Tanzania fai da te ottobre 2010

Safari in tenda, tanti animali, tanti incontri, tutto bellissimo!
Scritto da: Ilariafly
tanzania fai da te ottobre 2010
Partenza il: 08/10/2010
Ritorno il: 17/10/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 3000 €
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A – venerdì 8 ottobre 2010 – Roma Fiumicino 14:25 – Kilimanjaro International Airport sabato 11.20 (con 2 scali, al Cairo e Nairobi, comodo!) R- domenica 17 ottobre 2010 – Kilimanjaro International Eccetera 19:40 – Roma Fiumicino lunedì 13:25 (stessi due scali) viaggio molto, molto lungo, ma era il più economico Egypt Air, impeccabile. 910 euro. Partecipanti al viaggio: due amiche e una coppia, categoria mista dai 30 ai 40 anni… qualcuna di noi già con esperienza di safari, altre no…

Vaccinazioni: qualcuna l’abbiamo fatta: tre di noi profilassi antimalarica, due di noi antitifica ed epatite, una nessuna vaccinazione (più che altro per paura di aghi e di stare male) nessuno ha avuto problemi “seri” né durante né dopo il viaggio, per ora!

La cosa bella: nessun tour operator, né italiano né locale, abbiamo contattato alcune guide trovate da un amico che è stato ad Arusha per lavoro e ne abbiamo scelta una che ci sembrava affidabile… ci ha fatto un preventivo via mail su un programma deciso da noi e abbiamo speso 200$ al giorno, vitto, alloggio in tenda e comprese tutte le entrate nei parchi.

10 dom primo giorno: L’impatto è forte, c’è caldo ma non soffocante. La nostra guida ci viene a prendere all’Arusha Crown Hotel subito dopo colazione e partiamo per il Tarangire National Park. Siamo molto eccitati, gli animali sono tantissimi: elefanti soprattutto, si viaggia lentamente e facciamo un sacco di foto. Ci sono strani insetti che pungono, ci inondiamo di Autan, un po’ serve. La nostra guida ci aveva raccomandato di non vestirci di nero o blu, gli abbiamo dato retta ma non so se conti davvero. La guida ci racconta delle abitudini degli animali e ci fa indica gli uccelli, belli e colorati ma che forse non avremmo notato. Irene vorrà tornare solo per un bird-safari! Ci fermiamo per il pranzo in un area non cintata ma, sembra, protetta con una vista sul fiume con gli elefanti nel fiume che bevono e i piccoli giocano. Poi a sera, avvistati tre leonesse e crediamo la coda di un leopardo, arriviamo al camp. Insomma: un campeggio molto spartano, pulito, con bagni e docce, non ce lo aspettavamo così “normale”, eravamo pronti al peggio… Le nostre due tende sono già montate, un po’ di relax e la cena è pronta. Sarà stata l’emozione del primo game drive, ma dopo un breve spettacolino di una associazione culturale piombiamo in un sonno tranquillissimo. Ah dimenticavo: camp spartano vuol dire senza luce… ma l’abbiamo presa in gioco fino alla fine del safari anche perché io non avevo la pila!

11 lun secondo giorno: Ci svegliamo presto, diamo una mano a smontare il campo anche se la guida e il cuoco sono velocissimi e ci mettiamo in viaggio verso il Cratere. La strada è ottima e asfaltata… fino a un certo punto, poi sembra si siano dimenticati di cosa sia una strada. Sono solo pochi chilometri ma da tenersi stretti! si sale sulla bocca del cratere e poi si scende da una pista a senso unico, con un paesaggio indescrivibile: la nebbia fuori da Cratere saliva per poi entrare e scendere come un fluido e dissolversi prima di toccare il fondo, il tutto con un freddo becco. Arriviamo sul fondo verso mezzogiorno e ci scordiamo la pace del Tarangire: mandrie di gnu e zebre attraversate da decine di macchine come le nostre in fila, una vera ora di punta! Poi la guida sceglie una pista alternativa e ci troviamo in mezzo a un pezzo di foresta attraversata da fiumiciattoli. Qui vediamo una famiglia di leoni che aveva appena catturato una zebra. L’emozione è tanta, siamo così vicini quasi da toccarli! Arrivano subito altre macchine e facciamo una specie di cordone di auto ma i leoni non sembrano infastiditi, probabilmente ci considerano innocui. Ci possiamo permettere di stare lì un bel po’, poi un po’ in ritardo sulla tabella di marcia mangiamo il nostro “box-lunch” in una zona poco distante, e non cintata, dai leoni. Poi continuiamo fino a sera a girare nel cratere e dove scorgevamo auto ferme sicuramente qualcosa da vedere c’era. Stanchi ma felici andiamo a vedere il nuovo camp ed è una vera sorpresa: più o meno come l’altro come struttura, cioè “spartano”, ma con una vista sul cratere eccezionale. Più affollato dell’altro abbiamo aspettato il nostro turno alle docce e nel frattempo era pronta la cena e montate le tende. La zona comune e le cucine hanno delle reti di protezione, le tende no. Molti giovani, molti racconti in tutte le lingue, Marcella fa amicizia e non vuole che si dica… C’è freddo, per fortuna il sacco a pelo è caldo, ma chiedo lo stesso alla guida una coperta supplementare. Di notte rumori di tutti i tipi: ruggiti, barriti, versi strani… insomma non bisogna lasciarsi impressionare… ma soprattutto ricorderò le risate dentro le tende ad ogni suono…

