Slow Tour artistico a Vignola e dintorni
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Primo giorno: tracce in luce!
Il blog tour parte da Bologna, ore 10. Vignola dista una trentina di chilometri, quindi non ci mettiamo molto ad arrivare. In città ci accoglie la nostra guida del posto che ha pensato bene di farci ricaricare le batterie (del cellulare, s’intende) al Caffè Terzi, dove metà del gruppo prende un delizioso caffè al pistacchio con la panna montata. Cosa c’è di meglio per iniziare un tour?
Vignola non vuol dire solo ciliegie, ma anche Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, quindi non poteva mancare una tappa all’Acetaia Comunale Città di Vignola. Si tratta della prima acetaia ad imbottigliare questo prodotto D.O.P, che abbiamo l’onore di assaggiare dopo una visita guidata! L’acetaia altro non è che la batteria di botti di legno dove viene fatto invecchiare il mosto e deve trovarsi nella stanza situata più in alto, per favorire del clima. Quindi ci incamminiamo su per la torre dell’orologio di Villa Tosi-Bellucci, dove scopro che Vignola deriva da vineola, cioè piccola vigna. Questa pianta appare perfino nel simbolo della città. Il profumo che si sente una volta aperta la porta dell’acetaia è inebriante. Nella stanza ci sono botti di tutte le misure: in quelle più piccole viene conservato l’aceto più maturo (extra-vecchio, oltre i 25 anni), mentre in quelle più grandi quello maturo viene mischiato con quello più giovane (l’affinato, tra i 12 e i 25 anni). E poi ci sono le botti madri, quelle dove viene messo il mosto appena bollito. Sulle etichette delle botti di legno leggo rovere, ciliegio, frassino, castagno…. La nostra guida / assaggiatore della Consorteria Aceto Balsamico di Spilamberto ci fa provare quello di ginepro ed è sensazionale. Bisogna prenderlo dal cucchiaino in due sorsi per gustarlo meglio e devo ammettere che un sapore così dolce e agro insieme non l’avevo mai assaggiato prima!
D’altronde, si sa, ci troviamo in un’area dove l’enogastronomia è d’eccellenza, e poi si è fatta ora di pranzo quindi corriamo a soddisfare le nostre papille gustative all’agriturismo Santa Chiara a Levizzano Rangone. Il pranzo è a base di tortelloni con ripieno di ricotta e spinaci, gramigna all’ortica con sugo di salsiccia, tigelle e gnocco ingrassato con affettati, formaggi e salse della tradizione emiliana e chi più ne ha più ne metta… Per concludere un bicchiere di grappa, dal nome inconfondibile: Lambrusco legno e pazienza.
Sazi e contenti, ci rimettiamo in marcia verso la tappa successiva, una piccola escursione nella natura dell’Appennino emiliano, e arriviamo al Fontanazzo, il centro visita del Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina. Con oltre cento chilometri di sentieri percorribili e le grotte più importanti della regione, il parco è l’ideale per chi adora fare trekking, mountain bike o andare a cavallo. A renderlo unico, i Sassi di Roccamalatina, cioè delle guglie di arenaria molto resistenti all’erosione. Noi non ci avviciniamo ma le osserviamo da lontano, e abbiamo un ottimo punto di osservazione dalla Pieve di Trebbio, una chiesetta romanica, la cui fondazione è attribuita a Matilde di Canossa. Le guide ci fanno notare come i rifacimenti novecenteschi abbiano cancellato la parte cinquecentesca in una formula di restauro che oggi sarebbe improponibile e che è quindi la rende speciale. Un’attenzione particolare ai capitelli interni rivela i decori originali a doppio nastro molto rari e per questo affascinanti, che ritroviamo anche nella piccola cripta. Una volta fuori ci lasciamo conquistare da una sensazione di pace assoluta, non c’è nessuno attorno a noi, solo qualche ciclista di passaggio, le colline e il parco lontano, che, inutile dire, danno un tocco di colore del tutto unico al paesaggio.
