Stati uniti d’america

sogno di una pensione di mezza estate. l'america fai da te formato famiglia... ricca (ma solo di cognome)
Scritto da: pinina79
stati uniti d'america
Partenza il: 20/06/2008
Ritorno il: 12/07/2008
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
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Nel giugno del 2008 abbiamo deciso di affrontare un’avventura che qualche mese prima sarebbe stata fantascienza, soprattutto per i due 50enni: mamma e papà. Papà, 55 anni nel 2007, ha deciso che avrebbe festeggiato la sua pensione facendo fuori quasi completamente la sua liquidazione con un “mitico” viaggio negli stati uniti, anche alla ricerca di quei parenti che da poco avevano deciso di riprendere i rapporti con le loro origini italiane. Così ha cominciato ad informarsi su depliant e internet dei tour, dei costi e di che morte morire….alla fine dopo estenuanti ricerche è giunto alla conclusione che era meglio far da sé. Qui comincia la nostra avventura. La data di partenza è fissata per il 20 di giugno 2008. Il programma prevede un tour de force di 23 giorni, che andrà a toccare california, arizona, utah, nevada, miami e new york! Il volo, prenotato su internet, consta di uno scalo a dusseldorf, definito da papà uno degli aeroporti più complessi da attraversare…. ma è il loro primo viaggio intercontinentale, bisogna avere pazienza. Il volo dura in totale 13 ore e 10 minuti, senza contare la sosta in germania di circa 2 ore e 20. Destinazione: los angeles! l’unica cosa che abbiamo prenotato dall’italia, a parte gli aerei, sono la macchina, che ritireremo in aeroporto a los angeles, e la prima notte in motel, a pasadena. Usciti dall’aeroporto, ormai a pomeriggio inoltrato, ci mettiamo già un attimo a trovare lo sportello giusto tra i vari “rent a car”, senza considerare che siamo pieni di valigie e che non tutte si possono trascinare…. una volta trovato (“alamo”), papà e vale si mettono a discutere per l’auto, nonostante sia già stata prenotata: quando riemergono, scopriamo che è perchè, una volta visto il nostro itinerario, l’addetto allo sportello ha consigliato di cambiare l’auto, prendendone una che possa sopportare la strada che attraversa il deserto e che sicuramente costa decisamente di +… Si tratta di una dodge, grigia metallizzata, targata “california, 6dzk410”, con anche i sedili posteriori parzialmente reclinabili, i cui fari e tergicristalli si attivano automaticamente con buio e acqua, e che ci accompagnerà per 15 giorni fino ad arrivare a san francisco. In totale scopriremo poi di aver percorso 3215 chilometri!!! per un costo di 1372,99 dollari. Per fortuna non c’è l’obbligo di lasciarla come l’abbiamo trovata, ovviamente escludendo la carrozzeria…perchè dopo aver attraversato monumet valley e grand canyon, il grigio metallizzato sarà solo un vago ricordo. Ma andiamo per ordine. La prima esperienza con il cambio automatico è indimenticabile: ci sono solo 2 pedali, freno e acceleratore, quindi non si deve usare il piede sinistro, ma ci va un attimo per ricordarsene. Infatti, ad ogni semaforo è un battere la testa contro il poggiatesta davanti (anche perchè lo spazio all’interno è vasto), contro il cruscotto o contro il volante, con l’istinto di schiacciare la frizione fino in fondo…peccato che si tratti del freno e che quindi sia sempre un’inchiodata! Siamo prenotati al “super 8” di pasadena, 54 dollari per una notte, camera ovviamente familiare. Dico ovviamente perchè, a parte da ronald, in piena riserva indiana, ci toccherà condividere il russare di papà per tutto il viaggio! Il 21 giugno 2008 si apre con una sana colazione a base di….schifezze: pane e philadelphia (o similare), cereali, caffè megaextrasuperlungo e muffins. Ci dirigiamo alla volta di hollywood, + che altro alla ricerca della classica foto con la scritta alle spalle. Improvvisamente, ci sentiamo urlare dietro: ci voltiamo e dall’altra parte della strada c’è un tizio che continua a sbraitare nella nostra direzione. Decidiamo di far finta di niente mentre cerchiamo di capire in che cosa abbiamo urtato le tradizioni americane, salvo poi capire che ci stava indicando il posto migliore in cui fare la foto!!! strani americani… Risaliamo in macchina alla ricerca di rodeo drive, la famosa via dei negozi di lusso. Dopo un girare in tondo per mezz’ora, ci accorgiamo che ci siamo proprio dentro, ma è così breve da passare inosservata. In più, neanche i negozi costosi sono così originali, ci troviamo in mezzo a beverly hills, è tutto costoso! Attraversiamo il sunset boulevard, affianchiamo la sede di scientology, osserviamo i distributori di giornali disposti in fila e partiamo alla volta delle spiagge californiane. Arriviamo nei pressi di santa monica, accanto sembra esserci malibù ma siccome non si capisce dove finisce una e inizia l’altra per noi è lo stesso. Il parcheggio è un salasso: 6 dollari per meno di un’ora! Giusto il tempo di vedere le classiche torrette, i classici fuoristrada gialli dei baywatch ma nessun classico figo baywatch! Rassegnati decidiamo che almeno proveremo a “pucciarci” nell’oceano pacifico, ma che freddo! Il vento ci permette a malapena di infilare le ginocchia. Dopo aver cercato di convincere vale che il sole potrà prenderlo altrove, ci lasciamo los angeles alle