Stoccolma, Helsinki, S.Pietroburgo

Giorno 1 – Venerdì 25 Aprile 2008 Milano - Stockholm Tra una lettura e l’altra, tutta presa a capire la pronuncia svedese, passano sotto i miei occhi terre verdi con rari e minuscoli puntini abitati. Il finestrino dell’aereo è cosparso di piccole stelline di ghiaccio e la terra là sotto si infiltra capricciosa tra distese d’acqua....
Scritto da: lau''
stoccolma, helsinki, s.pietroburgo
Partenza il: 25/04/2008
Ritorno il: 03/05/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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Giorno 1 – Venerdì 25 Aprile 2008 Milano – Stockholm Tra una lettura e l’altra, tutta presa a capire la pronuncia svedese, passano sotto i miei occhi terre verdi con rari e minuscoli puntini abitati. Il finestrino dell’aereo è cosparso di piccole stelline di ghiaccio e la terra là sotto si infiltra capricciosa tra distese d’acqua. Verde e blu. Solo il candore delle nuvole rompe a tratti questo profondo abbraccio di elementi. Sento pian piano salire la magia mentre percepisco la discesa dell’aereo. Presto, prestissimo sarò lì, lì in mezzo. Tra terra ed acqua.

Appena fuori da Arlanda c’è il Flybussarna che porta in città. Il driver parla tantissimo in svedese durante il tragitto; sorrido all’idea che possa fare anche da guida turistica con sottofondo di musica folk e allaccio la cintura come quasi tutti i locali fanno. Arrivati in stazione, andiamo alla ricerca dell’albergo e siamo subito travolti da una massa di giovani un po’ serissimi un po’ decisamente folli. Mi sento in dovere di indossare anch’io gli occhiali di H&M che vedo a tantissime ragazze e passare sotto un tunnel di braccia improvvisato da passanti festanti. La ricerca dell’albergo invece si rivela più complessa perché presto ci rendiamo conto che la cartina non rende la particolarità di Stoccolma di essere su più livelli, quindi, se devo girare a destra e non vedo la strada, è possibile che debba cercare qualche scala per scendere o salire. Mollate le valige in albergo (davvero molto bello), iniziamo a pensare alla cena (sono già le 18!!) e a dirigerci verso l’Absolut Iced Bar. Percorriamo Klarabergsgatan che dire somigliante a Corso Buenos Aires è dire poco, con i soliti negozi e gli enormi grandi magazzini Ahléns e NK. Buttiamo un occhio al palazzo delle poste ed uno ai listini dei vari locali. Cerchiamo qualcosa di locale ma almeno per oggi desistiamo: Stockholm è dominata da bar (hanno una vera e propria venerazione per il caffè, soprattutto se in forma di cappuccino che bevono a qualsiasi ora) e ristoranti etnici. Alla fine ci infiliamo in uno un po’ arabeggiante che però sembra preparare il pesce persico, ordiniamo birra locale e ci rilassiamo fino alle 20.50. Usciamo per andare all’Iced e siamo invasi da una luce ancora intensa. L’Iced è costoso ma carino, infilato nel celeberrimo hotel e piccino. All’ingresso si indossano pesanti mantelle con cappuccio di finto-pelo e guanti per riuscire a sopportare 45 minuti ad una temperatura di -5°C. All’interno è tutto di ghiaccio, le pareti, i divani, gli scaffali e perfino i bicchieri. Mi butto su un cocktail ai mirtilli e curaçao che mi fa sentire meno il sapore della vodka. Nonostante questo, devo comunque sorseggiarlo e sciolgo così buona parte del mio bicchiere. Ugo intanto comincia a dare di matto: si nasconde tra le sculture di ghiaccio, mi ruba la fotocamera e mi tempesta di video, .. Come previsto, una volta tornati in albergo, dopo aver esagerato a bere a cena ed essere riuscito inspiegabilmente a farsi un secondo giro di consumazioni gratis all’Iced, Ugo crolla in un profondo e rumoroso sonno. Giorno 2 – Sabato 26 Aprile 2008 Stockholm Sono sveglia da un po’ ma tutti dormono ancora, decido di guardare l’orologio ed Ugo, fintamente dormente, mi segue. Ci guardiamo increduli: sono le 5,30 del mattino e fuori c’è luce come se fossero le 11..

