Su e giù per Fuerte…

Nessuna stagione è off limits per le Canarie!
Scritto da: ginevrina
su e giù per fuerte...
Partenza il: 16/04/2010
Ritorno il: 25/04/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 500 €
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Partenza il 16 aprile 2010, ritorno il 23; partecipanti alla gita io, mio marito e i miei genitori, instancabili viaggiatori. Destinazione: Canarie, in particolare la più desertica dell’arcipelago, Fuerteventura. Viaggio organizzato da me tutto via internet, approfittando del fatto che ryanair aveva da poco inaugurato il volo diretto Pisa/ Fuerteventura.

Quindi volo Ryanair, appartamento prenotato su booking in un residence a Caleta De Fustes, zona ideale come partenza alla scoperta dell’isola, in quanto centrale; e auto prenotata su lastminute all’ agenzia Orlando Canarias, che non ha sportello in aeroporto ma troverete una signora estremamente operativa ad attendervi, la quale con guida sportiva di pulmino vi condurrà al deposito auto dell’agenzia.

Prima di iniziare il resoconto dettagliato della settimana alla scoperta dell’isola, sperando che la nostra esperienza possa servire da spunto per qualcuno che intenda visitare Fuerte, vorrei esprimere qualche impressione generale ed estremamente personale sulla meta, perché in fondo è proprio ciò che ognuno di noi prova di fronte ad un nuovo orizzonte che lo rende un’esperienza unica. Su alcune guide avevo sentito ripetere che Fuerteventura è selvaggia, io la definirei piuttosto desertica, affascinante e brulla, ma i segni dell’uomo sono troppo ingombranti ormai per definirla “selvaggia”. Le zone turistiche sono piacevoli da usare come base ma fuggirei come la peste la vita in villaggio o troppo legata alla base scelta: a Fuerteventura è indispensabile girare, scoprire, vedere, solo così si può capire l’essenza e il fascino di quest’isola, mentre nei luoghi di villeggiatura si rischia di cadere nel turismo “globalizzato” che fa apparire ogni luogo del mondo perfettamente identico ad un altro. Una delle cose che mi ha disarmato è la completa assenza di un piano di sviluppo turistico a rispetto dell’impatto ambientale: i casermoni di cemento abbondano imponenti come mostri moderni, e si digeriscono male, specialmente pensando che le Canarie sono Europa, e non un paese del terzo mondo dove non esiste nessuna regola. Per questo bisogna andare a cercare ciò che ancora esiste di vero, altrimenti in questi paesi turistici “finti” si rischia di dimenticare dove ci troviamo, se a Fuerteventura, a Sharm o in costa Smeralda.

Ma partiamo con la telecronaca del viaggio.

I° GIORNO

Arriviamo a Fuerteventura alle 18.30, il tempo di sbrigare le pratiche per l’auto ed ecco che una bellissima KIA Picanto verde smeraldo ci porta a Caleta de Fustes. D’impatto orrenda questa località diventa più carina man mano che si scopre, mostri di cemento a parte. Nell’intricato labirinto di stradine tutte uguali piene di villaggi e residence ci mettiamo un po’ a trovare la nostra base Puerto beach Castillo e abbiamo il primo impatto con la popolazione, per chiedere informazioni: sono tutti gentilissimi e disponibili, particolare che riscontriamo per tutta la settimana. Ma la reception è chiusa, perché sono ormai le 8 di sera, chiamiamo un numero di riferimento e ho occasione di spolverare un po’ di inglese. Andiamo in un altro albergo dello stesso proprietario dall’altra parte di Caleta e finalmente abbiamo le nostre chiavi. Verso le 10 cerchiamo un ristorante, Caleta è invasa dagli inglesi e da locali su misura per loro, finalmente troviamo una locale quasi spagnolo e mangiamo una paella. Non si spende molto, per noi abituati ai prezzi toscani praticamente è regalato. La paella ad esempio costa 18 euro, ma è per due se non tre persone, non si paga nessun coperto e se per esempio si ordina la carne è compreso nel prezzo un piatto abbondante di contorni. La vita notturna è legata ai pub in cui gli inglesi si riversano ma non fa per noi e ci ritiriamo.

