Stati Uniti on the road: West Coast & Route 66
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Essendo solo in quattro, abbiamo scelto di percorrere circa 6000 chilometri noleggiando un’auto per tre settimane. Da casa abbiamo prenotato il viaggio in aereo (tramite agenzia), alcuni alberghi (su internet) e alcune attività che necessitavamo di prenotazione online con largo anticipo.
Il costo totale del viaggio, compresa qualsiasi spesa effettuata nel corso della vacanza, si è aggirato sui 15000€, ma ne è valsa la pena.
Di seguito un breve elenco delle tappe toccate durante il viaggio per i pernottamenti, con a fianco il numero delle notti e le modalità di prenotazione dell’albergo:
SAN FRANCISCO, CA – 4 NOTTI – PRENOTATO DA CASA
MONTEREY, CA – 1 NOTTE – PRENOTATO DA CASA
LOS ANGELES, CA – 4 NOTTI – PRENOTATO DA CASA
LAS VEGAS, NV – 2 NOTTI – PRENOTATO DA CASA
FLAGSTAFF, AZ – 2 NOTTI – PRENOTATO DA CASA
HOLBROOK, AZ – 1 NOTTE – PRENOTATO DA CASA
ALBUQUERQUE, NM – 1 NOTTE – PRENOTATO IL GIORNO PRIMA
SANTA FE, NM – 1 NOTTE – PRENOTATO IL GIORNO PRIMA
AMARILLO, TX – 1 NOTTE – PRENOTATO IL GIORNO PRIMA
JOPLIN, MO – 1 NOTTE – PRENOTATO IL GIORNO PRIMA
ST LOUIS, MO – 1 NOTTE – PRENOTATO IL GIORNO PRIMA
SPRINGFIELD, IL – 1 NOTTE – PRENOTATO DA CASA
CHICAGO, IL – 2 NOTTI – PRENOTATO DA CASA
GIORNO 1 – 28/07
La partenza per San Francisco con il volo American Airlines era inizialmente prevista per le 11.35 dall’aeroporto di Malpensa. Piove a Milano, ma piove anche e soprattutto a Londra, dove avremmo dovuto fare il primo scalo. Volo temporaneamente sospeso, e primo imprevisto della vacanza! Nonostante fossero tantissimi i voli cancellati o ritardati, allo sportello della British Airways ci hanno fortunatamente trovato un volo sostitutivo con Lufthansa, ma che sarebbe partito circa 3 ore dopo il volo prenotato in agenzia mesi e mesi prima. Abbiamo colto al volo l’occasione. Abbiamo quindi fatto uno scalo a Francoforte invece che a Heathrow, per poi arrivare a San Francisco alle ore 22 circa (locali), circa 5 ore dopo rispetto all’arrivo previsto dal volo inizialmente prenotato. Comunque sia, siamo arrivati! Non ci resta altro che ritirare la macchina prenotata e andare in albergo a dormire. Al ritiro della macchina segnaliamo una scarsa efficienza del personale Alamo, caotico nella consegna: non avevano a disposizione la macchina che avevamo richiesto (un SUV) e, dopo una discussione, ci hanno proposto, con sovrapprezzo, un monovolume (Toyota Sienna). Ritirata l’auto, ci siamo accorti di quanto non fosse neppure pulita. È stata di certo una giornata complicata, ma alla fine siamo riusciti ad arrivare sani e salvi all’albergo.
Albergo San Francisco: Travelodge at the Presidio. Economico, pulito, comodo e con un personale davvero unico e disponibilissimo. Insomma, vivamente consigliato.
GIORNO 2 – 29/07
L’intenzione della giornata era quella di fare il giro di San Francisco con il Sightseeing Bus. Non abbiamo più fatto il giro con Hop On Hop Off come era nostra intenzione ma abbiamo seguito, su consiglio del personale dell’albergo, la compagnia Big Bus, che costa qualche dollaro in più ma ha un giro più completo e più lungo. L’Hop On Hop Off fa solo dei pezzi, mentre il Big Bus fa il giro completo. Siamo scesi come prima fermata al Pier 39, il molo maggiormente turistico, dove si trova una sorta centro commerciale all’aperto e dove si possono ammirare i leoni marini, dopodiché ci siamo diretti verso il Fisherman Wharf, il più popolare quartiere di San Francisco. Abbiamo poi proseguito a piedi fino al Pier 45, dove sono ormeggiati la nave da trasporto Jeremiah O’Brien e il sottomarino militare USS Pampanito, la cui visita è tuttavia a pagamento, e dove è possibile entrare gratuitamente al Musée Mécanique, che raccoglie centinaia di giochi meccanici ed elettronici che si potevano trovare nelle sale giochi e nei luna park fino al secolo scorso (e sono tutti ancora funzionanti!). Siamo tornati poi indietro fino al Ferry Building, nei pressi del Pier 1, una vecchia ferrovia trasformata in un mercato al coperto, e abbiamo pranzato al ristorante messicano Mijita (se avete tempo, cercate un ristorante migliore). Dopo pranzo siamo risaliti sul pullman e abbiamo proseguito fino al Golden Gate Bridge e, dopo averlo attraversato in pullman, siamo scesi al capolinea, una fermata situata presso uno spiazzo dove abbiamo potuto fare numerose fotografie al celebre ponte. In tutta San Francisco, e nella zona del Golden Gate Bridge soprattutto, fa costantemente freddo e il vento complica senza dubbio le cose. Il sole è raro da queste parti e la nebbia copre spesso gran parte della città, ponte compreso. Portatevi sempre dietro un abbigliamento pesante! Parentesi chiusa, abbiamo poi ripreso il pullman e siamo scesi alla fermata più vicina all’albergo, quella da cui siamo partiti, nei pressi del Palace of Fine Arts. La fermata così vicina all’albergo è stato un altro dei motivi per cui abbiamo optato per il Big Bus Tour. A cena ci siamo fermati in un diner specializzato in Buffalo Wings vicino all’albergo, in Lombard Street, il Buffalo Original Wings.
GIORNO 3 – 30/07
Stamattina avremmo dovuto noleggiare quattro biciclette per raggiungere la piccola località turistica e portuale di Sausalito, distante circa 13 km dall’albergo, ma il cielo coperto, la nebbia troppo bassa e la temperatura esterna di 14 °C ci hanno convinto a cambiare programma. Abbiamo deciso comunque di raggiungere Sausalito, ma in macchina. Abbiamo fatto un giro per il paese, oggi in parte deserto per colpa della partita pomeridiana della squadra locale (di baseball) dei Giants, e, sempre in mattinata, dopo aver lasciato la macchina di poco lontano dal centro del paese, abbiamo camminato verso il centro del paese, dove ci sono i negozi e un maggior numero di turisti.
Approfittando del piccolo locale 737 Bridgeway – Hamburgers, abbiamo mangiato quello che sarebbe stato a detta di tutti e quattro il miglior hamburger di tutta la vacanza! A pranzo poi ci siamo fermati a mangiare il piatto tipico della città di San Francisco e, in generale, dell’intera zona: il granchio. Abbiamo scelto il risorante Salito’s Crab House & Prime Rib, a buon prezzo e decisamente ottimo. Subito dopo pranzo, abbiamo recuperato la macchina e raggiunto un paese a pochi chilometri da Sausalito, consigliato da una commessa di un negozio di souvenir, di nome Mill Valley. Il paese è molto piccolo, ma carino e tranquillo, e non è sul mare. Ci siamo fermati in un market a comprare un po’ di cibo per la cena della sera stessa. Tornati a San Francisco nel primo pomeriggio, verso le 4, abbiamo percorso i tornanti della famosa Russian Hill per poi dirigerci verso la Coit Tower, torre che svetta sulla collina più alta della città, dove è impossibile trovare parcheggio ma dove c’è una bella vista dell’intera San Francisco, Golden Gate Bridge escluso, utile per fare delle ottime foto panoramiche. Siamo poi “scesi” dalla Coit Tower e, sempre in quella zona, ci siamo diretti verso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, a quell’ora purtroppo già chiusa, dove abbiamo scoperto che ci sarebbe stata una messa in italiano la domenica alle 11.45. Abbiamo infine attraversato in macchina Chinatown e la zona dell’Embarcadero, lasciato la macchina in albergo, percorso a piedi Chestnut Street, via di negozi e locali per ogni età, per poi tornare in albergo e consumare per cena i nostri acquisti del pomeriggio.
