Dai mosaici di Spilimbergo al San Daniele

Alla scoperta del Friuli Venezia Giulia - Parte 3
Scritto da: 19Simone80
dai mosaici di spilimbergo al san daniele

Spilimbergo e l’arte musiva

Spilimbergo, situata sulla sponda del fiume Tagliamento, è una fra le più belle e interessanti città d’arte del Friuli-Venezia Giulia, conosciuta a livello mondiale come “la città del mosaico” per la presenza della prestigiosa Scuola Mosaicisti del Friuli fondata nel 1922.

Nel medioevo Spilimbergo fu un importante centro di transito e di commerci, il cuore pulsante era la piazza del Duomo, dove si svolgevano i mercati. Sotto la Loggia del Comune, è incisa su un pilastro la “Macia“, l’unità di misura per le stoffe in uso nella città.

Ho programmato la visita del centro storico di Spilimbergo con Donatella dell’Ufficio IAT, la quale mi ha fatto accompagnare per il tour cittadino da uno degli Accoglitori.

Gli Accoglitori sono semplici cittadini di Spilimbergo che desiderano far conoscere, sotto diversi aspetti ed itinerari, la città da chi la vive tutti giorni.

La mia guida è stata Marina, che oltre a raccontarmi fatti storico-culturali, mi anche arricchito la visita con aneddoti, leggende e tradizioni anche familiari, sulla vita cittadina.

La città esprime la sua grandezza nelle molte architetture del centro storico come il Castello e il Duomo racchiusi nella prima cinta muraria. Come conseguenza dello sviluppo commerciale, nel XIV secolo il nucleo abitato sorto attorno al Castello, crebbe a dismisura e furono erette tre successive cinte murarie.

Della prima cerchia faceva parte la Torre Orientale (1304), che mette in comunicazione Borgo vecchio con Borgo di Mezzo.
Tra i palazzi si può ammirare Palazzo Ercole o Casa Dipinta (XVI sec.) affrescato con scene mitologiche raffigurati le Storie di Ercole.

Si giunge poi alla Torre Occidentale (1399), che faceva parte della terza cerchia di mura.

Sulla facciata esterna vi sono ancora frammenti degli affreschi del XVI secolo, il leone marciano reggente l’arma dei Signori di Spilimbergo.

Si giunge poi in Piazza Duomo l’antico centro delle attività amministrative ed economiche, qui infatti si svolgevano le trattative, si eseguivano i controlli sulle merci e si pagavano i dazi.

A testimonianza di ciò è rimasto il Palazzo del Daziario (XIII sec.), caratterizzata da un anello che pende sotto l’arco nord del porticato dove veniva appesa la stadera (antica bilancia a leve) per controllare il peso delle provviste.

Il Duomo di Santa Maria Maggiore (XIII – XIV sec.), fu costruito a ridosso dell’antica cinta muraria, di cui inglobò una torre trasformata poi in campanile.

La facciata, unica nel suo genere in Friuli, è caratterizzata da 7 rosoni, questo numero simbolico richiama più testi della Bibbia. L’ingresso principale è quello che si affaccia su Piazza Duomo, un tempo riservato all’entrata dei Signori.

Presenta un interno a tre navate, il soffitto è a capriata lignea e il presbiterio è stato rialzato per dar spazio alla cripta sottostante.

La facciata, unica nel suo genere in Friuli, è caratterizzata da 7 rosoni, questo numero simbolico richiama più testi della Bibbia. L’ingresso principale è quello che si affaccia su Piazza Duomo, un tempo riservato all’entrata dei Signori.

Presenta un interno a tre navate, il soffitto è a capriata lignea e il presbiterio è stato rialzato per dar spazio alla cripta sottostante.

Nel corso dei secoli si arricchì di molti capolavori artistici, alcuni di essi ancora presenti al suo interno, altri invece sono andati purtroppo perduti.