II° GIORNO

Oggi rotta verso nord. Il tempo di comprare un po’ di frutta da HiperDino (supermarket a Caleta) e partiamo, destinazione Corralejo. Il paesaggio è desertico, quasi lunare per qualche km, poi ad un certo punto iniziano delle colate laviche, nere, scoscese, che si riversano verso il mare. Il contrasto di colore tra il nero bruciato dal sole di quelle pietre e il blu dell’oceano, che si prodiga in mille sfaccettature di tonalità specchio del fondale sottostante è una delle immagini più belle che abbia mai visto. Il mare è calmo e cristallino, cosa abbastanza frequente su questa parte dell’isola in questa stagione (ci hanno detto che d’estate, causa alisei, c’è più vento), i toni del blu sono meravigliosi. Proseguiamo, e finite le colate laviche iniziano le dune del parco di Corralejo, un tuffo vero e proprio nel Sahara. La sabbia è chiara e fine, le dune alte, imponenti, intervallate solo da qualche cespuglio spinoso, l’atmosfera è surreale. Verso terra si perdono dune a vista d’occhio, verso mare km di spiaggia candida, bagnata da un mare cristallino e pochissimi frequentatori. Pare che gli inglesi “invasori” dell’isola preferiscano le piscine e i parchi divertimento alla spiagge, che sono quasi tutte prive di attrezzature (libere nel vero senso della parola) e quindi per tutta la nostra permanenza è stato difficile trovare più di 20/30 visitatori a spiaggia, se non addirittura trovarsi talvolta soli.

In circa 45 minuti dalla partenza da Caleta arriviamo a Corralejo. Il primo impatto è nauseante, con due cubi di cemento alla fine delle dune e parchi divertimento alla sin e dx della strada, ma man mano che i spostiamo verso il porticciolo ci rendiamo conto che Corralejo è anche ristorantini caratteristici su un bellissimo golfo e stradine con casette bianche, tipiche delle Canarie. Prendiamo qualche depliant all’ufficio turistico e torniamo al mare, su quelle calette laviche rocciose. In tutto il giorno non vediamo una persona, e sotto un sole intenso ma una temperatura ottimale (28/29° secco e sempre con brezza) prendiamo la prima abbronzatura. L’acqua è piuttosto fredda, ma il bagno è fattibilissimo, anche perché il mare è così bello che invoglia veramente. Noi ci eravamo portati un mutino corto (io sono molto freddolosa e me lo porto in ogni viaggio) e abbiamo fatto dei bei bagni, se poi vi piace lo snorkeling si apre davvero un mondo parallelo ricchissimo, tanto in contrasto col deserto. Vicinissimo alla costa abbiamo avvistato barracuda, razze e pesci veramente di ogni tipo.

Alla sera torniamo alla base e ceniamo in un locale senza infamia né lode di cui non ricordo il nome.

III° GIORNO

Oggi isola di Lobos. Raggiungiamo Corralejo, da dove parte il collegamento, alle 10.00 parte il battello. In fondo al porto di Corralejo ci sono vari chioschi che vendono le escursioni, si trova di tutto, lì acquistiamo il biglietto da un simpatico signore che parla tutte le lingue mischiandole allegramente. In 20 minuti di traversata arriviamo a quest’ isoletta deserta (portatevi tutto per mangiare e bere) e l’appuntamento per il ritorno è fissato per le 16.00. Ci sono sentieri segnati (vietato abbandonarli), tra l’escursione alla Caldera (vulcano) e al faro scegliamo la seconda e partiamo (portatevi delle scarpe adatte a camminare, ne vale veramente la pena faticare un po’). Si cammina per un’ora circa e il paesaggio intorno è spettacolare: sassi neri di ogni dimensione, sabbia e arbusti dai colori spesso sgargianti che sfidano l’aridità e colorano il deserto. Ciò che pare deserto è in realtà pieno di vita, ci sono piantine striscianti rosse, lucertole nere e tracce di conigli in ogni dove. Prima del faro c’è uno stagno parecchio inaspettato in questo ambiente, e il faro merita davvero, perché si trova in alto e c’è una bella vista su Lanzarote. Dalla parte dell’isola da cui siamo partiti il mare era calmo, di qua è molto agitato. Ci riposiamo un po’ e torniamo indietro, all’unica spiaggia raggiungibile, vicino all’attracco. Siamo in 20 persone sull’isola, di certo non ci diamo noia, dunque facciamo un tuffo e aspettiamo l’ora della partenza sotto il sole, sperando che il tempo passi più lentamente possibile.

