Sri Lanka… sei elefanti si dondolavano sopra il filo di una bustina di tè

Un piccolo paradiso dove il verde brillante della giungla nasconde antichi templi in rovina, branchi di elefanti, grandi statue di Buddha scolpite nella roccia, piantagioni di tè che si estendono a perdita d’occhio
Scritto da: tus-operator
sri lanka... sei elefanti si dondolavano sopra il filo di una bustina di tè
Partenza il: 17/03/2016
Ritorno il: 31/03/2016
Viaggiatori: 6
Spesa: 2000 €
Lo Sri Lanka è un piccolo paradiso dove il verde brillante della giungla nasconde antichi templi in rovina, branchi di elefanti, grandi statue di Buddha scolpite nella roccia, piantagioni di tè che si estendono a perdita d’occhio e molti altri tesori. Il sorriso spontaneo e bianchissimo della sua gente e la spiritualità che si percepisce in molti luoghi, lo rendono un paese ancora più suggestivo ed indimenticabile.

Eravamo alla ricerca di una destinazione per il nostro solito viaggio primaverile. Avevamo una gran voglia di visitare l’Oriente ma, avendo poco tempo a disposizione (poco più di una settimana), non mi sembrava il caso di visitare paesi troppo grandi. Lo Sri Lanka si è rivelato essere la soluzione migliore.

NOLEGGIO AUTO CON AUTISTA Per visitare questo paese vi consiglio di affidarvi ad un tour operator locale. Anche noi inizialmente eravamo molto scettici perché siamo un gruppetto di 6 persone affiatate ed abituate ai viaggi fai-da-te in completa autonomia. Nei blog sconsigliano il noleggio di un’auto perché le condizioni di guida non sono affatto semplici (bisogna ammettere che hanno ragione) così abbiamo deciso di optare per un noleggio con autista. Questa soluzione è stata assolutamente azzeccata per i seguenti motivi: costi contenuti del servizio, prezzo degli hotel molto inferiore rispetto all’acquisto su Booking e altre piattaforme (hanno delle strutture convenzionate), comodità (l’autista ti recupera subito dopo aver visitato l’attrazione senza necessità di cercare parcheggio), sicurezza (per noi europei viaggiare su queste strade può essere pericoloso oltre che stressante), possibilità di raccogliere molte più informazioni sulla vita e gli usi locali. Noi, addirittura, abbiamo richiesto anche una guida parlante italiano che ci ha accompagnato nei vari siti. Tenete presente che nel pacchetto che vi formuleranno, i costi saranno comprensivi di: noleggio auto, assicurazione auto, compenso autista/guida, vitto e alloggio autista/guida, pernottamento negli hotel (spesso anche la mezza pensione), benzina e tasse. Sono esclusi gli ingressi, le mance e solitamente i pranzi.

COSTI Veniamo adesso ai costi della vacanza. Per 8 giorni di tour + 2 giorni di mare abbiamo speso circa 1.800 euro a testa. Le spese sono dovute principalmente a: volo andata/ritorno (400€), compenso tour operator locale comprensivo di hotel di 4/5 stelle con mezza pensione (680€), ingressi monumenti/safari/visite/massaggio ayurvedico (250€ – decisamente cari i ticket di ingresso!), pernottamento mare (250€), assicurazione (80€) e visto di ingresso ETA (30€ – si può fare on line o all’arrivo in aeroporto). Se volete risparmiare 200-300 euro potete scegliere hotel di categorie inferiori. Per gli 8 giorni di tour + 5 notti alle Maldive abbiamo speso invece circa 3.000 euro (incidono notevolmente le 4 notti nell’atollo).

CLIMA abbiamo visitato lo Sri Lanka nella seconda metà di marzo e il tempo è stato sempre bellissimo. Non ha mai piovuto ma le temperature erano decisamente elevate perché si aggiravano attorno ai 35° con forte umidità (calcolate che durante la visita ai siti religiosi dovrete tenere i pantaloni lunghi).

CAMBIO il cambio è poco agevole ma, per facilitarvi, calcolate che 1€=150Rs (rupia dello Sri Lanka). Arrivati in aeroporto non abbiamo cambiato nulla (pare che il cambio sia svantaggioso). Abbiamo chiesto invece alla guida di accompagnarci presso una struttura più conveniente e qui ci hanno applicato una commissione quasi inesistente (cambio €/Rs praticamente pari alla quotazione on-line). Conviene anche prelevare agli sportelli bancomat, molto diffusi, con la vostra carta bancomat (circuito Maestro) perché anche qui la commissione è minima. Il prelievo con carta di credito, invece, è decisamente oneroso (evitatelo il più possibile).

