Solcando i mari, inseguendo i Mori

Una crociera seguendo le orme dei "moriscos" tra città coloniali e sobborghi marocchini
Scritto da: Vingar
solcando i mari, inseguendo i mori
Partenza il: 01/08/2014
Ritorno il: 12/08/2014
Viaggiatori: 6
Spesa: 2000 €
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Questo viaggio, solcando i mari, ci ha portati a scoprire bellezze lontane, porti e cittadine in cui i “Moriscos”, in un passato remoto, fondarono colonie, borghi e diedero vita a società floride. Delle antiche bellezze, purtroppo, oggi poco rimane in tanti luoghi, ma i profumi e la cultura restano a marcare, con indelebili segni il presente.

IL VIAGGIO

AVELLINO: Dall’entroterra campano abbiamo dovuto recarci a Savona, cittadina ligure, per imbarcarci sulla nave da Crociera che ci avrebbe condotti tra Mediterraneo ed Oceano, per raggiungere meravigliosi luoghi da visitare. Dalla cittadina irpina, purtroppo, treni e mezzi pubblici per raggiungere le più disparate mete italiane, pochi ne partono, fin troppo pochi. La soluzione ottimale, dovendoci imbarcare intorno alle 13:00 era, in sintesi, una partenza in auto, o un viaggio – non del tutto agevole – in treno. Per aver maggior flessibilità, infine, abbiamo optato per l’automobile (in sei persone, con relativi bagagli per una lunga navigazione – tra serate di gala ed escursioni sotto il sole – le valigie non erano poche). Siamo partiti, dunque, in tarda serata da Avellino, il 31 luglio, così da viaggiare senza il sole cocente, lentamente, ed evitando probabili ingorghi autostradali.

SAVONA Il viaggio, infatti, è stato molto tranquillo: la strada era pressocchè deserta e silenziosa, e l’asfalto scorreva rapido sotto l’automobile. Soste frequenti, caffè, un dolcetto e chiacchiere avanti alle Stazioni di Servizio hanno allietato la percorrenza, e di buon mattino siamo giunti in vista di Savona. Nei pressi di Genova, però, è iniziato il traffico, ma avendo un buon margine d’anticipo siamo giunti per tempo presso il Palacrociere, dove la Costa Deliziosa di attendeva per le procedure d’imbarco. Non c’è stato molto tempo a disposizione per visitare la cittadina ligure – depositare i bagagli, parcheggio e pagamenti vari, sbrigare le pratiche utlime per l’imbarco, mettersi in coda e salire a bordo ci hanno impegnati quel tanto da farci dimenticare la stanchezza che si stava palesando. Finalmente tutti a bordo! Abbiamo salpato da Savona e, il mattino seguente, ci avrebbe atteso Barcellona per una fugace visita di poche ore. BARCELLONA Giunti nella cittadina spagnola, famosa tanto per la squadra di calcio, quanto per i suoi monumenti variopinti, abbiamo optato per un’uscita libera – ci eravamo già stati altre volte, quindi era pressocchè inutile scegliere di impiegare il già poco tempo concesso per seguire una guida in luoghi già visti più volte, per ammirarli nuovamente, ma di fretta. Il nuovo molto adibito all’accoglienza delle navi crocieriste è un po’ più distante dall’inizio delle Ramblas rispetto al vecchio, adiacente al centro commerciale che affaccia sul Mediterraneo. Un servizio navetta ci ha condotti, quindi, dove un tempo sostavano i colossi del mare, a pochi metri dal museo del mare e dalla statua di Cristoforo Colombo. Ci siamo quindi lasciati conquistare al caos colorato del viale albertato famoso in tutto il mondo e, tra uno scatto e l’altro ai simpatici artisti di strada, abbiamo raggiunto la cittadina antica (medievale) dove un passo dopo l’altro, una vetrina dopo l’altra, abbiamo goduto rapidamente dell’atmosfera frizzante e gioiosa di Barcellona. Con quattro ore soltanto a disposizione sarebbe stato un azzardo recarsi in altri luoghi, più di stanti, quindi con un rapida sbirciatina alle novità dell’Hard Rock (alla fine delle Ramblas) abbiamo iniziato la discesa. Una sosta obbligatoria al Mercato Centrale, coloratissimo, profumattisimo ed affollatissimo per un bicchierone di macedonia fredda e un succo naturale. Il tempo frattanto inesorabilmente scorreva e abbiamo, a malincuore, dovuto far ritorno a bordo.