Tra le opere più significative custodite vi è il maestoso organo in stile rinascimentale, il cui cassone è decorato con tavole e tele del “Pordenone” (1525).

All’interno del Duomo spiccano i trecenteschi affreschi dell’abside centrale, con un grande ciclo di affreschi che rappresentano Storie del Vecchio Testamento (14 scene bibliche) e Storie del Nuovo Testamento (14 scene evangeliche).

Gli affreschi oggi appaiono in alcune parti molto logorati a causa della calce che veniva gettata nei periodi di epidemie per disinfestare l’ambiente.

Nel 1858 gli affreschi vennero nascosti dietro un velo di calce, un occultamento provvidenziale e protettivo che li nascose fino al 1930, quando vennero scrostate le pareti in occasione del primo intervento di restauro.

La violenza del terremoto del 6 maggio 1976 causò danni gravissimi, solo la rapida cura con cui fu puntellato riuscì a salvarlo dalle successive scosse del 15 settembre 1976.

Scendendo le scale si accede alla cripta decorata da alcuni affreschi trecenteschi.

L’ambiente presenta un altare in pietra in onore di San Leonardo fatto costruire dal Conte Paolo di Spilimbergo nel XV secolo, come ringraziamento per essere sfuggito alla prigionia turca nella battaglia sull’Isonzo nel 1472.

Vi è inoltre collocata l’arca sepolcrale di Walterpertoldo IV, Signore di Spilimbergo e podestà di Treviso morto nel 1382.

Raggiungiamo poi il Castello di Spilimbergo (XI sec. circa) distrutto, demolito, ricostruito e ampliato più volte nel corso dei secoli, oggi è un complesso di residenze signorili disposte attorno alla corte centrale.

Attorno alla corte, l’edificio più importante e di maggior effetto è il Palazzo Dipinto (XIV sec), l’unico edificio che è sopravvissuto alle varie distruzioni.

La sua facciata, impreziosita anche balconi in pietra e trifore in stile gotico e rinascimentale, è riccamente decorata da affreschi che raffigurano i piaceri della nobiltà, le virtù dei Signori feudali e gli antenati.

Si raggiunge poi il Palazzo di Sopra (XIV sec.), completamente ristrutturato a fine ‘400 da edificio medievale a villa dal gusto veneziano.
Dopo il terremoto dei 1976 il palazzo venne abbandonato, dopo accurati restauri dal 2002 è sede del Municipio di Spilimbergo.

L’elegante facciata del palazzo è caratterizzata da affreschi che rappresentano temi floreali e mitologici con decorazioni come il grande leone alato di San Marco.

L’interno non conserva più gran parte delle opere artistiche andate purtroppo perdute.
Uno dei restauri interni ha permesso di portare nuovamente alla luce in due stanze al piano terra, alcuni stucchi settecenteschi.

Dalla terrazza del Palazzo di Sopra si gode di un punto panoramico del territorio circostante, dal fiume Tagliamento ai monti della Carnia all’alta pianura friulana.

Si prosegue la visita delle vie del centro cittadino, scoprendo anche antiche botteghe come l’Osteria Bachero. La storia del locale iniziò nel 1897 quando il Sig. Antonio Laurora, aprì a Spilimbergo l’Osteria alla città di Bari, in seguito “Osteria al Bachero”.

Nel locale si vendevano vini, olio pugliese, marsala e in seguito qualche piatto caldo come il baccalà.
Nel 1975 la famiglia Zavagno rileva l’attività e da allora hanno portano il locale ad essere uno dei punti di riferimento più apprezzati in Regione e non solo.

Il Bacaro è un’osteria tipica veneziana arredata in modo semplice, nella quale vengono serviti bicchieri di vino accompagnati solitamente da assaggi di cibo.
La caratteristica fondamentale che contraddistingue un Bacaro è quella di punto di ritrovo dove poter chiacchierare e fare qualche risata.

Un altro locale storico di Spilimbergo è la Farmacia Santorini in attività dal 1650.