Alle 10 ci si trova in Gustav Adolf Torg per il giro in bus subito seguito da quello in battello. Passiamo la città vecchia di Gamla Stan, la grossa isola di Sodermalm, poi l’isola-parco di Skansen ed infine di nuovo la terraferma verso Ostermalm. Inizialmente attratti dal Vasamuseet, che poi è un mega museo dedicato ad una nave affondata appena dopo il varo, preferiamo dedicarci allo Skansen, che è il più grande museo all’aperto del mondo. Questi svedesi hanno in loro il seme della follia: hanno smontato, trasportato e ricostruito in questo parco tutti gli edifici in grado di descrivere la storia della Svezia. Una storia legata alla natura e agli animali ed infatti, a mia insaputa, erano visibili in loco anche animali autoctoni. Criticando un po’ alcune scelte gestionali, scatto comunque moltissime foto, emozionatissima per il fatto di trovarmi per la prima volta in tutta la mia vita di fronte ad un alce. Ci riavviamo verso l’albergo, nel modernissimo quartiere di Sergel, e scopriamo con sorpresa che i magazzini NK sono ancora aperti. Consigliati perché in stile liberty all’interno, li ho trovati molto Rinascente e quindi, per me, poco degni di nota. Trascorriamo la seratina a Gamla Stan, piccolo gioiellino illuminato da una moltitudine di pub e gente festante. Assaggio una nuova birra, la Mariestads, che qui bevono tutti insieme al vino italiano facendo opinabilissime scelte (Chardonnay del Veneto a 100 sek a bicchiere??). Stasera Ugo viene fatto desistere con la forza dal pronunciare quel tremendo “another one” agitando il boccale. Ciò nonostante dopo 2 minuti sul letto parte il sonno pesantemente rumoroso. C’è chi lo chiama il sonno del giusto. Mah.. Io spero solo di crollare addormentata prima che superi i 70 decibel.

Giorno 3 – Domenica 27 Aprile 2008 Stockholm – Helsinki Stamattina ci dedichiamo ai preparativi del bagaglio e ad uno shopping veloce. Riesco anche a trovare Design Torget, non ci speravo più.. Alle 14 lasciamo l’albergo e ci dirigiamo al porto. Un viaggio a dir poco fantozziano: piegati in due dalla fatica, in fila indiana e rigorosamente a piedi. Un taxi?? Roba da folli. Forse la cartina ci ha dato l’impressione che il porto fosse più vicino o forse ricordavamo i bagagli più leggeri. Sta di fatto che, sudati e in magliettina da bravi svedesi acquisiti, arriviamo ed ora, in questo bar della Viking, in attesa dell’imbarco, cerco invano di connettermi sfruttando una delle dieci reti wireless che mi appaiono ma senza successo. Mi distraggo osservano la gente che aspetta insieme a noi. Sono quasi tutti finlandesi, molti senza bagaglio. Mi perdo cercando di capire cosa siano venuti a fare a Stockholm e per quanto tempo ma la mia mente è un po’ in black-out e i miei ragionamenti diventano presto tortuosi ed inconcludenti. Arrivata a fine giornata, sono colma di emozioni. L’ambiente che si respira in nave è quello delle grandi feste in discoteca. Appena mollati gli ormeggi, i ragazzi escono come funghi e si dirigono verso il duty free shop a comprare 2 o 3 casse di birra. Poi, appena parte la musica, tirano fuori i mini vestitini, il trucco pesante e i capelli appena acconciati. Torno in stanza per prendere la macchina fotografica e in ascensore mi ritrovo faccia a faccia con il classico tipo biondissimo, straubriaco, che inizia a parlarmi a raffica in qualche strano idioma. Riesco giusto a dire “ehm.. Excuse me…” e lui scuote il capo e mi fa “too hard..”