Sri Lanka, un Paese che non ti aspetti…
E, dopo la nostra esperienza, anche noi possiamo confermare che lo Sri Lanka oggi è una destinazione assolutamente sicura e tranquilla; solo il nord del Paese è ancora chiuso al turismo, come si apprende dal sito viaggiaresicuri, per la presenza di mine inesplose.
Dopo aver trovato un volo ad un prezzo più che accettabile (430€) con la Emirates, una delle migliori compagnie con cui abbiamo volato, compriamo l’immancabile lonely planet (che si rivelerà poco aggiornata e poco affidabile) e iniziamo a leggere i diari di viaggio (per la verità non ne troviamo molti sullo Sri Lanka) per capire come organizzare il nostro viaggio. Ci appare subito chiaro che, questa volta non è consigliabile noleggiare una macchina, come siamo soliti fare noi, ma è meglio affidarsi ad un autista/guida. L’idea non ci entusiasma molto ma l’alternativa sarebbe spostarsi con i mezzi pubblici, un’esperienza sicuramente interessante ma più adatta a chi ha molto tempo e viaggia con zaino in spalla.
Quindi iniziamo a contattare alcuni operatori locali suggeriti nei vari forum finché non incappiamo nel nome di Upa, una guida parlante italiano che gode di ottimi giudizi, e che, dalle foto, sembra molto simpatico. Dopo i primi scambi di messaggi via mail, ci sentiamo su skype dove Upa si dimostra una persona molto gentile e disponibile, e combinando le nostre richieste con i suoi indispensabili consigli definiamo un itinerario di massima, con spazio per l’improvvisazione durante il tour. Scelti anche gli hotel, non ci resta che pensare alla valigie, che quest’anno saranno al limite del peso consentito. Infatti, i nostri amici hanno risposto con entusiasmo alla nostra richiesta di “disfarsi” di vestitini e giocattoli usati per portarli ai bambini dello Sri Lanka e ci hanno regalato di tutto e di più.
Tra un preparativo e l’altro arriva il 30 novembre, il giorno della partenza. Lasciamo l’Italia avvolta da un fitto nebbione per atterrare, 10 ore dopo (con scalo a Dubai) e con 1 ora di ritardo, in una soleggiata Colombo, dove Upa ci accoglie con il suo irresistibile sorriso. La nostra prima tappa è Negombo (20 minuti di auto), scelta ideale per fermarsi una notte prima di cominciare il tour, soprattutto se si arriva nel pomeriggio. Dopo una breve sosta in hotel (Paradise Holiday Village), ci rimane giusto il tempo di assistere a un meraviglioso tramonto dalla caratteristica spiaggia dei pescatori, fare un giro della movimentata città e visitare una delle tante chiesa cattolica, in cui, combinazione, si sta concludendo un matrimonio. Durante la cena in hotel assaggiamo il piatto di cui non potremo più fare a meno per il resto del viaggio, il nasi goreng di origine indonesiana ma sempre presente nei ristoranti dello Sri Lanka.
Il mattino dopo iniziamo il tour vero e proprio e, salendo lungo la costa est, andiamo in direzione di Yapahuwa che raggiungiamo solo nel pomeriggio perché durante il tragitto Upa ci propone due “fuori programma” che noi, ovviamente, accettiamo. Il primo è un’improvvisata a casa di un suo amico che abita lì vicino, in una bella casetta circondata da risaie, e che, con la proverbiale accoglienza cingalese, ci riceve offrendoci da bere cocchi freschi, raccolti appositamente per noi dalla palma; nel giardino i due ci fanno un “mini corso” di botanica, illustrandoci alcune piante tipiche tra cui le foglie di betel che loro sono soliti masticare per disinfettare la bocca (causa di quel colorito rosso che spesso si può osservare sui denti dei locali).
