Sulle strade della California

Intensa settimana on the road tra Los Angeles e San Francisco
Scritto da: squalo78
sulle strade della california
Partenza il: 25/04/2016
Ritorno il: 03/05/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Ebbene sì… lo abbiamo fatto in una settimana questo giro in California… e nonostante le perplessità per la paura di vedere poco e di stancarci troppo ce l’abbiamo fatta! E siamo tornati molto soddisfatti.

Il mio primo approccio con gli States non poteva essere migliore, abbiamo conosciuto un angolo di America che è proprio come te lo immagini per certi aspetti, ma cominciamo dal principio…

Viaggio fai da te al 100%, abbiamo prenotato aerei, macchina e solo la prima notte in albergo, poi libertà assoluta. La scelta del volo è ricaduta su Air France: Roma –Amsterdam – Los Angeles all’andata e Los Angeles- Parigi- Roma al ritorno per 660 euro a persona. Voli comodi e puntuali… fatta la solita scorpacciata di film. La macchina l’abbiamo prenotata su rentalcars.com a 270 euro ( si trovavano auto anche a meno ma abbiamo optato per una categoria più alta visto il viaggio bello lungo) anche se devo segnalare che ci siamo ritrovati dei costi in più al rientro non proprio chiarissimi ma questo forse perché la compagnia di autonoleggio era una piccola low cost americana. L’albergo, prenotato sempre su internet sul solito sito, l’abbiamo scelto a Venice Beach che si trova a pochi chilometri dall’aeroporto. Si tratta del Venice on the Beach, albergo piccolo ma proprio sulla spiaggia con una terrazza panoramica notevole dove è possibile fare colazione. Costo 132 euro a cui sul posto abbiamo aggiunto 15 dollari per il parcheggio. Ultima cosa da fare l’ESTA per chiedere l’accesso negli Stati Uniti. Si compila un modulo on line e si pagano 28 dollari. Abbiamo aggiunto anche una polizza assicurativa di 134 euro per coprire eventuale annullamento, spese mediche, ecc.

Partiamo da Roma il 25 aprile mattina molto presto, scalo ad Amsterdam, attesa di un’ora e di nuovo aereo per gli States. Siamo arrivati a Los Angeles nel primo pomeriggio. Scesi dall’aereo abbiamo fatto almeno tre lunghe code: prima per ritirare i bagagli poi per ottenere il permesso ad entrare e infine per uscire dall’aeroporto perché si passa da un altro desk per ulteriori controlli… uno sfinimento! Riusciamo finalmente a guadagnare l’uscita e ci dirigiamo alla fermata della navetta che ci porta all’autonoleggio. Sbrigate le pratiche ( e qui in qualche modo ci hanno fregato, complice la stanchezza del viaggio ) ritiriamo il nostro mini SUV e ci dirigiamo verso Venice che dista una decina di chilometri. Siccome chi si ferma è perduto…prima di crollare sul letto per la stanchezza abbiamo pensato di uscire subito e di andare a visitare Santa Monica e in particolare la spiaggia e il famoso pier. Lo scenario ci è sembrato subito familiare, grazie ai tanti film e serie tv visti…il tramonto ha reso però tutto più suggestivo. Naturalmente foto di rito sulla torretta dei bagnini! Poi passeggiata lungo la Third Street Promenade e primo ( e ultimo ) hamburger americano e poi nanna cullati dalle onde dell’oceano.

Il giorno successivo alle 5 del mattino eravamo già svegli (maledetto jet lag) e questa è stata una costante del viaggio alla fine positiva perché abbiamo recuperato ore preziose. Abbiamo aspettato le 7 per la colazione sulla terrazza dell’albergo con vista sulla immensa spiaggia di Venice a quell’ora deserta e poi siamo scesi per una passeggiata e per mettere per la prima volta i piedi nell’Oceano Pacifico. E qui si è palesata la California che immaginavamo, surfisti in acqua in attesa dell’onda, una donna a fare yoga, qualcuno a fare jogging, un’aria di relax indescrivibile. Ritornati in albergo abbiamo fatto i bagagli e siamo partiti alla volta della Death Valley, tempo d’arrivo previsto 4 ore circa. Ora apro una parentesi sulle tante ore passate in macchina: non sono state per niente pesanti, innanzitutto per le condizioni ottimali di guida sugli stradoni americani e poi perché ci siamo fermati tante volte perché abbiamo trovato sempre cose da vedere e fotografare lungo il tragitto e alla fine abbiamo visto più cose di quelle previste proprio per questi incontri casuali ( per esempio ci siamo ritrovati a passare attraverso il deserto del Mojave e il Red Rock Canyon).

