Sulle strade del Giro d’Italia di 2015
Siamo quelli del Giro d’Italia e se si ha la fortuna di seguire una tappa intera insieme ai ciclisti, ti accorgi che ci rappresenta davvero al meglio.
Per la nona tappa del Giro 2015, grazie all’incredibile organizzazione del Giro, ho seguito in auto la tappa Benevento-San Giorgio del Sannio ed è stata una sensazione tridimensionale. Quale altro termine puoi trovare per quella sensazione di altra dimensione inesplorata rispetto alla normale passione televisiva del ‘ciclomane’ appassionato?
Ho iniziato a seguire il Giro dall’epoca segnata dal Bugno vincitutto, passando per il mostro Indurain, il mito senza tempo Pantani, i miserrimi e chimici anni 2000, fino ad arrivare ad oggi, dove sembra tutto un po’ più umano.
Trovarsi sparati dalla tv di casa alle strade del Giro è stato incredibile, non solo per la parte sportiva, ma soprattutto per i luoghi, per quello che vedi mentre si svolge la corsa. Vedere luoghi abbastanza familiari insieme alla carovana non è la stessa cosa di vederli durante una gita fuori porta. Hanno un altro sapore, dicono altre cose… che restano in silenzio se ci arrivi per la classica scampagnata.
In 6 ore e 224 chilometri di continui saliscendi, ho ammirato il Convento dei Frati Cappuccini di Pietrelcina, voluto proprio in quel luogo dal Santo perché San Pio da ragazzino percepiva proprio lì una voce angelica che lo chiamava alla sua vocazione, insieme alle strade strette e misteriose al confine fra il Sannio e l’Irpinia, passando per Montefredane dove le ragazze sul ciglio della strada vendono un formaggio vaccino dal sapore che incanta.
A Serino poi abbiamo iniziato la salita verso il Terminio, fra boschi che ti fanno immaginare la Foresta Nera in Germania, per quanto fitta e ombrosa è l’atmosfera.
Discesa in picchiata e repentina risalita poi verso Bagnoli Irpino, borgo montano pieno di piccole chicche da fotografare e ricordare, come il Palazzo della Tenta, eretto per ospitare alcune fabbriche tessili nel Cinquecento, per il fiorente allevamento del baco. Il nome, infatti, deriva dalla “tenta”, ovvero la tingitura, ed anche il centro storico tutto, che in antichità si chiamava il Rione della Giudecca o Giudea ed è di chiara matrice ebraica, costruito fra il Trecento e il Quattrocento.
Dopo pochi chilometri si arriva all’altopiano di Laceno dove c’è il lago creato dal torrente Tronola (a causa del terremoto del 1980 è “a fisarmonica”, perchè delle crepe create nel sottosuolo dal sisma fanno drenare l’acqua del lago, che in estate è poco più di un pantano, mentre d’inverno s’ingrossa). Scavallato l’altopiano del Laceno si entra nell’alta Irpinia, quella dove anche i Romani hanno avuto difficoltà nel far cedere orgogliose tribù sannite. Ai lati delle strade è un fiorire di vecchiette vestite di nero e bambine piccole in rosa candido. Sembra non esistere la generazione di mezzo in paesi come Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Montefalcione. Sono luoghi della memoria, perchè non è possibile dimenticare cosa successe in questi paesi il 23 novembre 1980: un sisma devastante ha ucciso persone e cancellato paesi. Da lì, però, questa gente è ripartita, con affanno e difficoltà, ma seguendo sempre la dignità e l’orgoglio mai domo ed evidente negli occhi di tutti.
Ancora su è giù per colline e valli e si arriva al traguardo della tappa, San Giorgio del Sannio, paese di grandi tradizioni ciclistiche e piccolo gioiellino che a dire la verità sembra un po’ l’Austria.
Lì la corsa è finita e, scesco dall’auto, ero sfiancato. Troppa roba per gli occhi in un solo giorno, anzi in sole 6 ore. Per chi vuole provare questa mia stessa sensazione, il percorso è facile da trovare sui tanti siti che parlano di ciclismo oppure sul libro ufficiale del Giro che non sapevo si chiamasse “Il Garibaldi”.