglio quella da mettere in testa; per la mancia, obbligatoria, abbiamo dato 100 dollari alla guida e 60 al cuoco a fine tour.

Soldi: avremmo potuto lasciare a casa la carta di credito; abbiamo prelevato scellini dai bancomat di Arusha per le nostre piccole spese, durante il safari non abbiamo speso nulla, anche perchè non c’era nulla da comprare… Il resto in dollari contanti. Attenzione agli euro che vengono valutati con un “cambio creativo” alla pari con i dollari, escluse, ovvio, le banche.

Fuoristrada: una bella Toyotona grande e spaziosa, un po’ “vintage”, con il tettuccio aperto da stare in piedi e proteggerci dal sole, noi eravamo solo in due quindi non ci siamo mai intralciati, ma vedevo anche le altre auto e fino a 4 persone si sta comodi. Le strade sono pessime, soprattutto verso il Serengeti, Chiara ha avuto un po’ di mal d’auto, ma anch’io non stavo benissimo… Ma ai primi leoni è passato tutto… Anche se non eravamo con una agenzia, la nostra guida è sempre stata in contatto con gli altri autisti via radio, quindi per gli avvistamenti eravamo sempre informati, anche se molto spesso eravamo noi a chiamare gli altri… Abbiamo bucato una gomma, ma è stato un inconveniente prevedibile e risolto in 40 minuti.

Volo: Ethiopian Airlines, lo scalo (Addis Abeba) ci ha fatto perdere parecchio tempo, soprattutto al ritorno, visto che all’andata a Fiumicino ci siamo andati in treno causa vulcano islandese, però l’arrivo a Kilimanjaro è comodo perchè in un’ora eravamo ad Arusha. Abbiamo visto il Kilimanjaro dall’aereo: meraviglioso e molto raro, visto che poi era sempre immerso nelle nuvole…

E ora l’itinerario:

21 aprile, Arusha

Arrivo al Kilimanjaro Airport verso le 14.30. I bagagli ci sono, non scontato. Ci vengono a prendere e ci portano in ufficio a saldare, 1000 dollari li avevamo anticipati. Ovviamente in dollari e in contanti. Poi ci accompagnano all’Hotel che ci avevano prenotato, moooolto economico… Giusto per acclimatarci. Si chiama Annex Hotel. Pomeriggio libero per la città, il mercato è molto vicino, anzi quel quartiere sembra un po’ tutto un mercato. Ci ritiriamo col buio anche perchè la città è pochissimo illuminata. Cena all’Annex, bell’esperienza. Abbastanza fresco la sera, nuvolo e umido.

22 aprile, Arusha National Park

Si parte alle 9 per il primo game drive. In mezz’ora siamo lì, il clima è fresco e nuvolo, sembra sempre debba piovere, ma non piove. La guida ci presenta il Ranger che ci accompagna per la passeggiata che dovrebbe essere di tre ore ma sarà appena di due… L’uomo è di poche parole, tranquillo e armato, quindi siamo tranquili anche noi, nel parco però non ci sono leoni, gli abbiamo dato la mancia di 5 dollari. Dopo aver visto bufali, zebre, gnu e antilopi torniamo all’ingresso per il pranzo “picnic box”. Poi game drive fino a sera dove vediamo il Ngurdoto Crater, pieno di animali al pascolo e i Momella Lakes. E’ tutto molto verde, e anche qualche fiore. Vediamo anche i Colobi, le scimmie bicolori, molto timide. Rientro al campeggio, l’impatto è buono, le tende sono già montate e ceniamo insieme ad altri turisti in uno spazio comune, migliora il tempo, ma il sacco a pelo i piuma d’oca è una buona idea.

23 aprile, Tarangire National Park

Partiamo dopo colazione. Una strada incredibilemente ottima, asfaltata e con le linee per terrra. Facciamo scorta d’acqua in un grande supermercato tipo europeo, e qui se avete dimenticato qualcosa è l’unica occasione di acquisti. Per stare tranquilli abbiamo preso 12 bottiglie da un litro emmezzo. Arriviamo al Campsite Kigongoni, bello e pulito, scarichiamo tutto e mentre il cuoco prepara il campo e la cena noi entriamo nel Parco. Elefanti, elefanti, elefanti. Piccoli, grandi, soli, in gruppo, tranquilli, arrabbiati, che fanno il bagno, che bevono… E tanti fastidiosi pappataci che credo siano le mosche della “sleep disease”, ci immergiamo nell’Autan. C’è il fiume Tarangire pieno d’acqua con zebre, bufali e vari tipi di antilopi. Da un punto di osservazione in alto vediamo un’animata “discussione” tra un bufalo e un’elefante. Qualche leonessa rilassata. A sera si torna al camp dove è tutto pronto. Ancora fresco e nuvolo.