La Famiglia Santorini originaria dell’omonima isola nell’Egeo, si trasferì a Venezia agli inizi del 1500 e verso la fine del secolo, un ramo della famiglia venne a Spilimbergo.

La Famiglia Santorini contò fra i suoi membri più celebri, l’architetto Giannantonio Santorini, che inventò ed applicò per primo in Europa, i meccanismi della forza idraulica per la trattura della seta. Per i suoi meriti, fu insignito dello stemma che attualmente è dipinto sulla facciata della palazzina.

Da allora la Farmacia è sempre rimasta in possesso e gestione della famiglia e ubicata nella stessa palazzina del centro storico di Spilimbergo.

Purtroppo durante la Prima Guerra Mondiale alcuni mobili e documenti furono adoperati dagli invasori per accendere il fuoco con cui scaldarsi, la famiglia conserva ciò che è rimasto per documentare e raccogliere le preziose origini.

Tra la documentazione fortunatamente scampata ai roghi, si trovano erbari del 1700 dove sono presenti piante essiccate del territorio del Friuli.
Altri documenti preziosi sono il “Libro di spesa” (1723-1724) e “Istruzione intorno alle febbri” (1751), quest’ultimo pubblicato da Giovanni Domenico Santorini.

È conservata inoltre una particolare insegna a mosaico che raffigura un serpente attorcigliato ad un vaso da cui escono due rami di alloro, commissionata intorno al 1918 alla Scuola professionale di mosaico.

La Farmacia Santorini è inserita nell’elenco dei “Locali storici del Friuli Venezia Giulia” ed è il terzo locale storico più antico delle Regione.

Oggi la Farmacia Santorini è gestita dalla discendente Dott.ssa Cristina Santorini.

Prosegue il tour cittadino dirigendoci alla Scuola Mosaicisti del Friuli fondata nel 1922.

Dal 1500 al 1800 ci fu una forte emigrazione stagionale a Venezia, bivio artistico per eccellenza tra Oriente ed Occidente, tra Roma e Bisanzio e naturale erede della tradizione musiva romana e bizantina.
La “Serenissima” offrì alle maestranze friulane un lavoro ma diede loro anche l’idea di utilizzare i sassi dei loro fiumi.

Spilimbergo è oggi la capitale del mosaico decorativo, pavimentale o parietale, come stanno a dimostrare le imponenti e preziose opere uscite dalla Scuola e dai laboratori cittadini, opere che abbelliscono aeroporti, stazioni, alberghi, metropolitane, università e molto altro, situati in ogni angolo del mondo.

Tra queste si possono citare ad esempio il ciclo musivo del Foro Italico a Roma (circa 10.000 mq), le realizzazioni musive del Monastero di Sant’Irene vicino ad Atene (oltre 1000 mq) o il Kawakyu Hotel in Giappone (1600 mq). Il rivestimento musivo della cupola del Santo Sepolcro a Gerusalemme (circa 345 mq) è stata interamente realizzata all’interno della Scuola.

La Scuola Mosaicisti del Friuli è un punto di riferimento a livello mondiale per la formazione di professionisti e la divulgazione dell’arte del mosaico.

Insegnanti esperti e qualificati insegnano tecniche musive romana, bizantina e moderna, ma si sperimentano anche soluzioni estetiche e funzionali applicate alla contemporaneità.

L’obiettivo è quello di coniugare il mantenimento della tradizione con l’innovazione, puntando alla sperimentazione e alla ricerca soprattutto nell’arredo urbano e degli interni.

Ritorniamo nel centro storico di Spilimbergo, ci fermiamo dapprima alla Chiesa di San Giovanni (1346).

Annessa all’antico ospedale, fu costruita dalla Confraternita dei Battuti secondo l’influenza dello stile romanico-gotico. Nel 1487 costruirono il campanile e tra il 1500 e la prima metà del 1700 la chiesa fu soggetta a lavori di ricostruzione.

