Sudafrica: quando la natura chiama..

Il nostro viaggio di nozze nella terra degli animali selvaggi. I primi 10 giorni lungo la Garden route da Cape Town a Port Elizabeth; e 4 giorni nel Kruger National Park. Un viaggio organizzato da me, usando internet e risultato indimenticabile.
Scritto da: valepuffo
sudafrica: quando la natura chiama..
Partenza il: 13/10/2008
Ritorno il: 28/10/2008
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Ci siamo sposati sabato 11/10/2008 con una giornata magnifica, calda e assolata, ma tutto il mio entusiasmo era rivolto al lunedì successivo, quando saremmo finalmente partiti per questo viaggio da sogno. Da quando conosco mio marito, gli avevo sempre detto che il mio viaggio di nozze sarebbe stato in Sudafrica, forse perché mia mamma ha vissuto lì 10 anni, o forse perché penso che la natura sia una cosa meravigliosa, non lo so, ma quello doveva essere il mio viaggio di nozze, avessi dovuto farlo da sola; quindi la mia santa dolce metà ha potuto solo adattarsi. Ho iniziato ad organizzare il viaggio un anno prima, non mi sono rivolta ad un’ agenzia di viaggi, ma ho fatto tutte le mie ricerche e le mie prenotazioni in internet. Inutile dire che ho letto tutti i diari sul Sudafrica presenti in questo fantastico sito, per raccogliere informazioni da chi veramente c’ era stato. Comunque a sei mesi dal matrimonio avevo già organizzato tutto: comprato i biglietti per i voli, prenotato le camere, prenotato le macchine da noleggiare e soprattutto prenotato il nostro soggiorno di 3 giorni nel bel mezzo del Kruger National Park, la ciliegina sulla torta.

Lunedì 13. La partenza era prevista per mezzogiorno da Venezia, dovevamo raggiungere Francoforte e da lì, partire alla volta di Cape Town; ma il nostro viaggio già cominciava male: neve e maltempo a Francoforte ci avevano fatto perdere la coincidenza. Con altre persone che facevano la nostra tratta, siamo andati a farci ricollocare su un altro volo: Francoforte- Johannesburg e poi coincidenza Johannesburg-Cape Town. Il tutto si è tradotto in 6 ore di ritardo sulla mia perfettissima tabella di marcia, ma alla fine ce l’ abbiamo fatta, eravamo in Sudafrica. Noleggiata la macchina e avviatici verso la città, mio marito non mi parlava quasi più: la guida a destra l’ aveva portato sull’ orlo di una crisi di nervi. Per fortuna il navigatore satellitare ci ha portato diretti al nostro primo alloggio, dove finalmente si è rilassato e ci siamo fatti una grossa risata alla vista di uno spray mangia-odori da usare in bagno al profumo di panna e fragola. Il nostro alloggio in Cape Town era nella zona di Sea Point, direttamente sotto la rocca chiamata Lion’s Head e rivolta verso l’ oceano. Ci avevano detto di stare attenti a non uscire la sera per le strade perché sono pericolose, ma la zona era tranquilla e noi ci siamo avventurati lo stesso fuori a cena a piedi, anche se devo ammettere che dopo tornavamo subito a casa diretti. Il resto della giornata l’ abbiamo passata a recuperare la stanchezza del viaggio, una sana pennichella e una passeggiata lungo mare.

Martedì 14. Siamo partiti in direzione di Cape Point, quella che la maggior parte delle persone crede essere la punta estrema dell’ Africa, ma che in realtà non è; la vera punta dell’ estremo sud dell’ Africa l’ avremmo vista qualche giorno dopo. Una delle cose che più mi hanno stupito di questo viaggio è il fatto che dovunque guardassi, trovavo sempre tracce di animali selvaggi, che fosse il cielo, la terra o il mare; si potevano fare lunghi tratti in macchina senza vedere un’ abitazione o una qualunque altra costruzione umana, solo natura e per me, che vivo in una zona ad altissima densità umana, questo sembrava un paradiso. Cape Point ti dà il benvenuto con un simpatico cartello “Attenti ai babbuini. Non dategli da mangiare.”, che lì per lì fa sorridere, ma a pensarci bene i babbuini sono delle scimmie un po’ aggressive e quindi è meglio seguire il consiglio. Cape Point, la punta che si incunea decisa nel mare, il vento forte, il vecchio faro che risale all’ ‘800, i nidi dei cormorani sulla pareti a strapiombo e le onde che si infrangono con ferocia sulla roccia, è veramente un posto da romanzi di avventura e non è difficile immaginare le caravelle con le loro vele spiegate passare là sotto. Durante il ritorno abbiamo avuto il piacere di vedere uno struzzo in libertà che pascolava tranquillamente in mezzo alle lande desolate, i babbuini che si spulciavano a vicenda comodamente sdraiati in mezzo alla strada (all’ inizio pensavo li avessero investiti), e i famosi pinguini del capo: dei nanerottoli alti meno di un metro che hanno stabilito la loro colonia su una delle spiagge che si affacciano su False Bay (dicono che d’ estate puoi avere il piacere di farti il bagno in mare con loro).