NAVIGAZIONE Prima di giungere a Cadice, di cui parleremo tra poco, ci siamo goduti un’intera giornata di navigazione. Nonostante avessimo riposato la notte prima di giungere a Barcellona, questa giornata piena a bordo ci ha concesso una ricarica totale delle energie in parte ancora mancanti, dopo il lungo viaggio in auto. Attività ricreative e altri momenti aggregativi ci hanno fatto compagnia fino alla cena di gala – piacevole atmosfera elegante, ma, bisogna dirlo, non da molti compresa: tanti, purtroppo, non si attengono alle indicazioni d’abbigliamento prospettate sul giornalino di bordo, e, seppure ci si agghinda con piacevolezza, ci si trova accanto a persone in tenuta sportiva che, infine, smorzano l’entusiasmo.

CADICE Cadiz, cittadina dal fascino coloniale, con le sue maioliche colorate nei portoni dei vari palazzi cittadini, con il sole cocente, gli alberi verdi, le piazze bianche ed ampie, è stata una piacevolissima sorpresa. Ancora discesa libera: smartphone alla mano, mappe interattive e guide digitali la visita è stata agevole, semplice e completa. La nave, ancorata a pochi metri dal cuore cittadino, ci ha attesi fino a sera, concedendoci tanto tempo per godere delle bellezze di una Spagna antica, fusa con il moderno ed il “popolare”. Le prime piazze, modernissime per arredo e struttura, ci hanno coccolati con i loro edifici antichi, ben tenuti, sede del comune e di abitazioni private. Una quiete strana, rispetto alla confusione barcelloneta, irradiava le viuzze del centro (interamente riservato ai pedoni). Il palazzo del municipio, con le sue tinte tra il rosa e l’arancio, spicca regale sulla grande piazza antistante, dove vele di stoffa e fontane movimentano lo spazio. In tanti, avanti a piccoli bar e ristorantini, consumavano bibite gelate per combattere la calura. Abbiamo proseguito per la Cattedrale: imponente, bianca… mi vien da dire quasi Messicana! Termine azzardato e poco coerente con la realtà, in effetti il Messico stesso fu colonia Spagnola, e l’architettura del sud America andrebbe catagolata quale iberica, non viceversa. Eppure mi sembrava di avere proprio a pochi passi una di quelle maestose chiese in cui l’intrepido Zorro lasciava il segno con la sua spada. L’arguzia dell’amministrazione cittadina, a Cadice, è tanta: vi sono, lungo le strade, delle indicazioni colorate dipinte a terra: sono percorsi per turisti, essi concedono al curioso visitatore di perdersi per le vie più caratteristiche alla ricerca delle bellezze storiche cittadine. Seguendo, infatti, il percorso verde, abbiamo raggiunto il teatro romano, non visitabile perchè in restauro (nonostante anche i lavori sembrassero abbandonati). Da lì ci siamo affacciato sul mare, una sbirciatina alle onde azzurre e un attimo di pausa all’ombra per una bibita fredda: il caldo era tanto, camminare sotto il sole cocente non era davvero l’attività più rilassate! Dopo una breve pausa, e giunti quasi a mezzogiorno, abbiamo optato per un nuovo percorso, alla ricerca delle fortezze sul mare: dovevano seguire il perimetro cittadino, giungere al lato opposto e godere di altre bellezze storiche. Invece di seguire il lungo mare, ci è venuta voglia di camminare per traversine parallele interne. Questa deviazione ci ha mostrato anche un altro aspetto di Cadice: l’edilizia popolare. Case cuboidali, colorate di bianco e verde, marciappiedi non del tutto lindi e pinti. Non proprio un’atmosfera in completa sintonia con quella goduta per le vie del centro. Dopo un bel camminare, finalmente, siamo giunti alla meta: il castello di San Sebastian era lì, avanti a noi. Nonostante la lontana sagoma della fortezza, l’olezzo di urina ci ha un po’ disgustati. Inspiegabilmente, nonostante fossimo accanto ad una delle bellezze cittadine, a pochi metri da una meravigliosa spiaggia attrezzata, lungo le mura e nei pressi delle aiuole, il disgustoso odore di escrementi umani era piuttosto forte. Alcuni di noi hanno deciso di sostare per un pranzo frugale (un panino all’ombra di qualche albero), altri – tra cui io – abbiamo scelto di puntare al castello. Una passeggiata lunga, come in mezzo al mare, ci ha portati alla meta – ma ne siamo rimasti delusi: spoglio all’interno, con lavori in corso (nuovamente abbandonati), non ha regalato alcuna emozione. Abbiamo fatto dietrofront, goduto nuovamente del panorama cittadino, e ci siamo diretti verso un altro angolo di città. Conquistati dalla vivacità di una traversina, abbiamo deviato dal percorso pianificato: niente più castello di Santa Catalina, ma profumo di pesce fritto, zucchero e vociare di festa. Abbiamo attraversato, quindi, un angolino di vita turistica e per viuzze colorate siamo finiti al Mercato: ci eravamo già passati, non essendo molto distante dalla cattedrale cittadina. Qualche giro tra le bancarelle, e un’immancabile sosta in pasticceria: non riesco a lasciare un posto senza aver assaggiato qualcosa di locale! Non ci siamo concessi un vero e proprio pranzo seduti, per investire tutto il tempo nella scoperta, ma un assaggio goloso non poteva essere evitato. Un dolce grande, in tutti i sensi: un anello di pasta sfoglia pennellato di miele con all’interno marmellata di agrumi. Strepitoso! Dopo un giro per i negozi aperti e le bancarelle (dove abbiamo comperato uno zainetto fantastico, cucito con pezzi di sacchi di riso e altri alimenti da tutto il mondo) abbiamo imboccato altre traversine ricche di edifici storici per raggiungere nuovamente la nave. Una passeggiata bellissima, godendo delle maioliche tipiche dei palazzi di Cadice, ma con tutti i negozi chiusi per la siesta. Siamo giunti a bordo con pochi minuti d’anticipo rispetto all’orario di imbarco obbligatorio, e le impressioni sulla cittadina andalusa sono stete, per tutti, complessivamente positive. Lasciato il porto, ci siamo diretti in Marocco.