Di ritorno a Vignola, siamo pronti e carichi per la visita alla torre del Pennello, che dà il nome alla manifestazione. Ma perché è stata chiamata così ci chiediamo? Perché in origine aveva una garitta, ovvero uno spazio per il gendarme di vedetta, che la faceva assomigliare a un pennello. La garitta poi è stata spuntata e la torre ha assunto l’aspetto che ha ora. Mentre in piazza dei Contrari sta avendo luogo la tavola rotonda su Tutti i Colori del Pennello e Tracce in Luce, noi ci troviamo nella corte della rocca, ad ammirare l’armonia della costruzione antica, in sasso di fiume, con il rifacimento quattrocentesco, in mattoni, ad opera della famiglia Contrari, feudatari degli Estensi. Ci viene spiegato che la rocca non è un castello, perché ha subito due fasi di costruzione. In particolare, il passaggio dall’una all’altra, voluto da Uguccione Contrari, segna la sua trasformazione da fortezza ad abitazione nobiliare e corte feudale.
Dalla corte saliamo quindi al primo piano e ammiriamo sopra una finestra un affresco raffigurante un leone e un ghepardo, il primo simbolo degli Estensi e il secondo dei Contrari, a sigillare la loro alleanza. Proseguendo lungo i camminamenti abbiamo una panoramica della piazza e del dibattito, che ha radunato un gran numero di persone. Oltre agli storici, critici, architetti e autorità, si vede come la gente di Vignola e dintorni si sia vestita a puntino e sia scesa in piazza per la grande occasione: riscoprire la loro rocca, la stessa che avranno già visto e visitato un milione di volte, ma questa volta la vedono sotto un’altra luce. È la rocca che ha svelato il suo segreto più grande: seicento anni fa era graziosamente colorata esternamente!
Infine saliamo l’ultima scala, che ha gradini molto alti ma non è pericolosa, raggiungendo la torre del Pennello, ascoltando la sua storia… che ci riporta indietro nel tempo… quando, eliminata la garitta, viene adibita ad abitazione del custode delle carceri. Entriamo in una delle celle e la cosa che mi colpisce immediatamente sono i disegni alle pareti, fatti col carboncino, si pensa, da un detenuto, un tale che per evitare la leva ai suoi concittadini diede fuoco all’archivio della città. Da questa torre il custode delle carceri aveva senz’altro una bellissima visuale sulla torre delle Donne! Mentre la nostra visita in anteprima si conclude, fuori in piazza è finita anche la tavola rotonda e si procede col taglio del nastro per l’inaugurazione del progetto! A farlo è il presidente della Fondazione di Vignola Valerio Massimo Manfredi, con tutte le autorità presenti, e segue la benedizione del prete. Dopo un rinfresco in rocca molto caotico e una foto strappata con Manfredi e Daverio, la nostra guida ci accompagna a scoprire la mostra Tracce in luce. Vedere oggi, come nel Quattrocento, i decori esterni della rocca di Vignola nelle stanze della rocca. Abbiamo la possibilità di osservare i disegni acquarellati degli anni 30 del pittore restauratore Mandrone, da cui sono stati inizialmente ricostruiti i decori esterni della rocca, fino alla piena realizzazione di due tavole acquarellate a mano libera della rocca quattrocentesca a cura dell’architetto Morlacchi. Sono tutte incredibilmente colorate ed è davvero difficile immaginare una rocca così al giorno d’oggi.
Al calare della sera si inizia a respirare un’atmosfera di trepidazione ed emozione. La piazza è gremita e anche noi da bravi blogger ci facciamo strada per conquistare un posticino dove ammirare lo spettacolo! Ci è stato spiegato che, grazie a una campagna con laser scanner 3D e l’utilizzo di droni, visto che si parla di altezze di almeno 30 m, è stato possibile realizzare un modello tridimensionale fedele della rocca quattrocentesca, e video proiettarlo direttamente sulle facciate sud e ovest della rocca stessa. Ma perché era colorata dunque? Immaginiamoci una Vignola quattrocentesca con edifici in mattoni tutti simili tra loro… Tra questi immaginiamoci spiccare gli edifici colorati dei nobili, tra i quali dominava la rocca dei Contrari. In questo modo si poteva riconoscere distintamente da lontano. Inoltre, l’intonaco proteggeva le pareti sottostanti.