MEDICINE non vi è l’obbligo di alcun vaccino e non vi sono particolari cure da seguire prima di partire. Noi abbiamo preso delle pastiglie omeopatiche come antizanzare ma sono servite a poco e, ad ogni modo, di zanzare non ce n’erano poi molte. Piuttosto portatevi appresso dello spray repellente.

Veniamo però adesso al diario di viaggio vero e proprio:

PRIMO E SECONDO GIORNO (17-18 marzo) – viaggio

Finalmente la sera di giovedì 17 marzo, dall’aeroporto di Milano Malpensa, ha inizio il nostro viaggio in Sri Lanka! Voli diretti non ce ne sono ma i prezzi sono decisamente interessanti (circa 400 euro andata/ritorno prenotando 6 mesi prima – compagnie Oman Air o Emirates).

Tra ritardi e lo smarrimento della valigia di Gio, finalmente alle 18 incontriamo Siri, la nostra gentilissima guida della Michelle Tours che ci accompagnerà per queste giornate. E’ un uomo sulla cinquantina, molto serio e rispettoso. Forse troppo, di primo impatto, ma giorno dopo giorno lo conosceremo meglio fino ad affezionarci. Veramente un’ottima guida e una piacevole persona! Fuori dall’aeroporto di Negombo (il principale dell’isola) ci attende un sorridente Rajit, alla guida del comodissimo minivan che ci trasporterà in lungo e in largo per le strade cingalesi. E che strade ragazzi! Sarà che siamo stanchi per il lungo viaggio ma le 3 ore che ci separano da Anuradhapura, dove trascorreremo la notte, sembrano interminabili e minate da una lunga serie di pericoli stradali. Nel buio della sera, biciclette e tri-wheel (sono simili alle Ape e vengono utilizzati come taxi) si sorpassano e invadono la corsia opposta mentre auto e furgoncini cercano di schivarsi. Una giungla. Proprio come quella che affianca ogni tratto della strada.

Quando arriviamo a destinazione, veniamo portati in un ristorante dove avremo la conferma di essere davvero arrivati in Sri Lanka: una montagna di riso e verdure speziati con curry e chissà cos’altro. Eccoli i sapori di queste terre! Sono sicuramente forti ma, nei giorni a venire, inizieremo ad abituarci.

Quando arriviamo all’Avasta Resort & spa, un hotel dalle ampie camere ma mediocre, facciamo giusto in tempo a docciarci e ad infilarci a letto. Siamo distrutti ma domani inizia il tour!

TERZO GIORNO (19 marzo) – Anuradhapura e tour in elefante

La splendida città di Anuradhapura (biglietto ingresso 25$) ci attende sotto un implacabile sole. Cosa importa se ci sono 34 gradi (obbligatori i pantaloni lunghi in tutti i luoghi sacri!), se l’umidità è altissima e se siamo tutti appiccicaticci quando davanti ai nostri occhi ci sono tante meraviglie? L’antica città è ricca di stupe (grandi cupole caratteristiche dei luoghi sacri dello Sri Lanka) ed altri antichi edifici religiosi ma la sua bellezza sta proprio nella spiritualità che si respira essendo tutt’oggi meta di numerosi pellegrini.

Uno sciame di fedeli vestiti in bianco si dirige in massa verso l’albero sacro (Albero di Bodhi), un grande ficus proveniente della pianta sotto la quale il Buddha ebbe l’illuminazione. Depositiamo le scarpe presso un chiosco ed entriamo scalzi (o con i calzini se preferite e se volete evitare di scottarvi le piante dei piedi camminando sulle pietre).

I fedeli portano in dono frutta fresca e grandi fiori. Anche noi depositiamo ai piedi dell’albero sacro una ninfea viola con entrambe le mani, come vuole la tradizione.

Donne e anziani che pregano, mangiano, si riposano sotto gli alberi mentre alcuni bambini lanciano dei boccioli di fiori alle scimmie. E’ un caos fatto di colori, suoni e preghiere.

La grande e bianca stupa/dagoba Ruwanwelisseya, alta più di 50 metri e larga 300, viene imbiancata ogni anno, come vuole la tradizione. Che meraviglia! Ci si sente così piccoli ai suoi piedi che si percepisce un certo timore reverenziale.

Altre stupe, rovine, colonne di antichi monasteri, vasche scolpite e statue di buddha si susseguono in questo grande e verdissimo complesso archeologico. L’autista ci recupera ad ogni sito per cui la visita è piuttosto rapida (circa 3-4 ore) e decisamente comoda. Percorrere a piedi tutte queste distanze è impensabile con il caldo afoso e richiederebbe, ad ogni modo, almeno un’intera giornata.

