Tanti viaggi in uno: Singapore & Malesia
Decidiamo di scrivere questo racconto di viaggio spinti dalla consapevolezza di essere fortemente in debito nei confronti di questo sito e di tutti quei i viaggiatori per caso che hanno guidato le nostre scelte già in diverse occasioni. Per questo cercheremo di fare del nostro meglio per fare di questo un racconto interessante ed utile.
Partiamo con una concisa introduzione; siamo Antonio e Daniela, ci piacciono le vacanze originali, interessanti, stimolanti, quelle che sono cibo per la mente, ci piace mischiarci alla gente dei posti che visitiamo, non ci piacciono i viaggi organizzati, ci piace andare lontano… ma non necessariamente; ci piacciono insomma quelle vacanze per le quali la distanza fisica corrisponda ad un’altrettanto grande distanza culturale da quella dei luoghi in cui viviamo. Per questo la nostra scelta, non facile, è ricaduta su Singapore e Malesia. Due paesi estremamente sicuri in cui poter uscire dall’albergo e buttarsi in mezzo alla gente del posto, agli odori (e qui quando si parla di odori, si parla di signori odori) in piena sicurezza. Partenza da Barletta in treno per Roma dove ci aspetta un aereo della KLM. Destinazione Singapore con scalo ad Amsterdam. Costo del biglietto aereo a persona 1300 euro (costo complessivo della vacanza a persona 2500 euro. Gli standard della KLM sono discretamente buoni. C’è solo da augurarsi che gli aerei abbiano un po’ meno anni delle hostess. Quasi tutte (non so se si tratti di una politica precisa o della mia statistica personale) ben al di sopra dei quarantacinque. Tutte professionalissime. I voli interni, invece, sono stati effettuati con la compagnia low cost Airasia che si è rivelata ottima, economica ed efficiente.
Per la prenotazione degli alberghi abbiamo utilizzato due siti: AsiaRooms e Booking.
06/08/08 Chi dice che per visitare Singapore bastino un paio di giorni è un folle. Noi abbiamo trascorso cinque giorni e li abbiamo trovati appena sufficienti a poter affermare di aver visitato la città. Arriviamo al Singapore Changi Airport. Fantastico. Enorme, la quintessenza della pulizia e dell’ordine; quella pulizia e quell’ordine che rappresentano il primo chiaro segnale che siamo ad una distanza siderale dalla nostra Italia. Arrivare dall’aeroporto al centro città è facilissimo. Il sistema dei trasporti è affidabilissimo, piuttosto economico, di semplice utilizzo e sicurissimo. Alloggiamo al Golden Landmark Hotel. La prenotazione la abbiamo effettuata via internet. La camera ci costa circa 70 euro a notte colazione esclusa; le camere non corrispondono alle foto di camere lussuose sul sito ma rimane il fatto che sono belle, l’albergo è pulito, ordinato, in una buona zona della città. Quello che è Singapore, la sua essenza principale, lo vedi subito. Superate le porte scorrevoli della vettura della metropolitana ci sono cinesi, indiani, occidentali, malesi, ragazze in minigonna, ragazze che portano veli colorati e donne coperte integralmente dal velo nero che lascia scoperti solo gli occhi. C’è la percezione di un benessere diffuso. E’ fantastico… qui l’inglese lo parlano anche gli animali domestici. Ci prepariamo all’immersione totale. Singapore è suddivisa in zone. Quelle di interesse sono Chinatown, Little India, il quartiere coloniale, Boat e Clark Quay e Kampong Glam.
Cominciamo da Little India. L’impatto è forte. Dopo aver percorso per qualche metro Serangoon road e le stradine che vi si dipartono ci assale l’odore di cucina, delle spezie, delle collane di fiori, degli ortaggi in esposizione nelle bancarelle. Qui siamo in India. Le donne con le loro vesti colorate con in braccio bambini addormentati, il pallino rosso sulla fronte, i negozi di oro, cascate gialle di collane, orecchini, bracciali e poi i templi. I templi sono bellissimi, coloratissimi, pieni gente intenta a partecipare a cerimonie. L’impatto con la religione induista è forte, entriamo nel tempio Veeramakaliamman. Tamburi, corni, l’odore dell’incenso, le offerte di frutta, decori coloratissimi: osserviamo tutto con il timore di invadere i loro spazi. Scopriamo invece che non si curano dei turisti. Si lasciano osservare, fotografare.