Verso le nove e mezza iniziano a spegnere le luci… ci siamo! Ora la rocca è completamente al buio e partono le tracce in luce! Le videoproiezioni disegnano inizialmente i contorni della rocca attuale per poi trasformarsi nei contorni di decori che ci sono arrivati in piccole tracce… Pian piano questi decori crescono e si espandono. Sembra che vi sia una mano enorme che sta disegnando motivi architettonici e araldici dove prima c’erano mattoni… Le sensazioni che questo spettacolo trasmette sono bellissime, tutt’attorno c’è una folla col fiato sospeso e il naso all’insù, i telefonini a far foto e video. Si delinea davanti a noi una rocca nuova, eppure vecchia, ornata di una veste sgargiante bianca, rossa e verde, i colori degli Estensi. E un po’ torniamo indietro nel tempo anche noi con lei, o meglio, in una dimensione senza tempo dove antico e moderno, tradizione e tecnologia si incontrano e il risultato supera ogni aspettativa!
Secondo giorno: vignola e castelvetro
La colazione al B&B La Vedetta è tutta una coccola: la padrona gentilissima ci vizia con dolci fatti in casa e un estratto di frutta fresca.
Quindi torniamo verso il centro di Vignola e stavolta entriamo nella rocca dall’entrata principale, quella dove una volta c’era il ponte levatoio, con una guida d’eccezione, Achille Lodovisi, Direttore del Centro di Documentazione della Fondazione di Vignola e uno tra gli ideatori del progetto Tracce in Luce.
La prima tappa è la Sala delle Colombe, così chiamata per le oltre duecento colombe dipinte alle pareti, simbolo di resurrezione. Nel soffitto invece Lodovisi ci fa notare gli affreschi araldici, tra i quali quello degli Estensi con l’elmo coronato da una testa d’aquila, e quello dei Contrari con l’elmo caratterizzato da una testa di grifone. Trattandosi della sala situata più a est, era qui che i nobili si raccoglievano in preghiera come testimoniano i dipinti a carattere religioso sopra la finestra. Lodovisi ci fa avvicinare alla marmorizzazione qui dipinta chiedendoci se intravediamo qualcosa… aguzzando lo sguardo capiamo finalmente cosa intende: ci sono almeno tre caricature di volti umani che si confondono con la parete!
Proseguiamo e saliamo al primo piano, giungendo alla Sala del Padiglione. È la sala che segna la svolta rinascimentale all’interno della rocca e non a caso ci troviamo al di sopra dei fiori tardo gotici della Sala delle Colombe, che qui metaforicamente sbocciano in una cultura nuova. Questa stanza va gustata appieno e l’ideale è posizionarsi al centro esatto di essa, lasciando che le pareti ricreino i contorni del giardino pensile quattrocentesco della rocca. Ad attrarre la mia attenzione è la scena del matrimonio tra Ambrogio contrari e Battistina Campofregoso, che occupa tutta una parete. Infine l’albero più rappresentato è il melograno, simbolo di fertilità e concordia.
La sala immediatamente accanto è la Sala delle Dame, come si può vedere dagli stemmi delle contesse che la decorano. Lodovisi ci spiega che gli spazi dedicati alle donne erano separati da quelli degli uomini, anzi, il signore della Rocca aveva una sala rivolta a oriente, visto che lui rappresentava il sole della famiglia, ovvero l’autoritas massima.