Dopo aver pranzato in uno dei numerosi ristoranti per turisti che propongono un ricco buffet (è la soluzione più comoda se non potete farcela ad ingurgitare spezie), ci dirigiamo verso Habarana dove saliamo in groppa ad un elefante. Ci arrampichiamo tutti e sei sulla sua schiena e ci addentriamo nella giungla lungo un sentiero.

Si tratta proprio di un’attrazione per turisti (ed è pure cara – circa 15€ a persona) ma è un’emozione incredibile sedersi a cavalcioni sulla testa di questo grande elefante, vederlo così da vicino e sentire la sua pelle rugosa sotto le dita. Raja, il nostro l’elefante, è goloso di banane mature e, ogni volta che avvicina la proboscide verso di noi, gliene allunghiamo una. La afferra rapidamente e se la porta subito alla bocca.

L’hotel in cui siamo sistemati stasera è l’Aliya Resort &Sspa ed è uno spettacolo. Non solo è moderno e curato ma il personale è estremamente gentile. Per la verità in ogni hotel, ristorante o negozio i cingalesi sono sempre particolarmente gentili e sorridenti. Data la temperatura pomeridiana, che è salita ulteriormente rispetto a stamattina, ci concediamo un po’ di relax nella lunga piscina che ha come sfondo la rocca di Sigiriya (che visiteremo domani).

Gli hotel turistici dello Sri Lanka sono quasi tutti posizionati al di fuori dei centri abitati per cui la sera, dopo aver cenato, c’è ben poco da fare. La guida sconsigliava di uscire al calare del sole per via della piccola criminalità (ma a me è parso tutto così tranquillo…) e per la chiusura delle attività (negozi e ristoranti chiudono piuttosto presto e non c’è una vera e propria vita notturna). Seppur cenare in locali tradizionali possa essere più stimolante, bisogna ammettere che non se ne vedono molti (se non dei chioschetti lungo le strade) e chiudono comunque piuttosto presto. Meglio quindi prenotare la mezza pensione in hotel.

QUARTO GIORNO (20 marzo) – Polonnaruwa e Sigiriya

A colazione ci ingozziamo di dolcetti e frutta fresca. Ma non siamo gli unici ad avere la pancia piena. Lungo il viaggio verso Polonnaruwa vediamo un varano che, pigramente, esce dalle acque di un fiumiciattolo per ricevere un pezzo di pesce ogni volta che arriva un gruppetto di turisti.

Le rovine dell’antica città di Polonnaruwa sono senza dubbio i più belli e ricchi dello Sri Lanka (biglietto ingresso 25$). Tra le piante di una giungla verde e luminosa si nascondono una gran quantità di colonne, templi, statue e palazzi reali. I punti di interesse sono distribuiti su una superficie piuttosto ampia (durata visita circa 3-4 ore) quindi, se non avete la possibilità di accedere con la vostra auto o a bordo di un pulmino, vi conviene noleggiare una bicicletta nei pressi dell’ingresso.

Magnifica la Sala del Consiglio, a poca distanza dalle rovine del Palazzo Reale, con gli eleganti bassorilievi che decorano il basamento a gradoni. Poi, proseguendo più avanti, ecco il celebre tempio circolare, ben conservato, con le meravigliose scalinate scolpite e con quattro Buddha seduti ad osservare in eterno i quattro punti cardinali. Lo stupore aumenta man mano che proseguiamo la visita. La ricchezza di questo sito archeologico è davvero notevole.

Nelle tappe successive visitiamo due gradi stupe, una imbiancata e l’altra ristrutturata senza rinnovare l’intonaco. Quale delle due è la più bella? Non saprei. Una colpisce più per la sua spiritualità mentre l’altra per il suo fascino evocativo.

A piedi scalzi, in segno di rispetto, ci avviciniamo poi alle sorprendenti statue di Buddha interamente scavate nella roccia. Il dolce sorriso del Buddha morente ci trasmette una sorprendente serenità. Viene voglia di chinare la testa come quando si riceve una benedizione.

Le scimmiette saltellano davanti a noi e qualcuna si accoppia noncurante dei turisti e dei numerosi venditori di souvenir e di ananas. Siri, la nostra guida, ce ne compra qualche sacchetto per farci recuperare le energie prima della nostra tappa successiva, una vasca a forma di fiore di loto.

Lungo il viaggio di ritorno, sostiamo presso una fabbrica artigianale che produce sculture in legno. Sono veramente bellissime ma hanno dei prezzi esagerati (troverete altrove altri negozi in cui, contrattando, porterete via il pezzo a quasi metà prezzo!). C’è di buono che almeno i venditori non sono insistenti come in altri paesi.