GIORNO 4 – 31/07
Questa mattina abbiamo deciso di andare in giro in macchina. Prima abbiamo percorso la Columbus Avenue, la strada famosa anche per i locali una volta frequentati da personalità del movimento Beat Generation. Abbiamo poi preso la macchina e siamo tornati nella zona dell’albergo, e da lì siamo andati in direzione del Golden Gate Park. Dirigendoci verso il parco abbiamo però intravisto un campanile, quello della cattedrale di Sant’Ignazio, che si trova esattamente accanto all’università di San Francisco. Abbiamo quindi virato in quella direzione, abbiamo fatto un giro per il “villaggio universitario” e siamo passati dal BookStore a comprare uno dei tantissimi gadget universitari. Siamo entrati infine nella chiesa di Sant’Ignazio, e abbiamo ripreso la macchina per dirigerci finalmente verso il Golden Gate Park, nella zona del Japanese Tea Garden. Vicino a questo luogo suggestivo abbiamo trovato un chioschetto che vendeva hot dog e ne abbiamo provati due tipi differenti ed entrambi buonissimi: uno newyorkese e uno tipico di San Francisco. Dopo pranzo abbiamo ripreso la macchina e siamo passati per il quartiere Castro, e abbiamo notato che anche in quella zona, come un po’ in tutta la città, dominano le affascinanti abitazioni in stile vittoriano, che costituiscono un altro valido motivo per consigliare di girare San Francisco in macchina. Dopo una breve tappa in albergo per prepararci al tour serale di Alcatraz, abbiamo lasciato la macchina e optato per il pullman (linea 30), per questioni di parcheggio, che ci ha portati vicino al molo da cui partono i traghetti per l’isola. La nave è partita alle 18.30 per il tour giornaliero/notturno (prenotato, circa 3 mesi prima, sul sito http://www.alcatrazcruises.com), consigliatissimo proprio perché nel momento della partenza si può ammirare l’isola con la luce del sole, mentre al ritorno, essendo già buio, abbiamo potuto godere anche della vista di Alcatraz in versione notturna, anche se in parte illuminata artificialmente, con il faro acceso a rendere l’atmosfera ancora più agghiacciante. Il tour è esterno, guidato e in inglese nella prima parte, ma per la maggior parte del tempo è interno, autonomo e con l’audioguida in italiano. Quando siamo tornati indietro siamo andati a cenare al Boudin, famoso panificio di San Francisco nella zona del Fisherman’s Wharf, dove abbiamo ordinato la Crab Cake e una zuppa di granchio. Quanto al cibo, abbiamo insomma provato sia il granchio vero e proprio, sia in versione Crab Cake, sia in versione zuppa calda. Dopo cena ci siamo goduti per un po’ il Fisherman’s Wharf by night, ma alla fine abbiamo ceduto al vento gelido e siamo tornati in albergo sempre col pullman.
GIORNO 5 – 1/08
Stamattina siamo partiti per Carmel, percorrendo per strada anche la celebre Silicon Valley. Attraversando zona di aperta campagna, durante il tragitto ci siamo fermati ad un classico baracchino di una fattoria e abbiamo comprato una cassetta di fragole per spezzare il viaggio. Siamo arrivati in tarda mattinata a Carmel, e abbiamo trovato una temperatura invariata rispetto a San Francisco, con 18 °C e il solito vento freddo. Nel corso della sosta a Carmel abbiamo potuto vedere un altro pezzo di oceano, oltre che una spiaggia immensa con una bellissima sabbia bianca. Abbiamo soltanto “pucciato” i piedi nell’Oceano; a causa dell’acqua gelida è stato decisamente impossibile tentare di fare un bagno. Cittadina per pochi fortunati, con vie molto carine, case molto belle e costose, Carmel ha un centro prevalentemente attraversato da negozi. Abbiamo mangiato all’interno di una galleria di negozi in un posto in cui facevano prodotti salutari californiani, di nome Carmel Belle (è difficile trovare un posto a buon prezzo, ma meglio cercarsene uno migliore di questo). Dopo pranzo siamo partiti alla volta di Monterey, dove avremmo alloggiato per la notte, ma abbiamo prima fatto tappa alla missione di San Carlos, una delle missioni della California, vicino a Carmel. Abbiamo lasciato le valigie in albergo, distante solo cinque minuti di macchina dal centro della città. Siamo quindi andati a fare un giro per il paese, prima in centro e poi verso il molo, chiamato anche qua Fisherman’s Wharf, dove più che una sfilza di negozi abbiamo beccato una sfilza di ristoranti tutti molto simili tra di loro, con prezzi altrettanto simili e medio-alti. Ricalca lo stile del Fisherman’s Wharf di San Francisco, anche se in miniatura. Abbiamo cenato nell’ultimo di questi ristoranti, di nome Rappa’s Seafood Restaurant, e abbiamo mangiato il “Cioppino”, un piatto tipico della zona simile alla nostra zuppa di pesce. Dopo cena abbiamo continuato il giro della città, incrociando anche un gruppo di procioni, ma a causa del solito freddo siamo tornati presto in camera.
Albergo Monterey: Comfort Inn. Pulito e con camere grandi. Ma è pur sempre un motel, ed è stato per noi l’albergo più caro di tutta la vacanza. Cercare una sistemazione più economica per evitare cattive sorprese è vivamente consigliato.
GIORNO 6 – 2/08
Partenza per Los Angeles intorno alle 10. Nella strada da Monterey a Los Angeles, bellissima da fare in macchina, abbiamo potuto ammirare per chilometri e chilometri distese immense di campi e coltivazioni di ogni tipo. A circa 170 km da Monterey abbiamo letto, ad un certo punto, un cartello che diceva: Old San Miguel Mission. Incuriositi abbiamo preso la via di questa missione e siamo arrivati al paese in cui è situata, di nome, appunto, San Miguel. Qui abbiamo trovato una vecchissima e semiabbandonata missione gesuita, un’altra, dopo quella vicino a Carmel, delle missioni californiane. Abbiamo fatto un giro nel minuscolo paese di San Miguel, siamo entrati in un market e abbiamo avuto l’occasione di chiacchierare con il commesso. Gentilissimo, ci ha consigliato di passare anche da un altro paese caratteristico lungo la strada per Los Angeles, ovvero Morro Bay, dove si può ammirare la Morro Rock. Siamo usciti a Morro Bay intorno all’ora di pranzo, intorno alle 14, e abbiamo mangiato sul porticciolo del paese, da dove si può ammirare l’enorme roccia che dà il nome al paese stesso. Abbiamo mangiato al Lil’ Hut Fish & Chips (si consiglia di prendere il Fish Tacos!), una sorta di baracchino sul mare. Dopo pranzo siamo partiti per Los Angeles. Da notare che siamo passati dai 18° di San Francisco ai 40° di San Miguel per poi tornare ai 18° di Morro Bay.
Arrivati a Los Angeles, pressappoco all’ora di cena, abbiamo mangiato, dopo aver depositato le valigie, nel ristorante vicino all’albergo della catena Danny’s, un diner di sola cucina americana con un ottimo e variegato menù.
Albergo Los Angeles: Hampton Inn & Suites/Sherman Oaks. Albergo pulito e, al di là della colazione piazzata nella hall dell’albergo, nulla da criticare sul servizio. L’unico vero problema è stato per la posizione, essendo situato lontano dalle zone centrali della città e in un quartiere tutt’altro che benaugurante. È stata comunque la soluzione più economica che abbiamo trovato, e quindi abbiamo dovuto rimetterci in quanto a posizione favorevole.
GIORNO 7 – 3/08
Per stamattina avevamo prenotato la visita agli Warner Bros Studios (circa 3 mesi prima, sul sito http://vipstudiotour.warnerbros.com/), per il tour delle 10.45. Siamo arrivati un po’ prima e abbiamo potuto fare un giro all’interno del ricco store della Warner Bros e fare qualche foto. Abbiamo cominciato il tour, completo e molto suggestivo, che ci ha portato sia dentro alla “cittadina” costruita apposta per i set cinematografici sia all’interno degli studi veri e propri, al chiuso, oltre che al museo, in cui abbiamo potuto ammirare i costumi originali di film come Batman e Harry Potter. Al termine del tour, intorno alle 13, abbiamo ripreso la macchina, che avevamo lasciato in un parcheggio appositamente riservato ai clienti, e ci siamo spostati verso Hollywood, dove abbiamo parcheggiato all’interno del centro commerciale Hollywood & Highland. Il parcheggio ci è costato 6$ per circa tre ore e mezza di sosta, economico se si conta che eravamo nel pieno della Hollywood Walk of Fame. Abbiamo mangiato all’interno del centro commerciale per ottenere lo sconto sul parcheggio, all’interno di una catena commerciale di nome Johnny Rockets. Dopo pranzo abbiamo innanzitutto fatto un giro all’interno del centro commerciale, dove si possono tra le altre cose vedere le due entrate dell’ex Kodak Theatre, adesso Dolby Theatre, celebre per essere teatro della cerimonia degli Oscar. Lasciando la macchina sempre al parcheggio, abbiamo passeggiato lungo la Hollywood Walk of Fame, in mezzo alle famose stelle dedicate ai personaggi più celebri di Hollywood e in mezzo ai tantissimi shops. È una strada lunga, che abbiamo percorso in parte anche sotto la pioggia. Intorno alle 16.30 siamo tornati indietro a prendere la macchina e ci siamo diretti al Griffith Park, pensando di andare a fare un giro per il parco. In realtà, essendo il parco vastissimo, e cercando casualmente col navigatore sulla voce “attrazioni” del parco, ci siamo diretti verso quello che era definito Griffith Observatory, situato in cima alla collina del parco. Qui abbiamo scoperto una sorta di enorme terrazza sui cui, oltre a esserci l’osservatorio, si gode anche di un’ottima vista della Hollywood Sign, che già avevamo potuto ammirare da lontanissimo all’interno del centro commerciale. Dopo un breve giro all’interno dell’osservatorio siamo tornati alla macchina, che avevamo parcheggiato a pochi metri di distanza dall’osservatorio stesso. Quindi siamo tornati in direzione dell’albergo e, anche stasera, soddisfatti della cena precedente, abbiamo deciso di mangiare alla catena Danny’s. Dopo cena abbiamo preso la macchina per fare una breve tappa agli Universal Studios, ma essendo all’apparenza tutto chiuso ed essendoci da pagare un pedaggio per entrare siamo tornati indietro.