Concludiamo la visita alla rocca nella cappellina, la Cappella Contrari. L’impressione di entrare in un luogo unico è immediata. Si tratta di una cappella piccolina con una finestra che dà sull’interno della rocca, ampiamente affrescata nelle lunette delle pareti e nelle vele del soffitto. Il fatto sorprendente è che si tratta degli affreschi originali quattrocenteschi, conservati così fino ad oggi. L’unico intervento in questa sala è stato un intervento di pulizia. Quello che ci colpisce è la scena della Pentecoste raffigurata sopra la porta, che chiaramente è incompleta. In poche parole, ci viene spiegato, che si tratta di una giornata lavorativa interrotta e mai più finita, per motivi forse legati a un’epidemia di vaiolo. Questa imperfezione, secondo me, la rende ancora più perfetta, perché unica, ed è possibile ammirare tutte le fasi della tecnica dell’affresco. Oltretutto, gli apostoli sembrano sedere nel vuoto o su di una nuvola… Il fatto che si sia così ben conservata e che un affresco non sia stato completato, spiega Lodovisi, è soprattutto dovuto all’oblio in cui questa cappella è caduta. Non perché vi siano raffigurati eretici, ma alcuni dettagli riconducono a un pensiero poco ortodosso. Per esempio, l’albero della vita, che Giovanni osserva direttamente, rappresenta la trinità ma ricorda anche una divinità pagana a tre teste. Nell’Apocalisse dell’Evangelista l’albero della vita appare dopo che si è compiuto il giudizio universale, nella Gerusalemme che scende dal cielo. Un altro dettaglio veramente interessante si trova nella scena dell’assunzione in cielo della Vergine. Gesù infatti ha tra le braccia un corpo di donna anziana… Un particolare poco convenzionale che è associato a un vangelo apocrifo, secondo cui Gesù oltre allo spirito fa salire al cielo anche il corpo di Maria. Insomma, questa cappellina e la rocca hanno così tanto da raccontare che una visita non basta!
Noi passiamo alla prossima tappa, dall’altra parte di Piazza dei Contrari, cioè Palazzo Contrari-Boncompagni, conosciuto come Palazzo Barozzi, in onore del famoso architetto Jacopo o Jacomo Barozzi, il Vignola. Si tratta di un elegante palazzo rinascimentale, ampliato nel cinquecento dal Vignola per adibirlo a villa suburbana della famiglia Contrari. Curiosamente durante questi lavori di ampliamento voluti da Ercole Contrari il Vecchio, sono state demolite varie case attorno all’edificio, tra cui anche la casa della famiglia dello stesso Barozzi. Il risultato fu una villa con doppio loggiato e due torri esterne, con vista sulla valle del Panaro, fino al monte Cimone! Immaginiamoci che spettacolo… Tuttavia, il pezzo forte del palazzo è la scala Barozzi, una scala elicoidale che non si capisce come stia in piedi, visto che al centro è completamente vuota. Lodovisi ci accompagna, prima di salire, al seminterrato dove si svela l’arcano. È qui che si trova la colonna portante della scala Barozzi! Il seminterrato era adibito a cucina e per non far entrare i due ambienti in contatto tra loro vi è un muro tra la scala che porta al seminterrato e quella che porta ai piani superiori, quelli della nobiltà. Salendo finalmente al primo piano ci rendiamo conto di un particolare fondamentale: la scala non permette di vedere chi sta scendendo, e viceversa. Una scala che ti concede la tua privacy insomma! Ne sono davvero impressionata, è un vero capolavoro architettonico!
Si è fatta ora di pranzo e ci avviamo verso l’Osteria della Luna, che si trova nel centro storico a due passi dalla rocca. Ci viene servito un pranzo da re, in cui ogni portata e ogni bicchiere di vino è introdotta dal proprietario, Antonio, che si vede ci mette tanta passione nel fare il suo lavoro. Soprattutto ci parla della scelta dei prodotti a presidio Slow Food che utilizza, dal tosone di bianca modenese alle ciliegie morette, dalla mousse di mortadella al salame di mora romagnola… Passando per i vini che accompagnano il nostro pranzo, dal bianco di uva alionza, ad un buonissimo Lambrusco! Stiamo seduti a tavola per ore a deliziarci i palati con piatti eccezionali e ricercati e per concludere non manca un tris di dolci, tra i quali la torta Barozzi, una squisitezza al cioccolato, la cui ricetta segreta è custodita in una pasticceria del paese…
Dopo il pranzo, è tempo di visitare il borgo di Castelvetro, che in questi giorni abbiamo solo adocchiato da lontano dal finestrino del nostro pulmino. Con il suo centro storico che si affaccia sulla valle sottostante, e una piazza caratterizzata da una scacchiera, dove ogni anno si svolge la rievocazione storica in costume, Castelvetro è proprio una perla del modenese, che merita una visita…