24 aprile, Tarangire National Park-Mosquito River

Dopo colazione ancora nel parco, pranziamo in una area riservata, all’ombta di acacie gigantesche, anche se non chiusa, dove tra l’altro si vede un grosso serpente immobile, forse un pitone, ma tutti sono tranquilli quindi decidiamo anche noi di non preoccuparci. Nel tardo pomeriggio rientriamo, aiutiamo a sbaraccare e in un’oretta di buona strada siamo in un vivace villaggio, tradotto in Mosquito River, e passiamo la notte in una stanza di un vero “resort” con bagno in camera e piscina, la cena la prepara sempre il nostro cuoco ma mangiamo nella sala del ristorante comune, lì fino a tarda ora si chiacchiera con turisti coreani veramente ufo. Parecchie zanzare fino alle otto poi il freddo le ha cacciate…

25 aprile, Lake Manyara National park

Dopo colazione ci accorgiamo che il Parco è veramente vicino e la strada è ancora buona. Tantissimi uccelli, a vedere le foto dopo ne abbiamo da riempire un libro… Vediamo anche un paio di leopardi sugli alberi, ma ancora abbastanza lontani. Il lago è una distesa verde, vediamo i fenicotteri, tanti. La nostra guida ci portà lì dove chiediamo, tranne dove è proibito, e solo una volta ci ha detto di fare “alla napoletana” prendendo un sentiero non segnato… Nella foresta vicino alla Rift Valley parecchi babbuini sempre molto indaffrarati. Siamo stati fermi a vedere una pozza d’acqua con gli ippopotami per almeno un’ora e ci siamo finalmente sentiti nei documentari National Geographic. La nostra guida, anche grazie alla radio, ci portava dove vedere gli animali che potevano essere “in azione”, inoltre aveva con sé un’atlante degli uccelli veramente utile. Quasi visto leopardo. Il cielo si era un po’ annuvolato e ci siamo messi le giacche, ma non ha piovuto. Nel tardo pomeriggio al rientro, insieme ai coreani abbiamo fatto un giro della città, nel mercato e tra le bancarelle per comprare un po’ di roba da portare a casa, c’era persino l’internet point. Cena e dormire ancora nel resort.

26 aprile, Lake Manyara-Serengeti National Park

Si parte dopo colazione, salutiamo i coreani, poi tutto il giorno si guida per arrivare nel Serengeti, lungo il crinale del Cratere Ngorongoro, non capisco perchè non si possa girarci intorno, visto che è tutto piatto… Comunque la bella strada finisce di colpo all’ingresso della Conservation Area e diventa una pista sterrata con buche impressionanti… Si procede a passo d’uomo. Finestrini chiusi per la polvere che penetra fino sotto i vestiti. Dopo i 2000 metri del cratere, si torna a scendere, ma la strada non migliora. Ci fermiamo per il pranzo “picnic box” all’entrata del Serengeti, un’oasi di civiltà nel bel mezzo della savana. C’è un po’ di affolamento alle casse, quindi stiamo fermi per più di un’ora, ma almeno lasciamo allo stomaco il tempo di fermarsi dopo gli scossoni della strada… Si riparte e la pista verso il campsite è il nostro game drive, infatti avvistiamo subito antilopi, zebre e un numero impressionate di giraffe che curiosamente andavano tutte dalla stessa parte. Deviazione per una soffiata alla radio e via a vedere una coppia di giovani rinoceronti maschi, abbastanza rari. Mentre siamo fermi io mi giro dall’altra parte e vedo un ghepardo che fuggiva alla chetichella. Così è il Serengeti. Un gruppo di leoni stava mangiando quel che rimane di uno gnu… E i soliti ippopotami cazzeggiavano nella polla d’acqua, sempre lungo la strada. Arriviamo al Camp Seronera. Mentre facciamo la doccia, bagni puliti, ci montano la tenda e preparano la cena. Si mangia in uno spazio protetto da una rete per tenere lontano animali in cerca di cibo. Poche zanzare. Di notte è meglio uscire con la pila e guardarsi bene intorno, i camp non è cintato.

