Suoni, colori e profumi, alle Seychelles

Consigli pratici per un viaggio "fai da te"
Scritto da: Megalitico
suoni, colori e profumi, alle seychelles
Partenza il: 13/03/2010
Ritorno il: 23/03/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Abbiamo visitato due isole: La Digue e Praslin (si pronuncia Palen) La Digue, con i suoi colori, suoni e profumi, ci rimarrà per sempre nel cuore.

Agli inizi di Ottobre, chiaccherando sul lavoro, si parlò delle Seychelles dicendo che era possibile organizzare un viaggio da soli senza problemi. Trovata l’occasione del volo si poteva pensare al soggiorno con tutta calma in quanto l’offerta turistica locale era abbondante e soprattutto prenotabile via internet. Verso il 10 del mese avevamo già i due bigletti prenotati (Emitates -1300 Euro in due). Dopo un approfondito studio frugando sul web abbiamo prenotato 4 notti a La Digue, 4 notti a Praslin e l’ultima notte a Mahe (per potere essere in aeroporto alle 6 del mattino avendo l’aereo di ritorno con partenza alle 8:15.

Sabato 13 Marzo Partiamo da casa alle 9:30 del mattino e lasciamo l’auto a Malvoglio, nel parcheggio dell’Hotel Ceria (Ristorante Mariuccia) in cui arriviamo verso le 11:00. Di posteggio abbiamo pagato 31 euro per 11 giorni. Una navetta gratuita ci ha quindi portato, in circa 15’, alle partenze dell’aeroporto di Malpensa. Alle 11:30 il check-in era già aperto e noi, avendolo già fatto on line, evitiamo la lunga coda che era già presente ai banchi. Decolliamo alle 14:25 con diretti a Dubai. Il volo dura 6 ore a cui ne vanno sommate altre 3 per la differenza di fuso orario: siamo quindi atterrati a Dubai alle 23:30 locali. Dall’aereo in avvicinamento a Dubai vediamo il grattacielo più alto del mondo e “la palma”, una piccola città composta da villette di lusso (ciascuna con il posto barca privato) costruita su un’isola artificiale; il tutto fra un grande sfavillio di luci. L’aeroporto di Dubai è quanto meno fantasmagorico e noi abbiamo transitato dal terminal 3 che è immenso. All’interno si trovano fra l’altro un piccolo giardinetto tropicale, grandi fontane, ascensori e, …. Almeno un Km di duty free. In zona Duty free non vi sono i tapis roullant per costringerti a dare almeno un’occhiata ed invogliarti a fare acquisti. Domenica 14 Marzo Partiamo alle 02:30 per Mahe in cui atterriamo, dopo 4 ore di volo, alle 06:30 del mattino (con quasi mezz’ora di anticipo). Terminate le semplici e veloci formalità dell’immigrazione (hanno voluto sapere dove eravamo alloggiati) siamo fra i primi ad uscire e a recuperare la valigia (miracolosamente è la prima a comparire sul nastro). Usciti sul piazzale coperto ci dirigiamo verso i voli nazionali (50 metri a piedi) e nonostante il nostro volo fosse prenotato per le 9:15 ci fanno il check-in per quello delle 8:30 (che fortuna). L’aereo, un piccolo bimotore a elica da 15 posti, impiega circa 15 minuti per portarci all’aeroporto di Praslin. Il panorama dall’alto vale da solo il costo del viaggio (165 euro in due). Con un taxi ci facciamo portare al porto (occorrono circa 20’) ed arriviamo alla banchina quando il battello per La Digue sta ritirando la passerella di imbarco. Sono tutti gentilissimi e aspettano mentre io acquisto i biglietti e il taxista, con Antonia, porta le valige sul traghetto. Compro i biglietti con le rupie cambiate all’aeroporto di Praslin (avrebbero comunque accettato anche gli Euro). Verso le 10:00, dopo una breve e tranquilla traversata, arriviamo sull’isola di La Digue e mentre stiamo percorrendo il molo mi si avvicina un signore che chiede se siamo interessati ad un “taxi beuf”, il mezzo di trasposto più utilizzato sull’isola che consiste appunto in un carro coperto trainato da un bue. Accettiamo volentieri l’offerta e seguiamo il “taxista” che ci conduce verso un carro chiedendoci di aspettare mentre va nella stalla a prendere il bue. Accettiamo di buon grado e lui se ne ritorna poco dopo con l’animale che avvicina al carro per mettergli il giogo al collo con cui tirare il “taxi”. Il bue è molto giovane e il taxista decide di non affaticarlo evitando di salire anche lui sul carro. Notiamo che il taxi è regolarmente targato.