MARRAKESH La titubanza degli altri mi ha fatto temere di saltare la tappa che più stavo aspettando. Marrakesh, antica e intrigante cittadina marocchina, situata all’interno, era una delle possibili opzioni tra le escursioni proposte. Tutti noi, viaggiatori del gruppo, avevamo già avuto esperienza di città del nord Africa: Tunisi l’avevamo già visistata tutti, ma solo a me e alla mia ragazza era davvero piaciuta. Agli altri, invece, decisamente aveva fatto un’impressione spiacevole, con i suoi profumi (che in verità a volte sono puzze!) e con la confusione della Casba. Avevamo a disposizione varie opzioni: la scartabile a priori, cioè la visita al centro commerciale di Casablanca – e spero nessuno ci abbia neppure pensato! -, la visita di Casablanca con la moschea di Hassan II, la visita a Casablanca, Rabat e alla moschea di cui prima, Fèz (altra tappa che mi intrigava) e Marrakesh. Per strane congiunzioni astrali (mi piace pensarla così!) ci siamo trovati tutti a scegliere la tappa che più ambivo: la città dei mercati beduini, Marrakesh. Sbarcati dalla nave, tra le ansie di tanti e i timori sempre diffusi verso le società islamiche e magrebine, siamo monti in pullman e siamo partiti alla volta dell’antica città imperiale. Il viaggio, lungo circa 3 ore e mezza, ci ha permesso, anche se fugacemente di sbirciare Casablanca (estremamente moderna, per i miei gusti) e l’entroterra marocchino. La miseria, a tratti impressionante, l’aridità del suolo, i muli con i carretti dalle ruote gommate, pecore al pascolo tra rocce inaridite e bruciace da un sole fiammeggiante, sono stati uno spettacolo inaspettato, commovente per la sua crudezza e per la sua violenta amarezza, quando paragonato all’opulenza e allo spreco che si perpetrava sul guscio metallico che ci ospitava per il viaggio in mare. Una rapidissima sosta ad una stazione di “idratazione”, come la nostra guida chiama le stazioni di servizio, ci ha fatto godere della socievolezza di tanti locali che, inspiegabilmente, si prodigavano in consigli su come muoversi a Marrakesh, e del tanfo d’urina proveniente dagli sporchi bagni. La cosa che più m’è rimasta impressa sono i ragazzini con secchi carichi di fichi d’india accovacciati vicino alle auto, pronti a vendere i dolci frutti, talvolta anche sbucciandoli magistralmente con un coltellino, in cambio di pochi spiccioli. Siamo ripartiti in direzione del centro città. Ancora rocce, ancora terra screpolata, capre, muli e pastori in mezzo al nulla. Nei pressi della città, come fosse stato tracciato un cerchio con il pennarello, ecco spuntare edifici con auto di lusso, trattori (di cui non se ne vede neppure l’ombra in quegli aridi campi), mobili. Quartieri residenziali adiacenti all’infinito palmeto cittadino, e tutto d’un tratto baracche, spazzatura, disordine; poi nuovamente ville, hotel di lusso, e baracche sudice. Uno strano senso di disordine, caos, confusione che non riesco a spiegarmi. Saltati giù dal bus, finalmente, siamo entrati nel centro storico: vicoli e botteghe, mattonelle