La sera siamo belli “lessati” dal sole, ed è decisamente il caso di mangiare qualcosa a casa e buttarsi a letto.

IV° GIORNO

Al mattino ci rendiamo subito conto che le condizioni meteo non sono delle migliori, le nuvole sono fitte e l’assenza del vento, in genere costante, fa presagire poche schiarite. In più è freddino, a Fuerte il clima è talmente secco che l’assenza di sole raffredda subito l’aria. Decidiamo di fare un giro verso sud, a Morro Jable. La strada è abbastanza lunga, attraversiamo panorami lunari e località turistiche minori che si alternano lungo la strada. L’impatto con la cittadina non è buono, proviamo a proseguire verso l’estremo sud, al faro, ma la strada è sterrata e con la nostra Kia 16 km di sterrato sono davvero troppo. Ci sono dei bei paesaggi di scogliere a picco sul mare, almeno nel tratto di strada percorsa prima di arrenderci, ma sinceramente non mi hanno entusiasmato. Proviamo una sortita a Morro Jable, giusto per provare a ricrederci, ma è anche peggio. La spiaggia si raggiunge con dei camminamenti per non “sciupare” le dune che la precedono, cosa piuttosto strana visto che a ridosso delle dune c’è una strada a 4 corsie e un agglomerato di cemento tra i più squallidi che io abbia mai visto. Lungo il camminamento ai piedi dei vari mega resort brutti e mostruosi come non mai ci sono molti negozi, le cose vendute sono sempre le stesse, e sulle isole pedonali “pascolano” pappagalli e qualche uccello esotico buttato lì dall’ente del turismo che rende l’atmosfera del luogo ancora più artificiale e finta. C’è un giardino zoologico, ma io li ho banditi in Italia da sempre, figuriamoci se li andrei a visitare in vacanza! Ci allontaniamo disgustati dalla cittadina e sulla via verso nord ci fermiamo per una passeggiata alla Playa di Sotavento. 28 km di spiaggia bellissima, dorata, battuta dal mare. Col cambio della marea le acque invadono parte della spiaggia e si formano delle lagune, talvolta anche abbastanza profonde. Certo il tempo non aiuta, fa freddo, ma dei chiurli buttati sulle lagune e degli scoiattolini che ci inseguono per un po’ di pane ci fanno passare dei piacevoli minuti. Ogni tanto sulla spiaggia si affaccia qualche mostruoso albergo che ti fa quasi immaginare di essere a Rio de Janeiro, ma per il resto la spiaggia ha il suo fascino.

Riprendiamo la via verso casa e ci fermiamo a Ginginamar. Finalmente qualcosa di autentico dopo tante brutture! Il paesino di pescatori sembra essersi fermato a 100 anni fa, con tanto di anziani seduti per le vie, nei cui visi abbronzati, solcati da profonde rughe, si legge una storia fatta di mare, sole e fatica. La spiaggia è nera e ciottolosa, deserta, bellissima, come le case bianche che si affacciano sul golfo, ognuna con la propria personalità ben distinta. C’è un solo ristorantino sulla spiaggia, non ci fermiamo ma sarà per la prossima volta.

Torniamo alla base, ceniamo a casa, e poi facciamo una passeggiata sul lungomare di Caleta, carino tra l’altro, e conosciamo una miriade di gatti che popolano la località.