GIORNO 8 – 4/08
La prima cosa che abbiamo fatto al mattino, dopo aver fatto colazione, è stata prendere la macchina, destinazione Beverly Hills. Abbiamo trovato parcheggio nel bel mezzo di Beverly Hills a un ottimo prezzo. L’uscita del parcheggio ci ha “buttati” direttamente in zona Rodeo Drive, la celebre via caratterizzata da numerosi negozi di lusso. Abbiamo percorso a piedi Rodeo Drive e, dopo aver fatto qualche foto, abbiamo fatto un giro per il vicinato e abbiamo raggiunto a piedi la scritta “Beverly Hills”. Dopo le foto di rito vicino alla scritta, intorno alle 13.15 siamo tornati a prendere la macchina. Prima abbiamo tentato di fare un giro in macchina in mezzo alle ville di Beverly Hills e poi, sempre in macchina, abbiamo raggiunto direttamente la spiaggia di Santa Monica, a pochi chilometri da Beverly Hills. Anche qui abbiamo trovato subito parcheggio, essendo la spiaggia vastissima. Ci siamo sistemati nella parte di spiaggia esattamente di fronte al parcheggio. Abbiamo pranzato in spiaggia comprando del cibo da un semplicissimo bar accanto alla spiaggia. Abbiamo passato gran parte del pomeriggio al mare visto il cielo sereno e nonostante l’arietta fresca e il mare mosso, che ci ha impedito di fare il bagno. La spiaggia non era per niente affollata, c’era veramente poca gente e quindi si poteva anche stare tranquilli e godersi il riposo. Verso le 16.30 siamo tornati indietro. Avendo trovato un sacco di traffico e avendo fatto, dopo la doccia, anche la prima lavatrice della vacanza, abbiamo fatto tardi. La soluzione per la cena era ancora una volta a portata di mano: siamo andati nuovamente a mangiare al Danny’s vicino all’albergo e, dopo aver fatto un breve giro in un supermercato in zona, siamo tornati in camera.
GIORNO 9 – 5/08
Al mattino abbiamo optato per una gita in una località a un’oretta di macchina da Los Angeles per raggiungere, da Los Angeles, Long Beach, una cittadina di porto molto carina, dove la principale attrazione è la parte di porto in cui sono attraccati il transatlantico Queen Mary e un piccolo sottomarino sovietico che merita anch’esso una visita. Non essendoci altre soluzioni, per il parcheggio nella zona del porto abbiamo usufruito di quello riservato ai clienti, e abbiamo pagato la cifra esagerata di15$. La visita meno cara della nave costa 25$, è priva di guida in italiano e molto dispersiva, ma la nave è molto bella e il biglietto permetteva di visitare anche il sottomarino, che è stato forse la parte più divertente del tour. Tra viaggio ed escursione alla fine è andata via tutta la mattina. Ci siamo infine diretti verso il centro della vita cittadina e, dopo aver parcheggiato e aver fatto una breve passeggiata, ci siamo fermati a mangiare in un ristorante greco consigliato dalla guida, a buon prezzo e molto buono (personalmente uno dei più buoni di tutta la vacanza!), di nome George’s Greek Café. Dopo pranzo abbiamo fatto una passeggiata nei dintorni e abbiamo ripreso la macchina.
Nel primo pomeriggio ci siamo diretti, essendo sulla via del ritorno, verso la downtown di Los Angeles. Abbiamo lasciato la macchina nel cuore della downtown, vicino al Walt Disney Concert Hall, pagando 9$. Qui abbiamo fatto un giro molto breve, anche se la zona è molto estesa (soprattutto se si confronta con Hollywood!) e le distanze sono quindi molto più accentuate. Abbiamo visto tre cose in croce e abbiamo fatto praticamente quattro chilometri a piedi! Da qui si può scorgere facilmente anche il palazzo del Los Angeles Times. Ci siamo prima diretti verso la cattedrale di Nostra Signora degli Angeli e poi, dalla parte opposta della via e della Walt Disney Concert Hall. Lungo la strada abbiamo visitato la libreria della città e il centro finanziario. Nel tardo pomeriggio siamo tornati in albergo e, nel traffico di Los Angeles, abbiamo impiegato parecchio tempo a tornare in albergo. Tempo per una seconda lavatrice e poi di nuovo a cena, per la quarta volta in quattro giorni, al Danny’s, anche se stasera abbiamo mangiato solo un milkshake e una cheesecake.
GIORNO 10 – 6/08
Al mattino, subito dopo colazione, abbiamo lasciato Los Angeles e siamo partiti per Las Vegas. Inizialmente nel navigatore abbiamo messo Barstow, a circa due ore e mezza di macchina, a metà strada, come riferimento e come prima destinazione. Abbiamo percorso un primo tratto di autostrada e, all’altezza di Victorville, abbiamo incontrato un cartello che ci invitava ad uscire per percorrere un tratto della Route 66[1], e l’abbiamo seguito. A Victorville il riferimento principale è costituito proprio dal museo della Route 66, che tra l’altro era chiuso. Da qui si cominciano ad intravedere i cartelli e i segni del celebre “stemma” Route 66. Dopo, per far sì che il navigatore non ci riconducesse sull’autostrada, abbiamo impostato di evitare le autostrade, in modo che il navigatore ci consigliasse automaticamente di proseguire seguendo l’unica strada rimasta, ovvero la Route 66, che abbiamo quindi percorso per un lungo tratto. Vi consigliamo di farlo perché è davvero unica: un paesaggio quasi da Terzo Mondo, con baracche, fattorie abbandonate, praticamente il nulla fino a Barstow. Siamo arrivati a Barstow per l’ora di pranzo e abbiamo deciso di mangiare lì, in un ristorante messicano di nome Rosita’s, molto buono e con menù molto convenienti, con piatti a scelta o a buffet, entrambi a soli 6.99$.
Ripartendo per Las Vegas ci siamo accorti che togliendo l’impostazione “evita autostrade” la differenza di chilometri rimasti per raggiunere Las Vegas diminuiva tantissimo: evitando le autostrade, e percorrendo quindi la Route 66, avremmo avuto altre quattro ore e mezza di viaggio, mentre solo due ore e mezza nel caso avessimo fatto l’autostrada. Consigliamo sempre di confrontare la distanza tra il percorso in autostrada e quello attraverso la Route 66. Se la differenza è minima consigliamo di fare la Route (ne vale la pena!), altrimenti, se c’è una simile differenza, è chiaro che sarebbe stupido non proseguire seguendo l’autostrada.
Nel pomeriggio abbiamo fatto una tirata unica fino a Las Vegas. Anche dall’autostrada, lo sottolineiamo, si possono ammirare gli scorci di deserto e i monti del Nevada. Arrivati a Las Vegas, dopo aver sistemato i bagagli in albergo, abbiamo fatto l’errore di aver voluto subito fare un giro della città. L’albergo era in posizione centrale, e ciò può trarre in inganno, perché si è subito tentati di visitare la Las Vegas illuminata del tardo pomeriggio e sera. Alla fine abbiamo finito per girare per un sacco di tempo con 35° e forse anche di più, con un afa tremenda, ed è stancante. Già alla prima sera ci siamo praticamente girati Las Vegas, dato che da visitare c’è davvero poco. Si consiglia, col senno di poi, di dare prima un’occhiata alla zona, più che altro per capire dove ci si trova. Questo anche perché a Las Vegas, ad esempio, è difficile fare colazione o mangiare in modo comodo. Noi abbiamo trovato un albergo costituito da “mini appartamenti”, quindi sarebbe stato comodo trovare qualcosa da mangiare per cena e per colazione al supermercato, per poi consumare il tutto, con calma, in camera. Abbiamo scoperto, tra l’altro, che il supermercato era proprio dietro l’albergo. Oggi invece ci siamo fregati da soli andando a mangiare la pizza (per niente buona!) dentro un centro commerciale, proprio perché non sapevamo più dove andare a parare. Va detto comunque che questo commerciale, vicino all’albergo (che è in zona Bellagio e Cesar Palace), è molto particolare e godibile (per passeggiare e non per mangiare, si è capito). Si consiglia insomma di dare un’occhiata in giro, fare magari un po’ di spesa per i pasti e per la colazione, che nel nostro albergo non era compresa. Nel supermercato vendono cose a bassissimo prezzo e molto più buone rispetto a bar e coffees costosi come Starbucks.