27 aprile, Serengeti

Ci svegliamo presto e ci dirigiamo a nord verso il fiume Grumeti, vediamo già da lontano alcuni avvoltoi volare nello stesso punto e ci dirigiamo là sempre accompagnati dalla radio. Vediamo molte mandrie di gnu e zebre in movimento, sono enormi ma non sconfinate come ci aspettavamo, la guida ci dice che è una specie di retroguardia e che con il poco tempo che abbiamo dovremo essere fortunati per vedere qualcosa della migrazione degli animali. Arriviamo al fiume, o un suo affluente, visto che non è grandissimo, ed effettivamente vediamo guadarlo da molti animali, con i binocolo si vedono i coccodrilli in attesa. Siamo molto emozionati, ma in tv ti fanno vedere tutto molto concentrato, in realtà i tempi sono quelli della natura, quindi abbiamo visto solo una zebra afferrata, e trascinata sotto. Alcuni leoni guardavano, ma si vede che non avevano fame e non si sono mossi per tutto il tempo. A sera rientriamo, e vediamo altri leopardi e iene, il viaggio è stato lungo ma ne è valsa la pena.

28 aprile, Serengeti – Ngorongoro Conservation Area

Sveglia presto, colazione, ultimo game drive poi rientriamo per un pranzo veloce, si sbaracca e via per il Ngorongoro. Altre mandrie, altri leoni, altri leopardi, un paio di piccoli sciacalli eccetera eccetera… Addio Serengeti e le tue sconfinate pianure. La strada la conosciamo già, è la stessa pessima dell’andata. Arriviamo a sera con tutti gli organi interni frullati, si monta la tenda, ci vestiamo come esquimesi e facciamo un giro per il Camp Simba. E’ bellissimo perchè è proprio sul bordo del Cratere con una vista mozzafiato e tutti i suoni in diretta della savana: barriti, ruggiti, stridii, rumore di rami spezzati… Il camp è circondato dalla foresta che digrada verso il cratere, e dalla foresta escono teste di bufalo, elefanti che si vengono ad abbeverare alla cisterna dei bagni… Insomma la serata è stata piacevole perchè con il freddo siamo stati tutti insieme fino a tardi a bere con altri turisti canadesi e australiani e poi il riso irresistibile ed isterico che usciva da ogni tenda ad ogni rumore sospetto… Comunque non è successo niente.

29 aprile, Ngorongoro-Eyasi,

Colazione, facce un po’ distrutte. Si parte presto, sempre molto vestiti, giù per una strada ripida e pazzesca giù per il crinale, arrivati giù ci accorgiamo subito che il posto è molto frequentato da turisti e il traffico comincia subito ad innervosirci… Cerchiamo di evitare le piste più battute però è vero che essendo un luogo relativamente chiuso abbiamo più possibilità di vedere più scene d’azione, infatti in tarda mattinata vediamo una battuta di caccia di tre leonesse che hanno scelto la loro preda in un branco di gnu. Gnamm! Intorno a loro eravamo almeno in una quindicina di auto… Il Parco è davvero molto bello, verde e pieno di fiori rossi e gialli con mandrie e predatori, ben diverso dagli spazi a perdita d’occhio del Serengeti. Ora comincia a fare abbastanza caldo, anche se si vedono arrivare le nuvole dal bordo del cratere; pranziamo con il “box lunch” sulla riva di un lago pieno di uccelli, che ci attaccano dall’alto se ti vedono mangiare… Poi a metà pomeriggio rientriamo, si smonta, si carica tutto e si riparte; non facciamo in tempo a tirare il fiato sulla strada asfaltata che imbocchiamo un’altra pista sterrata verso il Lake Eyasi, il paesaggio è molto vario, in alcuni punti ricorda la Toscana… Poi torna la savana a volte gialla e a volte verde. La strada attraversa gruppi di capanne misere, e i bambini ci inseguono per brevi tratti, la povertà è immensa. Smettiamo di chiacchierare e il finestrini sono chiusi sia per la polvere sia per cercare di non vedere e sentire quelle vite sofferenti, in fondo siamo solo turisti… Arriviamo all’imbrunire in uno spiazzo cintato che potrebbe anche chiamarsi campsite, a dire la verità sembra un parcheggio. In mezzo un’acacia da sogno e lì sotto montiamo la tenda. Avevo letto sul nostro “diario/guida” che il bagno era “inagibile”, bè, lo era davvero! Ma lo abbiamo accettato come un modo per capire meglio la situazione locale. Più tardi arrivano altri 4 turisti tedeschi, ma non erano molto socievoli. Cena e noi andiamo a letto presto, la nostra guida Roman, se ci sono villaggi vicini va a bersi una birra e a salutare gli amici.