spalle e proseguendo lungo la costa troviamo la “queen mary” ormeggiata in un molo ed accanto un sommergibile della guerra fredda. Decidiamo di fermarci per una visita, il biglietto d’ingresso al sottomarino russo costa 11 dollari a testa, perciò solo io e papà decidiamo di entrare. All’interno, a parte le cuccette e la cucina, non si capisce niente. Si tratta di una serie di bottoni e chiuse di cui non si capisce l’effettiva funzione ma l’immaginarsi una vita ristretta a quel luogo angusto per qualche mese è sicuramente un’esperienza unica. Per il pranzo, decidiamo di salire sulla nave-hotel, che sicuramente avrà un bar all’interno (ovviamente iniziano i pasti a base di panini, con il pregio di avere un prezzo abbordabile, 42,15 dollari in 4). I biglietti d’ingresso ci costano la bellezza di 96 dollari totali, ma sembra di essere sul titanic. Si possono anche organizzare matrimoni, c’è una cappella e una sala da ricevimento, con le sedie bardate di arancione, uno spettacolo. Sul ponte coperto ci sono vari pannelli che a grandi linee dovrebbero spiegare la storia della nave, che durante la seconda guerra mondiale è stata usata come ricovero per feriti e fuggiaschi, ci sono targhe che riportano i nomi di uomini e donne che si sono distinti negli aiuti ma non riusciamo a capire proprio tutto. Ad ore prestabilite ci sono degli spettacoli che ricordano le disavventure successe all’interno della nave, qualcosa di misterioso, strani incendi e strane morti. Decidiamo di partire anche noi, alla volta dell’arizona, una volta giunti nella quale ci accorgeremo di aver saltato la cosa + conosciuta di los angeles: la walk of fame!!!pazienza. La nostra prima tappa sarà needles, ma prima dobbiamo affrontare un’altra “prima volta”: il rifornimento alla macchina. Non è semplice come sembra, anche perchè non si capisce la differenza tra una pompa e l’altra, sono tutte benzine. L’ordine in cui si deve presentare la carta di credito, schiacciare il bottone, infilare la pompa, rischiacciare il bottone e presentarsi di nuovo con la carta di credito dal gestore è una cosa che non capiremo mai fino in fondo. Il tutto però ci costa 48 dollari. Arriviamo a needles al tramonto, uno spettacolo su questa strada, la mitica route 66, o meglio quella moderna che costeggia l’originale. Peccato che una volta scesi dall’auto ci accorgiamo che senza aria condizionata non è poi così facile respirare: alle 19 di sera ci sono l’equivalente in gradi farenheit di 46 gradi celsius! Per fortuna anche questo motel ha una piscina, peccato che la camera è al secondo piano, e le nostre valigie non sono affatto leggere. Una notte in questo days inn ci costa 76,99 dollari. Dopo il rituale bagno in una piscina su cui galleggiano tonnellate di moscerini, cerchiamo un ristorante e ci accorgiamo di essere praticamente in mezzo ad un deserto di roccia, 4 case e l’hotel. Sulla route c’è uno di quei classici locali da motociclisti ed affamati ci buttiamo dentro. Il 22 giugno ci dirigiamo a williams, una graziosa cittadina lungo la route 66 in direzione di flagstaff. Williams è conosciuta perchè da qui partono i treni storici che portano anche al grand canyon. Raggiungiamo il montezuma well, dove, dopo una ripida salita sotto una temperatura allucinante ci si presenta un laghetto verde con una costruzione troglodita nella parete rocciosa sotto di noi. Riprendiamo la strada e raggiungiamo il montezuma castle, dove troviamo altri siti di case troglodite; durante la visita io e vale aspettiamo solo l’ora di raggiungere sedona, la città quasi messicana scolpita nelle rocce rosse. Arriviamo quasi al tramonto ed è uno spettacolo. C’è un’altura dove partono degli aeroplani, è il cosiddetto aeroporto di sedona, si deve lasciare un’offerta (4 $) per fare le foto usando lo sfondo della città…. sotto la collina c’è una sorta di centro commerciale all’aperto che in realtà è una ricostruzione di una città messicana; sono solo negozi ma è molto carino, il tlaquepaque. Cerchiamo di tornare all’ovile e ci fermiamo a mangiare in un localino delizioso di williams, dove c’è musica dal vivo nel patio all’esterno. La route 66 ci passa proprio davanti e siamo circondati da motociclisti con il tipico abbigliamento da harley davidson. La serata è meravigliosa anche se io e papà abbiamo ordinato una grigliata enorme che arriva ricoperta dalla loro dolcissima salsa barbecue…peccato, ma la nausea ci impedisce di finire il piatto. Paghiamo il conto (98,13 $) e andiamo al motel (motor hotel, 66,74$). il 23 giugno ci alziamo troppo presto per fare gli acquisti preventivati la sera prima, i negozi aprono molto + tardi e noi non abbiamo tempo perchè oggi andiamo al grand canyon! Facciamo colazione in un starbucks in compagnia di poliziotti-rangers (25$) e ci dirigiamo al grand canyon. Una volta giunti alle porte del parco scopriamo che si può fare un pass auto che vale per gran parte dei parchi che visiteremo. La visita al grand canyon è spettacolare e per fortuna si può effettuare in auto! È enorme, ci sono un’infinità di point of view, da noi tradotti in banali “punti di vista”, ma effettivamente ogni angolo ha i suoi colori e i suoi…scoiattoli, è pieno di questi animaletti graziosi, con cui ci fermiamo a giocare, anche se sarebbe vietato per la loro incolumità. Un pranzo