Sri Srinivasa Perumal è la nostra seconda tappa: uno dei templi più importanti di Singapore. Il Gopuram, la torre di ingresso, ha sei piani di sculture. Ne visitiamo la struttura in un momento in cui non ci sono celebrazioni. Una donna si avvicina e ci offre un involto con del cibo.
L’esperienza più intensa, passeggiando per le strade, sono gli odori, indescrivibili, penetranti, dolci e indimenticabili, e gli sguardi della gente, intensi, nuovi, carichi di tutta la distanza che ci divide da loro. Ci facciamo scorrere davanti agli occhi le coloratissime case negozio, tipiche costruzioni a due piani. Singapore bisogna viverla così, camminare, spostarsi con o senza una meta e lasciarsi stupire da quanto rapidamente si passi dall’India alla Cina alla Malesia all’occidente. Dopo una immersione nella piccante e speziatissima cucina indiana ci spostiamo nel quartiere di Chinatown, un dedalo di strade con le caratteristiche case-negozio, traccia della antica Singapore. Zeppo di bancarelle e negozi stracolmi di oggetti dalle soglie dei quali si allungano gli esercenti che invitano insistentemente ad entrare…E se un pochino mostri di volerli ascoltare ti raccontano storie di ceramiche da thè o di ventagli decorati. Facciamo acquisti e buoni affari, contrattando fino allo stremo anche se siamo poco abituati a farlo…Con discreti risultati. Pare che qui sia consuetudine.
E’ nel quartiere di Chinatown che si trova uno dei più bei templi indù della città, Sri Mariamman, il cui gopuram raffigura settantadue divinità indù. Siamo attratti da suoni di tamburi e corni. E’ in corso una celebrazione, il tempio è affollatissimo. Due file di uomini portano in spalla una statua, fanno passi in avanti verso l’altare e poi indietro. Ci fermiamo fino al termine della cerimonia che si conclude con offerte di frutta e una benedizione degli officianti. Ancora una volta gli sguardi della gente sono quello che attira la nostra attenzione e che letteralmente ci ipnotizza.
A una manciata di passi il Buddha Tooth Relic Temple. Una infinità di statue votive ci circonda creando quasi un effetto ipnotico. Qui si passa dai templi buddisti a quelli induisti, da una cultura all’altra.
07/08/08 Singapore è una “città-giardino”. La rigogliosa vegetazione già ci aveva accolto nel fantastico aeroporto in cui ci sono più orchidee che in tutti i fiorai d’Italia. Decidiamo dunque il giorno successivo di darci alla natura e di visitare i giardini botanici. Il caldo e l’umidità ci sciolgono ma lo spettacolo multicolore dei fiori, delle piante degli alberi altissimi toglie il fiato. Nel National Orchid Garden ci sono orchidee dai colori sorprendenti. Grappoli di fiori si allungano languidamente verso i sentieri. Troviamo, ai posti d’onore, anche quelle che loro chiamano le Orchidee VIP.
Il pomeriggio ci spostiamo a Boat Quay. Un’infinità di bar e ristoranti sono affacciati sul lungofiume. Un giro in battello e finalmente vediamo comparire il Merlion, il simbolo di Singapore, una statua con testa di leone (lion) e corpo di sirena (mermaid). Trascorriamo la sera nella vicina zona di Clark Quay, un vivacissimo quartiere di pub, ristoranti e bancarelle. Di sera è pienissimo di gente, i ragazzi si ritrovano per un drink…E noi assaggiamo il cocktail di Singapore, il Singapore Sling.