30 aprile, Lake Eyasi

Ci svegliamo prima dell’alba, e insieme ad un’altra guida locale andiamo a “cercare” gli Hadzabe. Questo perchè non vivono in villaggi e si spostano di continuo. Il viaggio dura un’ora circa di non-strada, ci sembrava si avanzasse a casaccio, tra grandi pezzi di lago e fiumiciattoli che lo attraversano, ma evidentemente ci sbagliavamo perchè a un certo punto ci fermiamo, scendiamo e dietro ad un cespuglio ci presentano la piccola tribù che ci porterà a cacciare. L’impatto è forte, anche perchè mi sembrano messi abbastanza male, non so se per la malaria o per la bronchite cronica e in pochi secondi accendono il fuoco con i bastoncini e mettono le braci in un bel cilum pieno di marijuana, ed è appena sorto il sole! La guida intanto ci spiega usi e costumi di questa tribu, che assomiglia molto ai boscimani che avevamo già incontrato nel Kalahari in Namibia. Chiara consegna alle donne il pacco viveri che la guida ci aveva consigliato di portare, mentre i bambini confezionano braccialetti e collane. Arrivano i tedeschi che guardano avidi il cilum più che ascoltare la lezione. Poi comincia la “caccia”: gli Hadzabe corrono per il bush, noi gli stiamo dietro, la guida continua a parlare, ogni tanto si scoccano freccie: surreale. Mi trovo presto pieno di spine. Poi ci fermiamo e loro spaccano dei rami per farci assaggiare il miele all’interno, per non sembrare schizzinoso credo di aver mangiato anche qulche piccola ape, poi ci fanno provare ad accedere il fuoco anche a noi con i bastoncini e miracolosamente io ci riesco! prendono la mia brace e via un altro cilum di marijuana mentre si cuociono gli uccelli che hanno cacciato, un piccolo assaggio, come mangiare i passeri e torniamo al “campo”, in realtà dormono per terra e si comportano da veri primitivi felici. Poi comincia uno spettacolino per turisti, anche se non mi sembrano così maliziosi da farlo sembrare veramente finto. Abbiamo danzato con loro, provato i loro archi, mangiato il loro cibo, comprato le loro collanine e fumato la loro maria: difficile non lasciargli dei soldi….I tedeschi gli avrebbero comprato anche le scarpe, che erano poi dei pezzi di copertone…E alla fine ci siamo sentiti molto turisti raggirati. Chiediamo a Roman la nostra guida se potevamo visitare qualcosa di vero, e lui fa una telefonata e si ferma in un villaggio senza nome lungo la strada, parla con qualcuno, e visitiamo per pochi minuti una scuola. Esperienza indimenticabile e soprattutto vera. Salutiamo tutti i bambini uno ad uno e lasciamo 20 $ all’insegnante, sperando che vadano nelle casse della scuola….

Torniamo sulla bella strada asfaltata e facciamo tappa per il pranzo nel resort vicino al Lake Manyara. Ora la stada per Arusha è un vero lusso… Avvicinandoci alla città cominciamo a sentire fastidio per il traffico e la “civiltà”. La guida ci accompagna al solito Annex Hotel che ora ci sembra l’Hilton.

1 maggio

Mattinata libera ad Arusha dove visitiamo il mercato “dei souvenir” e finiamo di svuotarci le tasche. La gente è comunque cordiale, una volta che ti liberi dei venditori assillanti. Poi, fuori programma e a sorpresa, Roman ci invita a pranzo a casa sua e sua moglie ci prepara i piatti locali a base di riso che sono abbastanza diversi da quelli che abbiamo mangiato durante il safari; la loro gentilezza è veramente disarmante e siamo quasi imbarazzati; nel primo pomeriggio ci accompagna all’aeroporto di Kilimanjaro, questa corsa non era prevista nel prezzo e l’abbiamo pagata a parte. Poi il ritorno….

Note conclusive: prima di partire i dubbi sull’affidarci a una guida locale, non certificata, praticamente sconosciuta li abiamo avuti, però alla fine la scelta lontana dai tour operator ufficiali è stata la nostra migliore esperienza di viaggio. Roman, del quale avevamo solo la mail, è stato sempre molto gentile e serio nel suo lavoro, e ci siamo subito trovati molto bene, facendo diventare un budget safari quasi in un safari di lusso… Qualche anno fa siamo stati in Namibia, ma con un tour operator “ufficiale” che aveva comunque dei rigidi programmi da rispettare. Con Roman subito ci è sembrato davvero di viaggiare con un amico che conosce bene il suo paese e che te lo vuole mostrare al meglio. Roman cercava nel possibile di accontentare ogni nostra richiesta, e quando abbiamo incontrato nei camp altri turisti non abbiamo proprio notato nessuna differenza di sostanza nell’itinerario, nell’organizzazione e nella gestione del safari. Gli facciamo pubblicità perchè se lo merita davvero!

L’unica pecca è stata la perdita della macchina fotografica, colpa nostra, ma pazienza, vuol dire che dovremo tornare.

Lorenzo e Chiara

se vi occorrono altre informazioni scrivetemi a Lorenzo.Fini67@gmail.com



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche