Sulle sponde di un lago da record c’è un paese bellissimo, dove l’umiltà dei suoi abitanti è uno dei motivi per cui te ne innamorerai
Una coppia di torinesi, Francesca e Stefano, dopo aver viaggiato a lungo in Africa, ha scoperto il Malawi, un piccolo stato tra Mozambico, Zambia e Tanzania. Si sono letteralmente innamorati di questi luoghi selvaggi e da una ventina di anni si sono trasferiti lì, dove hanno avviato una attività di tour operator che negli anni è cresciuta e oggi Africa Wild Truck (AWT) è un punto di riferimento per viaggi nell’africa australe. AWT propone numerosi viaggi in Malawi e paesi limitrofi. Noi optiamo per il Malawi. A fine febbraio comperiamo i voli Ethiopian Airlines da Malpensa a Blantyre (e ritorno) con scalo ad Addis Abeba per 8-22 ottobre. Costo 920€ a persona con acquisto di posti comodi.
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Diario di viaggio in Malawai
Martedì 8 ottobre – Partenza da Malpensa
Visto che Ethiopian Airlines consente di portare parecchi kg di bagaglio imbarcato ne approfittiamo per portare giù un bel po’ di generi alimentari italiani e indumenti per i malawiani che versano in condizione di povertà estrema. Il problema è far stare tutti i bagagli nell’Audi A3 e quattro passeggeri. Optiamo per usare alcuni borsoni leggeri, ma oggi piove e quindi c’è il rischio che stiano sotto la pioggia in attesa di essere imbarcati e, non essendo impermeabili, si bagnino gli indumenti all’interno. Così ci procuriamo un rotolo di pellicola impermeabile e li avvolgiamo.
Con un po’ di fatica riesco a chiudere il portellone del baule e sistemando un po’ di borse tra i passeggeri si parte (scomodi) per Malpensa. Lascio l’auto anche questa volta da Mr Parking a Somma Lombardo (71 euro posto scoperto). Arrivati in aeroporto, sembriamo una famiglia di emigranti stile anni ’60. Mancava giusto la classica valigia di cartone.
Andiamo a consegnare i bagagli e ritirare le carte di imbarco. Quando avevamo acquistato i biglietti avevamo anche acquistato dei posti precisi ma ce li troviamo cambiati. Sempre sulla fila dell’uscita di emergenza ma in parte nel blocco centrale in cui è più difficile dormire causa frequenti attraversamenti da parte di quelli che vanno alla toilette.
Iniziano le operazioni di imbarco (in ritardo). Saliamo sul bus stipati come sardine in scatola e il bus non si muove per mezz’ora. Alle 22.30 finalmente si muove e alle 23 con mezz’ora abbondante di ritardo si parte con un 787-900 abbastanza pieno.
Mercoledì 9 ottobre – Arrivo a Blantyre
Dopo un’ora di volo servono la cena. Abbastanza scadente. Cous cous di verdure salato e insapore, pollo (20 grammi ad essere generosi) con riso al curry secchissimo e immangiabile. Per dessert ricotta e pere. Volo tranquillissimo senza scossoni. Arrivati a Addis Abeba con mezz’ora di ritardo. Ma non è un problema visto che abbiamo 3 ore di attesa. Per proseguire il viaggio, nonostante si passi dai transiti internazionali, bisogna fare di nuovo il controllo bagagli con relativo strip tease (questa volta include anche le scarpe).
Il volo per Blantyre parte con mezz’ora di ritardo. Il pasto di questo volo è un po’ meglio. Spezzatino con verdure e riso e cous cous di verdure. Alle 11.30 ora etiope stiamo attraversando l’equatore. Tra un paio d’ore arriveremo a destinazione. Arrivando in aereo a Blantyre si vede dal finestrino che a terra predomina il colore marrone. Le chiazze verdi sono poche.
Ritirati i bagagli ci fermiamo al cambio valuta. Per 1€ pagano 2070 kwacha (verificherò poi che pagando con VISA e Mastercard il cambio applicato dalla banca è molto peggio. Oscilla tra 1819 e 1831). Ci saranno alcuni servizi da pagare cash, quindi cambiamo 600€ e ci danno un pacco di oltre 600 banconote da 2000 kwacha. Solo da poco è stata introdotta la banconota da 5000, ma non ce ne ha date. Non resta che fidarci che le 100 banconote di ogni mazzetta siano state contate giuste.
Prima di uscire fanno passare le valigie sotto lo scanner. Per fortuna il parmigiano e le varie conserve di produzione casalinga, tra cui il goloso antipasto piemontese, non creano problemi doganali.
Fuori dall’aeroporto ci aspetta Francesca di AWT. Noto alcuni bimbetti che avranno circa 4 anni nel parking dell’aeroporto che osservano il via vai di passeggeri senza adulti che li sorvegliano. Una situazione che nei paesi detti sviluppati non sarebbe nemmeno pensabile.
Ci sistemiamo nella bella casa di Francesca nella periferia di Blantyre. Un paio d’ore di relax in giardino sono indispensabili per riprenderci dallo sbattone del viaggio. Per cena andiamo al ristorante Bistro, di proprietà di italiani che propone comunque molti piatti della cucina locale. Si mangia molto bene. Alle 21 crollo totale.
Giovedì 10 ottobre – Mulanje
La prima sosta della giornata è ad un negozio di stoffe per acquistare teli decorati con i coloratissimi disegni tipici africani. Poi sosta al centro commerciale per comprare una SIM locale. Facciamo un rapido giro nel supermarket e notiamo che i prezzi di molti prodotti di largo consumo (come ad esempio l’olio di semi di girasole) costano come in Italia e in alcuni casi anche più cari. Moltissime persone non hanno un reddito tale da poter comprare generi alimentari di uso comune. In quasi tutto il mondo nei centri commerciali il parcheggio è libero. In Malawi invece si paga (e nemmeno poco).
È curioso il fatto che quando ci si avvicina alla sbarra con l’auto c’è un addetto che pigia il bottone per emettere il biglietto, lo prende e lo consegna al guidatore (che potrebbe benissimo prenderselo da solo). Prima di uscire si paga ad uno sportello e poi arrivati davanti alla sbarra si consegna il biglietto ad un addetto che lo inserisce nella macchinetta.
Poi via in direzione di Mulanje. La strada è asfaltata ma con una quantità esagerata di buche, che costringono ad uno slalom continuo.
Lungo il percorso attraversiamo piccoli villaggi che danno l’idea di essere molto poveri con venditori che espongono i loro prodotti per terra su teli non proprio pulitissimi. In mezzo a questo panorama di povertà ci sono banchetti costituiti da un tavolinetto e un ombrellone che propongono SIM 5G. La telefonia cellulare anche qui è irrinunciabile.
Ci fermiamo al mercato nel villaggio di Mulanje per comperare della frutta. Ci sono parecchi banchi che vendono pesci salati ed essiccati. Non hanno un aspetto molto invitante. Scatto qualche foto alle botteghe e arriva una donna che mi caccia via in malo modo parlandomi in lingua malawiana (chewa) per cui non capisco i dettagli, ma è chiaro che non vuole che faccia foto. Manco le avessi fatte a lei. Mi hanno poi spiegato che è diffusa credenza locale che i turisti vendano poi le foto guadagnando denaro e a molti malawiani questo dia fastidio.
Arriviamo infine all’Ecolodge Africa Wild Truck mentre varie decine di bambini stanno uscendo dalla scuola realizzata dall’Associazione Around Africa Wild Truck. Questi ci fanno un sacco di feste e sono contentissimi di farsi fotografare e filmare. Ci sistemiamo in un ampio cottage. Per pranzo il ristorante ci serve un’ottima pizza con pomodori dell’orto, della verdura fresca e un sorbetto di papaia. Alle 15 arriva Romeo, un ragazzo malawiano dipendente di AWT, per portarci a visitare il villaggio, poverissimo, ma molto ordinato e pulito con casette di mattoni prodotti in loco con il terreno argilloso rosso.
Veniamo attorniati da qualche decina di bambini allegri e molto socievoli che vogliono camminare tenendoci per mano (quando più tardi siamo tornati in camera mi sono lavato le mani e l’acqua è diventata di una colorazione marroncina a causa delle manine dei bimbi non proprio pulite). Pur essendo evidentemente molto poveri, nessuno ci chiede del denaro. Solo un bambino mi fa capire che gli piace il mio orologio (che non vale nulla).
Romeo ci fa vedere la fornace e ci spiega come vengono prodotti i mattoni e come poi vengono utilizzati per costruire le casette. Nessuno ha l’acqua corrente. C’è però un pozzo dove attingere acqua pulita e sono le donne addette a prendere e trasportare acqua. I bambini si divertono a muovere la pompa a mano per riempire i secchi che ha portato una giovane donna. Quando un secchio da una ventina di litri è pieno la ragazza lo solleva e se lo appoggia sopra la testa e parte verso casa.
La guida ci racconta di come si svolge la vita nel villaggio. C’è l’asilo realizzato dall’Associazione “Around AfricaWildTruck”, alcuni adulti maschi lavorano nelle piantagioni di tè di proprietà di una società inglese. Raccolgono 40 kg di foglioline al giorno per 4 $. Bieco sfruttamento.
La produzione agricola è interamente a mano. Non ci sono macchine di nessun tipo. Il mais bianco è il prodotto più diffuso. Con l’ausilio di un vecchio mulino elettrico ottengono la farina con cui preparano la polenta, che rappresenta la base alimentare. Le proteine le ricavano dai fagioli.
Nel villaggio c’è anche una distilleria. Una signora prende gli scarti della molitura del mais, li mette a macerare in acqua e zucchero e nel giro di qualche giorno avviene la fermentazione. Il liquido fermentato viene distillato con un alambicco che non si riesce a descrivere a parole. Bisogna vederlo. Il risultato della distillazione è una specie di grappa torcibudella da 45°-50°, che loro chiamano in inglese “birra”, ma che in seguito abbiamo capito chiamarsi in lingua chewa “kachasu“.
Poi andiamo a trovare il capo villaggio. Una specie di micromonarchia, perché il titolo è ereditario secondo precise linee di successione. Romeo ci racconta quali sono le funzioni del capo villaggio. Tra le principali trovare qualche aiuto per le persone in difficoltà, parlare con le autorità, presentare richieste di interventi all’amministrazione pubblica.
Poi torniamo al lodge attraverso le piantagioni di tè. Romeo ci spiega che a seconda di come si processano le foglie della pianta si ottiene il té nero, il té verde o il té bianco. Se si tostano e sminuzzano si ottiene il classico té nero. Se invece si cuociono al vapore e poi si essiccano si ottiene il té verde, se invece si usa solo la fogliolina sulla punta del rametto si ottiene il té bianco.
Cena a base di polenta di mais bianco, fagioli, verdure, riso e sorbetto di ananas o gelato cioccolato e avocado.
Venerdì 11 ottobre – Mbiva Pools
Il tour di oggi ha come meta le Mbiya Pools, piscine naturali sotto il monte Mulanje.
Arriva l’auto che ci deve portare all’inizio del sentiero, che dista 15 km. È piuttosto malandata. Sembra presa da un demolitore. Davanti ha un cerchio da 14” e uno da 15″ (compensati con pneumatici diversi per avere le ruote circa dello stesso diametro), mentre dietro ha due cerchi da 16″. Il battistrada è inesistente. Superficie del pneumatico perfettamente liscia.
Partiamo. La strada, sterrata e accidentata, passa in mezzo a piantagioni di tè dove stanno lavorando i raccoglitori. Ci fermiamo per guardare come fanno. Uno dei raccoglitori è molto gentile e ci permette di osservarlo mentre lavora, ma ci avverte: no foto no video. Romeo ci traduce il malawiano in inglese. Usano tutti una cassettina dotata di una lama con cui tagliano i germogli superiori della pianta di tè. Quando ne hanno una certa quantità svuotano la cassettina nella gerla che hanno sulle spalle e ricominciano a tagliare. Il tutto per 4 $ ogni 40 kg di foglie (dice che le raccoglie in una giornata). Tra le amenità di questo lavoro c’è la possibilità che per terra girino serpenti velenosi come il mamba nero. Ci rassicura dicendo che hanno tutti gli stivali e che i serpenti quando sentono la loro presenza si allontanano. Se lo dice lui…
Ripartiamo e dopo qualche km in salita il motore si pianta. Manca la benzina! Il catorcio ha l’indicatore del carburante che non funziona, ma mica si è preoccupato l’autista di portarsi dietro una tanica di riserva! Meno male che siamo a mezz’ora di cammino da un posto che vende benzina. Così parte a piedi e dopo circa un’ora torna con 5 litri di benzina. Nel ciarpame disseminato dentro l’abitacolo trova una bottiglietta di plastica vuota da usare come imbuto. Messa la benzina non c’è verso di far ripartire il motore. Vari tentativi poi girano a spinta l’auto verso la discesa e miracolosamente parte. Domanda: ma se la benzina fosse finita al punto di arrivo che è in mezzo al nulla come avrebbe risolto? Non lo sapremo mai.
La camminata in salita sulla strada sterrata è abbastanza faticosa. Meno male che il cielo è un po’ coperto e la temperatura accettabile. Lungo la strada ci sono moltissime piante di ananas. Dei cespugli dal cui centro spunta una bastone sulla cui punta cresce il frutto. Per arrivare a maturazione ci vogliono 8 mesi.
Romeo ci intrattiene raccontandoci che gli abitanti della zona credono che le anime dei morti vadano nella montagna che abbiamo davanti e che quindi è un luogo sacro. Qualche anno fa un trekker ha voluto andare in cima non accompagnato da una guida locale anche se è vietato. Dopo qualche giorno lo hanno trovato morto. Romeo sostiene che è una storia vera.
Noi non vogliamo disturbare le anime dei morti e continuiamo la camminata sulla strada fino a raggiungere una piscina naturale. L’acqua è fredda, ma la componente giovane fa il bagno lo stesso (è una giornata calda anche se il cielo è coperto).
Rimaniamo un po’ a rilassarci. Torniamo alla macchina e prendiamo la via del ritorno. Ogni breve discesa ripida all’andata inevitabilmente diventa una breve ripida salita al ritorno. Arrivati a quella particolarmente ripida davanti alla centrale idroelettrica quando il catorcio tenta di superarla si pianta miseramente a metà. Il pilota torna indietro, fa ruggire (tossicchiando) il motore, prende la rincorsa e per miracolo supera la salita.
Vista l’affidabilità del nostro mezzo decidiamo di mettere ulteriormente alla prova la fortuna e facciamo una deviazione per vedere una suggestiva laguna nel fiume. La strada è piena di buche e pietre, ma nonostante tutto arriviamo alla partenza del sentiero. Camminata di 3 km tra andata e ritorno.
Rientriamo. A 500 m dal lodge la macchina si pianta di nuovo (in pianura questa volta). Riparte e finalmente arriviamo in camera dove ci riposiamo. Non so se mi hanno stancato di più le camminate, gli sballottamenti in auto o lo stress causato da auto e autista inaffidabili.
Sabato 12 ottobre – Visita all’associazione Around Africa Wild Truck
Al mattino Stefano ci accompagna a visitare la struttura scolastica (scuola elementare) realizzata dall’associazione e ONLUS Around Africa Wild Truck. Ci sono 3 classi da 40 bambini. Avrebbe una capienza anche maggiore, ma non è facile convincere i genitori a mandare i figli a scuola. L’iscrizione costa 2000 kwacha (1€) che si paga una tantum per i 5 anni di scuola. Viene fornito gratuitamente il pasto a pranzo cucinato nella struttura scolastica da una cuoca. Inoltre l’associazione AWT paga lo stipendio agli insegnanti (dotati di titolo di studio per insegnare). Sono forniti gratuitamente anche libri, quaderni e penne.
La struttura è dotata di bagni. Sono gli unici bagni della regione dotati di sciacquone. I bambini studiano la loro lingua (lingua dei chewa – chichewa), l’inglese, matematica, agricoltura, espressione artistica. Iniziano alle 7.30 e finiscono alle 15.30 da lunedì a venerdì. Fanno un intervallo breve a metà mattina e poi un intervallo per pranzo.
L’associazione Around Africa Wild Truck di Francesca e Stefano sta facendo miracoli.
Dopo questa interessante visita andiamo a fare un giro al mercato del sabato nel villaggio di fronte al lodge.
Un tripudio di stoffe colorate, plastica (sic!) a non finire, pesci secchi salati, pezzi di carne coperti da mosche. C’é un venditore di carne di ippopotamo (pare che non sia lecito venderla). Ha un aspetto grasso poco invitante, ma c’è chi la compra. Pomeriggio di relax. Poi passeggiata al tramonto che però qui non è niente di che. Non viene rosso fuoco come nel deserto del Kalahari in Namibia. Qui c’è una leggera foschia dovuta al clima più umido che sfuma i colori.
Domenica 13 ottobre – Majete Wildlife Reserve
Sveglia ore 6. Partenza ore 7 per il Majete Wildlife Reserve. Sosta tecnica a Blantyre e alle 11 siamo alla reception della riserva. Essendoci animali feroci, ci fanno firmare uno scarico di responsabilità. Se ci mangia un leone non è colpa loro.
Ci sistemiamo al Tahwale Lodge, una bella struttura tendata di lusso con bagno privato e addirittura aria condizionata (non molto ecologica ma data la temperatura sui 40 °C è stato necessario accenderla un po’). Qui ci dicono che di notte non si deve assolutamente uscire dalle tende. È a disposizione nella tenda una di quelle trombe ad aria compressa da suonare in caso di necessità (non ci servirà nei due giorni che stiamo lì).
Davanti alla terrazza del ristorante c’è una pozza d’acqua dove vediamo qualche impala e un branco di babbuini con un cucciolino piccolissimo. Dopo pranzo andiamo ad una piscina naturale con l’acqua tiepida. Ci sono i pesci che mangiano la pelle morta dei piedi. Quelli piccoli non danno fastidio, invece quelli grandi come acciughe fanno un po’ senso.
Alle 16 si parte per un giro della riserva in fuoristrada.
Vediamo qualche giraffa, vari tipi di antilopi e, con il binocolo, 3 leoni maschi con criniera a circa 500 m di distanza.
Rientrati al lodge per cena. Mentre mangiamo vengono a bere nella pozza davanti al lodge 3 grossi bufali. Animali davvero possenti.
Lunedì 14 ottobre – Safari nel Majete Wildlife Reserve
Sveglia alle 5. Partenza prima delle 6 perché la guida ha saputo che un branco di leoni sta mangiando (povera antilope). Li troviamo nella boscaglia che hanno finito e passeggiano. Poi troviamo nel fiume un branco di ippopotami, ma sono lontani e vediamo le loro poderose schiene emergere dall’acqua col binocolo.
Ci sono tanti uccellini coloratissimi e poi incrociamo un branco di elefanti. La matriarca arriva con fare minaccioso, sventolando le grandi orecchie, per spaventarci. L’autista, che sa come tranquillizzarla, indietreggia con la jeep un paio di metri e questo è sufficiente a calmare la matriarca. Così facciamo foto e video da abbastanza vicino (e poi gli elefanti sono molto grandi).
Ad un certo punto vediamo un quad parcheggiato. Non è certo un mezzo sicuro in una riserva in cui ci sono animali pericolosi. Ci spiega il nostro driver che è dei ranger del parco che monitorano lo stato di salute degli animali. Una caratteristica indispensabile per diventare ranger della riserva è l’abilità a salire rapidi sugli alberi in caso di pericolo e rimanere lì in attesa di essere soccorsi.
Tornati al lodge, abbiamo la gradita sorpresa di trovare alla pozza di fronte al ristorante un numeroso branco di elefanti (femmine e cuccioli) che si lavano usando la proboscide per spruzzarsi.
Più tardi arriva una mandria di 50-60 bufali con qualche cucciolo.
Dalle 15 alle 19.30 nuovo tour con la jeep ma vediamo pochissimi animali. Incontriamo però una Antilope nera (animale simbolo del Majete Wildlife Reserve).
Ci fermiamo in una radura per l’Aperitivo al tramonto. Non ci sono animali. Questo potrebbe essere segno che ci sono leoni nascosti. La guida perlustra attentamente l’area con binocolo e controllando il terreno non rileva tracce di leoni. Allora apre un tavolinetto e ci beviamo una bibita fresca mentre il sole scende all’orizzonte.
Dalla boscaglia escono due bufali solitari (sono a distanza di assoluta sicurezza). Guardano nella nostra direzione, annusano l’aria, noi siamo pronti a risalire sulla jeep, ma loro se ne vanno e possiamo finire di bere con calma. Si rientra al lodge con il buio e si perlustra con un potente faro la boscaglia che fiancheggia la strada con la speranza di vedere qualche animale notturno, ma non siamo fortunati.
Torniamo al lodge per cenare. Vicino alla mia sedia c’è il gatto del ristorante che ha un manto nero e bianco simile a quello di gatto Silvestro dei cartoni animati. Mi portano una tagliata di manzo molto grande e molto buona e ne faccio cadere qualche pezzetto per il gatto.
Finita cena ci godiamo un po’ di fresco e poi andiamo in tenda.
Dopo una decina di minuti sentiamo grattare la tenda e troviamo Silvestro che vuole entrare. Non essendo il caso di adottare un gatto del Malawi, lo lascio fuori e dopo un po’ se ne torna presumibilmente al ristorante.
Martedì 15 ottobre – Safari in Malawi
Sveglia alle 5. Alle 6 parte il 4° e ultimo tour safari qui al Majete.
Sembra che sia il giorno di riposo degli animali. Ci sono solo uccellini con bei piumaggi colorati. Ci concentriamo sul riconoscimento delle impronte e su abitudini curiose di certi animali.
L’impronta del leone sembra una mano, la zampa anteriore e quella posteriore dell’elefante hanno forme diverse, gli ippopotami fanno sempre la stessa strada creando dei percorsi ben riconoscibili. Lungo il fiume vediamo un coccodrillo e degli ippopotami a bagno lontani. Nella pista di atterraggio del piccolo aeroporto c’è un aquilotto che sta facendo le prime esperienze di volo autonomo. Poi, a colpo sicuro visto che non si muove, andiamo a vedere un baobab di 1600 anni. Per stimare l’età di un baobab si misura la circonferenza della base in metri. Ogni metro vale 100 anni.
Si torna al lodge. Facciamo colazione e poi partiamo per Blantyre dove arriviamo per pranzo. Alle 14 inizia un diluvio. Speriamo si limiti a oggi pomeriggio. Dopo 3 ore abbondanti finalmente smette e la temperatura è scesa di una decina di gradi. Andiamo a cena nel ristorante di un hotel di alto livello. C’è una scelta di piatti molto ampia e i prezzi sono piuttosto alti per un paese poverissimo come il Malawi.
Il servizio è lentissimo e piuttosto disordinato. Poi va via la luce e in attesa che partano in generatori di emergenza mangiamo per qualche minuto alla luce delle torce dei cellulari.
Bevendo acqua abbiamo speso circa 18€ a testa che per il Malawi è una cifra folle.
Mercoledì 16 ottobre – Parco nazionale di Liwonde
Meta del giorno è il Parco nazionale di Liwonde. Un viaggio di 190 km. Per stare più comodi abbiamo optato per un’auto più costosa (528.000 Kwacha , ~260€ da dividere in quattro).
L’autista atteso per le 8.30 è arrivato alle 8.55 con auto in riserva e spia dell’alternatore accesa. Cominciamo bene. Dato che siamo un po’ a corto di contanti ci fermiamo da un cambista che cambia a 2100 invece di 2070. Sosta per fare il pieno di benzina e per gonfiare una gomma. Le altre? Valuta a occhio che sono a posto?
Si va. Primo posto di blocco della polizia (ce ne sono tantissimi in Malawi). Noi siamo quelli fortunati che vengono fermati. Controllo assicurazione, patente autista, documenti vari, ecc. Perdiamo un po’ di tempo ma poi si passa. Secondo posto di blocco. Sempre gli stessi controlli, ma pare che contestino all’autista qualche irregolarità e gli elevano una contravvenzione di 10000 kwacha con tanto di ricevuta. Percorso 1 km altro controllo, ma rapido. Procediamo tra le centinaia di buche, alcune pure profonde, e l’autista guida come fosse ad un rally. Non sempre spendere di più vuol dire migliore qualità. Ecco il 4° posto di blocco. Nuova perdita di tempo. L’autista fa vedere la ricevuta del pagamento della contravvenzione presa al 2° posto di blocco e la poliziotta con aria truce ci fa passare.
Ultimi sobbalzi su qualche km di strada sterrata e accidentata e siamo all’imbarco per attraversare il fiume e raggiungere il Mvuu lodge. Mvuu in lingua chewa significa ippopotamo. Ci accoglie Alice che ci presenta in inglese come è organizzato il parco, come ci si deve comportare per non correre rischi e ci fa firmare lo scarico di responsabilità. Anche qui se ci mangia il leone non possiamo lamentarci.
Quindi andiamo a pranzo sulla terrazza. È circondata da una rete metallica, ma per ulteriore misura di sicurezza c’è un tizio dotato di una lunga asta di bambù che tiene lontane le scimmie per evitare che entrino dall’ingresso.
Dopo pranzo comincia a piovere. Ma alle 15.30 quando inizia il tour del parco in jeep smette. Non è comunque una bella giornata. Nuvoloso e temperatura piuttosto fresca. Ieri abbiamo lasciato il Majete con 40 °C e oggi qui non arriva a 20 °C.
Vediamo una mamma babbuino che allatta il suo neonato di 2 settimane. Poi impala a decine, una femmina di coccodrillo che depone le uova e il maschio che sorveglia il territorio, qualche ippopotamo che bruca l’erba vicino al fiume e poi un gruppo di leoni. Due stanno finendo di rosicchiare i resti di un facocero altri probabilmente già saziati con qualche altra preda stanno ronfando sdraiati nell’erba. Sembrano enormi gatti pigri. Non ci degnano della minima attenzione. L’area è piena di grandi termitai. La guida ci spiega come la vita delle termiti si svolge solo ed esclusivamente dentro il termitaio. Proseguendo il giro ci imbattiamo in una mamma ippopotamo con il cucciolo.
Il sole tramonta, viene rapidamente buio e la temperatura scende. Il tour prosegue al buio illuminando con un faro la boscaglia sperando di incrociare un predatore a caccia o qualche animale notturno. A parte gli onnipresenti impala vediamo solo un paio di istrici, due bush pig (parenti dei facoceri) e una tartaruga. Un po’ poco purtroppo.
Tornati al lodge ci scaldiamo vicino al fuoco. Poi cena e quindi a dormire.
Giovedì 17 ottobre – Fiume Shire
Alle 8 partiamo con la barca per un giro sul fiume Shire per osservare da vicino i numerosi ippopotami. Quando hanno solo la schiena fuori dall’acqua sembrano grossi massi lisci. In una zona paludosa coperta da piante di lenticchie d’acqua c’è un gruppo di elefantesse con cuccioli che mangiano. C’è pure un solitario ippopotamo molto magro (si vedono le costole sotto la pelle). La guida ci dice che molto probabilmente è affetto da antrace, un’infezione grave causata dall’omonimo batterio.
Guardare gli elefanti in questo scenario palustre è molto rilassante e ci fermiamo quasi ¾ d’ora a osservarli, fotografarli e filmarli. Continuando il tour vediamo su una pianta 2 aquile pescatrici che però purtroppo se ne stanno lì ferme. Più avanti una femmina di coccodrillo che protegge il nido in cui sono state deposte e messe sotto la sabbia le uova. Poi si torna.
Davanti alla nostra tenda dalla parte opposta del fiume è arrivato un coccodrillo gigantesco e dopo un po’ anche un ippopotamo pure lui taglia XL.
Nel pomeriggio nuovo tour con jeep. Dopo quasi 2 ore in cui abbiamo visto nulla a parte gli onnipresenti impala e babbuini incrociamo un gruppo di elefanti con un cucciolino. Si fermano, ci guardano, si muovono verso di noi, sventolano le orecchie, sollevano la proboscide (dubito che volessero salutarci). Noi fermi. E pure loro. Poi circondano il cucciolo per proteggerlo e iniziano a muoversi verso la boscaglia.
