Sud della Francia in moto

Cronaca della nostra vacanza in moto; 2.780 Km da Milano a Barcellona attraversando il sud della Francia. 12 luglio – Milano – Castellane Partenza prevista per le 10.00, accendiamo il motore alle 10.30. Ci può stare, siamo pur sempre in vacanza. Divoriamo i noiosissimi Km di autostrada fino ad Alba e dopo Cuneo finalmente cominciamo a salire...
Scritto da: chebellavita
sud della francia in moto
Partenza il: 12/07/2009
Ritorno il: 25/07/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Cronaca della nostra vacanza in moto; 2.780 Km da Milano a Barcellona attraversando il sud della Francia.

12 luglio – Milano – Castellane Partenza prevista per le 10.00, accendiamo il motore alle 10.30. Ci può stare, siamo pur sempre in vacanza. Divoriamo i noiosissimi Km di autostrada fino ad Alba e dopo Cuneo finalmente cominciamo a salire verso il Colle della Lombarda. Il valico è assolutamente secondario, la strada stretta ma abbastanza ben tenuta. E’ cominciato il G8; avranno ripristinato la frontiera? I tornanti sono piuttosto stretti e ripidi e se davanti hai un automobilista che si ferma, mette la prima, magari si guarda anche un po’ in giro, salire diventa difficile; lungi dall’essere uno smanettone, ma la moto è carica e non c’è il freno a mano. E poi forse questo è uno di quelli a cui i motociclisti stanno un po’ antipatici, perché appena c’è un po’ di strada dritta accelera e si mette in mezzo, fino al tornante successivo. OK, appena c’è uno spiraglio provo a passare, lui accelera, io do di gas e lo saluto. A mio scorno. Sull’accelerazione non vedo il bivio per il Colle e seguo per il santuario di Sant’Anna. Mentre faccio inversione arriva il sorpassato che mi spernacchia. Siamo sul colle, 2.350 m., “cima Coppi” per noi e foto di rito, nessuna frontiera, pausa pranzo al sole e giù dal versante francese. Qui inizia un altro viaggio: la strada si allarga, le crepe si chiudono (moltissime strade asfaltate di nuovo), il traffico si dirada. Salvo alcune eccezioni sarà questo lo standard. Unico neo: è domenica e da km non troviamo un distributore, ma dove fanno benzina? Lo troveremo poco prima di entrare in riserva, ma due attempati bikers su moto vintage che ci precedono, si saranno fatti almeno 30 Km in più per rifornirsi. Ce ne ricorderemo facendo il pieno prima di ogni partenza se non vogliamo spingere. A sera arriviamo a Castellane, all’imbocco delle gole del Verdon che gireremo nei prossimi 3 giorni. Dopo 400 Km, stanchi siamo stanchi, giusto il tempo di fare due passi giù al fiume e poi ci godiamo un sonno ristoratore.

13-14 luglio – Le gole del Verdon Il Fiume Verdon si snoda in fondo alla gola, la strada si snoda 900 metri sopra. Bello, ma meglio stare in mezzo alla carreggiata. Tante, tante moto, perlopiù tedeschi ed alcuni mostri a tre ruote; alcuni tipo chopper (due ruote dietro, una avanti), altri supertecnologici e ipertrofici tricicli mai visti altrove (due avanti, una dietro). Saluti stradali di rito tra moto. Un po’ fa piacere, ma poi, al momento del bisogno ci sarà tutta ‘sta solidarietà tra bikers? Facciamo base in agriturismo a Moustiers S.Te Marie, cambio veloce, scarico borse e via a cercare gli sterminati campi di lavanda del Plateau di Valensole… Sterminati? Lavanda? Il giro in moto è bello assai, ma in 60 Km avremo visto si e no un campicello stento di lavanda. Eppure il periodo è questo, cosa abbiamo sbagliato? Vabbè, ci consoliamo andandoci a tuffare nel lago di Sainte Croix (ma quanti santi da ‘ste parti!). All’agriturismo dove passeremo le prossime due notti non abbiamo prenotato la cena e quindi si va in paese. Qui impareremo due cose: che dopo le otto di sera comincia a essere difficile trovare del cibo, e che prendere una bottiglia di vino, anche se ordinaria, equivale ad avere un terzo ospite a cena. Unico sollievo e civilissima usanza, l’onnipresente e gratuita caraffe d’eau.