. Non capisco bene la logica del posto, sono troppo presa dal mare. Le parole non renderebbero l’immagine di una distesa infinita di isolette, alcune con un paio di casette, alcune troppo piccole anche per quelle, alcune ancora formate da qualche roccia e frequentate sono dagli uccelli. Non basterebbero mille parole per descrivere i banchi di sardine affioranti o gli alberi che lottano con pietra e mare. La nave danza con grazia tra queste piccole terre che sembrano galleggiare e il cielo si illumina di striature bluastre in un modo da mozzare il fiato. La festa qui è appena cominciata ma, si sa, non ho l’età e forse non l’ho mai avuta. Sorseggio la prima birra finlandese sognando una casettina in legno su quell’isolotto tutto alberi, con una barchetta legata ad un piccolo molo di tronchi. Non credo di aver mai assaporato tanto intensamente la pace.. Giorni 4 e 5 – Lunedì 28 e Martedì 29 Aprile 2008 Helsinki La verità è che ieri sera non ce l’ho fatta a scrivere ma è anche vero che dividere queste due giornate avrebbe avuto poco senso. Potrei fare un lungo elenco di ciò che ho visto, forse non poi così lungo visto che due giorni, camminando un po’, possono comunque essere sufficienti per avere una buona idea di Helsinki. Quel che subito colpisce è l’idea che sia una città di passaggio, un “ponte lungo” tra Occidente ed Oriente (con la prima intendo la Svezia e con la seconda la Russia). Insomma la città dei contrasti, tra luterani ed ortodossi, tra il richiamo all’antica Grecia e i nuovissimi quartieri ultramoderni, tra i negozi di design e i mercati (all’aperto e al chiuso). La città delle grandi piazze e delle strade nascoste (e riscaldate) tra gli innumerevoli centri commerciali. Stesso discorso con la gente, più “nordica” degli svedesi ma comunque pronta a travestirsi nei modi più assurdi per l’attesissima festa del 1° maggio. Oggi pomeriggio poi ci siamo concessi una gita a Suomenlinna e.. Meraviglia… Fortificata, abitata da neppure 900 persone, immersa nel verde. Sicuramente più uccelli che persone. Sorseggio la birra prodotta sull’isola facendo dondolare le gambe fino a sfiorare il mare. Il sole è caldissimo e, se non fosse per il vento del nord, potrei togliere anche il maglione. Stasera di nuovo bagagli, il treno domani parte alle 7,20. La stazione per fortuna è proprio qui di fronte, con i suoi mezzi busti forzutissimi (e moooolto sovietici) che tengono in mano sfere di luce. Tantissima musica metal, uomini di affari, venditrici di fragole e musicisti lituani.. Mi concedo una doccia, l’ultima europea, mentre, tra macchinette pulisci-scarpe degli hotel e la scoperta delle qui tanto amate doppie spazzole davanti ai portoni, anche le nostre calzature si liberano della terra accumulata. Certo mi mancherà il verde, la birra ed inseguire le ochette.. Sì, credo che lascerò un piccolo pezzettino di cuore in Scandinavia.