Mercoledì 15. Abbiamo fatto un tranquillo giretto su uno di quei famosi pullman rossi Sighseeing che ti fanno vedere tutto e niente in 2 ore, ma non ci fidavamo tanto a girare da soli per la città. La cosa più bella di questo giretto è che ci ha portato su una spiaggia tutta bianca, pulita, senza lettini ed ombrelloni, libera. Il pomeriggio siamo andati a vedere il Waterfront, il porto turistico, pieno di locali e ristoranti e di foche che prendevano tranquillamente il sole adagiate sui moli di legno.

Giovedì 16 e Venerdì 17. Siamo saliti in cima alla Table Mountain. Altro cartello simpatico finché facevamo la coda per la funivia, diceva “Beware snakes! Attenti ai serpenti!” piantato in mezzo al prato a 20 metri da noi. Il panorama dall’ alto è davvero fantastico, da una parte puoi vedere Cape Town e tutta la baia su cui si affaccia, dall’ altra lo sguardo può arrivare fino a Cape Point. Scesi giù,siamo partiti alla volta di Hermanus, scopo: whale-watching, vedere le balene. Per chi a paura dell’ acqua, le balene si vedono anche dalla costa, anzi ce n’ era una che sarà stata a 5 metri dagli scogli e tutte le persone impazzite che scattavano foto e cercavano di avvicinarsi il più possibile. Un omino locale girava con un corno, pronto a suonarlo ogni volta che avvistava una balena dalla costa. Per chi invece non ha paura dell’ acqua, può avventurarsi in una di quelle gite organizzate che durano circa 2 ore e avere il piacere di vedere una balena che passa proprio sotto la sua barca o un branco di pesciolini presi d’ attacco da foche e delfini.

Sabato 18. Abbiamo intrapreso il nostro viaggio verso George. Lungo la strada abbiamo visto i babbuini che correvano e senza nessun timore attraversavano l’ autostrada, tanto il traffico lì è quasi inesistente. Abbiamo fatto tappa a quella che è veramente la punta estrema del sud dell’ Africa, il punto dove l’ oceano Atlantico e l’ oceano Indiano si incontrano, Cape Agulhas, con il suo faro ottocentesco, all’ interno del quale hanno ricavato un ristorantino per i turisti che decidono di avventurarsi fino a lì (sì, è un po’ fuori dalle rotte principali).

Domenica 19. Ci siamo diretti a nord, lasciando la Garden Route, volevamo vedere il karoo, una zona semi-desertica dell’ entroterra sudafricano, le Cango Caves (grotte simili alle nostre grotte di Frasassi, con stalattiti e stalagmiti) e il Cango Wildlife Ranch, un parco dove si occupano del recupero e della conservazione dei ghepardi. Questo parco è stato una meraviglia, per quanto si trattasse di animali in “gabbia”: abbiamo fatto una visita guidata, dove ci hanno spiegato tante cose sui coccodrilli (che dentini!), sulle lontre, cicogne, fenicotteri, ecc., abbiamo visto degli avvoltoi di cui ne esistono solo 8 esemplari in tutto il mondo e pagando un pochino di più ci hanno permesso di accarezzare dei cuccioli di ghepardo (2 mesi) e dei ghepardi un po’ più grandi (2 anni) che facevano le fusa come i nostri micetti di casa. Mio marito ha avuto il coraggio di farsi anche leccare una mano, constatando che lo zerbino di casa nostra era più morbido della loro lingua.

Lunedì 20. Direzione Knysna. Knysna è un piccolo paesino lungo la costa che si affaccia su una baia, un posticino tranquillo. Qui ci siamo rilassati un po’, abbiamo fatto un giretto in barchetta, una bella passeggiata su una di quelle spiagge da film, lunghissime, senza alcuna traccia dell’ uomo, con quasi nessuno che ci passeggiava e abbiamo mangiato in un localino nel porto, dove ho potuto assaggiare il carpaccio di coccodrillo e la tagliata di zebra, il tutto accompagnato da un vinello bianco locale davvero buono.

Martedì 21. Ci siamo diretti finalmente verso Port Elizabeth, l’ ultima tappa di questa prima parte del viaggio. Lungo la strada volevamo visitare il Tsitsikamma National Park, ma non ci è riuscito molto bene, infatti abbiamo sbagliato ingresso a causa di alcuni lavori stradali in corso e ci siamo ritrovati in una parte del parco per il relax turistico (ristorantino, spiaggetta) privo dei famosi alberoni centenari che volevamo vedere , quindi alla fine abbiamo pranzato, ci siamo rilassati guardando l’ oceano e quando ci siamo sentiti pronti, abbiamo ripreso la nostra strada verso est.