Il giorno dopo, Francia in festa per il 14 luglio, è dedicato all’acqua. Ozio rigenerante? Macché, noleggio di Kayak a due posti e risalita del Verdon. Che detto così fa supersport e avventura estrema; in realtà per Kayak è gabellato un bananone aperto a chiglia piatta ed il Verdon, ormai è placido affluente del lago, non ha praticamente corrente. La pagaiata però merita e dopo un mini corso la mia signora ci prende gusto e comincia a pagaiare con gusto, tanto che io tiro la pagaia in barca e mi lascio portare, per una volta. Alla riconsegna dell’oggetto galleggiante scopriamo che al banco di noleggio si creata una coda di attesa superiore a un’ora. Mi sa che ci è andata di culo. Poi si riprende la moto, si risale la gola per una ventina di Km e si scende nel canyon. Ma anche qui, altro che avventura, facile il sentiero, lasciamo le acque bianche ai Kayak (quelli veri) e ai rafters e li guardiamo passare mentre oziamo tra cascatelle e pozze dove fare il bagno.

Domani si punta verso il mare, ma il Verdon meriterà una prossima visita.

15-18 luglio – Tutti al mare Prima di partire. Io: “Qui la guida segnala un museo archeologico”. Lei, archeologa, “Naaa, non lo so, non mi dice niente, non c’ho voglia”. Mentre siamo lì, programmi studiati nel dettaglio. Lei: “ma sai che invece, ripensandoci, avrei voglia di passare dal museo”. Così, allungando la strada per passare dal museo, a sorpresa…Gli sterminati campi di lavanda che non avevamo trovato dove dovevano essere.

Digressione sui compagni di strada: massimo rispetto sempre e comunque per i ciclisti che pedalano sotto il sole e controvento. Ma tu, compagno camperista, che arranchi sputazzando fumo, perché quando vedi che fai tappo e tieni dietro di te decine di poveri cristi non ti fermi un attimo ad ammirare le bellezze del paesaggio? O, almeno, lasciami quel mezzo metro per passare così che potrò vedere se davanti ho una curva o un burrone.

Dicevamo, viaggiamo verso il mare, ma giammai per la strada più diretta, né più breve. E in una di codeste deviazioni ci imbattiamo in un paese dove troviamo uno di quei bei lavatoi coperti che da queste parti sono tipici. Una targa riporta che il locale marchese di vattelappesca nel 1780 lo fece demolire e fu poi ricostruito nel 1789. Il cartello non lo dice ed io non mi sono documentato, ma bisogna essere delle belle carogne per radere al suolo un lavatoio. Spero che nel 1789 qualcuno abbia tolto al marchese il problema del mal di testa.

30 Km prima di arrivare scopriamo che tra noi e la meta c’è un ultimo valico da salire. Che saliamo tornante dopo tornante senza vedere anima viva. Quasi in cima, ad un bivio con una strada bianca campeggia il cartello “Atelier di …” vabbè il nome non è importante. Ma come si fa a piazzare un atelier in mezzo ai bricchi, manco se fosse Picasso mi arrampicherei fin là.

Poi finalmente due giorni di quasi stanzialità a Bormes les Mimosas sul mare. In vacanza si cerca di tenersi leggeri a pranzo con frutta e cose così, per poi abbuffarsi a cena. Ma a Bormes ci attira un padellone di paella Take Away. Non resistiamo e tanti saluti alla frutta. Veramente buona, ma ci conferma tutta la passione dei franzosi per l’aglio. Sempre, ovunque, tanto. Credo proprio che non sia posto per streghe e vampiri.