veloce (35 $) e ci informiamo per un giro in elicottero, in realtà poi optiamo per uno in aeroplanino, meno costoso ovviamente (516 $, quindi pensate l’altro). Per me: una rovina. Una volta salita ho chiuso gli occhi e ho pregato per circa un’ora, tanto è durato il viaggio. Ormai al tramonto, ci dirigiamo verso tuba city, in piena riserva indiana: qui si può notare la differenza tra i paesaggi, quello destinato alla riserva è solo roccia e deserto, difficile poter coltivare qualcosa. Certo che caratterialmente, i pellerossa non riescono neanche a cogliere il lato positivo del turismo perchè si tratta di persone molto chiuse e riservate, o solo ancora molto incazzate con l’uomo bianco… tuba city non è proprio una città, è un paese, con un solo hotel ma strapieno, e una scuola trasformata in “centro accoglienza”. Non ci resta che adattarci: questa volta oltre alla solita camera per 4, per la modica cifra di 62 $, ci tocca anche dividere il bagno con tutto il piano… Il 24 è un giorno dedicato alla visita all’interno della riserva indiana. Partiamo alla volta dell’antelope canyon, ma lo raggiungiamo che è quasi ora di pranzo, anche perchè lungo il percorso non perdiamo uno solo dei punti di interesse. Abbiamo trovato infatti un sito che si chiama qualcosa horse, ricorda un ferro di cavallo. Saliamo a piedi perchè la macchina va lasciata nel parcheggio. Io e vale abbiamo le nostre solite infradito, ma tanto, dice papà, è solo lì dietro. Peccato che una volta raggiunta la sommità della collina, con la terra rossa che scivola fra le dita e fa scivolare le ciabatte, ci sia in ordine prima un’altra discesa, poi una salita fino ad una roccia, sotto la quale si apre questo ferro di cavallo. È un’ansa che fa il colorado intorno ad una roccia che si trova di fronte a noi. Il colore del colorado è bellissimo, un verde smeraldo con diverse sfumature. Andiamo all’antelope canyon: il sole qui picchia parecchio e c’è solo un telo al di sotto del quale già si sta riparando una famiglia di indiani: sono quelli che guideranno il fuoristrada per portarci al canyon. l’ingresso costa 100 $ ma comprende anche il giro con la jeep. Che ridere: siamo seduti dietro, pigiati come sardine, il percorso è sabbioso ma sotto la sabbia è pieno di pietre che non si vedono. L’interno del canyon è spettacolare: la luce filtra dall’alto attraverso delle fessure nella roccia, questo crea ed esalta delle sfumature nelle rocce sottostanti, levigate dal vento che solleva la sabbia, la quale a lungo andare fa una sorta di scrub sulla pietra, lisciandola con spessori diversi. Si sta anche molto bene all’interno, forse perchè siamo al fresco. Alcune rocce hanno anche delle forme pittoresche: lupo, indiano, stivale ecc… usciti da qui andiamo verso page, dove troviamo la diga sul lago powell. Ci fermiamo in un ristorante per pranzare (47 $) e quando usciamo troviamo un punto detto antelope point, in cui è possibile fare il bagno nel colorado. Non perdiamo occasione anche se io sono senza costume; farò il bagno vestita. L’acqua è bellissima e fuori fa un caldo terrificante. cerchiamo un hotel per la notte. Siamo nei paraggi di kayenta, sulla guida sconsigliata per fermarsi perchè poco ospitali. Decidiamo di provare e troviamo un bed and breakfast gestito da roland, un pellerossa (160$). In realtà si tratta di casa sua, una roulotte con annessa piccola costruzione di tettoie che allunga un po’ la casa. L’interno è carino, sul patio ci sono 3 piccoli micini con cui giocare e almeno per questa sera possiamo godere di due stanze che hanno il bagno in mezzo che comunica con entrambe le camere. Ci laviamo e andiamo a mangiare: qui tutto chiude alle 8, siamo rovinato visti i nostri tempi, riusciamo solo a bloccare sul limite della chiusura un fast food all’interno di un supermarket (40$). la mattina del 25, facciamo colazione nella cucina di roland, potendo conoscere così anche la moglie (ma solo con uno sbrigativo saluto) e scopriamo che in un’altra stanza che non avevamo visto hanno dormito altri 2 italiani…dove saranno stati allora gli indiani per la notte? Non abbiamo visto tende in cortile… appena prima di andarcene, la moglie ci suggerisce il cd di roland, che raccoglie tutte le canzoni tradizionali cantate e suonate da lui. Non dobbiamo perdercelo! In realtà appena messo nell’autoradio viene voglia di farlo volare dal finestrino ma ci è costato a sufficienza (20$) per conservarlo fino a regalarlo anni dopo a stefano. Partiamo alla volta della monument valley! Per me il giorno + bello. Sembra di essere in un film western. Il paesaggio è spettacolare, ma siamo senza benzina e lungo la strada non c’è un solo distributore. Incrociamo le dita e speriamo che ci basti per tutto il giro all’interno della monument valley. L’ingresso costa 20$, perchè essendo riserva indiana non è incluso nella card dei parchi. I picchi di roccia ricordano proprio quelli dei film di una volta e non perdiamo occasione per farci delle autoscatto in un luogo così suggestivo. Peccato che siano poi tutte controluce. Tornando sui nostri passi e seguendo la strada opposta si raggiunge il museo goulding, la casa di un “bianco” che decise di vivere con gli indiani. Mise su un negozio e poi decise di pubblicizzare l’area proprio a john ford, che cercava delle location