Dopo cena siamo infine tornati in camera decisamente stanchi.
Albergo Las Vegas: The Carriage House. Albergo con mini appartamenti, si è rivelato essere un’ottima scelta. Buonissima posizione, non è un albergo adatto a chi vuole pernottare in uno dei celebri hotel di Las Vegas, come possono essere il Caesar Palace e il Bellagio, ma, piuttosto, a chi preferisce un’atmosfera più tranquilla leggermente al di fuori del caos cittadino.
GIORNO 11 – 7/08
Stamattina avevamo già in programma di andare a visitare la diga di Hoover. Siamo partiti con calma, intorno alle 10, anche perché non è stata un’escursione lunga. Teoricamente i costi dell’escursione sono: 15$ il tour della diga e 10$ il parcheggio riservato ai clienti. Tuttavia, una volta arrivati lì, a circa 40/50 minuti di macchina da Las Vegas, abbiamo notato che c’era un percorso, una passeggiata libera e gratuita dotata di diverse balconate, che permette di vedere la diga dall’alto, sia da una parte che dall’altra, con la possibilità di scattare bellissime fotografie grazie all’ottima panoramica offerta. Oltretutto abbiamo lasciato parcheggiata la macchina proprio all’inizio di questo percorso e, anche se solo per una mezz’ora scarsa (visti i 37/38°) di sosta, non abbiamo pagato nulla. Diciamo insomma che questa passeggiata permette di vedere la diga senza dover pagare per un tour guidato, che ti permette sì di vedere la diga da molteplici angolazioni, ma si sofferma soprattutto sulla storia della sua costruzione. Abbiamo poi ripreso la macchina e, non avendo fatto tardi nella nostra tabella di marcia, ci siamo fermati in un punto panoramico davvero molto bello, indicato da alcune segnalazioni sulla strada, che permetteva di osservare il paesaggio dominato dal vicino Lake Mead. Siamo comunque riusciti a tornare per l’ora di pranzo, e a tal proposito ci siamo diretti nella downtown di Las Vegas, per mangiare all’Heart Attack Grill (per farsi un’idea conviene visitare il sito http://www.heartattackgrill.com), un ristorante particolare che fa maxi hamburger, molto folkloristico ma da provare se si vuole assaggiare anche un pizzico di spirito americano. Dopo pranzo, avendo bruciato tutta Las Vegas il giorno precedente, siamo andati in albergo, abbiamo riposato e ci siamo fatti una doccia. Nel tardo pomeriggio siamo andati a far la spesa per la cena e per la colazione del giorno dopo, ed è in quest’occasione che abbiamo scoperto il supermercato conveniente vicino all’albergo. Successivamente siamo prima passati in macchina dal Venetian per fare qualche foto, e siamo poi rientrati in albergo, dato che per cena avevamo acquistato del cibo al market. Dopo cena siamo usciti di nuovo a passeggiare per le vie di Las Vegas, e siamo arrivati di nuovo, ma stavolta a piedi, fino al Venetian. Ci siamo tolti lo sfizio di provare una slot machine, e siamo infine tornati indietro, visto che anche di sera fa un caldo notevole e passeggiare nel bel mezzo della folla cittadina è davvero difficile.
GIORNO 12 – 8/08
Stamattina siamo partiti alla volta di Flagstaff, dove avremmo pernottato per i successivi tre giorni. Sul navigatore abbiamo tuttavia impostato, come prima destinazione, la cittadina di Kingman, a metà strada tra Las Vegas e Flagstaff. Dopo le ormai consuete ore di macchina, siamo arrivati a Kingman per l’ora di pranzo e ne abbiamo approfittato per mangiare un’ottima carne al ristorante Dambar & Steak House. Al pomeriggio abbiamo invece impostato come destinazione Williams, un paese piccolo ma molto carino a pochi chilometri da Flagstaff, e abbiamo fatto un giro per la via principale del paese, dove ci sono parecchi negozi e qualche locale con musica live. Intorno alle 18 siamo ripartiti in direzione Flagstaff e siamo arrivati per l’ora di cena. Ci siamo prima sistemati in albergo, che è a circa dieci minuti di macchina dal centro della città e, prima di uscire per la cena, abbiamo recuperato sul bancone della reception quattro pass gratuiti per un “concertino” country in un locale vicino all’albergo, il Museum Club. Ci siamo incamminati verso il locale intorno alle 20, ora di inizio del concerto, con l’intenzione di mangiare ascoltando della buona musica. Peccato che, arrivati lì, abbiamo scoperto che mio fratello, diciottenne, non sarebbe potuto entrare insieme a noi, perché minorenne. Abbiamo allora deciso di andare prima a mangiare in un ristorante a buffet della catena Sizzler, non lontano dall’albergo, per poi rientrare nel locale country verso le 21.30 ed ascoltare, bevendo una birra, un pezzetto di concerto (nel frattempo mio fratello era rientrato in albergo per un bagno serale in piscina).
Una piccola nota “raccolta” nel corso della giornata: quanto alla Route 66, abbiamo capito che percorrerla interamente, per lunghezza e tempistiche, è praticamente impossibile. Il tratto, che avremmo voluto attraversare in giornata, tra Topock e Kingman, è quello più lungo dell’intera Route, ma è allo stesso tempo anche quello più dispendioso dal punto di vista del tempo. Attraversare quel tratto avrebbe voluto dire passare almeno due ore in più in macchina rispetto a quante ne avremmo trascorse percorrendo il tratto autostradale. Da questo momento in poi abbiamo cercato di procedere in questo modo: uscire dall’autostrada nel momento in cui ci si trova davanti a cartelli che indicano varie uscite in direzione di brevi tratti della Route 66 che ci interessano, dando sempre un occhio, tramite la piantina, alla lunghezza del tratto in questione e al tempo necessario per percorrerlo. Ci sono degli appositi cartelli che indicano i tratti di Route 66, quindi se si tiene più di un occhio sulla strada non ci si può sbagliare. In questo modo si ha la possibilità di fare meno chilometri, ma allo stesso tempo di godersi arbitrariamente una parte della storica Mother Road americana.
Una curiosità: nel passaggio tra lo stato del Nevada e quello dell’Arizona si passa, a differenza di come si potrebbe immaginare, da un paesaggio prevalentemente desertico ad uno quasi esclusivamente “verde”, in cui la zona del Canyon rappresentata un’eccezione piuttosto che la regola.
Albergo Flagstaff: Days Inn & Suites East Flagstaff.
GIORNO 13 – 9/08
Stamattina siamo partiti subito dopo colazione in direzione del parco nazionale del Grand Canyon. Per arrivarci, da Flagstaff, ci è voluta un’ora e mezza di macchina. Una volta arrivati al Grand Canyon, prima di entrare dentro al parco, si deve passare un piccolo “casello”, pagando il pedaggio di circa 25$ che consente di posteggiare la macchina e avere accesso al parco per tutto il giorno. Una volta entrati nel parco abbiamo innanzitutto parcheggiato la macchina accanto al visitor center e, come prima cosa, abbiamo percorso il sentiero più frequentato dai turisti, il Rim Trail, un tratto del quale si trova proprio a fianco del visitor center. Ne abbiamo percorso solo un breve tratto per due motivi: è lungo 19 km, nonostante abbia comunque tre linee diverse di pullman gratuiti che portano da una parte all’altra del Rim Trail, e ha un paesaggio che si presenta abbastanza simile lungo tutto il percorso. Abbiamo terminato la passeggiata pressappoco all’ora di pranzo, ora in cui ci siamo diretti in direzione della Desert View Drive, percorso che si dirige dalla parte opposta rispetto alla Rim Trail, proprio sulla strada verso Flagstaff. Dopo aver mangiato un sandwich in un piccolo market sulla strada, siamo quindi partiti per percorrere la Desert View Drive. È una strada caratterizzata da “tappe panoramiche” con vista Canyon, che si percorre in circa 35/40 minuti di macchina escluse le varie soste. Il punto d’arrivo è stato per noi il Desert View Visitor Center. Da lì abbiamo percorso la strada più veloce per tornare a Flagstaff, ovvero la W 89, che consigliamo di scegliere anche perché attraversa tutto il paesaggio del Canyon e regala a sua volta dei paesaggi notevoli. Arrivati a Flagstaff nel tardo pomeriggio, abbiamo avuto modo di fare un breve giro della cittadina, più che altro in macchina, giusto per farci un’idea. Abbiamo infatti deciso di trascorrere, il giorno successivo, mezza giornata in più a Flagstaff, proprio per visitare la cittadina, che merita di essere girata con calma. Abbiamo infine cenato in un ristorante italiano a metà strada tra la downtown di Flagstaff e l’albergo, il Fat Olive, mangiando una pizza cara (12$) ma di ottimo livello. Siamo poi tornati in albergo abbastanza presto per recuperare energie in vista della giornata successiva.