19 luglio – Luberon e Vauclose Eravamo in coda sulla tangenziale di Tolone, macchine su due file…CHE SI SPOSTANO PER FARCI PASSARE, con un effetto, appunto, di Mar Rosso che si apre davanti a Mosè. Una cosa mai vista, roba che da noi si contano sulla punta delle dita gli animi gentili che lo fanno e sono in pari numero con quelli che non si spostano o meglio ancora si mettono di traverso. Come se mancassero i motivi per accentuare il triste contrasto col paese di pulcinella, questo fa il paio col fatto che incredibilmente qui quando c’è il cartello di lavori in corso. Ci sono veramente i lavori in corso. Uno si ferma anche volentieri al senso unico alternato.

Viaggiando parecchio per lavoro e per diletto tutte le volte la depressione aumenta.

Destinazione Luberon (dietro Aix). Ma prima, visita della prima cantina, Chateau Pradeaux. Grande professionalità e disponibilità all’assaggio (il tutto in inglese). Miii che buono. Purtroppo le ragioni del cuore si scontrano con quelle della fisica; gli acquisti vanno limitati anche perché ci saranno ancora due cantine in programma. Vabbè, una bottiglia e mezza. Sosta a Cassis per pranzo e bagnetto rigenerante. Ma che correnti ci sono? L’acqua è gelata, peggio del torrente. Qua c’è gente che fa il bagno con la muta. Poi si punta verso il Luberon. In origine dovevamo fermarci ad Aix, ma un’amica ci ha suggerito un posto un po’ fuori città. Ottima scelta sia per il B&B, sia perché quella sera c’è una festa di paese in cui eravamo gli unici turisti. Leccornie locali, prezzi popolari e atmosfera rilassata.

Benedetto Mistral che ci ha regalato cieli tersi per una settimana, che tiene l’aria asciutta e preserva le uve dalle muffe facilitando l’uso del biologico, che rinfresca anche quando c’è il sole a picco. Maledetto Mistral che sventaglia a tradimento e fa sbarellare la moto, che ti costringe a tenere gli occhi sulla strada invece che sul panorama, che cerca di strapparti dal manubrio. Domani si va in Camargue passando da Roussillon e Fontaine de Vauclose.

20-21 luglio – Camargue e dintorni Mai visti così tanti belgi tutti in una volta, nemmeno in centro a Bruxelles. Magari si sono stufati di essere le vittime prescelte dai francesi nelle barzellette, forse hanno assoldato mercenari olandesi, vista la nutrita presenza anche di questi ultimi.

Tra un belga e l’altro, a Roussillon ci riempiamo gli occhi di colori, e vi assicuriamo che le foto rendono poco l’idea.

Il Mistral comincia a darci tregua, o forse ci stiamo portando fuori dalla sua area di influenza. Sarà che abbiamo superato la boa di metà viaggio, ma il mood del ritorno comincia inevitabilmente a prendere il sopravvento e non ci godiamo più quella piacevole sensazione di avere davanti un tempo infinito. Ci ha fatto dato una strana sensazione rivedere il Rodano alla foce, dopo che l’avevamo visto bambino in Svizzero; era un torrentello sotto il ghiacciaio.

21-22 luglio – Pont du Gard, Gole del Tarn, Millau Scorre la Camargue che ci riserva l’avvistamento di ben 3 fenicotteri 3 e ci dirigiamo verso l’interno sempre accompagnarti da un paesaggio di vigne, fiumi e paesi piccoli e ben tenuti. L’imponente acquedotto romano a Pont du Gard ci ricorda che, a parte gli irriducibili galli di Asterix, la Provenza è stata un’area trasformata dalla romanizzazione: un tempo esportavamo esempi di efficienza. Nelle gole del Tarn mi regalo una discesa di due ore in Kayak (stavolta uno vero); il fiume è tranquillo e non impegnativo, con poca acqua, tanto che in alcuni tratti la chiglia tocca il fondo e bisogna scendere, ma la sensazione di pace è totale. Essendo tardi, ho la fortuna di fare la discesa praticamente in solitaria. C’è da dire che le attività acquatiche sui fiumi francesi sono un vero business; sul Tarn, come sull’Ardeche e su altri corsi d’acqua, un’organizzazione quasi militare offerta da vari noleggiatori a prezzi accettabili prevede servizi per ogni livello di esperienza. E quando arrivi a fine discesa, ti riportano alla base in auto.