08/08/08 Il giorno successivo ci trasferiamo a Kuala Lumpur. Alloggiamo allo Swiss Garden Hotel. Costo 60 euro a notte, sistemazione ottima. Se Singapore è ordinata, pulita, facile da girare, perfetta…Kuala Lumpur non si può descrivere in altra maniera se non DIFFICILE. Il miglior modo per girarla è a piedi…Ma girarla a piedi è una impresa titanica. Consulti la mappa, punti un luogo che ti sembra a un paio di isolati…E scopri che è una guerra raggiungerlo. Le strade sono enormi, non ci sono marciapiedi, le macchine sfrecciano…È confusionaria…Ma profondamente etnica! L’impatto è forte. Seguiamo le istruzioni per arrivare nei pressi dell’albergo usando i mezzi pubblici e quando usciamo dalla monorail ci accoglie un acquazzone tropicale che lascia presagire una permanenza a rischio pioggia. E invece no, la pioggia per fortuna ci saluta per non farsi più rivedere. Poco pratici della città ci facciamo accompagnare da un taxi. Dopo aver grottescamente contrattato per ottenere un buon prezzo (le differenze fra quello che loro chiedono e quello a cui poi si arriva sono sempre uno o due euro… ma qui si usa così…) ci facciamo lasciare nel quartiere di China Town per cenare in uno dei ristoranti che scopriamo essere fra i più suggestivi mai visitati. E’ ben nascosto nel quartiere stracolmo di bancarelle che vendono una quantità inusitata di imitazioni di griffe…Portafogli, orologi, borse, magliette…Un grande, coloratissimo e affollatissimo bazar. La gente mangia in ogni dove…L’igiene discutibile ci spaventa un po’. Siamo disperati dalla fame…Ma il ristorante, che ci è stato consigliato, lo dobbiamo trovare! Finalmente intravediamo una porticina…E ecco l’Old China Cafè, la sede della corporazione delle lavanderie di Selangor. Una signora dall’incarnato scuro e dai capelli rosso-fuoco ci accoglie…Le pale di un ventilatore girano lentamente sul soffitto…Alle pareti stampe e vecchie foto…Uno specchio riflette la luce fioca…Ci sembra il set di un film. Assaggiamo la laska, minestra piccante al latte di cocco. La cucina malese è decisamente gustosa…Il profumo del cocco è il denominatore comune di quasi tutti i piatti. Sperimentare la cucina locale è una parte importante di questo viaggio e dei nostri viaggi in genere. Anche attraverso il gusto ci si avvicina alla cultura di un popolo.
09/08/08 Il giorno successivo siamo diretti alle Petronas Towers. Ma mano che ci si avvicina se ne apprezza la bellezza. Questo mastodontico groviglio di metallo da lontano svetta sulle costruzioni moderne e si vede da quasi ogni parte della città. Siamo sotto le torri gemelle d’oriente, la bandiera malese trionfa sul metallo luccicante. Sono davvero belle! Il caldo è davvero notevole…Noi siamo del sud e siamo abituati a temperature bollenti… ma qui l’umidità rende tutto più difficile. Quando proprio si boccheggia le “docce” dei centri commerciali ti vengono in aiuto. Varcate le soglie del Suria, il centro commerciale all’interno delle torri, l’aria condizionata è talmente forte che l’effetto è quello di una improvvisa e inaspettata doccia gelata! Ad un primo impatto si pensa di morire…O di beccarsi una polmonite…Ma ci si abitua presto…Anzi si torna con sollievo a respirare! I centri commerciali sono sorprendenti. Affollatissimi e multietnici. Kuala Lumpur è musulmana, le donne girano con il capo coperto dal velo, ma si percepisce nettamente che non è una costrizione, il velo lo indossano in maniera naturale, come indossano i jeans, come portano le unghie laccate o il rossetto. Non è assolutamente una mortificazione, come forse erroneamente siamo portati a vederlo noi occidentali…Questa città ci insegna molto di come si possa vivere l’essere musulmani convivendo pacificamente con chi non lo è. Ma nei centri commerciali ci colpisce il numero elevato di donne con il burqa in giro per vetrine…Ad osservare la moda occidentale..E ce ne domandiamo il senso.
Nei pressi delle torri c’è un acquario molto suggestivo, con un tunnel che ti consente di camminare mentre tartarughe giganti, squali o razze, o ancora pesci tropicali multicolori vagano pigri sopra la tua testa.
Vaghiamo, più o meno invano e a fatica…Questa città è faticosissima… e raggiungiamo la piazza della Merdeka, che è la piazza dell’indipendenza malese. La bandiera malese sventola verso il cielo.
Di sera ci spostiamo nel quartiere in cui si radunano i giovani, Buquit Bintang. Una sfilata di locali e di posti in cui si pratica la riflessologia…Massaggi ai piedi che ti vengono proposti sventolandoti depliant esplicativi ogni tre passi. Ceniamo nella Starhill Gallery. Un posto così lussuoso in Italia non esiste. Si raccolgono qui ristoranti di ogni genere. Il bello di Kuala Lumpur, ma anche di Singapore, è che mangiare è un’esperienza. Qui si riuniscono tutte le cucine tipiche orientali, quella giapponese, cinese, indiana, malese, tailandese. E noi optiamo per quest’ultima, mai provata prima…In un posto delizioso e di grande atmosfera.