Presenta una pianta rettangolare ad aula unica barocca, sul soffitto sono presenti affreschi settecenteschi che rappresentano l’Assunzione della Vergine, l’Elemosina e la Decollazione di S. Giovanni, realizzati da Giuseppe Buzzi che riprodusse gli affreschi del Tiepolo presenti nel Duomo di San Daniele dei Friuli.

Posto dietro l’altare maggiore si ammira lo struggente affresco della Crocifissione (XIV-XV sec.), riportato alla luce nel 1933.

Proseguiamo la passeggiata e giungiamo alla Chiesa dei Santi Giuseppe e Pantaleone (1326) conosciuta anche come Chiesa dei Frati.

La facciata molto sobria, presenta sopra al portale una statua di Sant’Agostino (1730), l’interno a navata unica è molto semplice.

La chiesa custodisce una vera e propria opera d’arte, il Coro Ligneo realizzato tra il 1475 e il 1477 dal maestro vicentino Marco Cozzi, posto originariamente all’interno del Duomo.

Un’opera unica e spettacolare finemente intagliata e intarsiata, divisa in 24 stalli con figure in altorilievo, è considerato uno dei capolavori della scultura in legno dell’epoca rinascimentale.

Poter visitare una località con persone del posto rende tutto migliore perché si scoprono anche angoli che andando da soli non si coglierebbero. A questo si aggiunge il fatto che si hanno spiegazioni e aneddoti da persone che vivono questi luoghi tutti i giorni, cose che non sono presenti in nessuna guida.

Dopo aver scoperto e apprezzato Spilimbergo, mi dirigo nella patria del prosciutto crudo.

Si ringraziano Donatella dell’Ufficio IAT di Spilimbergo e Marina che mi ha fatto da guida, per la simpatia e cortesia che mi hanno riservato. Grazie mille davvero!

RIEVOCAZIONE STORICA DELLA MACIA

Per tre giorni, nel periodo di Ferragosto, Spilimbergo si catapulta nel passato proponendo un piccolo spaccato della sua storia.

Si celebra infatti la Rievocazione Storica della Macia, che prende il nome dall’antica misura di lunghezza per stoffe. La manifestazione ricrea il clima della vita quotidiana della città, una delle più importanti a livello politico e culturale in Friuli, agli inizi del 1500.

In queste giornate si allestiscono botteghe artigiane, locande e proposti diversi eventi, gare e cene castellane. Nella rievocazione centinaia di figuranti sfilano per andare a rendere omaggio al Conte.

San Daniele del Friuli, non è solo prosciutto

Se si pensa a San Daniele del Friuli la prima cosa che viene in mente è il prosciutto, ma oltre al prodotto per eccellenza del territorio c’è molto altro, San Daniele del Friuli è un borgo molto carino che merita di essere visitato.

Adagiato su una collina a circa 250 metri slm, San Daniele del Friuli è ricca di arte e di cultura, vi si trova ad esempio la Biblioteca Guarneriana, la biblioteca più antica del Friuli Venezia Giulia e tra le più antiche a livello Nazionale.

Tra i manoscritti più prestigiosi vi si trova la Bibbia Bizantina le cui miniature costituiscono un’interessante incontro tra elementi occidentali e levantini, “Il Canzoniere” e “I Trionfi” di Francesco Petrarca (XIV sec.) e una rara edizione dell’Inferno della Divina Commedia del XIV secolo.

Percorrendo Via Roma ci si imbatte nella Casa del Trecento (XIV sec.), l’unica abitazione rimasta intatta dell’antico borgo medievale, riconosciuta come Monumento Nazionale è stata una delle poche strutture che ha resistito al terremoto del 1976.

Dopo il restauro è stato dato in gestione all’Associazione Nazionale Alpini che all’interno hanno allestito un piccolo museo. Vi si trova una esposizione di cimeli storico-militari che raccoglie reperti, documenti, fotografie, divise e molto altro, sulla vita militare degli alpini nelle due Guerre Mondiali.