bagnate e strani profumi di spezie frammisti a puzze d’escrementi. Un mix disgustoso ed elettrizzante, quasi attraente. Ci siamo quindi diretti ad una vecchia casa con cortile, di cui, però, non serbo particolari ricordi: quadri e materiale per turisti appeso ovunque, quasi come fosse un posto preparato per gli occidentali con le idee stereotipate del mondo magrebino. Mi hanno colpito molto più i volti di quei venditori anziani che ci scrutavano come fossino fuori posto: “Ma che state fotografando? Non c’è nulla di particolare o storico qui!” – mi sembrava pensassero. I volti di venditori, con le barbe ricciolute, i cappellini colorati e la merce variopinta buttata a casaccio ovunque mi hanno conquistato. Artigiani, macellai, sarti, barbieri ovunque… profumi, colori ed emozioni: ecco cosa è per me Marrakesh! Il mercato della concia, un salto nel medioevo: puzzo di capra, per alcuni, profumo per me. Cuoio, polvere, pelle, ovunque, confusione, motociclette con il rimorchio e muli con carretti dalle ruote gommate, vecchi con bastoni, qualche gatto spelacchiato, nè una donna, nè un bambino ci hanno fatto compagnia per qualche attimo, e ci siamo quindi poi diretti a visitare un palazzo antico, spoglio quanto antico. Il palazzo El Badi ci ha accolti. Abbiamo seguito la guida tra stanze e decori favolosi, ma di realmente storico poco c’è stato trasmesso. La guida, a mio avviso poco preparata, ci ha riempito le orecchie con le solite storie di sultani e concubine, ma delle dinastie che hanno vissuto quelle stanze ci ha detto poco, o nulla. Neppure del ghetto ebraico adiacente al palazzo ci ha fatto cenno. Posto, invece, incantevole – nonostante l’assenza di una reale guida – è stato la Medrasa Ibn Yusuf. Piccole stanze, come le cellette dei nostri monasteri, con ricami incredibili alle pareti, textures incredibilmente mistiche, colori opachi e intarsi meravigliosi. Un misto d’arte islamica e spagnola. Altro piacevole momento è stato il pranzo: cucina speziata, cus cus, pollo al limone, agnello e verdure. Ristorante che, nonostante la palese impronta di “palcoscenico per turisti” ha comunque sedotto i sensi. Solito spettacolo di ballerina del ventre, ma una novità piacevole: una donna che ha ballato con un vassoio carico di candele, prodigandosi in strane contorsioni. Infine visita obbligatoria a negozi convenzionati con la Costa Crociere, dove volutamente non ho voluto fare alcun acquisto, e ad una farmacia in cui propongono identicamente a Tunisi, miracolosi prodotti di cura e bellezza… purtroppo i viaggi così sviluppati obbligano a sorbirsi tappe inutili, quasi patetiche, che distruggono la bellezza di una cultura da noi spesso incompresa. Trascorso un sacco di tempo per compere in posti tutt’altro che autentici, ma selezionati dalla compagnia di navigazione, ci è rimasto pochissimo tempo per godere della piazza di Marrakesh. Via al pullman e ritorno in nave. Nonostante tutto, tornerò a visitare questa meravigliosa città, ma in un viaggio completamente diverso!

