Slovenia: agosto 2007
Siamo partiti da Vercelli alle ore 5 dopo aver invano cercato di avere notizie dal CIS-viaggiare informati su eventuali intoppi che avremmo potuto incontrare sul percorso (più o meno in zona Milano non eravamo ancora riusciti a contattare nessuno e abbiamo lasciato perdere). Andava tutto abbastanza bene peccato che abbiamo incontrato 20 km di coda in direzione Venezia Mestre e altre piccole code proprio in prossimità del confine. Il tutto condito da un certo nervosismo e da una certa preoccupazione da quando ci eravamo fermati all’autogrill e, mentre addentavamo il nostro pranzo al sacco, io casualmente ho visto che la macchina perdeva acqua. Dal momento che siamo due geni della meccanica abbiamo subito pensato che il meccanico a cui ci eravamo rivolti per il guasto forse non aveva svolto un buon lavoro e che, se riuscivamo ad arrivare a destinazione, sicuramente da lì non ci saremmo più mossi. A nessuno di noi due è venuto nemmeno in mente che era l’acqua legata al funzionamento dell’aria condizionata… Dopo circa 10 ore di viaggio siamo arrivati a Postumia, la nostra prima meta,dopo aver percorso circa 520 km. C’è da dire subito che, nonostante i nostri timori iniziali e nonostante non potessimo contare sul navigatore che copre il mondo tranne la Slovenia, non abbiamo mai avuto problemi con le strade e con le autostrade slovene. Sono perfette e dettagliate, così come le cartine che abbiamo richiesto gratuitamente all’ente del turismo sloveno e che nel giro di una settimana sono arrivate a casa.
Il nostro albergo era l’hotel Jama che si trova proprio all’imboccatura delle grotte di Postumia. Abbiamo iniziato a scaricare i nostri bagagli e, semi-sconvolti, abbiamo fatto le rampe di scale per arrivare alla hall dell’albergo. La signora della reception ci ha consegnato subito la chiave e siamo saliti nella nostra camera. L’albergo è abbastanza vecchiotto e forse non tenuto benissimo ma il bagno era pulitissimo e spazioso ed addirittura c’è il bidet, rimasto poi un sogno fino al ritorno in terra italiana. Così come avevamo deciso siamo ridiscesi al parcheggio per prendere gli altri bagagli e, dopo aver dato l’ennesima occhiata sotto la macchina per constatare con sgomento che continuava a gocciolare acqua, ci siamo anche resi conto che avevamo lasciato in camera le chiavi della macchina e quindi ci siamo rifatti con gioia tutte le rampe… Ritorniamo carichi e io faccio per aprire la porta della camera ma senza successo. Provo e riprovo, dopodichè scendo alla reception per spiegare che non riuscivo ad aprire la porta perché sembrava bloccata e che temevo, insistendo, di rompere la serratura. La ragazza sale con me, con un passepartout e con una bomboletta di quei prodotti che servono per sbloccare le serrature. Infila la chiave e, al primo tentativo, la porta si apre. Il problema era che bisognava girare la chiave al contrario! Che figuraccia. Ma attribuiamo la colpa di queste piccole disavventure alla nostra stanchezza. Una bella doccia e poi relax fino all’ora di cena. Ovviamente M è malatissimo e quasi in fin di vita mentre io non ho nemmeno mal di testa e sono già tutta proiettata al giorno seguente. La cena viene servita nel ristorante recentemente rimesso a nuovo e tutto in legno chiaro. Il dopo cena si rileva altrettanto interessante dal momento che M sta decisamente meglio e ha recuperato pienamente le forze… 12 agosto Dopo colazione siamo partiti per Idrija, posta circa a 40 km da Postumia. Al mattino, appena sveglia, guardando fuori dalla grossa vetrata della camera che si affacciava su un bel balcone, ho visto una brutta nebbia che non lasciava presagire nulla di buono. Ma per fortuna poi tutto si è rasserenato e ci ha accompagnato una bella e calda