Dopo un pranzo tranquillo, prolungato per evitare di affrontare la prossima meta sotto il sole cocente, proseguiamo per la Rocca di Sigiriya, una rupe che si eleva per 200 metri sopra la giungla circostante (biglietto ingresso 30$). Nel V secolo un sovrano cingalese fece erigere un palazzo sopra l’altura e circondò la base con mura, piscine e splendidi giardini. Oggi rimangono solo alcune rovine (restaurate dall’Unesco) ma un tempo doveva essere incantevole. E con il caldo massacrante sarebbe bello potersi tuffare ancora in una piscina!

La salita è lunga, lenta e sfiancante. Il nostro sudore gocciola lungo il naso e si mischia con quello degli altri turisti che affollano le scalinate (solo pochi sono stranieri come noi). Lungo la salita, gli affreschi di 18 fanciulle dallo sguardo languido e dai seni pieni e nudi ci scrutano dagli affreschi rupestri.

Dalla cima il panorama è superbo e si estende a perdita d’occhio sulla giungla e sui laghetti in cui si specchia il sole che sta ormai tramontando. Quando scendiamo, dopo circa 2-3 ore, ancora completamente fradici di sudore ci rechiamo in un centro ayurvedico nascosto nella giungla (4500 Rs a persona). Veniamo accompagnati in una stanzetta dove per un’ora scordiamo la stanchezza e la nostra sporcizia tra le mani abili dei massaggiatori e gli oli profumati con i quali siamo cosparsi. Quando ci ritroviamo tutti nella sauna di erbe aromatiche sembriamo dei maialini unti e speziati al punto giusto per la cottura al vapore.

Rientrati in hotel, sempre quello della notte precedente, è già piuttosto tardi. Ceniamo rapidamente ancora coperti dall’unto del massaggio e ci ritroviamo più tardi per una tazza di tè.

QUINTO GIORNO (21 marzo) – Dambulla, Matale, Aluvihara e Kandy

La giornata di oggi sarà piuttosto intesa perché, lungo la strada che ci porterà a Kandy, si trovano diverse tappe interessanti.

Le scimmiette, con le loro espressioni così umane, ci osservano mentre saliamo i gradini che portano al tempio rupestre di Dambulla (ingresso gratuito). Mentre noi sudiamo, loro si spulciano felici. Le cinque grotte che costituiscono il tempio risalgono al I secolo a.C. e sono bellissime (durata visita circa 1-2 ore). Nei secoli successivi sono state oggetto di numerosi rifacimenti e le pitture sono state periodicamente rifatte ma il fascino di questo luogo è immutato. Se fuori la luce del sole è accecante, l’interno è quasi buio. Ma quando gli occhi si abituano a questa luce tenue, affiorano dell’oscurità decine e decine di statue di Buddha in posizioni differenti e tutte colorate. Il soffitto e le pareti sono interamente ricoperti di affreschi le cui tinte naturali raccontano storie a noi sconosciute. Il caldo soffocante e l’atmosfera hanno un potente effetto evocativo. Sembra che tutti quegli occhi ti guardino dentro con benevolenza e ti benedicano con quelle mani sollevate.

Cannella, chiodi di garofano, noce moscata, pepe, zenzero e tante altre spezie riempiono le nostre narici mentre passeggiamo nel giardino di spezie nei pressi di Matale. Ce ne sono diversi lungo la strada che procede a sud verso Kandy. Si tratta di una tappa “forzata” per turisti al termine della quale vengono venduti dei prodotti a prezzi spropositati. Lungo il sentiero ci vengono spiegati utilizzo e proprietà di ogni spezia e la visita è davvero interessante. C’è anche la possibilità di ricevere un massaggio alla cervicale di circa 10 minuti per il quale viene utilizzato un olio con 28 erbe differenti (offerta libera).

È assurdo come dopo esserci acculturati su ogni genere di spezia ci si rechi al buffet del ristorante di fronte evitando i cibi speziati. Siamo pessimi!

Raggiunta la cittadina di Matale vi consiglio di fermarvi in visita al tempio indù (lo vedrete lungo la strada). Noi lo abbiamo purtroppo trovato chiuso ma, anche solo dall’esterno, è davvero molto colorato e curioso.

Il tranquillo tempio di Aluvihara (biglietto ingresso 250 Rs) è fuori dalle tratte turistiche tradizionali. E’ un tempio rupestre molto simile a Dambulla ma, pur essendo meno ricco, conserva un fascino genuino ed autentico (durata visita circa 30 min-1 ora). I grandi Buddha sdraiati all’interno di piccole stanze scavate nella roccia esplodono di colori brillanti. Sembra che possano alzarsi da un momento all’altro e distruggere, con la loro grandezza, la grotta in cui siamo intenti a contemplarli. Sempre all’interno del complesso, inquietanti affreschi alle pareti raffigurano una raccapricciante serie di torture che aspettano i maligni nell’inferno buddhista.