ASILAH Dopo Casablanca, che fortunatamente abbiamo trasformato in un viaggio nell’entroterra, siamo approdati a Tangeri. Invece di sbarcare in città, forse per non perdere le emozioni del giorno prima, abbiamo puntato su Assilah (sempre con escursione programmata). Paesino carino, colorato di bianco, azzurro e verde. Ricorda un po’ le isole greche, ma è privo di quel fascino che i nostri amici dell’Egeo sanno infondere nei loro centri abitati. Silenzioso, pulito – sempre contando gli standard igienici del Marocco – ma privo di quella caotica atmosfera che associo ai paesi del Magreb. Abbiamo assaggiato del pane saporito, comperato qualche oggettino da portare a casa, e passeggiato tranquillamente. Fatto ritorno alla nave, siamo ripartito diretti in Portogallo.

LISBONA La capitale del Portogallo è un posto meraviglioso. Lisbona, con la sua architettura ricca, è una di quelle città che non puoi dimenticare, mai! Sarà, per certo, una tappa di un viaggio futuro: una giornata, neppure intera, non ci è bastata per visitarla a dovere, nonostante quest’angolo d’Europa meriti davvero ore ed ore di esplorazione la nostra crociera ha previsto una sosta della durata contenuta. Scesi dalla nave, camminando con buon passo siamo giunti al centro città (non c’è un solo centro, ma la passeggiata principale non dista molto dal porto!). Chieste un paio di indicazioni con l’uso di inglese e spagnolo – chi lo conosce il portoghese!? – siamo corsi a prendere il tram numero 28. Saliti tutti a bordo, un po’ stretti, con 2,85€ abbiamo raggiunto il castello. Il Castello di San Giorgio è in cima ad una delle colline su cui sorge la capitale portoghese. Passeggiando lì intorno, tra le vie della città antica, ci si perde in angoli meravigliosi… e in un caffè davvero saporito: simile al nostro espresso. Immancabili gli acquisti: troppe cose carine attirano l’attenzione. Pian piano, cercando i vari Miradores (i belvedere da cui si gode del panorama della città intera), abbiamo proseguito per viuzze diverse fino a trovarci tra alcune opere d’arte in esposizione lungo le strade della città. Da li, dopo qualche scalino, siamo giunti in un altro Mirador: il mare e la città dai tetti rossi erano sotto di noi. Inutile tentare di descrivere le emozioni provate, come è difficile descrivere la strana curvosità della città. Strade e marciappiedi, panchine, alberi, tutto è curvo! Ci siamo resi conto che, volendo accontentare tutti, non si poteva visitare l’intera città. Soluzione prospettata: i famosi “Bus Rossi”. Mi sono arreso, e ci sono salito: me ne pento! Raggiunto il punto di raccolta, siamo saliti tutti (e con una spesa di 108€ circa – forse qualcosa in più, non ricordo bene precisamente quanto abbiam pagato) e montate le cuffiette nell’apposito erogatori di informazioni inutili, abbiamo iniziato il giro sotto il sole cocente. Tutto è passato di sfuggita, e se devo dire di aver compreso l’essenza di quella città, direi una bugia. Tra aree di nuova costruzione, una chiesa vista a 60 km/h, l’arena dei tori e altre amenità varie ci si perde senza davvero conoscere nulla. Siamo giunti, però, alla Torre di Belèm (ad 8 chilometri dal centro) dove di sfuggita abbiamo visto il quartiere culturale. Una corsa in bus che ci ha riportati in centro – mancavano poche ore al reimbarco – ci ha privati di altre bellezze di Lisbona. Lasciato il pullman rosso c’è stato un momento di crisi: chi voleva tornare a bordo, chi un panino e chi, invece, assaggiare il famoso e incredibile baccalà. Nella caciara dell’indecione siamo finiti in uno di quei posti per turisti in cui ci sono stati serviti dei calamari indecenti. Per fortuna siamo scappati, con 40€ in meno. Non potevo perdere la visita che ambito: il bar La Brasileira e la statua di Pessoa (avrei preferito girare la città a piedi, godere del centro, seguire un sentiero “di viaggio” sulle orme dello scrittore, invece che vedere tutto e nulla sul bus rosso, ma è andata così… e tornerò a Lisbona per conto mio a visitarla come credo meriti!). Foto di rito, caffè (60 centesimi, nel bar più famoso della città! Provate ad entrare al Gambrinus…) e ci siamo dovuti dirigere nuovamente verso il porto. Siamo ripartiti puntando su Valencia.