per i suoi films western. Dopo molti tentativi, riuscì a farsi ricevere e il regista restò colpito dalle foto di goulding, al punto tale da girare tutta una serie dei suoi film in loco. La casa è ancora arredata come allora e nel negozietto si possono trovare sia pistole che proiettili! Lungo la strada troviamo il sito dei national bridges, ponti di pietra scavati dal vento. Ripartiamo per cortez, dove passeremo al notte (60$) e consumeremo la cena (80$), unica città del colorado che toccheremo. Il 26 giugno dobbiamo visitare mesa verde. Mesa verde è un sito di case troglodite, costruite dagli antenati dei pellerossa. Sono scolpite nella roccia ad altezze incredibili; per questo per vederle bisogna calarsi e arrampicarsi con scalette di legno che a me fanno un certo effetto. dobbiamo tornare in utah, a moab. Qui ci fermiamo per la notte (94,33$) e per la cena (62,14$). il 27 ci dirigiamo all’arches canyon. Gli archi sono i soliti scolpiti dal vento nella roccia, ce ne sono un’infinità e non sono poi tutti differenti. Per la notte raggiungiamo panguitch, una bellissima cittadina in cui passeremo ben due notti. riusciamo anche a visitare il museo dei pionieri, dove sono conservati dei cimeli di qualche decennio fa, comprese delle manette che sono servite per arrestare un famoso fuorilegge. Il 28 dobbiamo visitare il bryce canyon. La mamma ci ha svegliate mooolto presto perchè fuori dalla porta c’è uno spettacolo unico: una sfilata in cielo di mongolfiere, ce ne sono di tutte le forme e colori, alcune hanno anche un naso! raggiungiamo il bryce canyon, caratterizzato da rocce a forma di guglia. torniamo a panguitch, anche perchè scopriamo che andare a las vegas già stasera ci costerebbe il doppio rispetto a domani, perchè oggi è sabato e il fine settimana per loro inizia venerdì sera. Decidiamo così di fermarci ancora una notte a panguitch. Scopriamo che nei paraggi c’è un laghetto, il tempo non è dei migliori, fa anche un po’ freddino. scopriamo che questa sera ci sarà una tipica sfilata di mongolfiere (le stesse della mattina) lungo la via principale della cittadina. Allora ci disponiamo lungo i marciapiedi per lo spettacolo: i cesti sono disposti a distanza concordata, anche perchè nello spazio tra uno e l’altro vengono distesi i teli che una volta gonfiati diventeranno il pallone della mongolfiera. Abbiamo così la possibilità di apprendere come si preparano e si gonfiano questi strani mezzi di spostamento. Con il buio lo spettacolo è ancora + incantevole, poichè le mongolfiere restano l’unico punto di colore e luce nella strada buia, peccato che le foto non rendano giustizia. Allietati dalle canzoni di un gruppo country ci accingiamo ad andare a dormire, domani si parte per las vegas!!! domenica 30 giugno ci mettiamo in marcia per il nevada. Siamo riusciti a prenotare nell’hotel excalibur, una imitazione del castello di camelot, che combinazione!!! in realtà è quello che costa meno tra quelli “di lusso”, un sogno rispetto ai motel in cui abbiamo dormito finora. Infatti ci sentiamo dei privilegiati, ci sono anche il parcheggiatore e il facchino delle valigie. Due notti qui ci costeranno la bellezza di 130 $ a notte con 10 $ di mance per facchino etc.. Il 30 giugno, ancora frastornati dal giorno prima, partiamo alla visita di quanti + hotel possiamo vedere, anche perchè a las vegas c’è solo questo! In una giornata riusciamo a visitare il sahara, il bellagio (con un gioco d’acqua e una bella aiuola nella hall), il venetian, con la ricostruzione del ponte di rialto e dei canali, in cui navigano vere gondole, forse ricostruzioni un po’ + piccole e su cui a remare ci sono dei cantanti che cantano in italiano! All’interno del venetian, c’è una galleria di negozi che sembra la ricostruzione delle calli veneziane e il soffitto è una volta che riproduce il cielo e cambia colore sul fare della sera. Allo stesso modo, anche il ceaser’s palace ha una galleria analoga. sul far della sera arriviamo anche all’mgm, con due vere tigri rinchiuse in un’ala di vetro dell’edificio, e l’immancabile mirage da vedere anche di giorno. Ritorniamo stremati e cotti al nostro hotel, dove troviamo un ristorante chiccoso e dopo gli sforzi della giornata decidiamo di godercelo tutto (125 $!!). per digerire decidiamo di fare un ultimo sforzo ed andare a vedere lo spettacolo notturno delle fontane del bellagio. Arriviamo giusto in tempo per vederle danzare sulla musica di bocelli, con te partirò, un’emozione dopo tutti questi giorni lontani dall’italia. Papà non vuole perdersi nenache uno spettacolo dei pirati che faranno su un galeone ricostruito in un altro hotel, dall’altra parte della città. Decidiamo di accontentarlo ma siamo pigiati in mezzo a così tante persone e fa così caldo anche alle 23, che dopo aver visto solo dei frammenti che si svolgevano nella parti + alte, decidiamo di dirigerci sfiniti alla nostra camera. Il 1 luglio, lasciamo definitivamente las vegas, per dirigerci verso san francisco. Le tappe intermedie prevedono per oggi una fermata a calico, villaggio western ricostruito. L’ingresso costa 24 $, il villaggio è davvero un tuffo nel tempo, peccato sapere che sono tutte ricostruzioni ad eccezione dell’interno del saloon (8 $ consumazione). Ci fermiamo in un ristorante interno, le cameriere sono