Il traffico che ci accoglie a Kandy ci ingloba in un mix di clacson, persone e tri-wheel (tuc-tuc). Non so quanto tempo abbiamo trascorso in colonna ma è stato snervante.

Raggiunte le sponde del lago cittadino, veniamo catapultati nello squallido padiglione del Kandyan Dance Performance dove di lì a pochi minuti partirà uno spettacolo di danze tradizionali (biglietto ingresso 1000 Rs). Nei bei costumi si nascondono danzatori dal dubbio talento che si muovono al ritmo persistente di sei tamburi. L’ora trascorsa qui dentro è decisamente meglio impiegata se la dedicherete passeggiando per il centro cittadino.

Alle 18, terminato lo spettacolo, ci dirigiamo verso il tempio del Sacro Dente di Buddha dove ha inizio la cerimonia della puja. I fedeli, vestiti di bianco, invadono il tempio e poi si mettono in coda nella speranza di poter pregare dinnanzi alla preziosa reliquia. I tamburi ritmano la cerimonia mentre noi ci intrufoliamo nelle varie stanze cariche di libri antichi, statue di Buddha e zanne di elefanti che sfilarono portando in processione il sacro dente.

L’edificio non è cosi antico ma la spiritualità racchiusa tra queste mura lo rende decisamente affascinante. La luna è già alta in cielo quando usciamo dal tempio. Si specchia tra le acque tranquille del lago di Kandy. È giunto il momento di risalire le colline e ritirarsi presso l’Amaya Hills, il nostro hotel per i prossimi due giorni. Dista circa 15-20 min in auto dalla città ma la vista è pazzesca.

SESTO GIORNO (22 marzo) – Pinnawala e Kandy

Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela… Bisognerebbe continuare la filastrocca finché l’elefante non ne ha chiamati altri 86. All’Orfanotrofio di Pinnawala (biglietto ingresso 2500 Rs), infatti, ci si prende cura di ben 87 pachidermi. Arrivano qui dopo che, per svariati motivi, il branco li ha abbandonati. Se entro tre settimane nessun’altra famiglia di elefanti li ha adottati, ci pensa questa organizzazione a dar loro un futuro. Ho letto in alcune recensioni dei commenti negativi in merito alle condizioni degli elefanti e al loro trattamento ma noi abbiamo trovato una situazione completamente diversa. Ok, è tutto molto turistico ma non è uno zoo. Qui gli animali vengono trattati bene e sono lasciati in prevalenza liberi di gironzolare (vengono legati solo in rare occasioni e solo se sono un po’ troppo agitati). Tre volte al giorno vengono portati al fiume per il bagno. Una processione di elefanti attraversa il piccolo villaggio ed entra precipitosamente in acqua tra gli spruzzi. Qualcuno gioca con un tronco di legno, qualcun altro si rotola nel fiume, altri ancora si lasciano inondare da secchiate di acqua fresca. Ce ne sono anche due che amoreggiano intrecciando le loro proboscidi in quello che noi interpretiamo come un gesto affettuoso.

Che emozione avvicinarsi ad uno di quei musi enormi, accarezzare la lunga proboscide e guardare all’interno di quegli occhi così grandi e pacifici.

Durante la giornata si può assistere anche all’allattamento dei piccoli elefantini (di piccolo hanno ben poco) che vengono nutriti da enormi biberon. Troppo teneri!

Lungo la strada che ci riporta a Kandy, ci fermiamo presso alcuni chioschi ai margini della giungla che vendono frutta. Che bei colori! Assaggiamo delle banane rosse (il sapore è molto simile a quelle gialle) e ci facciamo aprire una noce di cocco reale per berne il latte e mangiarne poi la polpa. E’ ormai ora di pranzo e questo “aperitivo” ci ha messo una certa fame!

Dopo aver mangiato e al termine di una poco entusiasmante visita ad una fabbrica di pietre preziose e ad una di batik, io, Cristian e Moira ci facciamo lasciare nel centro di Kandy. Abbiamo i pantaloncini e nei templi non ci lasciano entrare così facciamo una passeggiata lungo il lago e prendiamo un tri-wheel (tuc-tuc) per rientrare in hotel. Che esperienza pazzesca! Il mezzo, con il sedile sdrucito e la lamiera ammaccata, arranca lungo le stradine che salgono in collina. Per affrontare le salite si muove a zig zag scansando i veicoli che arrivano in discesa. Superata la tensione iniziale, il viaggio diventa esilarante!