Proseguendo lungo Via Roma si giunge sulla sommità del colle dove, sui resti dell’antico castello, si trova Villa Ticozzi de’ Concina (XVIII sec.), una residenza privata molto bella da vedere.

Accanto alla villa, si trova la Chiesa di San Daniele in Castello, con l’attuale aspetto del XVIII secolo e il Campanile (fine XV sec.) realizzato adattando una delle torri dell’antico castello.

La chiesa conserva alcuni elementi dell’edificio originario, edificato tra i secoli VIII e IX, come il portale laterale (1511) e la copia del bassorilievo sulla parete esterna dell’abside raffigurante l’Adorazione dei Magi (XII-XIII sec.), l’originale è conservato al Museo del territorio.

Non molto lontano, situata sopra una pendice, si trova Villa Giulia Serravallo (1912) attuale sede del Municipio, da cui si ha una vista che spazia sulle Prealpi Carniche e Giulie.

Presenta caratteristiche tipiche delle residenze nobili d’inizio 1900, presenta una struttura con decori e richiami allo stile liberty.

Tornando nel centro storico di San Daniele del Friuli, si può visitare la Chiesa di Sant’Antonio Abate (XIV sec.), espressione di stile tardo-gotico veneziano.

Il rosone traforato presenta al centro scolpita una Maternità e vetrate a mosaico, tra le prime ad essere realizzate nella Regione. La chiesa riportò danni superficiali nel corso della Seconda Guerra Mondiale che si aggravarono poi a seguito del terremoto del 1976.

L’interno è a navata unica navata, parte della quale insieme al coro, è coperta da uno splendido ciclo di affreschi realizzati tra il XIV e XVI secolo.

Sosta pranzo poco fuori dal centro storico di San Daniele del Friuli, in un posto che mi ha consigliato Alessandra di PromoTurismo FVG. al , situato .

Il Prosciuttificio Bagatto è una piccola azienda artigianale giunta alla terza generazione, dove vengono prodotti i Prosciutti di San Daniele ancora secondo la tradizione di famiglia.

I prosciutti sono preparati come all’epoca di Rino Bagatto, colui che fondò il prosciuttificio e tra i fondatori del Consorzio del Prosciutto di San Daniele.

La cosa fantastica del Prosciuttificio Bagatto è che si può gustare il loro delizioso prosciutto comodamente seduti nella zona ristoro, dove è possibile fermarsi per pranzo/cena o anche degustazione.

Io ovviamente ho voluto assaggiare il loro prosciutto nella forma più semplice per apprezzarne tutte le qualità.
Mi hanno servito un piatto abbondante di Prosciutto di San Daniele che solo a guardarlo scatenava le papille gustative, all’assaggio si è rivelato di una dolcezza e sapore incredibile, che si scioglieva in bocca. Si aggiunge inoltre la cortesia e professionalità senza eguali dello staff e i proprietari.

Dopo la sosta pranzo mi dirigo a Fagagna, il borgo delle cicogne, situato a pochi chilometri da San Daniele del Friuli.

Il Re e la Regina di San Daniele

Il territorio di San Daniele del Friuli gode di un’aria particolare che dona ai prosciutti un sapore unico ed inimitabi­le, frutto di una tradizione mille­naria e di un microclima unico.

Dal 1996 il prosciutto di San Daniele è riconosciuto dall’Unione Europea come prodotto DOP (Denominazione di Origine Protetta).

I prodotti DOP sono caratterizzati dal fatto che devono essere realizzati nella zona di origine esclusiva e delimitata e devono obbligatoriamente rispettare le norme del Disciplinare di Produzione per l’intera filiera produttiva.

Il prosciutto di San Daniele DOP ha caratteristiche uniche che lo contraddistinguono, primi tra tutti la tipica forma a chitarra, ottenuta attraverso il procedimento della pressatura e lo zampino, che riveste una funzione molto importante durante la stagionatura.