In 15-20 minuti (passano velocissimi) giungiamo finalmente alla nostra meta: Pension Michel. Ci accoglie Fadiba, una signora creola molto gentile che ci offre subito due frullati di frutta per dissetarci. Ci mostra la nostra camera: spaziosa, pulita e munita di un piccolo frigorifero. Il bagno è con doccia, lavabo e bidet, il tutto pulito e ordinato. Nella camera si trova un ventilatore a soffitto ma è presente anche uno split per l’aria condizionata. Sul davanti c’è un piccolo patio con un tavolino e due comode sedie; scendendo un gradino ci si rova in un piccolo giardino curatissimo dove innumerevoli ibiscus rossi in fiore la fanno da padrone. Ci accordiamo subito con Fadila per il noleggio delle biciclette che andiamo a scegliere. Sul retro dell’abitazione c’è un piccolo deposito di bici in cui lavora un ragazzo che provvede alla loro manutenzione: ci fornisce due bici, tipo mountan bike, munite entrambe di un amplio cestello posizionato posteriormente (sarà utilissimo per trasportare gli zaini senza averli sulle spalle).

Fadila ci mostra anche la stanza in cui dovremo trasferirci per l’ultima notte: per un disguido ha infatti impegnato la nostra camera con una agenzia e ci ha proposto una sistemazione di emergenza (gratuita). In alternativa ci ha anche proposto di trovarci un’altra sistemazione sull’isola ma per una sola notte decidiamo di accettare la sua offerta.

La nostra camera a Pension Michel

Salutiamo Fadila prenotando per la cena (19:30 in punto mi raccomando …) e ci ritiramo in camera per riposare un paio d’ore. Prendiamo le biciclette e troviamo da mangiare un panino da Ta Rose al porto.Tolti i morsi della fame puntiamo verso il nord per andare a fare il bagno ad Anse Severe. L’alta marea si è mangiata quasi tutta la spiaggia e così non ci accorgiamo di superarla; continuando a pedalare arriviamo fin dove finisce la strada prima di rendercene conto. Ritornati sui nostri passi troviamo finalmente Anse Severe dove riusciamo a fare il primo bagno. Lunedì 15 Marzo Cambiati un po’ di euro in rupie (in banca) ci dirigiamo verso il parco dell’UNION. Per entrare occorre pagare un biglietto di 100 rupie a testa e se entri per due volte la terza è gratis. Pagato il balzello riprendiamo a percorre la strada in bicicletta. Siamo circondati da una rigogliosa vegetazione e dopo poco notiamo sulla destra un antico cimitero, del tutto abbandonato, con tante lapidi scolpite nel granito ed un cavallo bianco che bruca l’erba cresciuta fra le tombe. Le lapidi hanno una fattura strana e le morti delle persone sepolte sono quasi tutte occorse verso la fine del 1800. Ripartiamo e dopo poche decine di metri ci troviamo in una coltivazione di vaniglia. Le piante, della famiglia delle orchidee, sono in filari e si arrampicano su pali. Ci hanno detto che le bacche compaiono dopo la fioritura, verso settembre. Il terreno sotto i filari è pacciamato con scorze di cocco per impedire la crescita delle infestanti. Proseguendo incontriamo il mulino per estrarre l’olio di cocco (copra) azionato da un bue. Se tratta di una dimostrazione per i turisti ma comunque il mulino funziona e l’olio viene recuperato. Superato il mulino ecco il recinto con le tartarughe giganti di Aldabra. Saranno circa una quarantina e sono veramente enormi.