vestite con abiti di fine ‘800, inizi ‘900, con le gonne larghissime (47$); peccato che ogni edificio ricostruito abbia all’interno solo un negozio di souvenir, dove naturalmente non ci facciamo mancare degli acquisti (40 $). un po’ + tipici sono la chiesa, la scuola (che si trova alla fine del villaggio) e la miniera (4$), nella quale è possibile poi fare finta di cercare pagliuzze d’oro e dove noi, da furboni, senza pagare l’iscrizione ne abbiamo raccolte da per terra. Con il caldo che aumenta, ci dirigiamo verso coarsegold (California) per avvicinarci al parco dello yosemite. Decidiamo di lasciar perdere per questa volta la dead valley, per evitare che, non avendo scorte di acqua, nè per noi nè per l’auto, ci tocchi spingere la macchina in mezzo al deserto con 50-60 °C. il 2 luglio partiamo alla volta del parco dello yosemite, dopo un rifornimento di 40$. Finalmente, un parco dove si possa stare al fresco, all’ombra delle querce secolari ed enormi, non stanno neanche nelle foto per intero! Il panorama è mozzafiato e finalmente non si tratta solo più di pietre e sole cocente. Gli alberi, con le loro fronde incrociate, creano una piacevole ombra e una sorta di tunnel al di sotto del quale si passeggia volentieri. Raggiungiamo uno dei point of view, detto cascata del velo da sposa, poichè si tratta di una cascatella di piccola portata che il vento smuove come se si trattasse di un velo. Ripartiamo alla volta di san francisco, facciamo un altro rifornimento (42$) e partiamo verso bodie, un altro villaggio western, stavolta però originale. Mentre ci avviciniamo a bodie, la strada si fa sempre più simile a quella desertica dei primi giorni, da film western. Peccato che il navigatore su cui abbiamo impostato la destinazione, abbia sì trovato il luogo sperduto ma ci abbia indicato una strada sterrata che peggiora ogni 100 metri! Prima ci fa salire su un’altura, poi ci fa scendere dall’altra parte in una prateria completamente deserta; ci fa risalire su un’altra collina e poi ci infila in un sentiero sempre + piccolo e sempre + dissestato. La macchima comincia a dare segni di cedimento e papà….anche! Finalmente, dopo una curva, in lontananza, scorgiamo il villaggio di case di legno tipico dei cercatori d’oro di fine ‘800. l’ingresso al parco costa 12 $, alla sbarra troviamo un ranger in borghese che ci consegna una mappa del luogo. Una volta dentro, ci troviamo catapultati in un altro tempo. Scopriamo che il villaggio è stato abbandonato solo nel 1943, per il fatto che la zona è abbastanza isolata ed era difficile trovare lavoro, ma nel periodo “d’oro” e dell’oro si è arrivati a migliaia di abitanti e fino a 40 bordelli! C’era un quartiere cinese, ormai raso al suolo, una banca, di cui restano solo la cassaforte scassinata e la cella per chi intendeva andare a rubare. C’è una scuola, con ancora le lavagne piene di scritte, un motel con biliardo e bancone con relativi seggiolini. Un antico distributore con una macchina scassata e arruginita di fronte, in attesa ancora di rifornimento. Alcune delle abitazioni, che stanno in piedi per miracolo, sono utilizzate dai gestori del parco, altre sono visitabili e all’interno si trovano ancora oggetti d’uso quotidiano (divani, tavola con stoviglie, abiti, letto ecc…). Nell’epoca dei cercatori d’oro, c’era un omicidio al giorno, perciò troviamo ancora un ufficio pompe funebri, con una serie di casse da morto già pronte, anche per bambini. La miniera purtroppo è chiusa, sembra in gestione ad un’altra società, perciò possiamo solo sbirciare da fuori. 3 luglio, sveglia presto perchè la strada è ancora lunga. Arrivati alle porte di san francisco, per attraversare uno dei famosi ponti, tocca pagare un pedaggio di 4 $. Mentre siamo alla ricerca dell’hotel, prenotato su internet, possiamo già avere un assaggio di quanto meravigliosa sia questa città. Sarà perchè abbiamo passato 10 giorni a vedere il nulla, ma nonostante il traffico san francisco ci appare stupenda. Il corso principale è abbellito da edifici in stile barocco, ospitanti probabilmente municipio, opera etc. Quando arriviamo nei pressi dell’hotel ci rendiamo subito conto di quanto ripide sono le famose colline della città: per fortuna la macchina ha il cambio automatico perchè uno spunto in coda lungo queste salite sarebbe impossibile da effettuare e la macchina si spegnerebbe ogni volta. l’hotel si chiama the eritage marina e sembra una di quelle case popolari di una volta, con il cortile interno pieno di appartamenti che hanno balconi comunicanti. In realtà la facciata sul lato della strada è anche piuttosto carina ma l’interno… 2 notti qui ci costeranno ben 339 $. Innanzi tutto, avendo trovato il parcheggio, partiamo a piedi. Proprio vicino a noi, ma in salita, c’è la famosa russian hill con la relativa lombard street, famosa perchè si tratta di una stradina da percorrere in discesa con 4 o 5 tornanti molto stretti e circondati da deliziose aiuole piene di fiori. Scendendo lungo lombard street, raggiungiamo il fisherman wharf, la zona portuale: è piena di negozi e ristoranti con cucina a base di pesce. Qui si trovano anche i diversi moli (pier) da cui partono anche i battelli per andare alla famosa prigione di alcatraz. Il tempo oggi non è granchè, anzi. Lungo il porto poi tira un vento