A Millau, dove c’è il viadotto di Norman Forster, sono riusciti a farne motivo di attrazione; c’è il centro visite e i cartelli che ti indicano come arrivarci.

Qui abbiamo fatto uno scherzo da prete alla gentilissima signora del B&B che ci aveva prenotato il ristorante su nostra richiesta di un consiglio. Ci aveva spiegato non so quante volte la strada raccomandandoci di chiedere se non lo trovavamo (aveva pur sempre prenotato a nome suo). La mattina dopo a colazione, con faccia angelica le dico che non l’abbiamo trovato e siamo andati in un fast food. La signora rimane in silenzio qualche secondo, spera di aver capito male e le leggo in faccia “non si può essere così pirla!”. E’ molto sollevata quando le dico che è una scherzo, ma credo non me l’abbia perdonata.

23-25 luglio – sulla via del ritorno, bentornati in Italia Ci rimane Carcassonne, la città medievale da cartolina, un ultimo giorno di mare, la discesa verso un’afosa Barcellona e poi il ritorno in nave, che è in ritardo. Facciamo il check-in e ce ne andiamo in città a cenare nel nostro bar de tapas preferito. Torniamo che gli altri viaggiatori sono imbufaliti nell’attesa e non si capacitano del nostro occhietto vispo. Miracolosamente, 10 minuti dopo imbarchiamo; sono queste le cose che mi riconciliano con l’esistenza. Confesso che in barba alla retorica del rude motociclista, confrontando i prezzi e considerate le 18 ore di viaggio avevamo optato nientemeno che per una suite matrimoniale. Scelta più che vincente, perché il viaggio di ore ne durerà ben 24.

L’accoglienza in Italia ci riporta alla realtà: a noi passeggeri comunitari fanno compilare un fogliettino (tipo quello per l’immigrazione negli USA: chi sei, da dove vieni, con che mezzo sei qui, dove abiti, cittadinanza. Un fiorino!) e ci fanno aspettare per un’ora tutti ammassati in un salone. Poi il controllo passaporti, (ma non veniamo da un paese Schengen?): un solo poliziotto per tutta la nave, poi un altro controllo di polizia cui consegnare il fogliettino, poi la dogana. Grazie ministro! Io adesso non mi sento più sicuro, visto che dai valichi stradali si può passare carichi di plutonio, in compenso sono molto più …Zzato, ti auguro di essere accolto nello stesso modo di ritorno dai tuoi viaggi. Ah, la nave veniva da Tangeri e ovviamente gli extracomunitari sono scesi dopo, chissà quanto dopo. Sono tutti lavoratori con famiglia che tornano dalle ferie e parlano un buon italiano, ma dovranno aspettare, bisogna fargliela pesare.

Evidentemente con il colpo di fortuna ritardo, tapas, imbarco abbiamo esaurito il nostro bonus. Come ciliegina sulla torta, non segnalata, la Milano-Genova è chiusa fino a Bolzaneto (mi sento sempre più sicuro), così imbocchiamo l’autostrada e, deviazione dopo deviazione… dopo 20 minuti siamo ancora a Genova. Entriamo in casa che sono le 2 di notte.

Da una maggiore conoscenza dei cugini d’oltralpe mi aveva sempre trattenuto la presunta puzza sotto il naso che nutrono verso il resto del mondo e l’ipertrofico nazionalismo associato. Del francese so solo pochi termini, perlopiù enogastronomici. Insomma, l’ignoranza come sempre è cattiva maestra e non l’avevo mai considerata come meta di vacanza estiva. Poi è arrivato il rispetto, innanzitutto rugbystico. Poi l’anno scorso, durante una settimana a Parigi, un cameriere ci ha vantato le meraviglie dell’Aubrac, cuore verde di Francia. A furia di taglia e cuci, nell’Aubrac non ci siamo arrivati (figuriamoci che il progetto originario doveva portarci fino a Bordeaux per poi scendere a Barcellona dai Paesi Baschi), ma è nata lì la scintilla per questo viaggio. Non sono tornato francofilo, ma oltre che essere molto contento della scelta, devo dire che il rispetto per i galletti è aumentato. Chapeau.



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