Lasciate le tartarughe ci dirigiamo verso il mare, per raggiungere su una delle spiagge più famose del mondo: Anse Source D’Argent. Questa spiaggia è stata il set di diversi film, fra i quali Pirati, di Roman Polanke e Cast away, nonché spot televisivi fra i quali quello della Bacardi. Lasciamo le biciclette vicino a un piccolo bar ristoro, ci carichiamo gli zaini sulle spalle, ed iniziamo a percorrere la spiaggia in direzione sud. La bassa marea ci consente di passare agevolmente (con l’acqua che arriva al polpaccio) da una spiaggetta all’altra continuando la nostra escursione. Alcuni passaggi li li facciamo percorrendo le gallerie che si sono formate fra agli enormi roccioni di granito che arrivano fino al mare. Più procediamo meno gente incontriamo. Arriviamo così all’ultima spiaggia delle tante che si aprono fra la giungla e il mare e ci troviamo praticamente soli. Facciamo un bel bagno anche se l’acqua non è molto alta e i pesci colorati sono pochi (la barriera corallina fa da scudo). Verso le 15:00 mi accorgo che l’alta marea si sta letteralmente mangiando tutta la spiaggia. In fretta e furia raccattiamo le nostre cose e con una certa fatica ci incamminiamo sulla via del ritorno. Io speravo esistesse un sentiero interno dietro la spiaggia ma non l’ho trovato e così, con gli zaini e tutto quello che non volevamo bagnare sulla testa, ci siamo avventurati con l’acqua che ci arrivava in fino alla vita e oltre. Arriviamo alle prime spiagge, vicino a dove avevamo lasciato le biciclette con il sole che già comincia a mostrare le tinte rosse del tramonto. Siamo quasi sull’equatore e qui il sole nasce verso le 6 del mattino ed alle 6:30 della sera c’è già buio pesto. A Pension Michelle mangiamo molto bene e poi, decisamente stanchi, andiamo a dormire.

Martedì 16 Marzo Inforcate le biciclette ci dirigiamo verso Sud percorrendo la strada interna (unica esistente) per raggiungere Grande Anse. La strada si inerpica fino al centro dell’isola per poi precipitare sul versante Sud-Est, terminando sulla spiaggia di Grand Anse vicino ad un piccolo punto di ristoro in legno provvisto di un’amplia tettoia che offre riparo dal sole. Questa parte dell’isola è la più selvaggia, priva di abitazioni e con pochi sentieri. Lasciate le biciclette ci incamminiamo subito sul sentiero che partendo dal bar ristorante ci dovrebbe consentire di raggiungere Anse Coco passando da Petite Anse. Il sentiero presenta diversi passaggi su terreno paludoso e l’acqua arriva a lambirci le caviglie. Non ci preoccupiamo più di tanto perché dai racconti di altri turisti, che avevamo trovato in Rete, sapevamo che il sentiero si presenta spesso allagato. Dopo una quindicina di minuti arriviamo a Petit Anse e la troviamo praticamente deserta. La vegetazione arborea non lambisce la spiaggia lasciandola tutta assolata e senza alcuna ombra sotto cui rifugiarsi. Restiamo quindi all’interno, protetti dalle canne e dalla vegetazione interna, e continuiamo a procedere.

Doppiato il secondo promontorio ecco apparire, dopo altri 30 minuti di marcia, la splendida e deserta Anse Coco. Nel nostro itinerario ci ha seguito una coppia italiana e una francese di Reunion con due figli, di cui la più piccola di 11 anni autistica. La bambina ha creato problemi e non è stato facile per la francese, che ci ha poi confidato di avere sottovalutato l’escursione.