VALENCIA Città contorta. Si presenta moderna, ma ha un cuore pulsante e antico! Dopo tre giorni di fuoco, la giornata prima di giungere a Valencia è stata nuovamente navigazione integrale, un riposo utilissimo per caricare le batterie. Giunti a Valencia utilizzando la navetta Costa abbiamo raggiunto il centro storico, tagliando fuori dal programma la parte moderna della città! Inaspettatamente, appena lasciata la navetta, ci siamo imbattuti in una bomboniera spagnola. Strade minimali, affiancate da monumenti favolosi e antichi. Primo impatto positivo lo si ha osservando la piazza colorata e arricchita dalla fontana al cui centro spicca una scultura metallica dalle fattezze umane. Qualche artista di strada, ma niente di eccezionale, bar e colori. Da li, costeggiando la Cattedrale di Santa Maria, siamo giunti nei pressi della cattedrale. Della cattedrale non colpisce subito l’esterno, nonostante sia ricco e bello, ma la vera meraviglia è l’interno. Semplice, pulita e maestosa (ricorda molto le chiese del centro storico di Napoli!). Ovviamente la visita interna è a pagamento! Nei dintorni, dopo una pausa ristorativa dalla calura incredibile, ci siamo persi per i vicoletti caratteristici tra le varie “Tendas” (negozietti) dove abbiamo comperato varie amenità per ricordo. Siamo giunti al Mercato Centrale, che purtroppo stava chiudendo per riaprire solo il lunedi successivo, e dal poco che abbiamo visto sembrava essere una piccola copia – miniaturizzata – di quello di Barcellona. Due passi nella Plaza Redonda, dove dato l’orario si era in siesta, e poi una passeggiata lungo le vie più perimetrali fino a giungere alla maestosa e imponente Torre de Serranos. In due abbiamo scalato la vetta per godere di un piacevolisimo panorama, coccolati dal vento caldo. Ormai ora di tornare a bordo abbiamo percorso il tratto di strada necessario a recuperare un passaggio con la navetta.