Dobbiamo, invece, modificare e allungare il percorso per arrivare a Ridigama, ma ne vale la pena. Qui, in seguito alle distruzioni delle statue di buddha in Afghanistan da parte dei talebani, su iniziativa di un monaco, stanno ultimando (sarà inaugurata nel 2012) un buddha in marmo alto 20 metri, completamente finanziato dalle offerte dei privati; attualmente è visitato prevalentemente da gente locale, ma in futuro sicuramente sarà inserito tra le attrattive del Paese. Siamo gli unici turisti occidentali anche nel sito di Yapahuwa, di modeste dimensioni ma interessante per le condizioni in cui si trovano alcuni resti dell’antica fortezza e per il panorama che si gode salendo la ripida scalinata in pietra che, un tempo, permetteva di accedere al tempio in cui era custodito il dente di Buddha.
Trascorsa la notte nell’accogliente e rilassante Yapahuwa Paradise Resort risaliamo in macchina alla volta di Anuradhapura, pronti ad affrontare una nuova giornata da “cardiopalma” tra cingalesi che guidano come pazzi (in questo tratto ci sono pure i lavori!) ma circondati sempre da scenari meravigliosi. Come quello che si presenta davanti ai nostri occhi facendo una piccola deviazione: un lembo di terra rossa separa un’ immenso lago artificiale dalle verdissime risaie… un’armonia di colori! La visita al sito di Anuradhapura (costo del biglietto, valido per tutto il triangolo culturale, 50 dollari) ci impegna per parecchie ore perché l’area è veramente vasta e ci sono tantissime cose da vedere. Tra queste magnifiche rovine consumiamo il nostro abituale pranzo al sacco a base di bananine, ananas e manghi, con tanto di varano che passeggia a due passi da noi. Se la zona archeologica di Anuradhapura ci ha entusiasmato molto, un po’ meno la “città nuova” dove si trova il nostro hotel (Dulyana), che di caratteristico ha solo il mercato notturno (dalle 5 di sera alle 2 del mattino), in cui è possibile acquistare pesce fresco, frutta e verdura di ogni genere.
Facendo base due notti a Sigiriya, nell’incantevole Kassapa Lion Rock Resort, riusciamo a vedere tutto il resto del triangolo culturale e anche qualcosa in più (due giornate molte intense, come piacciano a noi!) Il tragitto da Anuradhapura a Sigiriya, che in parte percorriamo su strade secondarie che s’insinuano tra piccoli villaggi, ci regala anche alcuni piacevoli momenti di contatto con gente locale. Il primo incontro è con due sorelline che giocano ai margini della risaia dove lavora la mamma, e si avvicinano a noi intimidite e incuriosite dai peluches che gli regaliamo. Abbiamo poi la fortuna di capitare ad Aukana di domenica quando è animata dai bambini che frequentano la scuola del tempio e che, con i loro vestitini bianchi e i loro sorrisi, si divertono a mettersi in posa davanti ai nostri obiettivi. Non è un bambino, ma è altrettanto spassoso, il dipendente del dipartimento di archeologia che si unisce a noi nella camminata (sono consigliate scarpe da ginnastica o trekking) dentro alla riserva di Ritigala per scoprire le rovine di un antico complesso monastico. Un luogo affascinante (compreso nel triangolo culturale) e poco frequentato, immerso in una fitta vegetazione che custodisce alcuni esemplari di alberi spettacolari; ci fermiamo sotto quello più maestoso per fare il nostro pic-nic (ogni giorno nel nostro menù c’è un frutto nuovo, oggi è il turno del gigantesco pompelmo) e goderci i suoni della foresta, ma quello che riusciamo ad ascoltare è solo la parlantina (se non parla canticchia) del nostro nuovo compagno con cui dividiamo il nostro pranzo.
Il pomeriggio lo dedichiamo a Polonnaruwa, forse uno dei siti archeologici meglio conservati, di cui riusciamo a vedere solo le attrazioni principali, perché l’area è veramente immensa e richiederebbe molto più tempo.