Una breve nota in chiusura di giornata: come si è detto, abbiamo alloggiato a Flagstaff per due notti. Per accedere al Canyon, tuttavia, siamo dovuti tornare verso Williams, dove eravamo stati il giorno precedente, per poi prendere la strada verso il Canyon, e infine percorrere “da sinistra verso destra” il percorso del parco. Col senno di poi abbiamo capito come forse convenisse passare una prima notte a Williams, partire per il Grand Canyon il mattino successivo, fare sempre la strada del parco “da sinistra verso destra”, per arrivare infine a Flagstaff nel tardo pomeriggio e passare qui una singola notte. Il consiglio è quindi di trascorrere una prima notte a Williams e una seconda notte a Flagstaff. Se invece si vogliono fare comunque due notti a Flagstaff conviene a questo punto percorrere prima la Desert View Drive e dopo la Rim Trail, per non allungare ulteriormente le ore di macchina. Giustamente ci si chiede? Perché noi abbiamo prenotato un albergo a Flagstaff per due notti? La risposta è semplice: le guide consideravano Flagstaff come punto più vicino e comodo sulla strada verso il parco nazionale del Grand Canyon. Ora, sicuramente è la città più grossa nei dintorni del Canyon, ma è anche vero che ci sono anche altri paesi più vicini al Canyon, tra cui appunto Williams, altrettanto comodi. È inoltre da ricordare, e forse anche questo ha influito, come la quasi totalità delle guide consideri il viaggio lungo la Route 66 come un percorso che parte da Chicago per arrivare a Santa Monica, l’esatto contrario del nostro itinerario.
GIORNO 14 – 10/08
Stamattina abbiamo ripreso il “cammino” verso la tappa successiva del nostro viaggio soltanto intorno alle 12. Abbiamo infatti trascorso buona parte della mattinata a Flagstaff tra spesa al market, ulteriore visita della cittadina (con tappa alla Northern Arizona University) e breve sosta in un negozio di souvenir con cappelli e indumenti da cowboy. La destinazione finale della giornata sarebbe stata Holbrook, paesino dove avremmo anche pernottato, ma prima non sono ovviamente mancate tappe intermedie lungo la Route 66. La prima tappa è stata, in tarda mattinata, la città fantasma di Two Guns (inutile dire, a tal proposito, quanto minimo sia il tempo necessario per visitarla). Successivamente, dopo qualche foto, abbiamo proseguito la Route 66 in direzione del Meteor Crater, un immenso cratere meteoritico, arrivando nel luogo intorno alle 13. Il parcheggio del centro turistico costruito attorno al Meteor Crater è gratuito, anche se il pass per la visita al cratere costa ben 18$ per gli adulti, comprendendo un tour storico in inglese, una terrazza panoramica dove poter scattare foto, un museo, un filmato e un piccolo negozio. Abbiamo terminato il tour intorno alle 15, e abbiamo poi mangiato il cibo acquistato al supermercato di Flagstaff poche ore prima. Dopodiché, nonostante avessimo impostato Holbrook come destinazione sul navigatore, abbiamo comunque programmato ulteriori tappe lungo la strada, non essendo il percorso previsto oggi eccessivamente lungo.
Nel pomeriggio ci siamo fermati prima a Winslow, una cittadina quasi disabitata con solo un paio di negozietti della Route 66 e niente di più (essendo domenica era anche tutto chiuso), e poi siamo passati da San Joseph, altro paesino dove c’è poco o niente da visitare, tanto che l’abbiamo attraversato senza neppure scendere dalla macchina. Nel tardo pomeriggio siamo finalmente arrivati a Holbrook e ci siamo sistemati in una delle capanne del Wigwam Motel, unica attrazione del paese e una delle più celebri di tutta la Route 66. È decisamente un’esperienza da provare, anche se è necessario un minimo di capacità di adattamento alla condizione del motel. Per cena ci siamo fermati a mangiare ad un paio di chilometri dall’albergo, al McDonald’s, evitare rischi nel tentare un ristorante di Holbrook. Come paese, ripeto, offre poco o nulla. A fine giornata abbiamo prenotato l’albergo per Albuquerque, il primo al di fuori di quelli già prenotati da casa.
Albergo Holbrook: Wigwam Motel.
GIORNO 15 – 11/08
Siamo partiti da Holbrook stamattina, dopo aver fatto colazione al market davanti al motel, dopodiché ci siamo rimessi in viaggio riprendendo la Route 66. Abbiamo impostato come prima e unica tappa Gallup, che è forse il paesino più grande tra Holbrook ed Albuquerque, la nostra successiva destinazione. Ci siamo fermati a Gallup poco prima di pranzo, in modo da poter fare un breve giro del paese, interessante unicamente per i numerosissimi negozi che vendono prodotti in stile navajo. È una città un po’ vuota, carina sì, ma particolare soltanto per i vari negozietti. Abbiamo poi trovato, su consiglio della commessa di un negozio, un diner in cui mangiare, l’Eagle Cafe, una vecchia struttura rifatta da poco, dove tra l’altro abbiamo mangiato molto bene. Dopo la sosta ci siamo rimessi per strada, in direzione Albuquerque. L’intenzione era quella di fare ulteriori tappe, ma sia a causa dell’orario (appena entrati in New Mexico abbiamo dovuto portare avanti l’orologio di un’ora, a nostra insaputa) sia perché non c’erano paesini consigliati in quel tragitto, abbiamo continuato verso Albuquerque senza fermarci. Siamo usciti solo una volta a Correo, con l’idea di percorrere un pezzo di Route 66 segnato sulla cartina, ma siamo poi tornati a prendere l’autostrada quasi subito, dopo aver percorso un primo tratto praticamente nel nulla e dopo aver incontrato, già nei pressi del primo paesino, una “coda” eccessiva e tanti semafori. Non valeva insomma la pena di ritardare l’arrivo ad Albuquerque per questo tratto di Route 66. Siamo quindi rientrati in autostrada e abbiamo proseguito definitivamente fino ad Albuquerque. Per il pernottamento ad Albuquerque, abbiamo prenotato ieri sera mentre eravamo al McDonald’s. L’albergo dista qualche chilometro dal centro, ma in dieci minuti di macchina si arriva tranquillamente in città. Siamo arrivati nel tardo pomeriggio avendo paura di non aver abbastanza tempo per visitare Albuquerque. In realtà, la prima cosa che abbiamo fatto è stata vedere l’old town, la città vecchia, tanto piccola quanto carina, dove si possono intravedere l’architettura navajo, caratterizzata da edifici che riprendono gli antichi pueblos. Carina sì, peccato che tutti i locali e i negozi fossero chiusi, probabilmente perché era lunedì, probabilmente perché siamo arrivati in città alle 18 del pomeriggio, probabilmente perché non avevano voglia di lavorare, non abbiamo capito. Fatto sta che ad Albuquerque regnava il silenzio, non c’era quasi nessuno, e non sto esagerando. Tuttavia, se la old town ci sembrava deserta, quando siamo arrivati alla downtown, il centro della città, anche quelle poche persone che potevano esserci nella città vecchia sono qui definitivamente sparite. Non c’era anima viva in giro, ed era tutto chiuso. Abbiamo fatto fatica anche a trovare un ristorante, e alla fine siamo andati a mangiare in una pizzeria di nome Farina, dove comunque abbiamo mangiato bene. Era l’unico posto abbastanza affollato della zona, e il resto la città, come abbiamo anticipato, ha davvero poco da offrire dal punto di vista turistico. Molto probabilmente, al di là delle ipotesi di prima, la città di Albuquerque è una sorta di “crocevia lavorativo”: la gente abita lontano, in periferia, e va in città durante il giorno per lavorare, e torna poi a casa alla sera lasciando la città deserta e disabitata. A fine giornata, una volta rientrati in albergo, abbiamo infine prenotato l’albergo per Santa Fe.
Albergo Albuquerque: Hawthorn Suites by Wyndham. Ottima scelta. Colazione e parcheggio compresi.