CIVITAVECCHIA Un nuovo viaggio ci attendeva: il ritorno in Italia e, per concludere la giornata di navigazione preliminare all’arrivo nel porto laziale, su, in nave, si è avuta la Serata Italiana dove, con una quasi patetica forzatura si è tentato di ricreare un’atmosfera napoletana non riuscita: nave genovese, intero personale di origine extraeuropea e la musica partenopea, cantata da voci straniere, è stata quasi stucchevole. A Civitavecchia abbiamo potuto sbarcare nuovamente liberamente, stavolta con servizio navetta gratuito garantito dall’organizzazione Portuale. Della città antica resta poco o nulla, ma sono stati particolarmente commoventi i pannelli che si incontrano camminando per le varie strade cittadine: foto antiche, storia dei luoghi e racconti di come era la cittadina prima che la guerra e le bombe la distruggessero integralmente. Sul lungo mare ci siamo imbattuti in una statua “americana” del famoso bacio del marinaio a NewYork, ormai simbolo della cittadina laziale. Foto e passeggiata lungo le rive del Mediterraneo. Siamo rimasti in due, mentre gli altri sono tornati a bordo fiaccati dal caldo torrido, e ci siamo decisi a un pranzo di coppia. Sul lungomare abbiamo pranzato in un ristorantino: Alta Marea, scoperto quasi per caso. Pranzo ricco e saporito: emozionante, e sicuramente migliore di tutti i pasti dei 12 giorni quasi trascorsi. Linguine con scampi e gamberoni, spaghetti allo scoglio; seguiti da una grigliata mista di gamberoni, scampi, seppie e pesce spada, con vino bianco frizzantino e acqua: 56€ in due. Gustosissimo. Qualche passo ancora, un po’ d’aria di mare e pochi monumenti da vedere. Ci siamo quindi decisi a tornare a bordo. Lungo la strada per il porto troviamo una statua bronzea di un samurai: il primo samurai a giungere in europa perchè inviato dall’Imperatore per parlare con il Papa. Si riparte per Savona e, da li, per Avellino.

SAVONA Giunti a Savona, dovendo lasciare la camera entro le 8:00 del mattino ci siamo preparati a concludere il viaggio. Sbarcati, recuperate le valigie, prese le auto ci siamo diretti ad Avellino.

AVELLINO Per fortuna, essendo partiti da Savona intorno alle 10:30 non abbiamo trovato traffico lunto tutto il tragitto fino ad Avellino. Con le dovute soste, nonostante la calura insopportabile, siamo giunti in serata in Irpinia, per tornare alla piacevole frescura delle verdi montagne.

CONSIDERAZIONI, OPINIONI E CONSIGLI Innanzitutto è doveroso premettere che la Crociera non è un viaggio culturale, ma puro ozio con l’aggiunta di escursioni dal sapore vagamente avventuroso. Volete dormire, riposare, e sentirvi avventurieri: fate una crociera. Se volete conoscere i posti, le culture, le tradizioni, la cucina e quant’altro caratterizza un luogo, viaggiate in altro modo. Non mi piace il format di vacanza che ho vissuto, e non mi sento di consigliarlo a nessuno, come poco posso dire di positivo sulla struttura delle escursioni organizzate poichè tendono a creare stereotipi, a deformare la percezione dei luoghi visitati.

Senz’ombra di dubbio consiglio di evitare i Bus Rossi e cose simili, ma di vivere con cartina alla mano, digitale o cartacea la scoperta dei centri da visitare (ed in un giorno non è opera fattibile, mai!). Lisbona è bellissima, comunicare in inglese non sempre riesce (soprattutto sul tram!) e lo spagnolo può essere d’aiuto! Godetevela senza seguire percorsi prefatti, ma lasciandovi guidare dalle tortuose strade che la compongono, e mangiate atutentico portoghese, non nei posti per turisti! Marrakesh penso sia meravigliosa, prendete una guida locale e seguitela, ma evitate le escursioni da crociera, non vi faranno assaporare nulla del Marocco. Quest’anno mi sono goduto relax, più di quanto mi piace, ma va bene ugualmente. Mi sono fatto un’idea su alcuni posti e ho sviluppato bozze per viaggi futuri.

Insomma, per salutarci: se vi piace scoprire davvero i posti, viaggiate liberamente. Se volete sentirvi colti, ma pensare all’ozio, la crociera fa per voi.



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