Arriviamo alla parte più emozionante del viaggio, la Death Valley. Che dire, immensità, silenzio, colori magici. Ci sono posti di una bellezza da togliere il fiato, penso a Zabriskie Point in primis, alle dune di Stovepipe Wells, alle vallate nelle zone più depresse; al tramonto tutto si accende di rosso poi… senza parole. Il percorso è lunghetto, sempre da fare in macchina e ci sono vari punti di sosta attrezzati e fa caldo. Potevamo fermarci nel parco per dormire ma abbiamo preferito tornare indietro e raggiungere Olancha dove all’andata ci era sembrato di vedere dei motel… peccato che fossero tutti un po’ troppo alla Psycho di Hitchcock e quindi abbiamo proseguito fino a Lone Pine dove ci siamo fermati in un motel della catena Comfort Inn (che abbiamo ritrovato di nuovo in seguito) in una camera enorme con due letti queen size che abbiamo richiesto per il resto del viaggio! Al mattino sorpresa perché l’affaccio della stanza era sulle cime innevate del Monte Whitney.

Dopo la colazione inclusa nel costo della stanza siamo partiti per tornare in prossimità della costa facendo però prima tappa a Paso Robles nel cuore di una delle regioni vinicole della California. Lungo la strada ci siamo fermati, come detto in precedenza, in un punto del Red Rock Canyon State Park dove rocce rosse, bianche e rosa si alternano lungo le pareti regalando un paesaggio quasi marziano se non fosse per le innumerevoli yucche dalle mille forme sparse qua e là. Anche qui silenzio e pace. Procedendo abbiamo fatto tappa a Bakersfield, alle sue porte però ci siamo fermati in una farm dove abbiamo potuto assaggiare vari prodotti ortofrutticoli della zona, le prime ciliegie della stagione, pistacchi, arachidi e c’erano anche pesche ed albicocche e le mitiche pie alla frutta! Arrivati in città abbiamo visitato un luogo che più americano non si può, il Walmart! Qui ci siamo fermati in realtà per comprare pane, formaggio e prosciutto per fare dei panini per il pranzo. Un giro nel centro della città e di nuovo in macchina. Il paesaggio californiano cambia molto da una zona all’altra, arrivando dal deserto ci siamo trovati in pianure sconfinate con aree coltivate a perdita d’occhio. Ci siamo fermati in un immenso mandorleto a bordo strada che faceva tanto casa… noi veniamo della Puglia. Arrivando a Paso Robles invece la morfologia cambia nuovamente, dolci colline ricoperte di vigneti sostituiscono le pianure. Dopo un breve passaggio nel solito motel (proprio come quelli dei film, con tanto di piscina recintata e macchina del ghiaccio) abbiamo deciso di fare un giro delle vinerie della zona, dove è possibile fare delle degustazioni e camminare tra le vigne. Pomeriggio alcolico quindi! Campagna davvero meravigliosa e tante le vinerie con proprietari di origine italiana. Per concludere la giornata cena in un ristorante messicano… un po’ troppo americanizzato in realtà visto che i piatti avevano sopra un’abbondante grattata di cheddar, le tortillas però erano buonissime.

Per il giorno 28 avevo prenotato da casa un’escursione a Monterey per fare whale-watching ma prima di partire da Paso Robles ho ricevuto una mail che mi comunicava l’annullamento dell’escursione per cattivo tempo. Mi è molto dispiaciuto ma non ci siamo persi d’animo e piuttosto che andare direttamente a Monterey come previsto abbiamo optato per un percorso diverso lungo la costa. Ci siamo diretti verso Cambria. Qui abbiamo passeggiato lungo Main Street dove si trovano botteghe, gallerie d’arte e poi ci siamo spostati a nord per una passeggiata sulla lunga spiaggia battuta dal vento tra le pozze lasciate dalla bassa marea ad ammirare lo spettacolo del tumultuoso oceano. Poi abbiamo raggiunto il famoso Hearst Castle dimora dell’editore Hearst costruito tra gli anni 20 e 40. Si accede solo con visite guidate e si raggiunge con un autobus. È davvero enorme, noi ne abbiamo visitato solo una parte, bellissimi i giardini, il panorama dall’alto della costa ma soprattutto la piscina coperta della villa, tutta rivestita di piastrelle dorate e blu. Da favola! Scendendo dal castello ci siamo fermati per una camminata sul lungo molo di San Simeon per qualche foto mozzafiato… è cosi lungo che ad un certo punto ti sembra di stare in mezzo all’oceano!