GIORNO 16 – 12/08
Stamattina siamo partiti da Albuquerque al solito orario, intorno alle 10, per raggiungere la città di Santa Fe. Per farlo abbiamo però dovuto deviare, come previsto, verso nord rispetto all’autostrada percorsa finora, l’Interstate 40, prendendo quindi l’Interstate 25. Santa Fe, che dista all’incirca un’ora da Albuqueruqe, si può raggiungere anche seguendo un vecchio tratto di Route 66. Noi abbiamo impiegato circa un’ora e mezza per arrivare a destinazione, facendo un paio di deviazioni, che tuttavia si sono rivelati essere dei tentativi abbastanza inutili di seguire la Route 66, che in questo tratto offre poche indicazioni e cartelli, oltre che poco su cui soffermarsi. Ci sono infatti tratti di Route 66 decisamente più belli e più “segnati”, mentre qua c’è davvero poca roba. Sarebbe quindi convenuto, col senno di poi, percorrere unicamente l’autostrada. Siamo arrivati a Santa Fe tentando di deviare per Bernalillo e Algodones, ma abbiamo appunto allungato abbastanza inutilmente la strada verso Santa Fe, anche se bisogna ammettere che il paesaggio che circonda queste strade è sempre magnifico. Siamo arrivati in città intorno alle 12, e abbiamo impiegato un po’ di tempo per la sistemazione nell’albergo prenotato il giorno precedente, Las Palomas. Ci hanno addirittura permesso di scegliere tra due camere, o meglio, tra due appartamenti. Ci è voluto un po’ di tempo è vero, ma ci hanno ricambiato offrendoci un ottimo cappuccino, che dopo due settimane negli Stati Uniti è stato come manna dal cielo. Tra le due camere viste c’era la differenza di 30/40 $, ma una era il doppio dell’altra: un appartamento enorme, per sei persone, con tre camere, sei posti letti, due bagni. Di certo un po’ dispendioso (anche se il rapporto qualità/prezzo rimane assolutamente conveniente), ma se si vuole trascorrere una notte in un ambiente un po’ “diverso” e spazioso non è affatto male. Nel primo pomeriggio, intorno alle 14 (una nota: a quest’ora molti ristoranti sono chiusi!), siamo andati a mangiare al Cowgirl BBQ, ristorante con ottimi piatti di carne, anche questo da consigliare. Dopo pranzo ci siamo spostati subito verso il centro della vita cittadina, The Plaza, dove ci sono negozi, chiese molto belle (ma ovviamente chiuse), tutto, come ad Albuquerque, nel fantastico stile degli antichi pueblos. Come ad Albuquerque poi, anche qui ristoranti, chiese e negozi hanno orari di apertura e chiusura davvero discutibili. Passeggiando tra la piazza, in cui tra l’altro suonava una band country, e le vie circostanti abbiamo fatto le 18. Ci siamo infine diretti verso la Canyon Road, la celebre via attraversata da numerose gallerie d’arte, ma anche qui, visto l’orario, abbiamo trovato tutto chiuso. Verso l’ora di cena siamo tornati in albergo, ci siamo sistemati un attimo e poi intorno alle 20 siamo nuovamente usciti per comprare, al supermercato Whole Foods, qualcosa da mangiare nel “salotto” del nostro appartamento. Prima di andare a dormire abbiamo infine prenotato l’albergo per Amarillo.
Albergo Santa Fe: Las Palomas. Molto vicino al centro della città.
GIORNO 17 – 13/08
Stamattina ci siamo goduti la camera di Santa Fe, svegliandoci alle alle 9.30 e partendo dall’albergo di Santa Fe intorno alle 11.30. Prima di riprendere la strada per la destinazione di giornata, Amarillo, in Texas, ci siamo spostati in una zona di Santa Fe che non avevamo visto il giorno precedente, quella dell’Opera House, di qualche chilometro fuori città, a circa un quarto d’ora di macchina dall’albergo. Ci siamo avvicinati all’immenso teatro, che abbiamo ovviamente potuto ammirare soltanto da fuori. Dopo una breve sosta abbiamo ripreso la strada e ci siamo diretti verso Amarillo. Abbiamo dapprima seguito l’Interstate 25 fino all’uscita di Romeroville, per poi dirigersi verso sud, seguendo l’U.S. 84, il cui tratto fino all’Interstate coincide con la Route 66. Passando anche per Dilia, siamo infine arrivati a riprendere l’Interstate 40. Contando che abbiamo lasciato l’Opera House intorno alle 12/12.15, siamo arrivati alla prima tappa del nostro viaggio verso Amarillo, cioè Santa Rosa, intorno alle 14. Abbiamo fatto un giro della cittadina soltanto in macchina, fermandoci esclusivamente alle rovine della cappella di Santa Rosa. Tornando a riprendere l’autostrada ci siamo fermati a prendere qualcosa da mangiare in una catena chiamata Allsup’s, che oltre ad essere un piccolo supermercato vende anche cibo già pronto a prezzi stracciati (abbiamo speso 20$ in quattro prendendo più di una cosa a testa, oltre ad un fiaschetto di whiskey, e l’hamburger costa 2$!). Siamo ripartiti poco dopo aver mangiato, su un tavolino vicino al supermercato, riprendendo l’autostrada e uscendo solo all’altezza di Tucumcari. Anche in questo caso ci siamo fermati solo un attimo per scattare una foto ad uno scorcio suggestivo di Route 66. L’ultima tappa prima di arrivare Amarillo è stata ad Adrian, un paese consigliatoci da una coppia di ragazzi che abbiamo incontrato a Santa Fe, che ha la particolarità di essere il punto che divide in due esatte metà la Route 66, il Mid Point, che dista 1139 miglia sia da Chicago sia da Santa Monica. Dopo le foto di rito siamo ripartiti con destinazione finale Amarillo. Da notare come, appena entrati in Texas, il fuso sia nuovamente cambiato, quindi abbiamo nuovamente ritardato sulla tabella di marcia. Siamo arrivati ad Amarillo intorno alle 19. Abbiamo avuto giusto il tempo di sistemarci in albergo, che già siamo dovuti uscire per cena. Fortunatamente non abbiamo dovuto cercare il ristorante, dato che avevamo già pensato quale posto considerare per la cena, il famosissimo Big Texan Steack Ranch, dove abbiamo mangiato carne texana ad un prezzo leggermente sopra la media. È un posto molto folkloristico, ma anche incasinato: avendo all’interno, oltre al ristorante, varie attrazioni, tra cui un pub e un gift shop, ed essendo molto famoso c’era un sacco di gente e ci hanno fatto aspettare più di mezz’ora prima di farci accomodare al tavolo. Abbiamo iniziato a mangiare intorno alle 21 per poi uscire dal ristorante alle 22. Abbiamo pensato di dirigerci subito verso Amarillo per fare una passeggiata in città. Peccato che arrivati in città non abbiamo trovato anima viva, un po’ come ad Albuquerque, e ci siamo ritrovati a girare per il centro in macchina senza una meta precisa, notando però un paio di chiese interessanti, e decidendo di tornare la mattina successiva per scattare qualche foto e vederlo anche alla luce del sole.
Albergo Amarillo: Quality Inn West Medical Center.
GIORNO 18 – 14/08
Questa mattina siamo partiti da Amarillo poco prima del solito, intorno alle 9.30. Avendo scelto come destinazione finale della giornata Joplin, in Missouri, dove avremmo pernottato, ci avrebbe aspettato la parte di viaggio in macchina più lunga della nostra vacanza, circa 7 ore escluse le soste. Soste che inevitabilmente non sono mancate neppure oggi. In realtà le prime due deviazioni, McLean prima e Texola poi, non ci hanno neanche visto scendere dalla macchina, anche perché nella prima non ci sarebbe stato nulla di interessante da vedere, e la seconda è praticamente una cittadina fantasma. La prima tappa vera e propria è arrivata soltanto all’ora di pranzo, quando ci siamo fermati a Weatherford, per mangiare in un ristorante cinese, New Young China Restaurant, vicino al centro del paese, che offre un pasto in forma buffet/allYouCanEat al prezzo di soli 7$ bevande escluse. Abbiamo quindi continuato il viaggio verso Joplin facendo una sosta nel primo pomeriggio per cercare di combattere l’“abbiocco post-pranzo”. Stavolta abbiamo scelto di fermarci in città, a Oklahoma City, dove abbiamo scattato qualche foto nella parte storica della città, sede del palazzo del governo, vicino ad un bellissimo quartiere di case lussuose. Tra il quartiere e il palazzo del governo c’è anche un memoriale per i caduti delle quattro guerre che hanno coinvolto gli americani nel Novecento. Dopo neanche un’oretta a Oklahoma City, abbiamo ripreso la macchina impostando come tappa successiva Chandler. Qui abbiamo scoperto che, praticamente in tutto lo stato dell’Oklahoma, l’autostrada è a pagamento, e alcuni tratti presentano dei caselli dove bisogna pagare una certa somma in base alla destinazione e alla lontananza dalla destinazione da quel punto. Già prima di entrare a Chandler, paesino tra l’altro abbastanza insulso, abbiamo dovuto pagare 1.50$. Come se non bastasse, anche solo per attraversare la città Tulsa senza uscire dall’autostrada, abbiamo dovuto pagare altri 5$. Sia per questo motivo sia perché in Oklahoma il paesaggio è molto simile in tutto lo stato e ricorda quello che si può incontrare in montagna in Italia, con tanto verde e tanta vegetazione, abbiamo proseguito senza ulteriori tappe fino a quando, e siamo già nel tardo pomeriggio, siamo arrivati al confine col Missouri, dove c’è un tratto che attraversa una fetta minuscola dello stato del Kansas. Usciti dall’autostrada, abbiamo impostato il navigatore in modo che attraversasse tutti e tre i paesini del Kansas presenti lungo la Route 66, ovvero Baxter Springs, Riverton e Galena. Nel frattempo abbiamo anche prenotato un albergo per Joplin, all’ultimo momento. Siamo arrivati a destinazione intorno alle 20, essendo Joplin a pochissimi chilometri dal Kansas. Sistemati in albergo i bagagli, abbiamo fatto giusto in tempo a trovare un posto per cenare, abbastanza vicino all’albergo. Abbiamo mangiato al HuHot Mongolian Grill, un ristorante particolare, organizzato a buffet, e anche in questo caso nella forma AllYouCanEat, dove si possono combinare diversi tipi di spaghetti e di riso con carne o pesce in un primo bancone, verdure in un secondo bancone e salse in un terzo e ultimo bancone. Gli ingredienti prelevati dal cliente nei vari banconi e messi in un piattino vengono poi consegnati ad un ragazzo che cucina il tutto davanti ai tuoi occhi e poi restituisce il piatto pronto. Abbiamo pagato 15$ a testa, ed essendo di sera e in forma AllYouCanEat, siamo stati anche in questo caso molto soddisfatti della scelta. Siamo infine tornati in albergo a riposare.