In hotel troviamo Maria e Claudia ad “attenderci” in piscina (in realtà dormono sulle sdraio). Recuperato anche Giorgio, ci ritroviamo tutti al bordo dell’acqua per una pizza. Si, una pizza. Siamo proprio degli italiani medi!

SETTIMO GIORNO (23 marzo) – Kandy, piantagioni di tè, Nuwara Eliya ed Ella

Poco lontano dal caos di Kandy si trovano i tranquilli giardini botanici di Peradeniya. È ancora presto e siamo tra i primi turisti ad entrare questa mattina. La luce ancora bassa e l’aria fresca conferiscono al giardino un aspetto quieto e surreale.

Passeggiando lungo i vialetti si incontrano splendide orchidee, piante gigantesche e dalle incredibili radici, pini sinuosi che sembrano intrecciarsi su se stessi ed uno stretto ponte traballante sospeso sul fiume.

Ad un certo punto, nei pressi di un boschetto di canne di bambù larghe 20 cm l’una, un branco di scimmie occupa il percorso e ci osserva con fare infastidito. Non si spostano finché non siamo praticamente ad un paio di metri di distanza. Poi, rapidamente, si ritirano arrampicandosi sugli alberi. Ma gli animali più spettacolari sono i migliaia di pipistrelli della frutta che infestano gli alberi e che, ad ali spiegate, volano in alto sulle nostre teste.

Dopo circa un’ora e mezza, risaliamo sul pulmino e prendiamo la strada che pian piano sale verso le montagne. Ogni tornante ci manda in subbuglio lo stomaco ma ci regala belle vedute sugli altipiani e sulle piantagioni di tè. Ci fermiamo per scattare alcune fotografie del paesaggio fatto di colline con file e file di piantine di tè quando, da non si sa bene dove, compare un mago che, sotto il sole cocente, si esibisce in giochi di prestigio. Spariscono monete, appaiono palline e si ingoia persino una spada. Ottimo show!

Arrivati in una piantagione di tè, entriamo nella piccola fabbrica per scoprirne i procedimenti di lavorazione. L’odore delle foglie in macerazione ed essiccazione si insinua nelle narici. È forte ma buono. Così come la tazza di tè che ci viene offerta una volta terminata la visita. Anche questa è la solita tappa “obbligatoria” per turisti ma almeno è interessante. Un negozietto vende confezioni di tè a prezzi proibitivi.

Nuwara Eliya è sfiancata dal caldo che la sta attanagliando da giorni. Non capitano spesso temperature così elevate a 1800 metri di altezza sul livello del mare. La cittadina ha un aspetto decisamente british con l’ufficio postale in mattoncini, le case che ricordano l’Inghilterra, le cabine telefoniche rosse ed i prati curati. Però nel mercato al coperto è tutto un altro mondo. Tra banane, pesce fresco ed essiccato, spezie e frutta si ritrova il vero spirito dello Sri Lanka. Gli odori sono così invadenti che, con lo stomaco sconquassato dalla lunga e tortuosa strada di montagna, Maria viene invasa dalla nausea.

Inghiottiamo velocemente il nostro pranzo perché da lì a pochi minuti arriverà in stazione il treno che ci porterà ad Ella (durata viaggio circa 2.30 ore – prezzo irrisorio), il villaggio in cui trascorreremo la notte. Il convoglio arriva fischiando e, facendoci largo tra la folla, riusciamo a prenderlo per un soffio. Oltre il finestrino si susseguono prima eleganti piantagioni di tè che disegnano luminose geometrie lungo i versanti delle colline poi la giungla prende pian piano il sopravvento divenendo sempre più fitta. Stretti passaggi scavati nella roccia lasciano il posto ad ampie vallate. Ad una stazione incrociamo un treno carico di passeggeri schiamazzanti che sorridono e si mettono in posa per le nostre fotografie. Un viaggio bellissimo ed emozionante. Soprattutto quando ci siamo affacciati dal treno in corsa con l’aria tiepida sul viso, l’odore forte della giungla nelle narici e l’adrenalina nelle vene.

E l’hotel a Ella? Pazzesco! Pare che il 98 Acres Resort sia il più lussuoso della zona e non stento a crederlo. Immersi in una piantagione di tè, si trovano alcuni bungalow ben arredati e con vista mozzafiato sulla giungla e sul Piccolo Picco di Adamo.

OTTAVO GIORNO (24 marzo) – Buduruwagale e Yala

La luce irrompe prepotentemente in camera questa mattina e mi sveglia prima del dovuto. Ne approfitto per passeggiare una mezz’ora tra le piantagioni di tè dove le raccoglitrici tamil si dirigono al lavoro.