Di nuovo in macchina, meta da raggiungere Monterey. Abbiamo scelto di percorrere l’Highway 1 che costeggia l’oceano, uno spettacolo! Un tratto selvaggio e suggestivo con tanti punti di sosta panoramici per ammirare le imponenti scogliere, il tratto più famoso dell’itinerario è il Big Sur. Che dire, ci è andata bene comunque! E le balene con un po’ di fortuna avremmo potuto vederle anche da lì su. Ad un chioschetto lungo la strada abbiamo pranzato… io per stare più leggera dopo la bomba messicana della sera prima ho optato per un tramezzino al tonno. Inutile dire che è arrivato un tramezzino enorme col pane impregnato di olio e tostato e lì ho capito che la parola light da quelle parti non ha niente a che fare col cibo! Prima di arrivare a Monterey ci siamo fermati alla Missione di Carmel fondata nel 1770 da padre Serra. È possibile visitare la chiesa, gli alloggi, il cimitero. Arrivati a Monterey siamo andati al motel prenotato la mattina, proprio in Cannery Row, via letteraria famosa dove un tempo c’erano gli stabilimenti per inscatolare le sardine pescate nella baia. In serata giro per la città, antica capitale della California dove sorgono il primo teatro californiano risalente al 1848, la casa dello scrittore Robert Louis Stevenson e altri palazzi storici. Tappa finale al Fisherman’s Wharf per la cena in uno dei tanti ristorantini di pesce.

La mattina successiva, di buonora, siamo partiti per San Francisco, che non vedevamo l’ora di visitare e che dista un paio d’ore circa da Monterey. Lungo il tragitto tante indicazioni stradali di luoghi arcinoti come la Nasa, la Silicon Valley, Palo Alto e per la prima volta un po’ di traffico. Prima di fermarci in città però abbiamo deciso di visitare due mete che fanno parte della cosiddetta Bay area: il Muir Wood National Monument e Sausalito raggiungibili attraversando il mitico Golden Gate. Il primo è uno degli ultimi parchi in cui è possibile ammirare le sequoie costiere, cugine delle sequoie giganti che popolano il Sequoia National Park da noi scartato nel nostro giro per questione di tempo,che crescono più in altezza che in larghezza. Il parco è molto bello e organizzato con sentieri tra gli alberi, segnaletica, aree di sosta; si cammina con la testa all’insù per cercare di scorgere le cime delle sequoie, l’aria è fresca e procedendo ti accorgi di come in alcuni paesi del mondo hanno capito benissimo il potenziale del patrimonio naturale a livello turistico, la California infatti è piena zeppa di parchi naturali.

Seconda tappa Sausalito, cittadina costiera proprio di fronte a San Francisco di cui si può ammirare lo skyline. Abbiamo pranzato su una panchina nei pressi del porticciolo mangiando un panino e sgranocchiando pistacchi. Poi un giro nel centro affollato di turisti e visita a un complesso di case galleggianti abitate da hippy, molto originali! Di nuovo in macchina, altro giro sul Golden Gate e finalmente San Francisco. Prima tappa il Motel Capri, ottima sistemazione in una parallela di Lombard street. Una rinfrescata e subito a spasso per le vie della città. Usciti a piedi (da segnalare che le salite e le discese per cui è famosa San Francisco mettono a dura prova le articolazioni delle ginocchia e il cuore) ci siamo diretti verso il tratto più famoso di Lombard Street, quello inclinato di 27° che le macchine percorrono solo in discesa in un percorso a zig zag, da cui si gode una stupenda veduta della città; scendendo ci siamo incamminati verso Ghirardelli Square e a seguire il Fisherman’s Wharf. Qui c’era tanta gente in giro soprattutto sul pier 39 famoso per la presenza delle otarie marine che sostano sulle banchine e che sono veramente uno spettacolo! Resteresti a guardarle per ore! Di qui è possibile ammirare alle spalle la città e in mezzo al mare l’isola di Alcatraz. L’area è piena di ristoranti e chioschi di granchi e qui abbiamo ordinato la nostra ottima cena (la migliore del viaggio) a base di una gustosa zuppa di granchio servita nel pane e di granchio in insalata. Qualche giro ancora e poi direzione North Beach, quartiere italiano ideale per chi ama la vita notturna ricco di bar, ristoranti, locali tanto amato dai poeti della Beat Generation. Da segnalare la City Lights Bookstore, famosa libreria e il Caffè Trieste il più antico caffè di San Francisco dove è possibile sorseggiare un caffè circondati da foto di italiani famosi e ascoltando musica italiana (prevalentemente arie d’opera e musica anni 60) che proviene da un vecchio juke box. Il fascino della città di sera è considerevole grazie soprattutto ai grattacieli tutti illuminati intorno a te soprattutto lungo la Columbus Avenue. Ritorniamo in hotel affrontando ancora una volta salite e discese degne di uno scalatore.