Giorno 6 – Mercoledì 30 Aprile 2008 Helsinki – S. Petersburg Il nostro treno parte alle 7,23 come da programma. Ovviamente, per le fisse di Isa, siamo in stazione già alle 6,45 a prenderci un po’ di freddo che non guasta mai e tempra il fisico. La stazione di Helsinki è un vero ponte per l’Oriente; infatti i treni che partono da qui sono per lo più locali (soprattutto per i pendolari) e poi ci sono un treno al giorno per Mosca e due per S.Pietroburgo. Dunque, un consiglio. Se a colazione vi capita di bere molto (se siete in albergo e la colazione è inclusa è molto facile eccedere) e dovete poi prendere un treno per la Russia, avete due alternative: o evitare di bere così tanto (so che non è facile con tutti quei tè diversi e i succhi di frutta..) o sforzarvi di fare pipì in stazione. In treno potrebbe essere molto difficile e il vostro viaggio trasformarsi in una piccola Odissea. Quanto ai controlli infatti qui non si va per il sottile: una prima volta entrano in scompartimento (rigorosamente senza tendine) per controllare i passaporti e ci danno un foglietto a testa da compilare, poi secondo controllo passaporti o meglio sequestro passaporti, dato che se li portano via e se li tengono per una buona mezz’ora. Poi controllo bagagli. Ovviamente tutto questo via vai di berretti verdi avviene a WC rigorosamente chiusi e dura almeno un’ora, con mia somma disperazione. Intanto il paesaggio sembra cambiare, non certo per le conifere ma per le abitazioni, simili nell’architettura alle vicine finlandesi ma tenute peggio. Vedo un cane randagio, un’assoluta rarità in questo viaggio, ma non potrei valutare da questo, dalla periferia più periferica, non sarebbe oggettivo. Attendo di vedere la città. Intanto sposto l’orologio di un’altra ora in avanti (due rispetto all’Italia) e comincio a sentire il mio pancino che reclama. Bè giusto, se in Italia adesso sono le 10,30, qui sono le 12,30. Lui sì che si adatta facilmente ai cambiamenti! Un tipo ci aspetta in stazione e ci porta in albergo. Sono incredula: un traffico pazzesco di auto di altri tempi, impolverate e spesso ammaccate in più punti, insieme a piccoli pulmini, bianchi o gialli, ridotti peggio di quelli che si vedono in Africa. Tutto intorno però è lo splendore più assoluto: ovunque ci si giri c’è un palazzo grandioso, un ponte elegante, una statua maestosa. Me l’aspettavo architettonicamente più comunista, invece S.Pietroburgo è una città da zar. La gente non parla una parola di inglese e spesso non è facile capirsi quindi andiamo a gesti che poi ci riesce anche meglio dell’inglese. Passeggiamo un po’ per Nevskiy Prospekt, ammiriamo il rito ortodosso nella cattedrale di Kazan, rimaniamo senza parole davanti al “Salvatore sul Sangue”, il tutto accompagnato da ragazzi che suonano divinamente sui ponti e agli angoli delle strade. Ci scappa anche una visitina alla statua di Lenin che credevo molto “turistica” ed invece vedo una famigliola locale che, uno alla volta, lo accarezza prima sulla spalla, poi lo abbraccia e lo accarezza sul naso. Non capisco se si tratti di un rito scaramantico o di vera ammirazione, sta di fatto che il nasino di Lenin è tutto consumato dalle carezze. Mi godo un favoloso tramonto alle 23,00 passate dopo aver gustato una zuppa davvero ottima. Stanotte e per le ormai poche che verranno ho una stanzetta tutta mia. Finalmente silenzio, a parte i suoni non del tutto trascurabili di S.Pietroburgo. L ascio le tende aperte come piace a me..