Risaliti in auto, lungo la strada che scende dalle montagne e che ci porterà a sud, subito dopo Ella ci fermiamo per una breve sosta a delle cascate. Siri e Rajit sono particolarmente di buon umore questa mattina e, tra una risata e l’altra, scattiamo una foto tutti insieme (come sempre manco io!).

La spiritualità che si respira a Budurawagale (biglietto ingresso 200 Rs) invita a sedersi e a contemplare in tutta tranquillità le grandi statue di Buddha e delle altre divinità scolpite nella roccia. La strada per arrivarci è sterrata ma questo non impedisce ad alcuni bus carichi di studenti di venire in visita al sito. Lasciata l’auto al parcheggio, tra uno sciame di ragazzini con indosso la tipica divisa bianca perfettamente pulita, si percorre un breve tratto di 10 minuti. Uscendo dalla giungla, compare un’ampia parete scura di roccia con 7 statue che paiono uscire dalla pietra. Poco importa se quella alta 16 metri è in ristrutturazione perché il sito, nella sua semplicità, è avvolto in un’atmosfera mistica.

Risaliamo a bordo del nostro minivan e proseguiamo il viaggio. Dopo un attento controllo qualità, Siri ci fa fermare presso un fruttivendolo ai bordi della strada. Ne esce una bellissima ragazza che, accetta nella mano e sorriso bianchissimo, spacca due noci da cocco e ce le porge da bere.

Nel primo pomeriggio, dopo esserci sistemati nell’hotel Safari (Thissamaharana) dove trascorreremo la notte, partiamo alla volta del Parco Nazionale di Yala. Saliamo su una jeep e, nel giro di pochi chilometri il paesaggio cambia completamente. La giungla bassa e polverosa, popolata di pavoni, lascia spesso posto a laghetti dove bufali e cerbiatti vanno ad abbeverarsi. Ovunque volano uccelli bianchi, pappagallini di un verde brillante, tucani e avvistiamo persino un’aquila.

Guarda laggiù un paio di coccodrilli in riva al lago! In quella radura ci sono dei cinghiali! Lassù sull’albero c’è appollaiata una civetta!

Ma le vere star, quelle che ti fanno scalpitare come un bambino, sono gli elefanti. Prima uno piccino che attraversa la strada, poi uno più grande ad una ventina di metri e poi tanti altri immersi in qualche laghetto o più lontano sullo sfondo. Ne abbiamo visti molti in questi giorni ma vederli in libertà è davvero uno spettacolo unico. Poco importa poi se nelle 3-4 ore di tour durante le quali veniamo sballonzolati a bordo della jeep, il leopardo (star del parco) non si è fatto vedere. Con la bocca piena di povere e la schiena un po’ fuori posto, rientriamo in città tutti soddisfatti!

NONO GIORNO (25 marzo) – Galle e Bentota

Oggi è l’ultimo giorno che trascorreremo tutti insieme e ci aspetta un lungo viaggio che porterà me e Giorgio in aeroporto con destinazione Maldive mentre gli altri si fermeranno per un paio di giorni a Bentota per il meritato relax al mare.

La strada che costeggia tutta la costa sud dell’isola e che ci porterà a Galle è un susseguirsi di villaggi colorati. Le alte onde dell’oceano, oltre il verde brillante della giungla e delle palme, si infrangono sugli scogli o su tratti di spiaggia dorata. Fa una certa impressione pensare che nel 2004 tutto questo venne spazzato via dallo tsunami le cui onde, alte fino a 30 metri, si spinsero all’intero per due chilometri.

I pescatori arrampicati sopra pali di legno, una delle immagini simbolo dello Sri Lanka, sono ormai solo una trappola ben congeniata per turisti. Come ci spiega la guida, non pescano più nulla e un complice si posiziona nei paraggi per riscuotere una cifra decisamente esagerata per un paio di fotografie. Proseguiamo quindi il viaggio dopo averli osservati brevemente da lontano.

Attraversare le mura del forte di Galle è un po’ come fare un salto all’epoca coloniale di Ceylon. Case con verande colorate, chiese cristiane, palazzi in stile europeo e negozietti rimandano ad un passato glorioso. Passeggiando lungo le antiche mura secentesche vediamo da un lato il mare (l’acqua è limpida ed invitante) e dall’altro i tetti della città e il suo faro. Ma fa troppo caldo per continuare a camminare sotto il sole di mezzogiorno così beviamo un succo di frutta fresca in un localino pittoresco. Ristorati, curiosiamo tra i numerosi negozi di souvenir, antiquariato, arte e design. E’ un luogo molto differente rispetto ai villaggi visti sino ad oggi in Sri Lanka e, a mio avviso, ricorda un po’ Cuba e il suo stile coloniale e colorato.