La mattina successiva, domenica, approfittando del check- out alle 11 abbiamo visitato il quartiere residenziale Pacific Heights nei pressi del nostro motel. Si tratta di una zona molto elegante dove è possibile ammirare bellissime case vittoriane dichiarate monumenti storici della città. Si passeggia tra case e giardini in tranquillità,abbiamo incontrato solo gente a fare jogging o a spasso con i cani e lungo il percorso ci siamo fermati ad ammirare la città dall’alto dal Lafayette Park e dall’Alta Plaza, due parchi cittadini della zona. Tornati in albergo abbiamo raccolto i bagagli, preso la macchina e raggiunto il centro della città, qui in un parcheggio nei pressi di Union Square abbiamo lasciato l’auto per l’intera giornata. La zona è molto affollata e piena di negozi e grandi magazzini come i famosi Macy’s e Bloomingdale’s, Gap. Arrivati in Bush Street siamo entrati a Chinatown passando per il Chianatown Gateway e abbiamo percorso Grant Avenue dove tetti e lampioni sono in stile cinese poi siamo saliti (sempre a piedi) verso Nob Hill, la sommità più elevata del centro città e abbiamo visitato la Grace Cathedral, chiesa episcopale principale di San Francisco. Poi di nuovo giù verso Union Square, giro tra i negozi di Powell Street e sosta ai Yerba Buena Gardens per un pezzo di pizza e un gelato e una pennichella al sole sdraiati sul prato.

Dopo esserci riposati abbondantemente abbiamo girovagato nei pressi del parco dove si trovano Il Museo d’arte moderna, un centro congressi, un teatro coperto, il Martin Luther King Jr. Memorial, un centro per le arti… insomma una zona molto vitale della città. Poi percorrendo Market Street siamo giunti nel Financial District, centro d’affari moderno dove svettano imponenti torri come la Transamerica Pyramid e di qui siamo arrivati al Ferry Building da cui un tempo partivano i tanti traghetti che trasportavano la gente in giro per la baia prima della costruzione dei ponti. Siamo entrati nello Hyatt Regency Hotel ad ammirare un globo scolpito da Charles Perry chiamato Eclipse e poi per tornare indietro ci siamo concessi un giro su un cable car che percorre la zona e che ti risparmia la solita fatica delle salite e delle discese… divertente! Ancora qualche giro trai negozi e un po’ di shopping, una bibita fresca in Union Square e si è fatto tardi. Abbiamo ripreso l’auto e abbiamo lasciato questa meravigliosa città per tornare verso Los Angeles. Il percorso più breve prevede circa 6 ore di macchina e noi abbiamo deciso di fermarci per la notte (ormai giunta) a Coalinga, centro esattamente a metà strada tra le due città. In realtà non siamo entrati proprio nell’abitato ma ci siamo fermati in un motel lungo la Highway 5.