10/08/08 Oggi siamo diretti alle Batu Caves, poco fuori da Kuala Lumpur. Si tratta di una spettacolare caverna che ospita un tempio indù. Di guardia una enorme statua dorata che raffigura la divinità a cui il tempio è dedicato; per arrivare alla caverna ci aspetta una lunga scalinata che percorriamo fra simpaticissime scimmie per niente infastidite dalla gente e intente a sbucciare banane o piccoli frutti offerti dagli avventori. Il luogo è molto suggestivo, ma l’attrazione principale sono senz’altro queste simpatiche bestiole che ci incuriosisce veder vagare per il tempio completamente a proprio agio.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla parte islamica di Kuala Lumpur. Visitiamo l’Islamic Arts Museum e pranziamo nel ristorante libanese al suo interno, e la Masjid Negara, la moschea nazionale, una delle poche in cui è consentito l’accesso ai non musulmani. Una poliziotta porge a Daniela una lunghissima veste viola, ovviamente con copricapo e solo così ci viene consentito di varcare la soglia di questa moderna costruzione. La zona di preghiera è naturalmente interdetta. Dall’esterno ci affacciamo e la troviamo piuttosto disadorna…Solo una grande area circolare con un enorme tappeto. Questa religione è chiusa, per noi parca di informazioni, decisamente riservata a chi sa cosa fare in una moschea. L’atmosfera, paragonata a quella dei templi indù, in cui la gente non si risparmia di proseguire nel fervore delle attività in cui è affaccendata, permettendoti di osservare e di suscitarti la curiosità di approfondire, ci sembra assolutamente respingente.
11/08/08 Oggi siamo diretti a Thean Hou Temple, un misto fra tempio taoista e buddista, uno fra i più grandi di Kuala Lumpur. Fatichiamo ad arrivarci ma è decisamente bello. Colonne bianche a cui sono abbracciati enormi draghi ne reggono il tetto, tipicamente cinese, dai decori coloratissimi. E’ in corso una funzione; degli enormi cilindri dorati ruotano su se stessi creando un effetto ipnotico. L’odore dolce dell’incenso dei bastoncini che bruciano contribuisce ad avvolgerci in un’atmosfera rispettosamente mistica. E’ suggestivo guardare la gente che accende i bastoncini di incenso e si ferma in silenzioso raccoglimento.
Dedichiamo il resto della giornata ai Lake Gardens. La principale attrattiva di questo posto è il Bird Park, in cui si possono ammirare uccelli delle più svariate, colorate e bizzarre specie. Un pavone, a favore di telecamera, come una modella professionista, ci offre orgoglioso una delle più encomiabili ruote mai viste.
Simpatico, curioso e caldissimo il Taman Rama Rama, il parco delle farfalle. Una grande rete copre l’area di questo parco e centinaia di farfalle vagano di fiore in fiore facendoci impazzire nel tentativo di fotografarle o riprenderle. Il caldo è quasi da svenimento…L’umidità non si riesce neanche a descrivere ma la vegetazione lussureggiante di questo enorme parco ben vale uno svenimento! Un salto in albergo per una doccia e la sera…Bangsar Baru dove si svolge il pasar malam della domenica, un mercato alimentare ricco di bancarelle coloratissime e per noi esoticissime. Siamo intenzionati ad assaggiare i cibi, siamo curiosissimi, la guida assicura sugli standard igienici, ma poi come un flash ci viene in mente che il giorno successivo è prevista la partenza per un’isola sperduta nell’oceano senza alcunché che somigli a una farmacia…E decidiamo di lasciar sfamare solo gli occhi. In realtà quello che preparano è appetitoso, curioso, colorato, strano ma sicuramente buono visto l’entusiasmo con cui la gente mangia qui e là.
Il giorno 11 agosto la nostra vacanza prosegue alla volta di un’isola che si prevede paradisiaca. Si tratta di Pulau Perhentian Besar.
