Sudafrica: meravigliosa terra fra due oceani

Lunedì 12 Agosto:
Splende un magnifico sole, anche se alcune nuvole si addensano ancora sulle vette più alte e sulla Table Mountain. Poco dopo le 8:00 prendiamo a seguire la strada che va verso sud lungo la costa e in breve giungiamo nella località balneare di Camps Bay e al punto panoramico dal quale si può assaporare la vista sull’omonima baia, oggi battuta da grandi onde e contornata dalla magnifica quinta di rilievi montuosi chiamata Twelve Apostoles (dodici apostoli), che però sono nell’ombra delle prime ore mattutine. Scattiamo alcune foto e poi proseguiamo, fino al paese di Hout Bay, dal cui porticciolo salpano abitualmente le imbarcazioni per Duiker Island: poco più di uno scoglio, popolato da una folta colonia di otarie del Capo. Oggi però il mare è troppo mosso e l’escursione prevede solo un giro nella baia, senza avvicinarsi all’isola, così rinunciamo e ci accontentiamo di vedere solo alcuni simpatici esemplari di otaria, semi-addomesticati, che vivono praticamente nella zona del porto. Da Hout Bay affrontiamo poi l’ardito tratto di strada (a pedaggio) chiamata Chapman’s Peak Drive, che si sviluppa a sud dell’abitato fra spettacolari e vertiginose scogliere, purtroppo senza la presenza di un bel sole, che nel frattempo è andato a nascondersi fra le nuvole. La nostra beneamata stella si riprende poi la scena quando, ancora più a sud, entriamo nella sezione più meridionale del Table Mountain National Park e più precisamente quella che ingloba il leggendario Capo di Buona Speranza (Cape of Good Hope), cruccio dei più noti navigatori di fine Cinquecento.
L’area è anche un’importante riserva naturalistica, che ci apprestiamo a visitare. Seguiamo così la strada che termina nel parcheggio dal quale, con una funicolare, si può raggiungere lo storico faro di Good Hope, risalente al 1860… Il tragitto si potrebbe fare anche a piedi, ma le scorie della scalata alla Table Mountain sono oggi un fardello troppo grande da traghettare. Giunti a destinazione saliamo comunque le rampe di scalini che portano, fra stupende viste sulla costa circostante, ai piedi del faro, poi seguiamo il sentiero che si reca nei pressi del nuovo faro (eretto nel 1919 per sopperire alle mancanze del primo, a volte ingannevole per la sua posizione troppo elevata sulle scogliere del Capo) e lì immortaliamo superbi panorami, impreziositi anche dalla presenza di alcune balene, che avvistiamo in lontananza… semplicemente meraviglioso! Torniamo così entusiasti alla funicolare e pienamente soddisfatti facciamo ritorno all’auto… ma non è certo finita qui. Proprio nel parcheggio, infatti, osserviamo molto da vicino alcuni esemplari dei famosi babbuini endemici del luogo, che risultano simpatici, ma la cui reputazione ci sconsiglia di consumare sul posto il nostro quotidiano pranzo al sacco. Ci muoviamo allora su gomma lungo un tragitto che porta, nella costa sottostante, al vero e proprio Cape of Good Hope, il punto più sud-occidentale del continente africano, ma non quello più meridionale, come spesso si è portati a credere. Lungo il percorso avvistiamo alcune antilopi, oltre ad una nutrita schiera di grandi uccelli bianco-neri (probabilmente esemplari di ibis sacro) e giunti al termine della strada, finalmente, possiamo placare i morsi della fame. Dopo scattiamo una doverosa foto ricordo con il cartello commemorativo del luogo e, una volta esplorate le scogliere circostanti, riprendiamo l’itinerario. Seguendo la strada che conduce all’uscita del parco incontriamo poi un borioso struzzo e successivamente, risalendo la costa orientale del Capo lungo False Bay, giungiamo nella località di Boulders, presso l’omonima spiaggia, dove si trova la più famosa colonia di pinguini africani dell’intera regione. Parcheggiamo l’auto e a piedi ci avviamo per le passerelle che si dipanano nell’area protetta, accanto alle quali possiamo ammirare tante simpatiche bestiole, estremamente buffe nei loro movimenti e in numerosi atteggiamenti, ma non ridicole quanto l’affermazione di una turista italiana che mi è capitato di ascoltare: «Tanto li ho già visti a Genova». Assaporata anche questa eccezionale esperienza ci avviamo poi verso la parte più settentrionale di False Bay e, affrontati alcuni incolonnamenti dovuti all’intenso traffico, arriviamo anche nella cittadina di Muizenberg, importante località balneare durante l’estate australe. Qui, in una spiaggia bianchissima, regno dei surfisti, si trova una originale e intrigante sfilata di cabine vittoriane multicolore, in uno stato di semi-abbandono vista la stagione, che andiamo a fotografare nella calda luce dell’ormai tardo pomeriggio. Da questo luogo ci avviamo quindi spediti verso Cape Town, dove arriviamo quasi al tramonto, con il sole che incendia le (solite) nubi sulla Table Mountain, a chiudere il sipario su di una giornata indimenticabile. Più tardi, per cena, torniamo da Mario’s e lì ascoltiamo l’avvincente storia dell’anziana proprietaria italiana, originaria di Lodi, prima di ritirarci per la terza ed ultima notte nella House on the Hill.