Il giorno successivo ci rimettiamo in macchina per raggiungere Los Angeles, per me città non città, nel senso che è così estesa che non hai punti di riferimento e menomale che avevamo l’auto perché le principali attrazioni sono distanti o sembrano tali… non so…non mi ha fatto una bellissima impressione o comunque non è facilmente visitabile…troppo dispersiva. Innanzitutto sosta a Beverly Hills e Rodeo Drive, per una come me cresciuta davanti a Beverly Hills 90210 tappa imperdibile. Non è necessario più di un rapido passaggio però in quanto Rodeo Drive è la tipica strada dei negozi di lusso, al massimo è più interessante un giro tra le mega ville del quartiere. Presa l’auto ci siamo diretti al Farmers Market, storico mercato della città, dove si trovano bancarelle di frutta, verdura, fiori, cibi etnici, artigianato; qui abbiamo mangiato ad un chiosco di cucina indonesiana e abbiamo comprato il burro d’arachidi più buono mai mangiato fatto con sole arachidi tostate e che abbiamo portato come souvenir ad amici e parenti. Accanto sorge il The Grove, altro complesso di negozi. Poi abbiamo percorso il mitico Sunset Boulevard sempre in macchina che poi abbiamo parcheggiato arrivati in Hollywood Boulevard dove c’era il delirio… turisti a non finire! Qui ad un semaforo siamo stati avvicinati da Superman che gentilmente ci ha indicato la strada da percorrere e che portava con se uno zainetto e una busta del Mc Donald’s… era in pausa pranzo! Scena davvero esilarante. Abbiamo quindi percorso la mitica Walk of Fame con le sue stelle, ci siamo fermati al Chinese Theatre il cui esterno è caratterizzato dalle impronte dei divi nel cemento, siamo entrati nell’atrio del Dolby Theatre dove si svolge la notte degli Oscar e infine foto di rito con sfondo la scritta Hollywood sulle colline. Usciti dalla calca abbiamo raggiunto il nostro motel (un altro Comfort Inn su Sunset Boulevard), doccia rinfrescante e nuovamente in giro. Destinazione El Pueblo: la parte più antica della città dove si trovano botteghe e bancarelle messicane… e ristoranti! In uno di questi si è svolta la nostra ultima cena negli States a base delle solite buonissime tortillas con salsa piccante, burritos, birra messicana e insalata di cactus…interessante! Ultimo passaggio nel Quartiere Finanziario che di notte è sempre più affascinante perché i grattacieli sono tutti illuminati e qui sorge il Walt Disney Concert Hall progettato da Frank Gehry.

Ultimo giorno… aereo nel pomeriggio quindi mattinata ancora a disposizione.

Sempre con la nostra compagna di viaggio che è stata comoda, affidabile e piacevole da guidare, ci siamo diretti verso Redondo Beach con la sua distesa di sabbia e le acque basse e limpide. Sulla spiaggia poca gente, per lo più famiglie e situazione ideae per passare qualche momento di relax stesi al sole; sul lungo e altissimo molo invece tanti pescatori muniti di canne da pesca in attesa della preda. Il panorama è bellissimo da lassù, l’oceano è particolarmente calmo in questo tratto di costa e pare che si possano vedere anche i delfini… a me non è successo però… peccato. Ultimi acquisti in alcune botteghe nei dintorni e poi direzione aeroporto che dista una decina di chilometri. Ci dirigiamo all’autonoleggio, lasciamo l’auto e prendiamo la navetta per l’aeroporto. Qui solite formalità, le solite file e via sull’aereo per il ritorno.

Che dire… bilancio più che positivo, l’America è come te l’aspetti per tante cose (cibo, modi di vivere, alcuni luoghi davvero molto familiari, ecc.) ma anche in grado di stupirti, per esempio a me ha colpito molto la loro capacità di ottimizzare un patrimonio naturale incredibilmente variegato istituendo i tanti parchi nazionali che abbiamo incontrato sul nostro cammino. E sempre mi ha colpito la varietà di paesaggi della California, il deserto, le pianure coltivate, le colline, i monti innevati, le foreste, la costa alta e frastagliata battuta dal vento. Poi devo confermare che il viaggio on the road è perfetto per gli Stati Uniti, mi sento di consigliarlo vivamente a chi vuole visitare questa vasta terra. Il senso di libertà che ti danno gli ampi spazi, le strade dritte e poco trafficate, il deserto è impagabile… al prossimo viaggio.

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tramonto a santa monica

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le otarie al pier 39

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il golden gate

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le dune di stovepipe wells

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big sur

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God bless America e California

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yoga a venice beach

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granchi al fisherman's wharf di san francisco

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