Albergo Joplin: Residence Inn Marriott, a pochissimi chilometri dal centro del paese. Moderno, pulito e appena ristrutturato, si è rivelato essere davvero una scelta fortunata.
GIORNO 19 – 15/08
Stamattina ci siamo prima di tutto fermati in un supermercato, dove abbiamo acquistato anche il cibo per il pranzo, da mangiare in macchina, spendendo pochi dollari. Ci siamo poi mossi verso il centro di Joplin, dove abbiamo fatto scattato le foto alle numerose chiese presenti, sia di religione battista che cattolica. Davanti a una chiesa cristiana cattolica, la più “antica” di Joplin, abbiamo incontrato un signore che, appostato con la sua macchina a pochi metri dalla struttura, aspettava proprio qualche turista che desiderasse visitare la chiesa dall’interno. Ci ha visti, ci ha aperto la porta e, dopo aver scattato qualche foto, ci siamo messi a chiacchierare con questo signore ottantenne. Ci ha raccontato non solo la storia della chiesa, ma anche qualche curiosità sulla comunità religiosa e qualche racconto sull’esperienza dell’uragano che aveva in parte distrutto la città soltanto tre anni prima. Mentre pranzavamo, in macchina, abbiamo deciso che, sulla strada verso St Louis, la prima città in cui ci saremmo fermati sarebbe stata Carthage, ma abbiamo letteralmente perso l’uscita autostradale giusta! Consigliamo comunque di fare una sosta a Carthage, che dalle foto sembra una bella cittadina. Abbiamo proseguito sull’Interstate 44 prima di uscire, nel primo pomeriggio, a Springfield, in Missouri, dove siamo scesi a fare un giro nella piazzetta della città, molto piccola ma altrettanto piacevole, giusto per sgranchire un po’ le gambe. Dopodiché abbiamo ripreso la macchina e siamo andati avanti fino ad uscire per Rolla, città che abbiamo attraversato in macchina. Abbiamo poi proseguito diretti facendo solamente un’altra tappa in macchina, a Stanton, anche qui senza rimanere particolarmente impressionati. Qualche chilometro dopo, nei pressi di Pacific, la Route 66 si divide in due, anche se noi abbiamo proseguito per motivi di orario con l’autostrada fino ad arrivare a St. Louis, destinazione ultima della nostra giornata. L’albergo, prenotato il giorno precedente, era situato a Brentwood, a poco meno di dieci chilometri dal centro della città. Arrivando nel tardo pomeriggio, era troppo tardi per raggiungere la città, anche perché a quell’ora molti negozi e attrazioni turistiche erano già chiusi, quindi non valeva la pena dirigersi subito verso il centro della città. Abbiamo quindi deciso di riposare un’oretta, di andare a mangiare con calma vicino all’albergo, e di passare da St Louis la mattina successiva. Dopo esserci sistemati in albergo e aver fatto un bagno in piscina, abbiamo cercato un ristorante per andare a mangiare, trovando una catena di nome Romano’s Macaroni, dove abbiamo mangiato la pasta “italiana”, rivisitata ma decisamente buona. Dopo cena ha cominciato a piovere (è la prima volta in 20 giorni che troviamo la pioggia così fitta!) e abbiamo deciso di trascorrere la serata facendo un giro in un negozio di sport vicino a ristorante ed albergo. È anche questo un luogo particolare perché vendono ciò che da noi non vendono e non vendono ciò che da noi vediamo in tutti i negozi di sport. Per fare un esempio, ho comprato un guantone e una pallina da baseball, e hanno una gamma vastissima di mazze.
Albergo St Louis: SpringHill Suites St. Louis Brentwood.
GIORNO 20 – 16/08
Stamattina era in programma, come anticipato, una visita alla città di St Louis. Peccato che, da ieri in poi, abbia diluviato ininterrottamente e questo ci ha reso impossibile passeggiare liberamente per le strade di St Louis. Abbiamo attraversato gran parte della città in macchina, passando prima di tutto dallo stadio dei St. Louis Cardinals, una delle franchigie professionistiche della Major League Baseball, per poi procedere verso il Gateway Arch, il simbolo dell’intera città, scattando qualche fotografia dalla macchina. Abbiamo successivamente attraversato in macchina l’Eads Bridge, il ponte che collega le due sponde di St Louis, divise dal fiume Mississippi, per vedere l’arco anche dalla parte opposta. Prima di ripartire alla volta di Springfield, la nostra successiva destinazione, ci siamo però fermati a visitare la stupenda cattedrale di St Louis Cathedral, leggermente spostata rispetto al centro della città e stranamente aperta al pubblico. Ripresa la macchina, essendo pochi i chilometri di distanza che ci separavano Springfield ed essendo partiti da St Louis molto prima del previsto a causa del maltempo, abbiamo deciso di percorrere un tratto abbastanza lungo di Route 66, allungando di almeno un’ora il percorso. Il tratto in questione ha previsto l’uscita dall’autostrada nei pressi di Staunton, per arrivare proprio a Springfield senza mai riprendere l’Interstate 55. Sul navigatore abbiamo impostato, uno per uno, tutti i paesini che vengono attraversati dalla Route 66 e li abbiamo attraversati tutti (sono 6) prima di arrivare a destinazione. Arrivati al primo, Staunton, all’ora di pranzo, abbiamo subito scelto di cercare un posto dove mangiare, trovando un ristorante, in un paese così deserto, stranamente affollato. L’R&B’s, questo il suo nome, è una specie di trattoria con buffet o menù alla carta, dove abbiamo mangiato parecchio bene e di cui conserviamo un ottimo ricordo (tra cui il vero pollo fritto “all’americana”). Quanto al paese, Staunton è quello che forse di più ci ha ricordato il tipico “paesino americano”, un po’ da film, con tantissime villette disposte in fila, una a fianco all’altra. Ci siamo poi fermati anche a Carlinville, che invece è una cittadina un po’ più grossa, con una piazzetta piacevole per passeggiare e per scattare qualche foto. Abbiamo poi proseguito attraversato gli altri paesini senza scendere dalla macchina, per arrivare poi a Springfield a metà pomeriggio. A Springfield, una volta sistemati i bagagli in hotel, abbiamo deciso di fare un giro per il centro della città. Proprio a pochi passi dall’albergo si trovavano la libreria e il museo dedicati a Lincoln, ma essendo passate le 17 abbiamo trovato chiuso tutto. E qua va aperta una breve parentesi: abbiamo scoperto al momento, dato che prima ne eravamo completamente ignari, che Springfield è stata la città dove Lincoln ha passato vent’anni della sua vita e quella a cui probabilmente era più affezionato, ed è una delle città più importanti dell’Illinois. Qui non ci sono solo la libreria e il museo a lui dedicati, ma c’è anche la casa in cui ha abitato e soprattutto la tomba monumentale all’interno del cimitero locale. La tappa da noi programmata a Springfield era infatti pensata solo e appositamente per il concerto che, quella stessa sera, il cantante country Jake Owen avrebbe fatto in un parco della città (concerto prenotato, insieme all’albergo, mesi e mesi prima della nostra partenza). Arrivati con la scusa del concerto, abbiamo insomma trovato parecchie cose da visitare, ripercorrendo la vita di uno dei personaggi più importanti della storia degli Stati Uniti. Mica roba da poco. Chiusa questa parentesi, abbiamo quindi visitato dapprima il centro storico della città, dopodiché ci siamo diretti verso la tomba di Lincoln, che è nel cimitero della città ed è aperta al pubblico, e nel frattempo ha persino cominciato a diluviare. Siamo infine andati a vedere, senza entrarci, la casa di Lincoln, che si trova all’interno di una vera e propria riproduzione del “villaggio” dove lo stesso Lincoln viveva. Intorno alle 18.30/19 è arrivata l’ora di preparaci per andare al concerto. Siamo tornati in albergo e da lì abbiamo preso la navetta gratuita che ci ha accompagnato all’Illinois State Fairgrounds, una sorta di luna park/fiera, per entrare nel quale abbiamo dovuto persino pagare l’entrata (7$ a testa che si aggiungono ai 30$ pagati per ciascun biglietto). A parte questo inconveniente, verso le 19.30, anche se senza aver mangiato, eravamo seduti. Alle 20 è iniziato ufficialmente il concerto nonostante il maltempo costante. Ha suonato la prima band che accompagnava il cantante, poi la seconda. Poi c’è stata una lunghissima pausa e alla fine, intorno forse alle 22, dopo già due ore di musica country, è arrivato finalmente, e non sappiamo in seguito a quali imprevisti, il nostro Jake Owen. Ha cantato fino a mezzanotte passata, per un totale di quasi quattro ore di musica country in una sola serata. Ma gli imprevisti non sono finiti: abbiamo superato l’orario limite per la navetta e siamo dovuti tornare a piedi in albergo. Una mezz’ora buona di camminata a piedi all’una di notte in una città sconosciuta, per giunta affamatissimi. Dopo quest’avventura siamo andati a comprare qualcosa al supermercato, aperto 24 ore su 24, e abbiamo mangiato qualcosa in albergo.