Giorno 7 – Giovedì 1° Maggio 2008 S. Petersburg La città è in festa, l’esercito tutto schierato per l’arrivo della parata. Data la grandezza urbana, decidiamo di fare un giro turistico in pullman ma solo troppo tardi ci rendiamo conto di aver scelto la giornata meno adatta perché il centro è transennato. In compenso, nell’attesa molto rilassata in puro stile russo, ci godiamo la parata: un’interminabile sfilata di persone in festa accompagnate dalla banda, auto d’epoca stupende, canti, grida e tantissime bandierine rosse del cccp o con falce e martello. Anche questo mi stupisce perché non mi aspettavo tanto rimpianto, anzi. Finalmente il pullman parte e ci rendiamo presto conto di essere gli unici con le cuffiette per ascoltare la spiegazione perché tutti gli altri sono russi e c’è una signora grandissima e bionda che spiega per loro usando il microfono. Per poter capire qualcosa dunque dobbiamo infilare le cuffiette molto in profondità nel canale uditivo (la signora ha una voce proporzionata alla sua stazza ed amplificata dal microfono). Scattare foto dal pullman poi si rivela alquanto divertente perché le vetrate sono adombrate da un deciso strato di sporco e quindi si può ammirare una chiesa di S.Isacco come se fosse immersa nella nebbia. Molto suggestivo.. Ci giriamo i monumenti principali a piedi -leggi: ci ammazziamo per benino- e quindi decidiamo per un abbonamento di 10 corse della metro. 4 linee, poche fermate e distanti dai luoghi di principale interesse. In compenso è bellissima, grandiosa come il resto della città, efficientissima (la frequenza è di circa una corsa ogni 2 minuti e le vetture sfrecciano ad velocità da fare impallidire un pendolino). Mi mette un po’ di ansia il fatto che sia profondissima ma va bè. Per cena andiamo in un ristorantino vicino allo stadio che fa cucina russa tradizionale e mangiamo divinamente e abbondantemente per il corrispettivo di poco più di 10 € a testa, birre incluse (dopo il costo della vita scandinavo, la Russia ci sembra un paradiso economico). All’uscita ci accoglie una folla urlante. Un montenegrino con la nonna italiana ci dice che la squadra locale ha appena vinto 4-0 contro il Bayern. Ne siamo contenti perché loro lo sono moltissimo: girano mezzi nudi per strada urlando e bevendo più del solito. Il problema è che la metro è chiusa per motivi di sicurezza e così ci tocca tornare a casa a piedi. Questo però ci permette di vivere l’entusiasmo generale, la città illuminata da sogno e l’ultimo strascico azzurro del tramonto intorno alle 23,30. Da mozzare il fiato.. Mi sdraio sul letto e d’improvviso la camminata si fa sentire. Crollo da (non troppo) bella addormentata.

Giorno 8 – Venerdì 2 Maggio 2008 S. Petersburg Ultimo giorno pieno. Ce lo siamo tenuto da parte per visitare l’Hermitage e quindi, tutti contenti, siamo davanti ai cancelli ancor prima dell’apertura, fieri, con i fogli della prenotazione online in mano, sogghignando un po’ guardando la folla enorme di gente dietro di noi che deve ancora fare il biglietto. Ma si sa, l’eccessiva felicità suscita invidie e la nostra punizione divina si materializza quando, una volta arrivati alla biglietteria per convertire i voucher in biglietti, la signora alla cassa ci chiede un documento. Molto previdente, Ugo tira fuori il suo passaporto ma la signora vuole il mio perché i biglietti sono a mio nome. Decido per un viaggio in solitario verso l’albergo e ritorno e, vista la distanza, scelgo di prendere la metro. Mi studio le fermate e i cambi mentre a passo spedito percorro mezza Nievskiy. Sono questi i momenti in cui ringrazio di aver preso la maturità classica perché le fermate della metro sono scritte solo in cirillico e, grazie a qualche lettera imparata sul posto e alle varianti russe dei caratteri, me la cavo perfettamente. Il tutto dura un’oretta buona ma alla fine otteniamo i nostri biglietti. Però l’altra