pazzesco e dopo 10 giorni di 45 °C all’ombra siamo un po’ spaesati e sprovvisti di abbigliamento adatto. vicino ai negozi di souvenir ci sono diverse agenzie viaggio che organizzano tour della città, anche di notte. Ne prenotiamo uno che parte verso sera (168$) e saliamo su un pullman fortunatamente coperto. Il tempo peggiora e la nostra solita fortuna non ci permette di vedere il golden gate, la nebbia avvolge tutto il ponte e si possono vedere solo i pilastri che lo reggono. Addirittura in questo punto, il tour effettua una sosta che non riusciamo a sfruttare perchè inizia anche a piovere. Peccato che la guida parli molto velocemente. La mattina del 4 luglio, torniamo a visitare lombrad street, senza la bolgia di turisti del giorno prima; da qui proseguiamo per telegraph hill, che però vediamo in lontananza (tanto si tratta di un’altra collina con un edificio di dubbia bellezza, coit tower); prendiamo il famoso tram di legno (cable cars) (20$) che ci porta verso il porto e da qui riproviamo con il golden gate, ma di nuovo la nebbia avvolge le punte, non avremo mai una foto completa. Purtroppo per prendere il cable car perdiamo un po’ di tempo, prima per fare i biglietti e poi per trovare posto. Il percorso è obbligato perchè è lungo rotaie e non percorre delle zone poi così interessanti. Scendiamo nel quartiere italiano, identificato dal tricolore pitturato su tutti i pali della luce e su tutti gli edifici. Mangiamo al cafe divine (60$) e prendiamo la macchina in maniera da averla vicino quando stasera ci fermeremo per i fuochi del 4 luglio. Cerchiamo di andare a prendere i biglietti per alcatraz e, una volta raggiunto il pier giusto scopriamo che c’è una coda infinita. Armati di santa pazienza aspettiamo il nostro turno salvo poi scoprire che si possono comprare i biglietti per il giro che partirà solo fra 3 giorni, prima è tutto esaurito! Salutiamo alcatraz da qui, ci rassegnamo a leggere solo i cartelli dimostrativi relativi ad al capone e speriamo di tornare a san francisco per completare la visita. partiamo per shopping e casa di mrs doubtfire. Per prima cosa andiamo a cercare la casa del famoso film, sembrano tutte uguali queste case vittoriane. Ad un certo punto, qualche cittadino di passaggio che ci vede girare in tondo con la cartine capisce al volo cosa stiamo cercando e ce la indica. A forza di guardare la riconosciamo ma le tecniche di ripresa del film la facevano sembrare diversa, quasi girata al contrario. Attraversiamo bush street, con le case vittoriane da copertina e saliamo su una collina coperta da un parco. Da qui si gode di un bellissimo panorama ma si sta facendo tardi e siamo un po’ in ritardo. visto che si sta facendo sera e la gente è drasticamente aumentata, cerchiamo, lungo il pontile da cui si vedranno i fuochi, un ristorante per attendere l’ora x. Peccato che tutti abbiano avuto questa idea e che si siano sbrigati per tempo. I locali sono tutti pieni. Ne scegliamo uno e ci mettiamo in coda e in lista d’attesa. Peccato che l’ora non sembra arrivare mai e i camerieri hanno bisogno del posto a sedere, visto che la coda non è ancora diminuita. Rassegnati, ci alziamo e raggiungiamo il pontile per poter avere almeno i posti migliori. In questo modo però ci tocca stare in piedi per circa 2 o 3 ore. Intanto, si alza il vento e si abbassa la nebbia. La mamma tira fuori prontamente un bel paio di calzine da carcerato che ha comprato in un negozietto che vende tutte cose a strisce bianche e nere, stile alcatraz. Le stanno che è un amore, ma intanto lei ha i piedi al caldo e io, con le infradito, non sento + le dita. I fuochi sono coperti dalla nebbia e dal fumo che lasciano dopo ogni scoppio. Alla fine si sentiranno solo + i colpi. Un po’ delusi ma + infreddoliti che altro, tra uno spintone e l’altro, dopo mezz’ora in cui ci si muove in blocco, raggiungiamo il parcheggio e + morti che vivi corriamo a dormire. Il mattino del 5 luglio dobbiamo raggiungere l’aeroporto per dirigerci a miami. Prestissimo, corriamo a fare rifornimento perchè l’auto va restituita con la quantità di carburante che aveva all’inizio. Ce la caviamo con 69,63$ e la macchina che restituiamo non ha + il colore originale, ricoperta com’è dalla polvere arancione accumulata nei parchi dell’arizona; per fortuna non ha bolli sulla carrozzeria. raggiungiamo miami che è già buio. la mattina dopo, 6 luglio, ci avviamo verso la visita della città. Cominciamo con la colazione alla bakery (30$), cerchiamo un internet point per fare la prenotazione dell’hotel a NY e dopo estenuanti ricerche ne troviamo uno che pagheremo, fino alla fine del nostro soggiorno, 808,08 $. aggirandoci per i negozi riusciamo a spendere 65 $ di souvenir e 30 $ per una valigia atta a contenerli, ovviamente acquistata, tra i tanti, da un rivenditore che ha vissuto in italia. Veniamo battezzati da un tropical storm, il classico temporale tropicale che arriva all’improvviso con una violenza inaudita. Con l’acqua alle caviglie, visto che tanto non fa freddo, al contrario di san francisco, mangiamo all’esterno ma sotto gli ombrelloni (40$), in uno dei tanti locali nella via pedonale della città. Da qui siamo costretti a spostarci in taxy (7$), visto che il temporale non accenna a diminuire e ormai abbiamo pochi vestiti puliti. Raggiunto