Da quando siamo qui seguiamo i ritmi della natura, andiamo a dormire con le galline e ci svegliamo con il canto del gallo, e quindi non ci pesa alzarci all’alba per arrivare sotto la rocca di Sigiriya all’apertura dei cancelli, evitando così caldo e calca. Sarà anche merito della splendida giornata di sole che, ancora una volta, ci regala lo Sri Lanka ma vedere dal vivo quest’imponente masso roccioso circondato dalla vegetazione è uno spettacolo unico e indescrivibile. E arrivando sulla sommità si capisce perché Re Kassopa aveva scelto questo posto per costruire il suo regno (da non perdere la visita al museo). Dopo aver visitato anche Dambulla (pacchiana l’entrata, ma molto singolari le grotte sull’altura), davanti a un bel piatto di nasi goreng, stuzzicati dai discorsi di Upa, decidiamo di andare a vedere la spiaggia di Trincomalee. I chilometri sono tanti (un centinaio, vale a dire 4 ore tra andata e ritorno) e la “pazzata” ci costa un pieno (la gita non era in programma e ci sembra giusto contribuire), ma l’esperienza è indimenticabile per le risate che ci facciamo in macchina, per la bellezza delle spiagge della costa est, per gli elefanti che ci attraversano la strada al ritorno, ma soprattutto per quel quarto d’ora che passiamo con l’amico tamil di Upa, fisicamente segnato dalla guerra, e la sua povera ma solare famiglia.
Archiviata la zona archeologica dello Sri Lanka, ci spostiamo verso Kandy, la prima vera città con un mix di negozi tipici cingalesi e negozi in stile occidentale, un fornitissimo mercato (consigliato per acquistare spezie e riso) e un moderno centro commerciale. Soggiornando qui due notti, in un piccolo hotel in stile inglese che si trova in collina (Richmond House), abbiamo il tempo assaporare con calma tutto ciò che offre Kandy: un bagno di folla nel famoso Tempio del Dente di Buddha, una passeggiata nei rilassanti e istruttivi Giardini Botanici, la visita ad un originale tempio in legno nel villaggio di Embekka e uno spettacolo di danze locale (questo, in verità, non proprio di nostro interesse…).
Dopo chilometri e chilometri di pianura, ci troviamo a percorrere una strada con tornanti che sale tra distese di piantagioni di the, dove possiamo scorgere alcune raccoglitrici con le grandi ceste sulle spalle, e piccole cascate. Con il paesaggio cambia anche la temperatura, che si fa più frizzante, e compaiono le prime nuvole. Arriviamo a Nuwara Eliya con un cielo coperto e minaccioso che crea un’atmosfera surreale e ci invoglia a comprare giacche e felpe di ottima qualità a prezzi bassissimi, in una piccola via del centro. Ed è una strana sensazione ritrovarsi in Sri Lanka a cenare davanti ad un caminetto acceso nella raccolta veranda del King Fern Cottage, l’hotel più originale ed economico in cui abbiamo dormito.
L’unica mattina che saremmo rimasti volentieri al calduccio sotto il piumone, la sveglia suona alle 4.30 e con il buio ci dirigiamo in auto (1h 30”) all’Horton Plains National Park. L’altopiano ci appare completamente avvolto da una nebbiolina che man mano si dirada lasciando spazio ad una tersa giornata di sole. Anche se non abbiamo il tempo di esplorare il parco come vorremmo, perché ci aspetta un treno per Ella, riusciamo, comunque, a fare una bella camminata di 9 km che porta a punti panoramici, cascate, laghetti e ci permette di vedere alcuni cervi.
La speranza di riposarci un po’ sul treno, per riprenderci dalla levataccia e dalla scarpinata, svanisce alla stazione di Nanu Oya… il treno è affollatissimo di turisti e gente locale! Trascorriamo buona parte del viaggio in piedi (2h 30”), ma l’esperienza è divertente e lo scenario bellissimo. Arriviamo ad Ella quasi contemporaneamente a Upa, che ci ha “seguiti” in auto e scopriamo che, causa lavori di asfaltatura, dobbiamo fare “un giro dell’oca” di 16 km per raggiungere la nostra guest house (Ambiente), dove, con la strada normale saremmo potuti arrivare in pochi minuti. E non ne vale neanche troppo la pena (di bello c’è solo il panorama)… forse sarebbe stato meglio cercare una sistemazione in centro dove ci sono tanti bei localini per cenare!