Aereo da Kuala Lumpur a Khota Baru, taxi fino a Kuala Besut e poi un terribile jetty di cui avevamo letto su internet delle mirabolanti corse a tutta velocità verso il paradiso. Daniela ha un po’ di paura, indossa diligentemente il giubbottino e spera di arrivare a destino senza significative tragedie. A parte la traversata, che dura circa 40 minuti, quello che appare ai nostri occhi è quasi indescrivibile. Un’isola paradisiaca che ci aspetta e ci accoglie dolcemente con dei colori che vanno dal verde intenso della vegetazione fittissima all’azzurro del mare. Mai visto un posto più bello, più intimo, più remoto, più lontano dalla civiltà… Alloggiamo al Perenthian Island Resort (PIR). Costo € 70 a notte. Considerati gli standard malesi, è uno sproposito. Apparentemente è la sistemazione migliore dell’isola. I resort sembrano carini, tuttavia gli standard di pulizia e la qualità del servizio sono discutibili. Altre sistemazioni che abbiamo avuto modo di vedere erano decisamente più basic, ma forse l’attenzione alla pulizia era migliore e i prezzi circa la metà. Il vero punto di forza del PIR è quello di avere quella che è indiscutibilmente la più bella spiaggia dell’isola. Altri resort si trovano davanti a piccole strisce di spiaggia non altrettanto belle.
I quattro giorni che trascorriamo a Besar ci fanno provare una sensazione mai provata, una sensazione di totale scollamento dalla realtà, con la mente che si impegna a girovagare fra i pensieri più leggeri e null’altro. La testa che si sofferma sul mare, sulla vegetazione, sui rumori, su noi stessi e nient’altro. E’ molto di più di quello che comunemente chiamano relax. E’ la sensazione che solo dei posti così riescono a dare, posti in cui c’è solo il minimo e il benessere ti viene da dentro.
L’isola è piena di animali niente affatto timidi, dagli scoiattoli ai serpenti alle iguane ai varani…E anche, ci dicono, le scimmie, che noi non riusciamo a vedere. Per non parlare dei pesci, coloratissimi, enormi, anche all’acqua bassa, delle tartarughe e degli squaletti bianchi che non vediamo perché non ci spingiamo a fare snorkeling.
A colazione scegliamo un posto gestito da una famiglia malese (il Mama’s – colazione ottima!), tipicamente pigra e lenta…Ma del resto che fretta c’è in un posto così? A cena piccoli approssimativi ristorantini con agglomerati di tavoli ospitano i turisti che vengono deliziati con barbecue di pesce. In spiaggia rimaniamo fino a tardi e ci torniamo a passeggiare dopo cena…Dopo quattro giorni diventiamo tutt’uno con il rumore e i colori del mare e ci abituiamo ai ritmi dei malesi. Le donne in acqua sono coperte, fanno il bagno vestite…Ci sembra strano all’inizio, ma poi le vediamo divertirsi, ridere e ci suscitano sempre meno curiosità. Il bello del viaggiare è proprio questo, ti rendi conto delle mille realtà possibili e impari a relativizzare la tua dimensione, il tuo mondo.
Lasciare questo paradiso ci dispiace solo un po’. Le nostre vacanze non prevedono mai prolungati periodi di ozio. Alla volta di un altro paio di giorni a Singapore riprendiamo l’aereo per Khota Baru e, in attesa della partenza, decidiamo di visitare il mercato della città che abbiamo letto essere molto bello. Lo è decisamente! Qui, tuttavia, gli standard igienici, sono del tutto discutibili. Polli esposti dappertutto impilati sulle bancarelle…E poi tutto quello che di commestibile esiste in Malesia è esposto lì, buona parte su grandi fogli di giornale stesi a terra; donne dai vestiti coloratissimi sono addette alla vendita delle merci. Frutta e verdura sono certo quello che rende le bancarelle dei veri e propri quadri. Qui Antonio, coraggiosissimo, assaggia il durian, frutto malese diffuso nel sud est asiatico, famoso per il suo essere decisamente maleodorante. E questo è poco. Pare che il sapore sia disgustoso. Antonio, uno sperimentatore coraggioso dei sapori più arditi, lo sputa, prossimo alla nausea! E’ tutto dire! Il durian a Singapore è vietato in metropolitana. Una multa salatissima è riservata a chi transita con questo frutto nei mezzi pubblici. L’odore è davvero indescrivibile, ma i malesi lo amano alla follia. A Singapore hanno anche costruito un teatro a forma di durian. Questo mercato è decisamente uno dei posti più belli, più lontani dalla nostra civiltà, che più ci offre i colori e gli odori forti di questo paese.
Gli ultimi due giorni a Singapore li dedichiamo ai souvenir, ai fantastici centri commerciali e a visitare il quartiere malese con la moschea, i negozi di sciarpe, foulard e sete.
Dopo 14 giorni siamo pronti a tornare in Italia, con altri volti, altri occhi, altri colori, sapori e un altro posto del mondo nel cuore e con il desiderio di un altro viaggio, perché è questo che i viaggi ti lasciano: una grande fame che non si placa mai.