l’hotel e posati i primi acquisti, decidiamo di raggiungere l’aventura mall, il mega centro commerciale che si trova a north beach, in bus (3$). il mattino del 7 luglio decido di voler portare mamma e papà a visitare key west, mentre vale, che l’ha già vista, come me d’altronde, preferisce fermarsi in spiaggia. Scopriamo che per l’affitto della macchina conviene prendere + giorni, perciò la lasceremo l’8 pomeriggio, perchè è difficile trovare parcheggio per la città e il 9 partiamo. L’affitto ci costa 100 $, ci avviamo per key west con 29 $ gasolio e faccio guidare papà. Dopo tot chilometri di strada dritta e tutta uguale, a velocità costante e ridotta (perchè i limiti sono troppo ristretti e precisi), papà comincia a dare segni di cedimento. Perciò mi offro di sostituirlo alla guida per farlo dormire un po’; in realtà io ho la stessa difficoltà e lui invece di dormire mi critica. Così molto faticosamente riusciamo a raggiungere key west appena in tempo perchè i miei si chiudano. Il parcheggio costa 10 $, perchè non si può girare per l’isola con l’auto, le strade sono strette e ingombrate di turisti e non esiste parcheggio. Dopo 3 $ di pedaggio e 31 $ di colazione, ci avviamo alla visita. Il caldo sembra lasciarci respirare un po’ di + dell’anno prima ad agosto, anche se l’umidità è pesante. Visitiamo il museo dal di fuori, la casa di hemingway dal di fuori e il museo dei tesori sommersi (12$) dal di dentro ma solo papà, perchè io l’ho già visto e la mamma non gradisce. Ci fermiamo a mangiare al guy harvey’s grill (40$), anche perchè sta iniziando il solito temporale. Ovviamente, dopo aver visto il punto + a sud degli stati uniti e aver tentato di vedere in lontananza l’isola di cuba, non possiamo non fermarci a comprare dei sigari, sicuramente in una di quelle fabbrichette di sigari artigianali. L’8 luglio è dedicato alla visita dei posti frequentati da vale l’anno prima. con la macchina che abbiamo ancora in affitto ci dirigiamo verso ocean drive (3$ parcheggio), la via lungo la spiaggia. Vediamo dove vale avrebbe dovuto soggiornare l’anno prima, la casa dove viveva gianni versace (casa casuarina) e ci fermiamo per mangiare una tipica colazione americana in uno dei bar della via. Papà si azzarda a prendere uova e bacon, la mamma si ingolfa con i pancake allo sciroppo d’acero. Noi furbacchione che sapevamo a cosa andavamo incontro prendiamo solo macedonia e toast (52$). papà, che ha sempre sostenuto che fosse meglio aspettare, perchè conveniva, ha deciso per tutti di aspettare l’ultimo giorno per prenotare il volo per new york, l’ultimo che ci manca. Forse abbiamo proprio aspettato troppo…in un internet point, in cui vendono anche computer e cellulari e vale cerca il nuovo iphone (che uscirà malauguratamente 2 giorni dopo e il vecchio è esaurito), ci mettiamo a cercare il volo economico, iniziando a sudare 7 camicie. Alla fine ne troviamo uno da 1210 $. Da qui ci dirigiamo verso l’aventura mall, mangiamo all’interno per 23 $, papà trova un tagliasigari (7$) e ritorniamo in città. Il 9 luglio abbiamo solo la mattinata libera, perchè l’aereo per new york partirà verso l’ora di pranzo. Torniamo in hotel per saldare il conto (422,70 $ per 4 notti, solo metà della prima notte ci è stato scalato) e prendiamo un taxy per l’aeroporto (40 $ tariffa fissa, a seconda delle zone attraversate). partiamo per new york. Arrivati nella grande mela, prendiamo un taxy diretti all’hotel (40$). Raggiunto l’hotel, scopriamo che è proprio vicino al central park e si chiama “park central”. Pochi passi e siamo in times square! Dalla tv sembra molto + grande, ma forse è solo perchè è pienissima di gente. In realtà quasi tutto ci sembrerà + piccolo di quello visto in tv, compreso ground zero. Proprio in times square, troviamo l’offerta di un tour di notte della città (156 $) che ci permette un assaggio di quello che ci aspetta, compreso il famoso ponte di brooklyn. Andiamo a mangiare al tramonti restaurant, sembra un sotterraneo, con un cameriere che sembra de niro, parla italiano come un rumeno ma è del massachussets (132 $). Ci compriamo 30 $ di acqua, bibite e spuntini e andiamo a dormire. Il 10 luglio è destinato alla visita di ellis island, in memoria del 3 volume della saga di tatiana ed alexander di paulina simmons. Prendiamo la metro (30 $), perchè il taxi è sempre imbottigliato nel traffico, facciamo colazione al solito starbucks (15 $) e ci dirigiamo al molo per prendere il traghetto. La coda per i biglietti è lunghissima (54 $), decidiamo che non scenderemo alla statua della libertà (prima fermata del traghetto) anche perchè non si può salire dopo l’11 settembre e la coda per riprendere il traghetto è infinita. La vediamo benissimo da sopra e scendiamo direttamente ad ellis island. Qui prendiamo una sola audioguida, che viene lasciata in gestione a me; ma in questo modo io ci metto due ore per ogni sala e loro sono già stufi. Ci fermiamo a mangiare nel ristorante interno del museo (31 $) e io intanto mi immagino le scene del libro della simmons, o le scene vissute da milioni di immigrati provenienti dal tutto il mondo, senza un soldo e senza conoscere la lingua. All’interno del museo c’è un’area apposta, vicina alla “sala di accoglienza” dove sono ammucchiate una serie di valigie vecchie, molto