Dopo pranzo, risaliamo sul nostro pullmino e, nei pressi della costa, incontriamo altri monumenti commemorativi per le vittime dello tsunami. Ascoltare le storie raccontate da Siri, come quella legata alle migliaia di persone che viaggiavano a bordo di un treno, mi mette i brividi.

L’ultima tappa del nostro tour in Sri Lanka è la tenerissima nursery per tartarughe nei pressi di Bentota. Questa struttura acquista le uova depositate dalle tartarughe sulla spiaggia, le ripone sotto la sabbia e, una volta che queste si dischiudono, si prende cura dei piccoli tartarughini finché, dopo pochi giorni, non vengono restituiti all’oceano. Ci sono diverse strutture in zona che svolgono grosso modo la medesima attività.

In alcune vasche si trovano anche degli esemplari di grandi dimensioni che, per problemi vari, non possono essere rilasciati in libertà. Qualche tartaruga si lascia accarezzare la testa mentre le piccoline, venute al mondo un paio di giorni fa, si bloccano impaurite tra le nostre mani. Come sono tenere!

Arriva purtroppo il momento di separarsi. Cristian, Moira, Claudia e Maria si fermano in un hotel sulla costa mentre io e Gio raggiungiamo l’aeroporto di Negombo. Salutarsi risulta così strano dopo una settimana in cui ci siamo scoperti forse più affiatati di quello che credevamo. Siamo davvero un bel gruppo. Salutare Siri e Rajit, invece, è quasi doloroso. Sembra sciocco ma è così. Ci siamo davvero affezionati a loro.

Il motore dell’aereo romba sotto il mio sedile. Tra poco ci alzeremo in volo e lasceremo questa terra fantastica, questa “isola paradisiaca”, come la definiscono i pannelli pubblicitari in aeroporto. Ayubowan.

DAL DECIMO AL QUATTORDICESIMO GIORNO (dal 26 marzo al 30 marzo) – Maldive

Raggiungiamo l’aeroporto di Male, capitale delle Maldive, che è notte fonda. Troviamo ad attenderci l’addetto dell’Hotel 78 che avevamo preventivamente prenotato e avvisato del nostro arrivo. Dormiamo giusto poche ore in questo piccolo ma efficiente hotel specializzato in turisti di passaggio e, riaccompagnati in auto all’aeroporto, prendiamo l’idrovolante che ci porterà a sorvolare gli atolli fino al Cinnamon Hakuraa Huraa, il nostro splendido hotel.

E pensare che mi sono fatto pregare per venire alle Maldive… Ma dove avevo la testa? Ho sempre pensato che fossero la classica meta per coppie in viaggio di nozze, per viaggiatori in stile “svengo sotto l’ombrellone e non mi alzo fino all’ora di cena” e per quelli tutta tintarella e poco più. E invece mi sono dovuto ricredere. Non che la vita su di un’isoletta sia come il set di Indiana Jones ma è molto meglio di ogni mia aspettativa. Prima di tutto viene il paesaggio. Uno di quelli che si vedono poche volte nella vita. Di quelli che continui a guardare con gli occhi a palla e la bocca a metà tra aperta ed increspata in un sorriso beato ed idiota. Di quelli in cui senti la necessità di lasciarti scivolare in acqua per avere la certezza che sia vero. Sarebbe troppo crudele se non lo fosse. La spiaggia è bianchissima (grazie ai coralli frantumati nei millenni passati), le palme son tanto perfette da sembrare disegnate e poi il mare… Mai visto uno così! Quando la marea è bassa si può camminare per centinaia di metri in mezzo al mare e qui i colori assumono gradazioni pazzesche. Vanno dall’azzurrino chiarissimo al turchese e poi, dove l’acqua è leggermente più profonda, diventano di un blu al quale non puoi proprio resistere. E… splash! Come dicevo, bisogna rituffarsi per avere la certezza che non sia solo un sogno.

Durante il giorno oziamo in spiaggia, mangiamo e talvolta partecipiamo alle uscite di snorkeling per ammirare la barriera corallina (ho avvistato anche una tartaruga!). Bisogna ammettere che la sera c’è ben poco da fare sull’isola. Ma stendendosi un attimo su di una sdraio e guardando il cielo, si rimane a bocca aperta. Ma davvero la notte può essere così luminosa e carica di stelle? Sono così vicine e luccicanti che passiamo ore con il naso all’insù.

Quando l’idrovolante viene a recuperarci per riportarci al mondo reale, giro la testa in ogni direzione per abbracciare con la mente questo paradiso e per conficcarmelo per bene nella testa.

E mentre sotto di noi si susseguono gli atolli con le loro isole lussureggianti e le acque turchesi, mi lascio travolgere dalle emozioni e dai ricordi del viaggio più bello che abbia mai fatto.

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