Mal consigliati non abbiamo portato ne pinne ne maschere e così non abbiamo potuto fare un bagno “serio”. Queste spiagge sono in effetti prive di barriera corallina e da Settembre a Febbraio una forte corrente trascina verso il largo ed è assolutamente sconsigliato (ci sono anche i cartelli) fare il bagno … ma in Marzo non ci sono problemi. I nostri amici italiani avevano l’attrezzatura e hanno potuto fare un bel bagno avvistando anche una tartaruga di mare. Un po’ per la fame che si fa sentire e un po’ perché temiamo l’arrivo delle zanzare ci avviamo sulla strada del ritorno arrivando verso le 15:30 al bar ristorante. Da mangiare avevano ormai poco o nulla e ci siamo fatti preparare due magnifici frullati di frutta fresca seguiti da un bis (che buoni che erano …). Mercoledì 17 Marzo La sera prima avevo prenotato un’escursione in barca con il diving Azzurra, l’unico dell’isola, e così, verso le 9:00, partiamo in barca con un gruppo di sub dirigendo verso Marianne Sud dove ci dicono vedremo gli squali. Il diving ha sede nel “La Digue Island Lodge”, l’hotel più lussuoso dell’isola, ed è gestito da Max (Massimiliano) che è di Parma. Sono due anni che Max è responsabile di questo diving ed è in procinto di rinnovare il contratto per altri due. Arrivati sul sito io e gli altri sub ci immergiamo mentre Toni, da sola ma determinata, si mette a fare snorkeling inaugurando il suo mutino a canotta in neoprene. La barca ci segue e così, ad immersione finita, scopro che Toni si è trovata a nuotare da sola senza appoggio; per la verità non la trovo spaventata e mi racconta entusiasta di essere riuscita a vedere i due squali grigi (lunghi 2/3 metri) di cui anche noi, una quindicina di metri sottacqua, abbiamo ammrato le evoluzioni. L’immersione è stata davvero molto bella ed oltre agli squali abbiamo visto aquile di mare, e tanti altri pesci colorati; io ho visto anche un grosso pesce Napoleone. Il secondo punto di immersione(Albatros), praticamente un scoglio, non si è rivelato altrettanto bello ma comunque, il solo incontro con gli squali valeva l’escursione, nonostante il suo costo molto alto (150 euro in due).Rientriamo verso le 14:00 e quando sbarchiamo sul molo Toni scopre di essersi ustionata sul retro delle gambe e delle braccia (lo snorkeling non perdona e per fortuna aveva il mutino), nonostante la crema protettiva fattore 30 che si spalmava continuamente. Giovedì 18 Marzo E’ l’ultimo giorno che passiamo a La Digue e così al mattino andiamo subito al porto per acquistare i biglietti del il battello che parte alle 15:30 per Praslin. Andiamo quindi a visitare la riserva naturale della “Veuve” (5 minuti in bici da Pension Michel) incamminandoci per i suoi sentieri interni alla ricerca di un raro uccello che vive qui a La Digue: il Paradise Flycatcher di cui riusciamo però a scorgere solo la femmina che è meno appariscente e priva della tipica e lunghissima coda. Lasciata velocemente la riserva (il caldo iniziava ad essere eccessivo) prendiamo maschere e pinne ed andiamo a fare il bagno sulla spiaggia davanti all’Hotel Patatran, nell’estremo Nord dell’isola (Anse Patates). Questa spiaggia non è protetta dalla barriera e così si può nuotare agevolmente. Vediamo passare un branco di delfini più volte ma non sono proprio vicini a riva. Finalmente facciamo l’incontro con una tartaruga marina di medie dimensioni e vediamo anche altri pesci molto grossi. Peccato avere scoperto questa spiaggia solo oggi (ultimo giorno) perché ha un ottimo accesso al mare.

Finito il bagno abbiamo fame e mangiamo qualcosa di veloce al ristorante dell’hotel Patatran, dietro la spiaggia; poi di corsa torniamo da Michel, ci facciamo la doccia, prepariamo i bagagli e raggiungiamo il porto con un taxi, forse l’unico taxi automobile dell’isola. IL TRASFERIMENTO A PRASLIN Alle 15:30 ci imbarchiamo. Il traghetto è più lento di quello preso all’andata ma comunque in una mezzoretta arriviamo al porto di Pralin e qui non troviamo la persona che doveva consegnarci l’auto prenotata. Apettiamo una decina di minuti e poi telefono alla padrona della nuova destinazione, che ci doveva procurare l’auto, per sapere che fine a fatto il noleggiatore. Dopo una ventina di minuti (30 di attesa in tutto), verso le 16:30 ci viene consegnata la macchina (pagamento anticipato cash 45 Euro/giorno). Esteticamente non è affatto male ma di fatto verrà subito dopo battezzata come “Cesso Car”. Il