Dopo almeno 13 mesi di stagionatura viene impresso il marchio che ne certifica l’autenticità e la qualità.

Altro protagonista indiscusso di San Daniele è il fiume Tagliamento nelle cui acque limpide viene allevata la “Regina di San Daniele” ovvero la trota, allevate nel pieno rispetto della crescita degli animali e dell’ambiente.

L’affumicatura avviene secondo procedimenti artigianali con farine di legno, bacche ed erbe aromatiche. Un sapiente tocco di fumo delicato in grado di esaltare le fragranze tipiche della trota salmonata, rinomata per le sue carni magre e compatte.

Fagagna, dove vivono le cicogne

Fagagna è un piccolo borgo nella lista dei “Borghi più belli d’Italia“, che sorge su un colle da cui si può ammirare il paesaggio circostante che spazia dalla pianura alle colline.

Il fulcro del borgo è la collina dove sorgeva l’antico castello, che si può raggiungere a piedi partendo dal Palazzo Municipale attraverso vicolo Morcjùte e via Cecconaia.

Ci si imbatte in Porta Sinagoga (XIII-XVI sec.) l’unica delle tre porte di accesso della seconda cinta muraria, giunta ai giorni nostri.

Giunti in cima si trovano i resti del Castello, abbandonato nel corso del ‘400 e successivamente distrutto a seguito di un incendio e dal terremoto nel 1511.

Il castello rivestì un ruolo importante nelle vicende dello Stato patriarcale, soprattutto durante i secoli XIII e XIV.
I ruderi più antichi visibili oggi risalgono al XII secolo circa.

Nel pianoro del castello vi si trova anche la Torre Castellana con l’orologio, divenuta un campanile e la Chiesetta di San Michele Arcangelo (XIII sec.), che si presume abbia origini longobarde.

La chiesetta presenta una facciata asimmetrica e un torrione ricavato da una struttura del maniero, all’interno sono conservate opere del XVI-XVIII secolo.

Un luogo interessante, poco distante dal colle del castello, è il Museo della vita contadina, situato all’interno di una tipica dimora friulana di campagna del XVII secolo, che racconta la vita contadina della zona tra il XIX e XX secolo.

Non lontano dalla cittadina si trova l’Oasi Naturalistica dei Quadris, un’area paludosa protetta di circa 62 ettari, dove è stato avviato dalla fine degli anni ’80 il progetto per il reinserimento della Cicogna bianca.

Questa specie non nidificava più in Italia da decenni, preferendo le rotte migratorie verso Spagna e Medio Oriente.

Negli anni si sono sviluppate altre iniziative importanti che hanno coinvolto l’Ibis eremita (specie in via di estinzione) e l’introduzione dei Konik, una razza di pony semi-selvaggia europea.

Attualmente l’oasi ospita circa 80 esemplari di Cicogna bianca e circa 150 Ibis eremita.

La Corsa degli Asini

Dal 1861 ogni prima domenica di Settembre, in Piazza Unità d’Italia a Fagagna, si svolge la tradizionale “Corse dai Mus” (la Corsa degli Asini).

Gli asini con al seguito carretto e fantini, svolgono una gara in batterie con eventuali qualificazioni e la finale.

Gemona del Friuli, la forza della ricostruzione

Dopo aver visitato Fagagna arrivo a Gemona del Friuli, nota alla cronaca per essere tra i centri più colpiti dai terribili terremoti del 1976.

I terremoti di maggio e settembre 1976 ha segnato profondamente la storia di Gemona del Friuli e di Venzone, con i centri storici medioevali devastati e moltissime vittime.

Gemona oggi è esempio di resistenza e modello di una ricostruzione riuscita grazie alla partecipazione della popolazione e operato delle Istituzioni, conosciuto nel mondo come “Modello Friuli”, che ha permesso la ricostruzione dei 137 Comuni interessati dal terremoto.