suggestivo, deputata alla ricerca su computer dei propri antenati. La ricerca ci costa 5 $ e dura solo mezz’ora, tempo in cui non si può stampare niente (se non previo ulteriore pagamento) e ovviamente non si può fotografare lo schermo del computer; nonostante questo abbiamo l’occasione di trovare sia i nostri parenti di castellamonte partiti alla ricerca di fortuna, sia tutta una serie di vidracchesi. Una volta scesi dal traghetto ci dirigiamo a ground zero, peccato che sia coperta da impalcature e tutte le foto una volta appese siano state rimosse. In realtà sono state spostate in una cattedrale lì a fianco ma che al nostro arrivo è già chiusa. Visto che siamo sul fare della sera ci avviamo verso little italy e il percorso ci porta ad attraversare prima il quartiere cinese (un odoraccio….), con polli e pesci in bella e non proprio igienica mostra. A little italy io devo assolutamente trovare il locale in cui è stato ucciso un noto mafioso, il cui muro pare ancora crivellato di colpi, come dice augias nel suo libro “i segreti di new york”. Lo troviamo, si chiamava “umberto’s clam house” (come ancora è inciso nell’asfalto del marciapiede) ed ora è “da gennaro”. Il buttadentro, appena capisce che siamo italiani, capisce anche cosa vogliamo vedere e ci indirizza verso un muro di mattoni dove, dietro ad un quadro si possono ancora vedere dei buchi di proiettile. Mangiamo all’italiana (120 $) e mentre torniamo verso l’hotel ci accorgiamo che vicino a noi c’è proprio l’empire state building e che siamo sul far del tramonto, quale migliore occasione per vedere new york dall’alto? Ci mettiamo in coda, dopo mezz’ora riusciamo ad entrare e scopriamo che si prende l’ascensore fino all’80esimo piano, da qui inizia un serpente di coda solo per fare il biglietti (80 $). Dopo un’altra mezz’ora passiamo oltre e c’è la coda per il controllo bagagli. Dopo un’altra mezz’ora giriamo l’angolo e c’è la coda di un’ora per arrivare all’86esimo piano dove c’è l’osservatorio! Quando finalmente (l’ascensore porta 6 persone per volta) raggiungiamo la vista panoramica (che non è la cima, se no dovevamo pagare di + ancora), sono le 23.00, il tramonto se n’è andato da un pezzo!!! è difficile riuscire a fare una foto perchè la fila di gente su ogni lato rende difficile crearsi un angolino per infilare solo il braccio, cmq riconosciamo qualche grattacielo come il chrysler building e decidiamo che è giunta l’ora di tornare a letto (10 $ bibite). L’11 luglio, penultimo giorno, ci immergiamo come veri newyorkesi nel pieno della città. Iniziamo dal rockfeller center, ovviamente percorrendo tutte le avenue e ..th street del nostro quartiere. Facciamo colazione (24 $) e ci fermiamo per vedere dove a natale viene montato il famoso albero e dove preparano la famosa pista da pattinaggio, tanto per ripetermi è tutto molto + piccolo di quello che sembrava. Ci spostiamo alla st.patrick church, attraversiamo broadway, ci dirigiamo alla grand central station, davvero “grand” e davvero bella, ha un centinaio di binari, e ricorda il film degli intoccabili. Ci fermiamo per il pranzo (43 $) e poi raggiungiamo il financial district dove possiamo fotografare la scuola “di ragioneria” (high school of economy and finance), wall street e la bank of new york. Da qui ci spostiamo ad harlem con la metro (16 $). raggiungiamo il central park e la combinazione vuole che entriamo proprio dalla parte dove si trova l’ultimo domicilio di john lennon (the dakota) e il corrispondente monumento nel parco, relativo al suo omicidio. Il parco è enorme per i nostri piedi sfiniti e ogni carrozza che ci passa accanto è un supplizio per la forza di volontà che mi è rimasta. Una volta usciti da qui, circondati da giocolieri e ballerini di break dance decidiamo di divederci. Io e va’ di nascosto torniamo in metro ad harlem, alla ricerca di una chiesa che faccia una messa gospel. Poi ad harlem, cerchiamo ovunque ma tutte le chiese sono chiuse. L’unica, che aveva in programma la messa proprio oggi e a quest’ora, ha spiazzato anche i residenti che non si spiegano il motivo del cambiamento di programma; la popolazione cmq è molto gentile, diponibile ed affascinante! Ultimo giorno: 12 luglio. Facciamo colazione (45 $) nella 7th avenue al delicatessen, poi troviamo un baracchino degli hot dog e non dobbiamo lasciarcelo scappare (4 $), parcheggiato proprio vicino ad uno di quei tombini da cui esce sempre fumo come nei film (e solo chi ha sudato 4 camicie nelle gallerie della metro può capire il perchè), ci dirigiamo per fotografare dall’esterno la gioielleria da tiffany, la playboy enterprise e la trump tower. Qui entriamo per vedere la decantata (nel libro di augias) e pacchiana fontana che ricopre un’intera parete. Entriamo nel mega negozio della disney e completiamo gli acquisti (41 $); paghiamo 70 $ per il passaggio fornito dall’hotel fino all’aeroporto. Aspettiamo l’ora della partenza nel central park ma il tempo a nostra disposizione è terminato. qui finisce la nostra avventura, fatta di emozioni forti, di prime volte, di spaventi e di commozione, di divertimento e di complicità, come forse non ci capiterà mai più di poter condividere tutti e 4 insieme e “solo noi 4”, letteralmente dall’altra parte del mondo.


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