motore fa un rumore a dir poco inquietante, in discesa le marce tendono a staccarsi mettendo il motore in folle, il cassettino portaoggetti cade continuamente sulle ginocchia di Toni e non riusciamo a tenerlo chiuso se con spessorando con un cartone (che comunque si stacca ad ogni buca) ma, cosa più grave, il differenziale si sta rompendo ed in salita capita che perda potenza. Per raggiungere la nostra nuova destinazione seguiamo la strada costiera perché sensibilmente più corta di quella che attraversa l’interno dell’isola. L’impressione che abbiamo percorendo questa strettissima strada è di essere su un ottovolante. Salite segnalate con pendenze del 30% si alternano a discese non meno ripide, la guida a sinistra è un eufemismo perché in molti tratti passa una sola auto per volta. In questa strada, come in tutte, non esistono i guard rail o qualsiasi protezione alternativa sul ciglio della strada e la banchina non esiste; le strade sono infatti quasi tutte sopraelevate rispetto al terreno e spesso a strapiombo sul mare. Toni urla per tutto il tragitto, come del resto farebbe sull’ottovolante, e dopo una mezzoretta (abbiamo superato l’obiettivo e siamo poi duvuti tornare indietro) raggiungiamo finalmente VILLAS FLAMBOYANT Ci accoglie la padrona, Madame Rosmary, di nazionalità Seychellese ma che vive anche in Francia. Ci sistemiamo in una camera al piano terra (75 euro/giorno con colazione). La camera è molto meno bella di quella di Pension Michel ma lo sapevamo. Manca il condizionatore (ci sono solo le pale) e non c’è il frigorifero (quando si rientra una birretta fresca era molto gradita ma … pazienza). Il bagno non è il massimo, manca il bidet e la doccia ha una tenda di plastica. La posizione (che è stato il vero motivo della scelta) è però fantastica. Questa sistemazione si affaccia direttamente sul mare; le colazioni e le cene si consumano sotto una struttura coperta di lamiera e controsoffittata con un intreccio di foglie di palma (per la verità cadente). Il pavimento non esiste perché il pergolato sorge direttamente sulla sabbia a pochi metri dal mare. Le cene sono a buffet (cibo buono ma un po’ ripetitivo) e si consumano in tavolate formate da tutti gli ospiti (99.9% sono francesi). Questo aiuta molto a socializzare e a scambiarsi le esperienze del soggiorno sull’isola. Venerdì 19 Marzo Puntiamo verso il nord dell’isola per andare su una delle spiagge più belle: Anse Lazio. Con l’auto posteggiamo proprio davanti alla spiaggia ed iniziamo da qui a spostarci a piedi verso sinistra, per raggiungere la parte più isolata della spiaggia. Anche qui, come a La Digue, sono presenti diversi massi di granito che danno alla spiaggia un aspetto unico. Da qui parte un sentiero nella foresta per raggiungere Anse Georgette, considerata la più bella spiaggia di Praslin. C’è da camminare per più di un’ora perché in questo punto dell’isola la strada costiera non esiste. Anse Georgette è in realtà inglobata dal Lemuria Hotel (il più esclusivo di Praslin), ma chiedendo il permesso è comunque visitabile perché alle Seychelles non possono esistere spiagge private. Purtroppo, mentre stiamo facendo un piano per la giornata, cominciano ad arrivare alcuni nuvoloni minacciosi e mentre stiamo facendo il bagno inizia un diluvio vero e proprio. Mentre piove a dirotto continuiamo imperterriti a fare snorkeling con la pioggia fresca che ci picchietta la schiena e la visione dei “chiodini”, osservati dal basso, formati dalla pioggia sulla superfice del mare. Vediamo qualche pesce colorato ma tutti di piccole dimensioni. Alla fine usciamo per controllare la nostra roba lasciata al riparo di un albero. Lo zaino (con dentro anche la telecamera) lo avevamo protetto con la sua copertina impermeabile ma gli spugnoni erano appoggiati sopra (non entravano nello zaino) e sono da strizzare. Nei giorni seguenti sarà un problema far asciugare la roba bagnata perché l’umidità rallenta l’asciugatura in modo incredibile e solo in pieno sole i tempi si accorciano. Ci ripariamo sotto alcuni massi insieme ad una coppia di italiani (lui di Cagliari e lei altoatesina) con cui scambiamo due parole. Sono ormai le due del pomeriggio e la fame inizia a farsi sentire e così, in una pausa dell’acquazzone, raggiungiamo un vicino ristorante all’aperto per mangiare qualcosa in attesa che torni il bel tempo. Ma le nuvole non se ne vanno e così lasciamo Anse Lazio per dare un’occhiata alla cote d’Or (la costa Nord Est dell’isola) e fare un po’ di shopping. La sera, mentre chiaccheriamo a cena con gli altri ospiti, veniamo a conoscenza che il figlio di Madame Rosmary ha una piccola barca con cui è possibile fare escursioni intorno all’isola; decidiamo di prenotare per l’indomani. Sabato 20 Marzo Il cielo è sereno e il sole già alto sull’orizzonte (l’alba è verso le 6,30) quando ci svegliamo. Già mentre facciamo colazione, verso le 8,30, vediamo un signore, su una lancia di legno di circa 4 metri (motore 40 Hp con guida a barra), approdare sulla spiaggia antistante e ci viene il dubbio che sia il nostro mezzo di trasporto: il dubbio diventerà poi certezza. Il capitano Francis, un uomo smilzo, creolo e con una barba nerissima e lunga, è di pochissime parole e sostituisce il figlio di Madame Rosmary (che non era evidentemente disponibile).