cosa che si sa è che le sfighe non arrivano mai da sole e quindi ci tocca aspettare ancora perché non ci sono più audio guide. Ottenute anche queste, finalmente entriamo. Mi fiondo subito al terzo piano e.. Ne valeva davvero la pena. La premessa è che l’Hermitage è architettonicamente stupendo sia all’esterno sia all’interno, enorme, composto da 5 edifici, ormai quasi del tutto neoclassico (so a chi farebbe impazzire, eheh..). E poi va bè, i quadri.. Da perderci una settimana.. Prendete il nome di un grande artista e sicuramente troverete almeno una sua opera all’Hermitage. Mi perdo tra i Monet, i Gauguin e i Matisse, mi salgono le lacrime davanti a Van Gogh.. Faccio un giro tra l’arte francese e quella italiana e rimango incantata davanti ai grandissimi: Leonardo, Pontormo, Tintoretto, Veronese,.. sono tutti qui. Poi entro in una sala con quadri enormi alle pareti e li passo un po’ veloci quando il cuore d’un tratto mi si ferma: il Suonatore di Liuto del Caravaggio. Non so spiegare l’emozione, neppure il diamante più grande del mondo potrebbe farmi provare tanta meraviglia. Sono convinta che l’arte debba essere assaporata per poter essere apprezzata appieno, come quando si lascia che il gelato si sciolga un pochino per gustarlo di più. Per questo motivo non riesco a vedere il primo piano, passo veloce solo la parte dell’Egitto. Ci dedichiamo a ciò che ci manca, la Moschea, la nave Aurora e il museo erotico a cui Isa tiene tanto perché pare sia conservato il membro di Rasputin per l’eccezionalità delle sue dimensioni. La fortuna/sfortuna ce li fa trovare tutti e tre chiusi ma d’altra parte è ora di pappa. Ci ritroviamo tra ucraini in un localino stupendo tra fisarmoniche e canti, cigarillos, fiorellini tra i capelli ed abiti tradizionali. Tanta birra come al solito ma oggi chiudiamo in bellezza con un liquore che proprio non saprei definire ma che sa tantissimo di tabacco. E tanti ringraziamenti epatici..

Giorno 9 – Sabato 3 Maggio 2008 S. Petersburg – Milano Mi ritrovo a girare in solitario il quartiere dell’albergo, a cercare di riordinare un po’ tutte le emozioni di questi giorni. I palazzi sono sempre stupendi ma, rispetto a Nievskiy Prospekt, sono cadenti e le strade non vengono certamente pulite compulsivamente da 3 automezzi alla volta e più volte al giorno come nel grande centro (coma ad Isa piace tanto..). La verità è che appena si gira l’angolo, nonostante questo sia considerato ancora il centro di S.Pietroburgo, si vede la Russia vera, quella dei poveri e dei tantissimi alcolisti. Molte le auto abbandonate, riconoscibili da quelle funzionanti non per le ammaccature (non credo di aver mai visto tante macchine da sfasciacarrozze girare per le strade) ma per la maggiore quantità di polvere depositatavi. Alle 11,30 il tipo che all’andata ci aspettava in stazione ci porta in aeroporto. Superiamo quattro controlli in cui ci controllano in modo maniacale i documenti, ci perquisiscono manualmente ad uno ad uno e ci fanno togliere le scarpe. Facciamo scalo a Copenhagen e, salita sul secondo aereo, comincio a sentire un pezzettino di nostalgia. Tante cose stupende mi aspettano e sento come se una nuova vita sia iniziata. Tanti pensieri mi sono lasciata indietro, li ho disseminati un po’ in giro, come mollichine di pane, lanciate nei canali di Stoccolma, appoggiate sui banchi del mercato di Helsinki, scivolate nella Neva di S.Pietroburgo. Non le ho perse, le ho in parte scambiate. Ho lasciato un pezzettino di emozioni passate e ne ho prese di nuove. Ho respirato un’aria diversa, ho vissuto in 3 fusi orari diversi, ho visto 3 diverse monete. Ho ascoltato, ho respirato qualcosa di distante da me. E forse un po’ ho capito. Forse non tutto dei posti ma certo qualcosina di me.

(per la versione completa e le foto: www.Coccinellerondelette.Spaces.Live.Com)



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