Mercoledì 22. La nostra sfortuna con gli aerei ci perseguitava ancora: più di un’ ora di ritardo nel volo, ma ormai la cosa non ci toccava più, eravamo rilassati e forse, anche un po’ stanchi per tutte le emozioni che avevamo avuto e per l’ entusiasmo di sapere che il meglio doveva ancora venire. Il nostro volo doveva portarci a Nelspruit, ai bordi del Kruger National Park, dove avremmo alloggiato in un lodge all’ esterno del parco per una notte. Il nostro lodge era molto bello e con arredamento locale e anche questo ci salutava cordialmente con un cartello “Beware hippo! Attenti agli ippopotami!”. Il lodge infatti era recintato ma si affacciava su un laghetto dove evidentemente ogni tanto passava qualche ippopotamo, di sicuro venivano le zebre perché le abbiamo viste. Nella serata abbiamo avuto il piacere di assistere ad un famoso ballo di fine anno in stile americano, un sacco di ragazzi e ragazze vestite con abiti da sera che si divertivano e che sfilavano a coppie per la foto ricordo.

Giovedì 23. Prima di entrare al Kruger, ci siamo diretti un po più a nord per vedere il famigerato Blyde River Canyon, uno spettacolo mozzafiato, un senso di libertà incredibile. E finalmente ci siamo diretti all’ ingresso del Kruger dove avevamo già i nostri pass pronti per raggiungere il lodge. Il primo incontro con il Kruger è avvenuto ancora fuori dall’ ingresso del parco: un branco di impala che scorazzavano in cerca di cibo. Il mio entusiasmo è salito alle stelle: animali, natura, libertà, non ci credevo di essere finalmente arrivata lì, nella natura selvaggia. Dopo aver visto anche il nostro primo elefante a 30 metri di distanza, siamo arrivati al lodge giusti giusti per la nostra prima gita in jeep con il ranger.

Venerdì 24 – Sabato 25 – Domenica 26. Questa è stata davvero la ciliegina sulla torta. Devo dire che per questo lodge abbiamo speso una fortuna, ma ne è valsa davvero la pena, per i 3 giorni da favola che abbiamo vissuto. Intanto bisogna dire che il lodge non era recintato e per raggiungere i bungalow, si camminava su delle passerelle. La sera se volevi uscire dal bungalow dovevi chiamare la reception e farti mandare qualcuno come scorta. A qualcuno potrà sembrare una pazzia passare dei giorni in questo modo, ma quello che abbiamo visto dal nostro bungalow è impareggiabile: animali che andavano ad abbeverarsi proprio sul fiume davanti al nostro lodge, un kudu che è venuto a brucare qualche fogliolina sull’ albero che cresceva ai margini della nostra terrazza, la scimmietta sulla nostra terrazza, un branco di elefanti, mamme e cuccioli, che passavano proprio lì davanti, un elenfantino che veniva allattato dalla mamma e una mamma che brucava le foglioline dell’ albero del kudu (quindi a 2 metri da noi)…Semplicemente meraviglioso! Due volte al giorno, all’ alba fino a colazione e nel tardo pomeriggio fino a sera, facevamo una gita in jeep scoperta (le jeep avevano solo 6 posti, quindi era una cosa molto intima) con la nostra guida che ci illustrava le meraviglie della natura e cercava le tracce degli animali. A metà gita si faceva una pausa e uno spuntino, così posso dire di aver bevuto un bicchiere di prosecco nel bel mezzo della savana con le cicogne che mi guardavano. Purtroppo non siamo riusciti a vedere né il leopardo né il ghepardo, ma in compenso abbiamo visto un sacco di cuccioli, visto che lì in ottobre siamo in primavera, la stagione degli amori. Siamo riusciti a fare anche un tour on foot, cioè a piedi: è stata una scarica di adrenalina unica, basti pensare che avevamo ranger armati davanti e dietro che hanno minacciato di sparare a noi se fossimo fuggiti in preda al panico davanti ad un animale, ci siamo trovati a pochi metri da un branco di elefanti, siamo stati osservati dagli ippopotami che emergevano appena dall’ acqua, abbiamo visto impronte di iena e tracce di leopardi e a dirla tutta, abbiamo anche studiato gli escrementi di vari animali per poterli riconoscere nella savana. Le emozioni sono state tantissime e non credo di essere in grado di descriverle, ma una cosa è certa: per chi ama la natura e gli animali, questo è un paradiso in terra. Come è capitato a molti, mi sono ammalata di mal d’ Africa e da quando sono tornata non vedo l’ ora di tornare lì, in mezzo alla natura selvaggia.

Lunedì 27 – Martedì 28. Viaggio di ritorno con fulmine che ha colpito le ali e panico generale, fino a quando il comandante ci ha rassicurato che era tutto a posto; e maltempo a Zurigo, dove dovevamo prendere la coincidenza per Venezia con rischio blocco dei voli (per fortuna questa ci è andata bene).

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