Siedo con Toni sulla traversa in legno che funge da sedile e dietro di noi Francis mette in moto e si parte. Il fondale è molto basso e così, per ridurre il pescaggio dell’elica, il motore è tenuto in parte sollevato da un legno che verrà poi rimosso una volta giunti in acque più profonde. Puntiamo verso Nord Ovest ed il mare

inizialmente piatto (siamo protetti dalla barriera corallina) si increspa un poco quando arriviamo sulla costa Nord. Nel tragitto costeggiamo Grand Anse e vediamo la splendida Anse georgette. Doppiata la punta a Nord ci appare la splendida Anse lazio (quella della pioggia torrenziale) e dopo poco siamo in vista dell’isola di Curieuse, la nostra prima tappa. Approdiamo sulla spiaggia dell’amplia insenatura sulla costa Est e paghiamo subito, in un baracchino sulla spiaggia, i 15 euro a testa del biglietto di accesso all’isola che è Parco Nazionale. Francis ci lascia spiegandoci che si farà trovare sulla spiaggia che incontreremo al termine del sentiero che attraversa l’isola: li mangeremo. Sull’isola, un tempo lebbrosario, si trovano allo stato brado numerose tartarughe giganti di Aldabra. In una struttura coperta e protetta da una rete si trovano le tartarughe appena nate, che sono qui accudite per evitare che vengano mangiate dai predatori prima che superino la “massa critica”. Le grosse tartarughe che incontriamo (una anche in un sentiero interno) sono ben disponibili a mangiare le tenere foglioline che i turisti (anche noi) gli propongono afferrandole direttamente dalle mani. Si lasciano anche accarezzare la testa (dura come un sasso) senza spaventarsi. Lasciata la spiaggia in cui siamo sbarcati ci addentriamo all’interno dell’isola percorrendo un sentiero ben segnalato che in 30-40 minuti ci porta su una spiaggia del versante sud, di fronte a Praslin. Siamo i soli a percorrere il sentiero ed incontriamo solo 2 o tre persone in senso opposto. Inizialmente si sale verso il monte centrale per poi ridiscendere e percorrere l’ultimo tratto su passerelle che attraversano le mangrovie. Quando passiamo c’è la bassa marea per cui sotto le passerelle non c’è acqua e spuntano qua e la le fitte radici che daranno origine alle nuove piante. Il sentiero termina in uno spiazzo antistante una spiaggia e qui sono predisposte per i turisti una serie di tettoie con tavoli e panche per mangiare;. L’aria è satura del profumo di barbecue…. C’è un po’ di gente perché questo è l’approdo utilizzato dai turisti che vengono portati con piccole imbarcazioni da tutti gli Hotel di Praslin che che si trovano praticamente di fronte a Curieuse. Ci viene incontro Francis e ci fa cenno di seguirlo lungo la spiaggia deserta (ma come .. Non mangiamo qui .. C’è un profumino di barbecue). Ci fermiamo dopo circa 300 metri, sempre sulla spiaggia ma riparati da alcune rocce; li vediamo la nostra lancia di legno ancorata di fronte. Francis ha preparato un piccolo focolare su cui sta abbrustolendo alcune fette di pane in cassetta, pezzi di zucca e qualche piccolo pesce ….. Siamo soli e ci sentiamo come Robinson Crusoe (con Venerdì): a noi sembra di vivere un film … è FANTASTICO. Francis prepara i piatti utilizzando una foglia di palma per ciascuno, su cui dispone un pesce e un pezzo di zucca e il pane. Si mangia con le mani (le forchette le aveva portate ma si rischiava di conficcarle sulle gambe). Terminiamo il pranzo mangiando qualche saporitissima piccola banana. Ci fermiamo in questo piccolo angolo di paradiso ammirando soprattutto i colori del cielo, del mare della spiaggia e della giungla retrostante (coprono tutte le tonalita di blu e di verde e sono amplificate dal bianco candido della spiaggia). Ci sentiamo inebriati dall’esperienza che stiamo vivendo e cerchiamo di assorbire tutte le emozioni che ci pervadono, prima fra tutte un senso di pace e tranquillità impossibile da trovare altrove. Francis ci richiama alla realtà facendoci osservare alcuni nuvoloni neri che si sono formati di fronte a noi su Praslin e dice di partire subito verso l’isolotto di Saint Pierre dove abbiamo intenzione di fare snorkeling. Facendo rotta verso Sud Est raggiungiamo Saint Pierre in una quindicina di minuti e facciamo snorkeling per una mezzoretta. Dico a Francis che non ci interessa esssere seguiti con la barca e che può tranquillamente aspettarci nel punto in cui ci lascia: terminato il periplo dell’isolotto lo possiamo raggiungere ancora qui. In realtà lui ci segue (forse ha paura che ci perdiamo). L’acqua è bella, calda trasparente e noi osserviamo e filmiamo motissimi pesci colorati (anche grossi). Sappiamo che Francis ci segue anche perché è un po’ preoccupato dei nuvoloni neri che continuano a formarsi e quindi, non appena terminiamo di girare intorno all’isolotto, risaliamo in barca per proseguire il periplo dell’isola (peccato perché saint pierre avrebbe meritato più tempo e tranquillità). Attraversiamo la baia di Saint anne (dove si trova il porto) per poi risalire dalla parte opposta ed approdare di nuovo davanti a Villas Flamboyant. Questa fantastica escursione ci è costata 150 euro in due (110 euro + 20 ingresso Curieuse + 10 di mancia a Francis che è stato molto professionale)