V° GIORNO

Oggi finalmente un bel sole! Mio marito e mio padre avevano prenotato una battuta di pesca sportiva presso i chioschi al porto di Corralejo (è stato piacevole scoprire che la pesca sportiva è regolamentata da regole molto ferree che VENGONO RISPETTATE), in particolare da Jesus, persona simpaticissima che ricordiamo con piacere; io e mia madre siamo andate a prendere un po’ di sole sulla spiaggia di Caleta, che nonostante sia in una località molto turistica era poco più che deserta.

Al ritorno dalla battuta di pesca, in cui tra l’altro hanno avvistato uno squalo martello di circa 5 metri, esperienza che li ha affascinati, siamo partiti in direzione Pozo Negro. Dopo una strada in mezzo al niente, con capre a dx e sx a dare vita al luogo, si arriva a questo meraviglioso borghetto in bilico nel tempo che fu. La spiaggia di ciottoli neri era tutta per noi, l’acqua cristallina coi suoi frangiflutti era l’unica compagnia in quel luogo il cui silenzio faceva male alle orecchie. Unico segno di vita il ristorante piccolo e rustico sulla spiaggia, Los Pescadores. E lì siamo rimasti ad aspettare le tenebre, tra una paella e i formaggi di capra (io che non mangio pesce ero un po’ fuori luogo ma me la sono cavata, valeva la pena solo per il silenzio).

VI° GIORNO

Alzati di buon ora la nostra meta di oggi è El Cotillo, dall’altra parte dell’isola. Verso nord però ci facciamo tentare ancora una volta dalle calette laviche prima di Corralejo e facciamo un bagno (sia in mare che di sole). El Cotillo è poco lontano da Corralejo, lì il vento e il vero oceano regnano sovrani, sulla piccola spiaggia sottostante la scogliera i surfer la fanno da padroni, il panorama delle scogliere a picco sul mare è suggestivo e forse pure inquietante, il mare in questo luogo deve fare paura. Il paesino è carino, il turismo è sopportabile, ma a mio parere è poco favorevole all’invasione della massa, quindi forse sarà la sua salvezza. Merita una visita ma sinceramente non mi ha entusiasmato più di tanto, probabilmente per un surfista sarebbe il paradiso.

Per la sera torniamo a Corralejo e decidiamo di cenare ad uno dei ristorantini sul golfo e qua mi permetto di consigliare il miglior ristorante che abbiamo incontrato, vale veramente la pena, per il cibo, per la posizione, per il prezzo, per il servizio e per la simpatia di camerieri e staff. Si tratta del ristorante Sotavento, proprio sul mare: la paella era squisita, sia di mare (così mi dicono!)che di terra con carne di capra, gli antipasti deliziosi, perfino il caffè era buono! E non dimenticate il vino di Lanzarote. Il tutto per una cifra che da noi basterebbe per pizza e coca cola.

VII° GIORNO

Oggi gita a Las Playtas, poco lontano da Gran Tarajal, località turistica di poco rilievo, almeno per chi come me odia le selvagge cementificazioni. Las Playtas presenta un paesino molto bello, bianco e curato che si affaccia ad un lato della spiaggia (nera ma poco ciottolosa) e un obbrobrio con campi da golf e giardini stile Babilonia dall’altra parte. Quindi basta mettersi lato paesino e non voltare gli occhi verso il finto giardino dell’ Eden per stare in pace con sé stessi. Lo snorkeling qua è meraviglioso, mai visti tanti pesci tanto vicini a riva, però il mutino è consigliato vivamente se si intende stare più di 5 minuti in acqua. Nel tardo pomeriggio torniamo a Pozo Negro per godere un altro po’ del suo silenzio.

VIII° GIORNO

Nel pomeriggio abbiamo l’aereo, facciamo l’ultimo salto a Corralejo per godere un’ultima volta della vista delle dune e per comprare qualche regalino. La nostra avventura finisce di lì a poco. Consiglio vivamente Fuerteventura per rilassarsi e godere di scenari bellissimi, dimostrando che si può fare una vacanza perfetta o quasi senza 10 ore di volo e in piena libertà.



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