Le litanie dei buddisti, provenienti da un tempio vicino, ci annunciano il nuovo giorno che ci porterà nella parte sud dell’isola, a Tissamaharama. Durante il tragitto visitiamo la fortificazione granitica di Buduruwagala e quel che rimane di un antico monastero nel villaggio di Maligavila; qui abbiamo la pessima idea di tirar fuori macchinine e vestitini per darle ad una famiglia bisognosa, ma, ben presto, ci troviamo circondati da una marea di gente attratta più dal gusto di prendere qualcosa che da reale necessità. Così decidiamo di affidare tutto ciò che ci rimane a Upa, che distribuirà nelle sedi più adatte (scuole, villaggi, ecc.). La giornata ci riserva, poi, una serie di piacevoli sorprese, dall’incontro molto ravvicinato con un branco di elefanti lungo la strada, all’hotel in cui soggiorneremo per due notti (Hibiscus Garden), il migliore di tutto il tour, per finire con una bellissima eclissi di luna. Uno spettacolo che si aggiunge alla già suggestiva serata di poya (luna piena) che trascorriamo in mezzo a una moltitudine di pellegrini nel tempio di Kataragama.
Un clima totalmente diverso, di rispettoso silenzio, si respira a Nimalawa, dove giungiamo in mattinata per assistere al momento in cui i monaci scendono dalla foresta per accettare le offerte della famiglia che oggi ha l’onore di preparare il pranzo per loro. Terminata la cerimonia, anche noi risaliamo fino al centro di meditazione dove vivono i monaci e, grazie a Upa, abbiamo anche la possibilità di intrattenerci qualche minuto con uno di loro.
Per la concomitanza tra la luna piena (giorno di festa in Sri Lanka) e la chiusura delle scuole, le strade del Yala Park sono molto trafficate, tanto che gli animali si guardano bene dal farsi vedere… ci consoliamo con un infuocato tramonto! E con il safari si conclude in nostro tour, domani andiamo a Unawatuna.
Nei nostri viaggi mare è sinonimo di pioggia, e infatti quando ci fermiamo a Dondra, per salire sul faro da cui si domina tutta la costa, iniziamo a sentire le prime gocce che ci accompagneranno anche il giorno seguente. Ma noi la prendiamo con filosofia e ci mangiamo su una buona pannocchia bollita (ora si che possiamo dire di aver assaggiato tutto quello che vendono per strada!). Individuato il Thaproban, l’hotel che abbiamo scelto per il soggiorno al mare, dobbiamo salutare Upa e non è facile perché in questi 12 giorni si è instaurato un rapporto che va aldilà del rapporto tra guida e clienti; con lui abbiamo potuto parlare di argomenti seri (buddismo, tradizioni, cultura, politica italiana e cingalese, ecc.), conoscere lo Sri Lanka più vero ma anche ridere e scherzare su tutto… e pensare che all’inizio non eravamo troppo convinti dall’idea di fare il viaggio con una guida!
Non ci facciamo demoralizzare dall’iniziale brutto tempo (una pioggerellina fine ma costante) ma lo sfruttiamo per girare in lungo e in largo Unawatuna, spingendoci anche all’interno tra i villaggi, e per andare nella vicina Galle in tuk tuk, dove dentro alle mura troviamo dei negozi e dei locali veramente carini. Quando, finalmente, esce il sole ci buttiamo in spiaggia e assistiamo ad uno spettacolo incredibile: il passaggio sulla riva di due ruspe, seguite da un corteo di gente, pronte a demolire tutte le parti abusive di hotel e ristoranti, tra cui la bella terrazza del nostro hotel. E solo la mattina dopo, facendo la nostra solita passeggiata fino in fondo alla spiaggia, ci rendiamo conto della portata di questa demolizione, praticamente non si è salvato nessuno!
L’ultimo giorno Upa viene a trovarci con tutta la sua famiglia e la famiglia del suo amico Lionel. Trascorriamo una bella giornata tutti insieme che si conclude a casa di Lionel, a Galle, con una cena a base di piatti locali e pesce grigliato cucinato appositamente per noi. Come se non bastasse la timida figlia di Lionel, prima di andare via, ci regala un vasetto portafiori decorato con le sue mani.
Grazie al nuovo tratto di autostrada, inaugurato il mese prima, in poco più di due ore (è mattina presto e c’è poco traffico) ci ritroviamo in aereoporto, lo stesso aereoporto dove 15 giorni fa siamo atterrati senza immaginare che lo Sri Lanka ci avrebbe conquistati a tal punto da volerci ritornare una seconda volta…