Domenica 21 Marzo Alle 9.30 del mattino siamo nella chiesa di Saint Anne per la messa domenicale (rito cattolico). Tutta la messa è in francese e solo un canto in creolo. La chiesa è gremita di gente e i bianchi sono pochi. L’edificio è grande e di recente costruzione con una copertura in lamiera e grossi ventilatori alle pareti. Molte persone sono vestite a festa e alcune anziane con cappelli e vestiti molto vistosi. Bella funzione! Usciti di chiesa ci dirigiamo verso il centro dell’isola per visitare il parco Nazionale della Vallée de Mai. (ingresso 20 euro a testa) La foresta di palme della Vallée de Mai è quanto rimane delle lussureggianti foreste preistoriche del gruppo di isole granitiche delle Seychelles e risale a quando queste erano ancora parte del grande continente che comprendeva Africa, Madagascar e India. Si può passeggiare nella valle attraverso dei sentieri ben demarcati di differente durata di percorrenza, dove i luoghi di particolare interesse sono chiaramente indicati. Per esplorare tutti i sentieri, occorrono tre, quattro ore. Le palme che compongono la foresta sono Coco de Mer e crescono solo in questa zona. Sono palme dioiche (esemplari dal sesso separato –maschile e femminile su alberi differenti-) che producono cocchi enormi (arrivano a pesare anche 20-25 Kg) dalla forma che ricorda il bacino femminile delle donne. Le palme maschili producono per contro un’infiorescenza che ricorda il pene maschile e può raggiungere i 2 metri di lunghezza. Ciò che ci colpisce mentre camminiamo sul sentiero è l’enormità delle foglie di queste palme, che possono raggiungere i 15 metri di larghezza (una sola foglia) e ci fanno sentire come formichine nella foresta di Jussasic Park: se spuntasse un dinosauro non ci sarebbe da stupirsi più di tanto. Oltre ai Coco de Mer abbiamo visto un albero di Jack fruit, con i grossi frutti che escono direttamente dal tronco, felci spinose e altre piante strane. La giornata è abbastanza nuvolosa e così, usciti dal parco, siamo andati un po’ a zonzo in auto per esplorare l’isola. Continuando sulla strada che costeggia l’insenatura di Saint Anne ci siamo portati sulla punta estrema (opposta a quella in cui si trova il porto e la chiesa) fermandoci al termine della spiaggia della baia. Oltre ad osservare gli splendidi colori del tramonto che stava avvicinandosi siamo attratti dal viavai degli enormi pipistrelli “volpini” tipici di queste isole. Hanno un’apertura alare che supera abbondantemente il metro, sono ghiotti di frutta, e devono il loro nome a uno strato di peli di colore giallo arancio che hanno sul petto. Dopo un primo istante di sgomento per le loro dimensioni devo dire che ci sono sembrati quasi simpatici. Passeggiamo sulla spiaggia fino a quando resta totalmente in ombra e poi, risaliti in auto, riprendiamo la strada per passare la collina che ci separa dal versante opposto. Percorriamo una prima salita e poi una discesa paurosa che ci porta alla bella baietta di Petit Anse. Quando si è trattato di percorrere la strada in senso inverso il motore dell’auto si è spento a metà della salita perché, pur con la prima ingranata, non riusciva a mantenere un numero di giri sufficiente. La situazione era realmente tragica perché il freno a mano non teneva e nonostante diversi tentativi, pur prendendo la rincorsa, non c’era verso di superare la salita: questa volta sembrava proprio che il differenziale ci avesse lasciato definitivamente. Mentre stavamo rassegnandoci (mancava per la verità il tentativo di salire in retromarcia con strada strettissima e il rischio di andare a finire nel dirupo sottostante) ecco arrivare una macchina da dietro che inizia a strombazzare (due auto affiancate non sarebbero mai passate). Dall’auto scende un uomo nero enorme che, resosi conto del problema, mi chiede di fargli provare la manovra. Ormai disperato ho accettato ben volentieri spingendo l’auto con tutte le mie forze durante il tentativo di partenza. Non so ancora come ha fatto ma questo omone nero, portando il motore ad un numero di giri raccapricciante, è riuscito a partire e a portare l’auto fin dove iniziava la discesa sull’altro versante. Quando gli ho fatto i complimenti mi ha semplicemente confermato che il differenziale era da buttare. Lunedì 22 Marzo Le valige le abbiamo fatte ieri sera e così, alle 8:30 del mattino siamo al Jetty (imbarcadero) di Sain Anne pronti per imbarcarci sul Cat Coco per Mahe (costo 87 euro in due contro 165 dell’aereo). Il responsabile del noleggio non si fa vedere e così lasciamo il cesso-car nello stesso posto in cui l’avevamo prelevato al nostro arrivo, con le chiavi sotto lo zerbino del guidatore, secondo istruzioni ricevute telefonicamente. Il traghetto parte alle 9:00 e dopo un’oretta di navigazione veloce ma tranquilla eccoci al porto di Mahe. E’ qui che abbiamo appuntamento con un taxi che ha prenotato il gestore dell’Hotel Chateau Bleu, in cui passaremo l’ultima notte delle nostre vacanze. Il porticciolo è piccolissimo e pieno di taxi in cerca di clienti ma del nostro nemmeno l’ombra.