Martedì 13 Agosto:
Prende così il via oggi il nostro tour itinerante attraverso quel grande paese che è il Sudafrica. Partiamo dal bed & breakfast intorno alle 8:00 e poco più tardi ci lasciamo alle spalle Cape Town, aggirando da oriente la Table Mountain (che anche oggi, strano ma vero, è fra le nuvole), e poi andiamo a sud-ovest. Guadagniamo così il mare sul lato di levante della False Bay e seguendo la strada costiera arriviamo anche al cospetto della scenografica Kogel Bay, che però è ancora nell’ombra delle severe montagne che la fiancheggiano. Proseguiamo allora fino al villaggio di Rooi Els, che sembra un pezzetto d’Islanda trapiantato nell’emisfero australe, e doppiando un promontorio arriviamo nella località di Betty’s Bay, dove giriamo in direzione della costa per guadagnare il parcheggio della Stony Point Nature Reserve. Questa piccola area protetta, fondata negli anni ottanta del secolo scorso laddove c’era una stazione di caccia alle balene, ospita un’altra nutrita colonia di pinguini africani, oltre ad altre specie di uccelli marini e alcune affabili procavie del Capo. La riserva, notevolmente più tranquilla di quella di Boulders, vista ieri, è molto bella e ce la possiamo godere con tutta calma, senza dover fare le spinte con altri turisti per scattare una foto. Il panorama sulle limitrofe scogliere poi, in una splendida giornata di sole, fa il resto, anche se soffia da sud un vento piuttosto pungente. Ripresa strada, più tardi, proseguiamo ad est lungo la costa, sempre fra splendidi paesaggi, mentre alcuni babbuini ci attraversano impavidi la via, e prima di mezzogiorno arriviamo nella cittadina di Hermanus, nota per gli avvistamenti, anche da terra, delle balene. Parcheggiamo l’auto in riva all’oceano e subito ci affacciamo dall’alto delle scogliere, assieme a tante altre persone, che sono in paziente attesa, ma purtroppo l’unico spettacolo odierno pare essere il mare agitato, che produce enormi onde ed eccezionali schizzi… e forse proprio per questo motivo le balene stanno alla larga del profilo costiero. Anche il “whale crier”, folcloristico personaggio che è l’avvistatore ufficiale di Hermanus, non suona mai il suo corno per avvisare i turisti della presenza dei grandi cetacei. Ripartiamo e poi ci fermiamo in un altro paio di punti di avvistamento, ma con identico risultato … peccato! … Pranziamo allora con i nostri panini e lo sguardo rivolto al mare (non si sa mai), quindi riprendiamo il viaggio. A questo punto andiamo verso l’interno, perché la strada litoranea è destinata, poco più avanti, ad interrompersi e attraversando bucolici paesaggi, lungo vie a volte sterrate, ma in buone condizioni, alla fine arriviamo, nuovamente sulla costa, nella località di L’Agulhas, l’abitato più meridionale di tutta l’Africa. Attraversiamo la cittadina e andiamo al Cape Agulhas Lighthouse, storico faro risalente al 1848, alla cui visita ci dedichiamo salendo anche i 71 irti scalini che conducono alla sommità, per godere dei panorami sul piatto paesaggio circostante. Subito dopo percorriamo un solo chilometro di pista e arriviamo a Cape Agulhas, che è il punto più a sud del continente nero, dove idealmente si incontrano due oceani: quello Atlantico e quello Indiano. Scattiamo le dovute foto del caso e poi proseguiamo ancora un paio di chilometri lungo la costa, fino ad arrivare al relitto della nave giapponese Meisho Maru, qui arenatasi nel 1982, della quale resta la sola prua. Sono quasi le 17:00 ed è ora di andare spediti verso il termine della tappa, con Federico che sperimenta per la prima volta nella vita la guida a sinistra. Così passiamo dal vicino Struisbaai Harbour, dove ci sarebbe la possibilità di veder nuotare alcune razze, fra le quali quella chiamata Parrie, diventata famosa nel web, ma non oggi, e poi puntiamo decisamente verso la cittadina di Swellendam per la notte, che dista un centinaio di chilometri. Nella magica luce del tardo pomeriggio attraversiamo così meravigliose lande collinari, fino a giungere a destinazione poco prima del tramonto. Prendiamo alloggio alla Cypress Cottage Guest House, una struttura a gestione famigliare davvero carina e da lì usciamo a cena, a piedi, al vicino Republic Restaurant, mangiando ottima carne ad un prezzo molto conveniente, poi andiamo in camera a riposare, in previsione di un’altra intensa giornata.