12 mar terzo giorno: Colazione, si smonta il campo e si parte. La strada verso il Serengeti è sempre quella orrenda del giorno prima, per fortuna il paesaggio fa perdonare tutto, appena scesi dal cratere comincia a perdita d’occhio una spianata immensa con qualche isolata e sassosa collinetta… insomma detta così non sembra un granché, ma se si aggiungono giraffe, bufali, iene, leoni e leopardi, allora la cosa cambia! Il viaggio verso il camp è il nostro game drive, infatti arriviamo verso sera con gli occhi pieni di meraviglia, ancora ippopotami, gazzelle di tutti i tipi, avvoltoi e un paio di sciacalli che giocavano come cuccioli. Il camp Seronera non è cintato, ma molto più tranquillo del Simba sul Cratere. Si cena in uno spazio chiuso da una rete, tipo una grossa voliera… sembravamo in uno zoo al contrario! Ma sfiniti dal viaggio ci addormentiamo come sassi. Erano solo le nove e quaranta….

13 mer quarto giorno: Dopo colazione tutto il giorno nel Serengeti… Le piste sono buone e la nostra guida sembra abbia un sesto senso per scovare le scene da National Geographic, la pianura sconfinata ci ha permesso di vedere una caccia di leonesse su un gruppo di zebre, non andata a buon fine (per i leoni) poi ci siamo fermati a vedere i leoncini lasciati a una “zia”. Pranzo al sacco sotto un gruppo di acacie, un incanto. Facciamo credo un sacco di chilometri anche se andando così piano non ce ne accorgiamo. Torniamo al nostro camp stanchissimi, anche se abbiamo la forza di scambiare quattro chiacchiere con gli altri nella “voliera”. Il nostro cuoco supera se stesso con una spaghettata con ragù di qualche misterioso ungulato… Stavolta facciamo le undici.

14 gio quinto giorno: E’ molto triste lasciare il Serengeti, durante il tragitto verso l’uscita del parco facciamo l’ultimo game drive che non ci lascia a bocca asciutta: una coppia di giovani rinoceronti, sembrano due maschi forse fratelli; la guida ci dice che siamo molto fortunati e che ormai è molto raro riuscire a vederli. Pranziamo lungo la strada in una specie di piazzola per proseguire rapidamente verso il lago Natron. La strada è abbastanza orrenda ma dopo quella verso il Serengeti eravamo ormai rodati… Il lago ci ha lasciato di stucco: è stato come approdare su Marte. Un caldo pazzesco, l’acqua rossa, a tratti verde intenso, il vulcano minaccioso, un paesaggio arido da vero “disastro ecologico”. Dopo un primo momento in cui non riuscivamo a parlare cominciamo a renderci conto dei segni di vita: uno stuolo di fenicotteri rosa, e poi uccelli di tutti i tipi. Camminiamo finalmente, ma nel fango, sensazione strana, Irene e Filippo avranno a sera le scarpe sciolte. Raggiungiamo il villaggio Ngare Sero, e camminiamo un’altra ora nella gola, anche arrampicandoci e quando ormai non ci speravamo più ecco la grande cascata, altre le avevamo incontrate lungo il cammino ma deludenti. Abbiamo il tempo per una doccia rinfrescante sotto la cascata e dobbiamo abbandonare quel paradiso terrestre. A sera siamo distrutti, ci accampiamo al Kamakia camp, pulito, tranquillo, nessun altro turista.

15 ven sesto giorno: Stranamente senza colazione smontiamo il campo e ci mettiamo in viaggio, dopo una ventina di minuti, e un po’ a sorpresa arriviamo a un villaggio Masai e facciamo colazione insieme agli indigeni, insomma un esperienza che consiglio! Una gentilezza e una generosità disarmanti. Siamo stati davvero bene, abbiamo lasciato loro tutto quello che avevamo doppio e loro hanno accettato con allegria e dignità facendoci visitare la piccola scuola donandoci in cambio braccialetti e frutti un po’ rinsecchiti che ci siamo ben guardati dal mangiarli. Devo dire che la cosa ci è sembrata molto spontanea e poco turistica e questo ci ha fatto molto piacere. Ripartiamo, la strada verso il lago Duluti è lunga anche se leggermente migliore. Arriviamo nel tardo pomeriggio, facciamo una passeggiata in un paesaggio completamente diverso, una piccola foresta, ma non possiamo allontanarci troppo. Sera al camp tra i rumori della foresta.

16 sab settimo giorno: Con il sole del mattino il lago è ancora più bello. Qui ci dividiamo: io e Marcella vogliamo provare le canoe, sempre accompagnate da una guida locale e Filippo e Irene fanno un giro intorno al lago con due giovani guide della tribù Meru. Tanti uccelli acquatici, qualche gazzella che si abbevera, e tanta tanta pace. Il clima giusto per salutare la Tanzania: siamo infatti a pochi chilometri da Arusha e arriviamo nel pomeriggio col cuore pesante. La nostra guida ci porta in albergo, ci salutiamo, gli lasciamo la congrua mancia. Poi prima di cena riceviamo un sua chiamata per un invito a cena in un ristorante locale. Ci viene a prendere e passiamo una bellissima serata, il cibo era in effetti africano, quindi molto diverso da quello proposto durante il safari, ma la carne era spettacolare. Paghiamo noi, sopraffatti dalla gentilezza, ci riaccompagna all’albergo e siamo ufficialmente tristi.

17 dom ottavo giorno: ci svegliamo con calma, taxi all’aeroporto, ritorno tranquillo. Per info scrivetemi ilariafly@gmail.com

Ciao



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