Si accede al centro storico di Gemona del Friuli attraverso Porta Udine, dove si trova il Duomo di Santa Maria Assunta (XIV sec.) creato fondendo elementi di stile romanico e gotico.

Gravemente danneggiato dal sisma del 1976, dopo una lunga fase di recupero strutturale e di restauro è tornato agli antichi splendori.

La facciata è ricca di sculture e decorazioni che la adornano, come la Galleria dei Re Magi (1329), posta al centro sotto la cornice, costituita da 9 statue che rappresentano due scene dell’Epifania.

Colpisce anche la grandiosità della statua di San Cristoforo (1331), posta a destra alta 7 metri composta da 6 blocchi di pietra arenaria.

Presenta un interno a tre navate che custodisce numerose opere d’arte, tra queste una ancona lignea dorata (fine XIV sec.) con 33 episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento e un Crocifisso ligneo del ‘400 estratto dalle macerie mutilato, divenuto simbolo della sofferenza e della tragedia causata dal terremoto.

Sul piazzale del sagrato si erge la Torre campanaria (XIV sec.) in pietra e con culmine in cotto.

Alta circa 50 metri, completamente distrutta dal terremoto del 1976, la ricostruirono recuperando il materiale e ricollocandolo nella posizione originaria.

All’interno del Duomo alcuni ragazzi accompagnano in un luogo molto particolare rinvenuto solo nella fase di ricostruzione dopo il terremoto.

A pochi passi dal Duomo di Gemona, costeggiando la parete destra si raggiunge il Sacello di San Michele e San Giovanni Battista (XIV sec.) un complesso ipogeo nascosto per secoli tra le fondamenta della chiesa.

Una piccola porta situata lungo il muro della sagrestia conduce ad una scala che scende verso due stanze affrescate della prima metà del ‘300.

La prima sala è interamente decorata con tematiche inerenti alla funzione del Sacello, utilizzato come camera ardente di defunti in attesa delle esequie, la sala attigua invece presenta parti di due affreschi ed era adibita ad ossario tra i secoli XII e XIX.

Un’altra scala conduce a circa 8 metri sotto il sagrato del Duomo, uno spazio in cui furono accumulate alla rinfusa le ossa riesumate dal vecchio cimitero del Duomo.

All’inizio del 1800 le leggi napoleoniche imponevano la chiusura delle aree cimiteriali urbane e nel 1825 l’ossario riempito di terra e sigillato, fu dimenticato per decenni.

Scoprirono la cripta durante gli scavi per il consolidamento delle strutture e delle fondamenta del Duomo, dopo il terremoto del 1976.

Lo scavo dell’ossario si è rivelato particolarmente lungo, nei 180 metri quadrati di terra rimossi erano mescolate migliaia di ossa e teschi, frammenti ceramici di epoche diverse e piccole monete di vari metalli in uso dal XII secolo in poi.

I resti oggi sono adagiati in un “moderno sarcofago” verticale, quasi come un’opera d’arte contemporanea che illumina un ambiente totalmente buio.

Un’altra porta conduce al Lapidario, uno spazio dove sono accuratamente esposte pietre lavorate e opere scultoree salvate dalle distruzioni del terremoto e rinvenute tra le murature crollate.

Una piccola scala porta ad un vano superiore dove in una nicchia hanno rinvenuto un affresco con Cristo crocifisso tra la Vergine e l’Apostolo Giovanni.

Il Lapidario non è attualmente aperto al pubblico, ringrazio i ragazzi che mi hanno dato la possibilità di visitarlo.

Nella vecchia canonica trecentesca ha sede il Museo della Pieve e Tesoro del Duomo che raccoglie opere dal XIII al XX secolo, arredi sacri e paramenti liturgici.

Il Tesoro del Duomo comprende alcune realizzazioni orafe del XV secolo tra cui l’Ostensorio di Nicolò Lionello, codici miniati del XIII-XIV secolo e il più antico registro battesimale conosciuto che risale al 1379.