Continuiamo il tour un po’ frustrati dall’assenza di animali. Troviamo impronte e tracce di rinoceronte ma il pachiderma non si vede.
Dopo il tramonto continuiamo illuminando con il faro con lo stesso successo. Poi quasi arrivati al lodge vediamo una genetta. Un bellissimo animaletto maculato con la coda a strisce grande più o meno come un gatto.
Oggi pomeriggio non è andata bene.
Venerdì 18 ottobre – Lago Malawi
Sveglia alle 5.30, partenza alle 6. Giriamo oltre un’ora incontrando come sempre impala e babbuini poi quando ormai non ci speravamo più davanti a noi sotto una pianta ci attendono un leone dalla folta criniera e consorte. Essendo socievoli come i gatti non ci degnano di attenzione pur avvicinandoci ad una decina di metri. Così possiamo scattare un bel po’ di foto e filmarli.
Proseguendo incrociamo una leonessa con giovani leoni tutti spaparanzati al sole. Anche questi ci ignorano. Speriamo di incrociare un ghepardo ma la fortuna non ci assiste. In compenso vediamo 2 branchi di zebre abbastanza da vicino. Si conclude il tour. Colazione, bagagli e partenza per il lago Malawi.
Il soggiorno di due giorni in lodge (curatissimo e molto raffinato) con pensione completa, tre tour terrestri e uno in barca per 2 persone è costato circa 1400€ (per il pagamento con la Visa hanno applicato una commissione del 4%). La barca ci traghetta sulla sponda opposta del fiume dove ci attende un autista per andare al Makokola Retreat sul lago Malawi.
La struttura presenta molto bene. Giardino curatissimo, piccole scimmiette che girano, aspetto generale elegante. Poi andiamo in camera. Arredamento molto spartano e decisamente vetusto. Ma la cosa più sgradevole è che dopo aver svuotato le valigie e messo a posto le nostre cose sui ripiani ci accorgiamo che non c’è la porta del bagno. Pensavamo fosse una porta scorrevole a scomparsa, invece proprio non c’è. Vado alla reception per reclamare e cascano dalle nuvole. Chiedo che mettano almeno una tenda al posto della porta mancante.
Andiamo sulla spiaggia (fantastica) dove c’è anche una grande piscina. Se non sai che è un lago l’impressione è di essere al mare. L’orizzonte è a perdita d’occhio e l’acqua del lago trasparente. Però purtroppo fare il bagno nel lago è molto sconsigliato. Potrebbero esserci parassiti che producono infezioni anche gravi (schistosomiasi urogenitale e schistosomiasi intestinale). Sole, venticello, temperatura gradevole. Si sta da “puciu” (espressione piemontese per indicare una situazione molto soddisfacente).
Rientrati in camera constato che nel disinteresse generale la tenda non è stata messa. Vado di nuovo a far presente che per 120 USD a notte è una vergogna. Mi propongono di spostarci in un’altra camera, ma l’idea di dover rifare le valigie per cambiare camera è più seccante della mancanza della porta e per due giorni sopporteremo il disagio.
Alle 16 facciamo un giro a piedi (accompagnati) nel villaggio di pescatori vicino all’hotel. Il contrasto tra l’opulenza e la pulizia dell’hotel e la povertà e la sporcizia del villaggio è molto forte. L’Africa povera si vede in tutte le sue sfaccettature.
Poiché ci siamo abbastanza allontanati dall’hotel i nostri accompagnatori ci propongono di usare il servizio biketaxi. Ci sono biciclette che hanno installato sulla parte posteriore un seggiolino imbottito e i poggiapiedi per il passeggero. Si paga in base al percorso da fare. Per tornare al lodge, circa 2 km, sarebbe costato l’equivalente di 0.50€. Dato il traffico intenso di auto e camion non ci è sembrato prudente usufruire di questo servizio. Più sicuro ritornare a piedi anche se più faticoso.
Dopo due ore di passeggiata nel villaggio in mezzo a cumuli di sporcizia e terra abbiamo bisogno di una approfondita ripulita.
Ceniamo al ristorante dell’hotel (anche perché nel villaggio non abbiamo visto offerte gastronomiche che ci attirassero).
Il cameriere ci porta il conto che ammonta a 94400 Kwacha. Arrotondiamo a 100.000 e gli consegniamo la mazzetta di banconote. Le conta. Poi le riconta. Poi ci indica sul conto che l’importo è 94400. Gli diciamo che può tenere il resto. Allora li riconta per la terza volta. E finalmente ci dice che è ok. Non siamo riusciti a capire dove fosse il problema.