Albergo Springfield: Carpenter Hotel. Essenziale ma comodo e pulito.
GIORNO 21 – 17/08
Siamo partiti alla solita ora, intorno alle 10.30, alla volta di Chicago, decidendo di impostare come prima tappa lungo la strada McLean, in Illinois. Non essendo nulla di particolare, l’abbiamo soltanto attraversata in macchina, per poi rientrare in autostrada e uscire nuovamente per Bloomington. Anche in questo caso non abbiamo trovato nulla di interessante per cui valesse la pena fermarsi. Dopo aver fatto benzina in zona, abbiamo deciso di riprendere l’autostrada per poi uscire a Pontiac, l’unica cittadina non di piccole dimensioni presente tra Bloomington e Joliet. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi da questa tappa perché, oltre ad aver trovato un posto davvero buono per mangiare, Bernardi’s (consigliamo un piatto di carne, molto buona e a buon prezzo), abbiamo scoperto un paese davvero niente male. Come a Staunton, in cui in giro non c’è nessuno e un sacco di gente era proprio all’interno del ristorante (ed era domenica!). Era tutto chiuso, ma essendo una bella giornata abbiamo comunque passeggiato nei pressi della piazza principale. Vicino a questa, e vicino al ristorante, abbiamo trovato l’unico posto aperto della zona: un museo gratuito di automobili, le vecchie Pontiac, creato da un collezionista appassionato. Consigliamo davvero di far tappa in questo museo perché è curato bene ed è molto interessante. La tappa a Pontiac è stata più lunga del previsto, ma abbiamo comunque deciso, una volta arrivati al bivio tra la Route 66 original alignment e la Route 66 later alignment, di percorrere tratto di vecchia Route 66, impostando sul navigatore, come paesi da attraversare, Elwood, Joliet e Romeoville. Abbiamo passato Elwood molto rapidamente perché è un paesino davvero minuscolo. Joliet invece è un po’ più grande ed è una cittadina che merita, anche se per questioni tempistiche l’abbiamo soltanto attraversata in macchina. Dopodiché siamo passati da Romeoville, che è sì un paese molto piccolo e che offre poco, ma ha una bellissima università a pochi chilometri dal centro, e una tappa veloce è vivamente consigliata. Infine abbiamo proseguito direttamente verso Chicago impostando sul navigatore l’indirizzo dell’albergo. Siamo arrivati all’hotel, prenotato da casa, intorno alle 17. Lasciati i bagagli, non avendo tempo di cominciare il giro con l’Hop On Hop Off, abbiamo scelto di andare a piedi fino al Navy Pier, l’attrazione principale di Chicago, un misto di negozi, ristoranti e attrazioni da luna park che si affacciano sul lago Michigan. Siamo stati in questa zona, che dista solo mezz’ora dall’albergo, per un paio d’ore. Quando ha cominciato a far buio, intorno alle 20, siamo rientrati nella zona dell’albergo e siamo andati a mangiare al Portillo’s Hot Dogs, un famoso fast food, che si trova vicino all’Hard Rock Cafe, a cinque minuti a piedi dal nostro hotel, e poi siamo rientrati in albergo a riposare.
Albergo Chicago: Howard Johnson Inn, albergo molto centrale e tutt’altro che caro per essere in una città costosa come Chicago. L’ottima posizione è compensata dalla qualità delle camere e dei servizi. Con una buona capacità di adattamento l’albergo può essere una scelta ideale se non si vuole girare la città in macchina impazzendo per trovare un parcheggio.
GIORNO 22 – 18/08
Stamattina ci siamo svegliati alle 8, solito orario, per poi uscire dall’albergo intorno alle 9.30/10, e dirigerci verso l’Hard Rock Cafe, dove si trova la fermata dell’Hop On Hop Off di Chicago. Costa 40$ a testa, è solo in lingua inglese (e questa è la nota negativa), però, oltre ad avere un bellissimo tour di tutte le attrazioni principali della città che dura circa due ore, ha compresi anche sconti e coupon da utilizzare nel corso della giornata in svariati posti a Chicago. Non vengono fornite cuffie di alcun tipo, dato che fa da guida una persona del posto con il microfono in mano, rendendo ancora più piacevole seguire la spiegazione. Dall’Hard Rock Cafe, che era una delle ultime fermate, abbiamo per prima compiuto col pullman l’intero giro previsto in una volta sola, per capire in quali fermate valesse davvero la pena scendere. Terminato il giro, siamo scesi nuovamente nella zona dell’albergo, e siamo andati a pranzare in ristorante, Pizzeria Uno, celebre perché qui si mangia un piatto molto particolare, una sorta di tortino ripieno, chiamato deep-dish pizza. Dopo aver pranzato abbiamo prima passeggiato per la Magnificent Mile, la via dello shopping, e poi abbiamo ripreso il pullman, intorno alle 15.30/16. Siamo scesi alla tappa 6, il Museum Campus, dove c’è una bellissima vista del lago Michigan. Abbiamo fatto giusto scattato qualche foto nei pressi del Grant Park e fatto una breve passeggiata nei dintorni, e già si era fatta l’ora di rientrare in albergo. Dato che l’ultimo giro dell’Hop On Hop Off partiva alle 17 e ormai non c’era più tempo, abbiamo deciso di camminare fino alla prima fermata della metropolitana di Chicago, che passa sopra la città. Abbiamo acquistato un biglietto e, prendendo la linea marrone, siamo scesi alla fermata più vicina alla zona dell’albergo. Questa linea, che è quella più vecchia, passa sopra tutte le strade principali della città. Arrivati a destinazione abbiamo deciso di mangiare nuovamente al Portillo’s Hot Dogs, per poi tornare in albergo a preparare le valigie, in vista del volo di ritorno del giorno dopo.
GIORNO 23 – 19/08
La partenza del volo di ritorno per Milano, sempre con American Airlines, era inizialmente prevista per le ore 13. Anche in questo caso la fortuna non è stata dalla nostra parte. Al ritorno avremmo dovuto fare scalo, sempre con American Airlines, a New York, prima di prendere il volo diretto per Milano. A causa di un’ondata di maltempo presente proprio tra Chicago e New York l’aereo non è potuto partire perché mancavano le condizioni di sicurezza necessarie. Il tempo infinito che abbiamo dovuto aspettare prima di partire alla volta di New York è stato fatale e ci ha impedito di prendere la coincidenza per Milano. Arrivati a New York, ci hanno dovuto riorganizzare il viaggio, piazzandoci su un volo Iberia con scalo a Madrid. Non solo siamo arrivati a Milano ore e ore dopo l’orario previsto (smarrendoci pure un bagaglio!), ma ci siamo fatti uno scalo in più!
Sia chiaro, non è bastato questo a condizionare il bilancio dell’intera vacanza, che rimane positivissimo. È stato paradossale come avessimo viaggiato su strade sconosciute e spesso deserte per circa 6000 chilometri e per tre settimane senza avere neppure un inconveniente, che è arrivato per assurdo proprio durante i viaggi in aereo!
Per info, indirizzo email: alessandro.reda@outlook.it
[1] Non essendo in altri casi la Route 66 l’unica strada alternativa all’autostrada, questo “stratagemma” non è sempre efficace! L’alternativa all’impostazione “evitare autostrade” sul navigatore è quella di impostare un percorso a tappe, ciascuna delle quali è rappresentata dai singoli paesini percorsi dalla Route 66.