Tra le curiosità vi è il calice dorato donato da Sua Santità Giovanni Paolo II il 3 maggio 1992 quando visitò Gemona.

Nella Casa Gurisatti (XV sec.), edificio in stile gotico veneziano con particolare trifora e stemma nobiliare, ha sede la Cineteca del Friuli.

La Cineteca del Friuli nacque durante le proiezioni cinematografiche itineranti nelle tendopoli sorte a seguito dei terremoti che colpirono il Friuli nel maggio e settembre 1976.

Conserva circa 23.000 pellicole (tra film di finzione, documentari e cinegiornali), circa 30.000 titoli in VHS, DVD, BLU-RAY e oltre 25.000 titoli tra volumi e opuscoli.

Tra le opere più importanti conservate vi sono i primi corti dei Fratelli Lumiere e un raro documento di fine Ottocento nel quale sono riportate immagini di Papa Leone XIII.

Percorrendo Via Bini, la tipica strada medioevale sulla quale si affacciano edifici storici, si raggiunge l’edificio in cui si è allestita la “Mostra permanente sul terremoto“.

La mostra è un percorso emozionale che permette di scoprire Gemona attraverso fotografie, video ed oggetti che ripercorrono i tragici momenti legati al sisma.

Proseguendo lungo la strada si raggiunge l’elegante Palazzo Comunale (XVI sec.), in stile rinascimentale è caratterizzato da tre ampie arcate e soffitto della loggia con travi finemente decorate.

Al piano superiore si trova la sala consiliare, con soffitto a cassettoni ed una trifora ornata da balcone, in cui il consiglio si riuniva al suonare della campana del castello.

Nella loggia si trova la monumentale Porta della Memoria, delle tavole bronzee realizzate dall’artista locale Ercole Emidio Casolo, nel 2006 in occasione del 30° anniversario del terremoto. Le tavole raccontano la storia del terremoto nella successione dei fatti, dalla distruzione alla ricostruzione.

Proseguendo ci si imbatte nei resti della Chiesa della Beata Vergine delle Grazie, (XV sec.),  sistemata a parco lapideo come simbolo del terremoto e della distruzione. La chiesa era conosciuta come “pinacoteca di Gemona” per le importanti opere pittoriche che vi erano al suo interno, ora conservate presso il Museo Civico.

Andando nella parte inferiore della cittadina, si raggiunge il Santuario di Sant’Antonio, tra gli edifici religiosi più importanti della città e il più antico luogo di culto al mondo dedicato al Santo.

Nel 1227, durante il suo soggiorno a Gemona, Sant’Antonio aveva fatto edificare una cappella in onore della Vergine Annunziata. I ruderi della chiesetta duecentesca sono presenti all’interno dell’attuale Santuario, ricostruito dopo il terremoto secondo linee architettoniche moderne.

Il presbiterio della Cappella del Rosario (1682), dichiarata Monumento Nazionale, è l’unica parte recuperata e restaurata.

Molto suggestiva è la Cella di Sant’Antonio che lo ospitò durante la sua permanenza a Gemona, è presente un dipinto che raffigura la scena del “miracolo del giovane risuscitato”, che la tradizione vuole sia successo proprio a Gemona.

A dominare la città dalla cima di un colle a circa 300 metri slm, si trova il Castello (X-XI sec.), raggiungibile percorrendo la “Salita dei Longobardi”, una galleria fotografica con immagini storiche della città.

Fino al 1976 rimanevano visibili la torre campanaria (o dell’orologio) e i resti della torre sud-occidentale.

È possibile visitare i giardini dove è possibile godere di una vista mozzafiato tra i tetti della città e l’area circostante.

Si ringrazia l’Ufficio IAT di Gemona per la cortesia, la disponibilità e l’autorizzazione all’uso del materiale fotografico.

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