Su e giù 4 giorni a Lisbona di e dintorni
Sistematina rapida e via con la Metro verso il Rossio, la piazza Dom Pedro IV, cuore pulsante di Lisbona insieme a Praca Do Commercio e Praca da Figueira. Prima tappa in uno dei luoghi più caratteristici della città: l’Hard Rock Cafè (!), scherzo, è solo per comprare un regalo che ci hanno commissionato. La pioggia è un pioggione, mentre aspettiamo di prendere il famoso Electrico 28 a Rua De Conceicao, dal cielo viene giù di tutto. Infatti, dopo pochi metri col tram, la linea si interrompe a causa di una piccola frana sui binari al quartiere dell’Alfama: si vede che siamo in vacanza, la cosa non ci dispiace, anzi, ed assistiamo in diretta ai lavori di sgombero delle rotaie.
Dopo un lungo giro, ci fermiamo alla Praca Martin Moniz, attraversiamo la Piazza e praticamente, visto che piove ancora, riprendiamo il tram per la direzione opposta con meta Bairro Alto. Ci fermiamo al Chiado, raggiungiamo il nostro primo mirador (Sao Pedra De Alcantara), poi affamati (toh! che novità..) ci mettiamo alla ricerca del ristorante: che cena al Bota Alta! Sicuramente consigliabile. Il locale è affollato ma è un affollato intonato. A parte il feeling fra Veronica e uno dei camerieri (praticamente 5 volte ha ripetuto che Lei aveva ordinato il piatto migliore, il baccalà alla portoghese – ma era anche il più caro – ed io – povero imbecille sembrava dire – avevo ordinato una schifezza – e in effetti non avrebbe avuto tutti i torti), ci dirigiamo a dare un’occhiata alla famosa Cervezeria De Trindade (affollatissima), poi, abbastanza provati, torniamo al Rossio a prendere il bus che sarà sempre quello che ci porterà all’albergo e cioè il 46, quello-che-si-farà-sempre-aspettare-un-bel-po’.
Il fascino di Lisbona già ci ha colpito girando per i vicoli e per i sali-scendi dei quartieri dell’Alfama e del Bairro Alto (in quest’ultimo c’è vera movida, ma direi è comunque una movida “giusta” e non troppo chiassosa).
Secondo giorno Bentornato sole. Mega colazione, degna di due muratori sovrappeso, nella ghiacciaia dell’albergo, zainetto in spalla e via con il tram 15 dalla Figueira a Belem. Il biglietto del tram è quello che ha validità tre giorni (si possono prendere tram e autobus e conviene se si gira abbastanza. Se volete essere scambiato per un vero portoghese, il biglietto può essere tranquillamente messo dentro il portafoglio: basterà appoggiarlo alla vidimatrice per avere l’ok – la vidimazione del biglietto – che è magnetico – va fatta ogni volta che si sale sul mezzo).
Visita al Mosteiro dos Jeronimos (se ne vede una parte sola) e alla Torre di Belem (visitiamo anche quella vera, non solo quella costruita nel 1960 che io e Veronica scambiamo per quella originale e che si trova esattamente di fronte al Monastero). Jacopo non sale fino in cima, si arrende. Veronica, che ingoia circa 5000 calorie a colazione (ma dove le mette?), indomita, arriva in cima. Il Tago è incredibile, la sua foce per noi è come fosse già l’Oceano talmente è vasta.
Tappa obbligata alla famosa Pasteleria de Belem dove trangugiamo il nostro solito spuntino a base di birra e panini sovradimensionati. Pasticcino finale sublime.
Ritorniamo al centro con il tram 15 con il nostro solito getto di aria condizionata sulla capa, su di nuovo verso l’Alfama e sosta al suggestivo Mirador De Santa Luzia e al vicino chioschetto per una pausa caffè. Ci sentiamo come due Pessoa in un momento di ispirazione poetica. Poi saliamo (e che salita!) verso il Castello di Sao Jorge dove c’è un bellissimo panorama con vista completa della città. Non resisto a fare la foto ad un pavone che sostava in tutta tranquillità sopra un muretto, diciamo che scatto la foto dopo aver aspettato circa un quarto d’ora che facesse la ruota (anche se Veronica continuava a dirmi che il pavone fa la ruota solo quando vede la pavona, secondo me non è vero).