Sabato 19 ottobre – Relax nel lodge sul lago Malawi
Incontro la manager (italiana) del lodge che mi chiede come va e le dico della porta mancante. Nessuno le ha detto nulla. Mi dice che manderà immediatamente a installare una tenda. Relax in spiaggia all’ombra di un albero gigantesco.
Al bar fanno il caffè espresso e mi faccio tentare. Sulla lista esposta c’è indicato espresso single 2500 kwacha, espresso double 3500 kwacha.
Chiedo quello single. Il barman macina il caffè, riempie il filtro, lo fissa alla macchina e mette sotto 2 tazzine. Gli dico che ne voglio solo uno e mi risponde che ha capito. Prepara 2 tazzine, me ne dà una e l’altra la mette da parte. La butta? La beve lui? Mah! Forse non hanno il braccetto con un solo ugello. Per la cronaca: il caffè è buonissimo.
Vicino alla spiaggia ci sono alcune scimmiette con i loro neonati che tengono stretti al petto per allattarli. Si riuniscono tra mamme e sembra che ci tengano a far vedere alle altre il loro neonato. Sono tenerissime. Rientro in camera e la tenda c’è. Il pomeriggio trascorre tra sole in spiaggia e piscina.
Poi con l’accompagnatore andiamo a vedere il bosco di baobab (spettacolare), quindi andiamo al campo da golf per vedere il tramonto su un laghetto in cui vivono due coccodrilli (i soci del club avranno firmato uno scarico di responsabilità nel caso vengano mangiati dal coccodrillo?). Infine visitiamo un vivaio che ha una grande varietà di piante che non ho mai visto.
Rientrati in camera, tutti i momenti si rimane al buio perché salta la corrente.
Per fortuna la corrente torna e andiamo a cena. Servizio di una lentezza esasperante.
Domenica 20 ottobre – Rientro a Blantyre
La vacanza è agli sgoccioli.
Ci godiamo ancora un po’ di caldo e di sguazzo in piscina. E c’è un’ultima bella sorpresa: arrivano ad appollaiarsi su un albero della spiaggia due magnifiche aquile pescatrici. Un signore del villaggio compare con un paio di pesci in mano. Per una modestissima mancia butta il pesce e l’aquila con un volo planato perfetto arriva con i suoi artigli sul pesce, lo ghermisce e vola via.
Alle 13 puntualissimo arriva l’autista per portarci a Blantyre. Viaggio di circa 220 km e durata di 4 ore 450.000 kwacha (~220€).
L’auto ogni tanto sembra morire, ma l’autista dice di non preoccuparsi. Basta fermarsi, spegnere il motore, aspettare 5 minuti e poi riparte. In effetti seguendo questo metodo un po’ empirico a Blantyre siamo arrivati.
Lunedì 21 ottobre – Rientro in Italia
Alle 8 l’autista ci preleva per un giro di ultimi acquisti. Prima tappa al Caffè Grazia, di proprietà della Vice Console Onorario in Malawi. Un po’ caro. Giro al negozio attiguo di prodotti artigianali.
Poi cerchiamo un negozio di liquori per comperare il gin del Malawi, ma il lunedì è chiuso. Andiamo allora al supermarket dove hanno ettolitri di Vodka del Malawi ma niente Gin. Non troviamo nemmeno la polvere di baobab. Giro a vuoto. Quindi in aeroporto. Il volo delle 13.20 per Addis Abeba parte in direzione sud perché fa uno scalo a Beira (capitale del Mozambico) così per arrivare a Addis Abeba ci mettiamo quasi 7 ore.
Poi circa 3 ore e mezza di attesa per il volo per Milano. Ci mettono in coda per il controllo biglietti (mezz’ora in piedi), saliamo sul pullman che rimane fermo mezz’ora (in piedi). Ci fanno scendere dal pullman perché hanno scoperto che il volo ha un’ora di ritardo (lo scoprono all’improvviso?) e rientriamo nell’area imbarchi dell’aerostazione dove non ci sono sedie e quindi siamo costretti a sederci per terra.
Poi finalmente con 1h30′ di ritardo partiamo e arriviamo il 22 ottobre alle 7 a.m. a Malpensa (con un’ora di ritardo).
Curiosità
Le donne portano varie cose in equilibrio sulla testa (ceste, fascine di legna, borse, ecc.). Il top di questa abilità è stato raggiunto da una donna che aveva l’ombrello chiuso in bilico sulla testa, il bambino per mano, la borsa della spesa nell’altra e camminava sul sentiero sterrato di fianco alla strada.
In molti paesi poveri ho visto parabole satellitari su baracche di frasche e lamiera. In Malawi non ne ho viste.
Le biciclette sono un mezzo di trasporto molto diffuso, ma se si rompono i freni forse non è facile trovare i ricambi, così molte bici si devono frenare strisciando i piedi per terra.
In Malawi si riciclano le bottiglie di vetro. Tagliando la parte inferiore e molando il taglio ricavano bicchieri.