Dopo 10 minuti di attesa telefono a Guy (gestore del Chateau blue) che mi rassicura sul suo arrivo. Dopo altri venti minuti arriva finalmente il taxi che ci porta alla nostra destinazione. Chateau blue è stato scelto per passare l’ultima notte, perché domani abbiamo l’aereo alle 8:15 del mattino e quindi dobbiamo essere in aeroporto verso le 6. Questo piccolissimo Hotel si trova a 10 minuti dall’aeroporto per cui è perfetto. Sono le 11:20 quando, lasciati i bagagli nella camera dell’hotel, montiamo su una corriera diretti alla spiaggia di Anse Royal, per concederci l’ultimo bagno nel caldo mare delle Seychelles. Arriviamo alla spiaggia dopo circa 10 minuti di un viaggio che sembrava fatto su un ottovolante (penso che prima o poi qualcuno di questi piccoli bus finisca fuori strada). Anse Royale è splendida e l’unico neo è la strada costiera che passa subito dietro: in realtà non si vede perché risulta coperta da una fitta vegetazione. Facciamo un bellissimo bagno e vediamo tantissimi pesci colorati, anche se di piccole dimensioni. Di fronte alla spiaggia, verso sinistra, c’è una piccolissima isoletta che raggiungiamo faticosamente a nuoto. Sta arrivando l’alta marea e la corrente che ci spinge verso la spiaggia è fortissima. Quando torniamo a riva il tempo si guasta e inizia a piovere. Troviamo riparo in un hotel proprio dietro la spiaggia e ci facciamo preparare qualche panino caldo per spegnere i morsi della fame. Non appena smette di piovere riprendiamo la corriera in direzione opposta e scendiamo nei pressi di un centro di artigianato che ci aveva segnalato Guy, per cercare qualche regalino da portare a casa. Il posto è veramente carino (anche se pieno di zanzare agressive) ma purtroppo sono ormai le 18 e troviamo aperto solo un negozio (ogni negozio è una casetta indipendente lungo un vialetto ghiaiato) in cui riusciamo ad acquistare qualche collana molto carina. L’ultima cena la facciamo a CareFree, un ottimo ristorantino che raggiungiamo a piedi in 5 minuti da Chateau Bleu (con le torce perché anche qui l’illuninazione pubblica è un optional). Martedì 23 Marzo Alle 5:30 facciamo colazione e dopo 10 minuti ecco arrivare il taxi (lo stesso che ci aveva raccolto al porto ieri) per portarci in aeroporto dove arriviamo alle 6 in punto. Nessun inconveniente e alle 8 e venti l’aereo della Emirates decolla per Dubai. Arriviamo a Malpensa alle 4 del pomeriggio e appena in possesso della valigia telefono al Ristorante Mariuccia per farci venire a prendere. In realtà il pulmino era già in aeroporto per cui non abbiamo dovuto aspettare nemmeno un minuto. Luca e Antonia



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