Visto che siamo caricati con Duracell, saliamo anche fino alla Graca, altro panorama e visita all’omonima chiesa. Facciamo 31 (grazie a Lei..) e visitiamo anche il Monastero di San Vincenzo. Comincio a barcollare. All’uscita scopriamo che il famoso mercato Feira De Ladra è appena finito e dunque ci soffermiamo un po’ per le bancarelle che, fortunatamente (ndr), stanno per sbaraccare. Con il tram 28 arriviamo al Chiado per fermarci a prendere da bere al famoso bar brasileira. Fuori dal locale, la statua in bronzo di Pessoa seduto ad un tavolo è ormai il simbolo di questo antico caffè del Chiado. C’è anche una buona scelta di dolci. Qui Veronica si esibisce in uno show degno del miglior Mr. Bean (rovescia il thè tipo 4-5 volte) e poi con il 46 via di nuovo all’albergo per doccione ristoratore.
A cena, dietro (infausto) suggerimento di una coppia di amici, ci rechiamo alle Docas dell’Alcantara in zona porto vicino al Ponte 25 aprile. Già la strada dopo la fermata del tram per arrivarci ci ha messo tensione (abbiamo sbagliato fermata ed abbiamo camminato in una zona portuale buia e deserta), poi comunque il posto non ci colpisce granchè. Il clima finto american-brasileiro che si respira in quei locali colorati e chiassosi non è quello che in quel momento avremmo voluto. Ci manca il Bairro. Con un taxi lo raggiungiamo di nuovo velocemente (praticamente i tassisti lisbonesi sono tutti emuli di Schumacher. Non sono comunque cari come a Roma). Troviamo una deliziosa adega dove mangiamo buon pesce. Altro giretto a curiosare fra i tanti locali del quartiere, l’ora è tarda, stremati, ci trasciniamo con un altro taxi in albergo.
Terzo giorno Solita colazione da camionisti bulgari dopodiché si parte con il treno dalla stazione del Rossio alla volta di Sintra. Durante il tragitto rimaniamo impressionati dai quartieri dormitorio della sconfinata periferia lisbonese. L’arrivo a Sintra segna un paesaggio di “rottura” con il resto del territorio. Zona collinare, molto verde, piccoli villaggi. Sintra è uno di questi villaggi che sembra proprio dimenticato dal tempo. Casette colorate, vicoli con piccoli negozi, edifici con tetti spioventi e guglie tipo castello. Io ho fame, Veronica no e dice di volersi mangiare la mela presa all’albergo però è gentile e mi porta per farmi mangiare in una tavola calda pasticceria molto carina. Ovviamente, la mela rimarrà nello zainetto, due super panini e due dolcetti tipici locali alle mandorle rimarranno nel nostro stomaco. Visitiamo il Palacio de Pena (sembra costruito da Walt Disney) ed aspettiamo il bus stracarico di turisti per rientrare a Sintra. Thè al baretto vicino alla stazione.
Da Sintra prendiamo l’autobus che ci porterà a Cascais sulla costa atlantica. Si arriva in circa mezzora. Io a Cascais arrivo tramortito e con il tallone in fiamme. Cascais è carina, bei negozi, abbastanza raffinata e poi, finalmente, il mare! Scattiamo le solite 20 foto (a me, a lei, a noi, a me in b/n, a lei in b/n con mare, senza mare, ecc). Già che ci siamo ci fermiamo anche a Estoril ma non ci piace molto e già che ci sono provo a perdere 20 euro alle slot del casinò e ci riesco benissimo in pochi minuti! Col treno ritorniamo a Lisbona per cenare al nostro Bairro. La gara di barzellette sul treno fra me e Veronica mi tramortisce ulteriormente. A cena mi riprendo, mangiamo bene alla Taverna Barrigas (non ricordo esattamente il nome ma è proprio a fianco del Bota Alta). La cameriera ci prende in simpatia e, dopo il porto, ci offre un liquore tipico a base di ciliegia. È la gingjia (non so se si scrive così). Io dopo 2 birre, un po’ di porto e la ginjia mi sento un po’ euforico. Il 46 ci porta fino all’albergo. Crolliamo, mi tocca spostare di peso Veronica che come al solito si piazza nel letto completamente di traverso.
Quarto giorno Ultimo giorno sigh! Io mi sveglio bello pimpante, Veronica stravolta. La mattina è dedicata alla visita del quartiere dell’Expo. Bella architettura moderna. Grandi spazi, strutture futuristiche e fontane. E’ anche zona di musei, ristoranti di ogni tipo e sale per spettacoli. Shopping e panino vicino all’Oceanario. Ci viene in mente di ritornare, per goderci l’ultima immagine di Lisbona in santa pace, al Mirador Santa Lucia all’Alfama. Qui infatti rimaniamo in relax seduti al chioschetto bevendo il caffè e osservando la vista sul Tago e sui tetti di quella parte della città. Prendiamo le nostre cose in albergo, un taxi purtroppo ci riporta all’aeroporto, la nostra bella vacanza a Lisbona è finita (ci resta solo il pensiero del buon panino che ci offrirà la Tap..). Veronica ti amo.