giornata. Abbiamo attraversato villaggi piccoli e carini e, cosa davvero insolita per chi è abituato al traffico dei nostri paesi, era possibile fare chilometri senza nemmeno incrociare una macchina. Alle 9.45 circa avevamo già parcheggiato a due passi dal Pozzo di Antonio. Dopo aver fatto il biglietto siamo entrati nella prima sala (quella dove un tempo avveniva la chiamata dei minatori) e, insieme agli altri turisti, abbiamo assistito alla proiezione di un documentario che spiegava la storia della miniera di mercurio e della zona circostante. Eravamo i soli italiani e avevamo una guida tutti per noi, peccato solo che, nonostante i suoi sforzi, il suo italiano fosse un po’ approssimativo e che quindi abbiamo perso la maggior parte delle spiegazioni. Ci ha fatti entrare nello spogliatoio e ci ha fatto togliere i nostri giubbini belli tiepidi e leggermente imbottiti per farci mettere delle specie di cerate verdi di plastica spessa. A suo dire erano ottimali, peccato solo che, dopo avere indossato anche l’elmetto ed aver spalancato la porta che segnava l’inizio della miniera siamo stati assaliti da un vento gelido e umido che ci ha accompagnato per tutta la visita e che ci ha fatto rimpiangere sempre di più i nostri giubbini… Ovviamente M era sempre malatissimo così, dopo aver salutato la miniera e aver fatto un breve giro nella piazza proprio di fronte alla miniera con il magazzino (un granaio e deposito dove i minatori, pagati in denaro e in cibo, tenevano le loro scorte) e poi nella piazza principale (troppo moderna e per nulla in tema con la zona) ci siamo seduti nel parcheggio per il nostro pranzo a base delle prelibatezze avanzate dal giorno precedente. Siamo poi saliti fino al castello Gewerkenegg, con un bel cortile centrale ornato da affreschi con motivi floreali, arabeschi e colonne, e io ho avuto la malaugurata idea di fare il biglietto e di entrarci anche perché, viste le sue precarie condizioni di salute avevo ormai accantonato il progetto iniziale di andare a Cerkno a vedere l’ospedale partigiano di Franja. Il museo non finiva più, faceva caldo e si soffocava. Inutile dire che è stato il primo e ultimo museo in cui siamo entrati in due settimane, attirata dal fatto che veniva presentato come uno dei più importanti e completi dello stato. In effetti c’erano sale davvero interessanti con una collezione di minerali, una collezione etnografica che ricostruisce le case dei minatori, stampe antiche, una ricca spiegazione sul mercurio e la sua estrazione, una raccolta del famoso merletto di Idrija (tombolo). Abbiamo però avuto di nuovo la conferma che i musei non fanno per noi.
Quando siamo finalmente usciti siamo tornati alla macchina e abbiamo preso la via del ritorno nel tentativo di fermarci al lago Selvaggio, il Divje Jezero. Trovarlo è stata davvero un’impresa. Ovviamente il famoso effetto geyser non c’era visto che non c’erano state piogge abbondanti. Forse il verde delle acque non era così splendido come mi aspettavo e di sicuro, sulle sponde, la flora era assente essendo ormai agosto e non più primavera. Dal laghetto parte il fiume più corto della Slovenia, un rigagnolo di 55 metri. Ciò che colpisce di più è vedere questo laghetto ai piedi di una parete altissima che cade quasi perpendicolare.
Ripartiamo e le sue condizioni di salute sono ormai tragiche. Sulle guide avevo letto di fermarsi assolutamente ad Hotederscica per vedere il mulino Tomazin, uno dei meglio conservati della regione. Seguiamo le frecce ed arriviamo ad una costruzione malandata. Sarà mica questo? Chiedo ad una ragazza in una casa vicino e lei mi indica la strada. Arriviamo e vediamo un mucchio di macchine parcheggiate nei prati. E pensiamo che sono tutti turisti di passaggio per visitare il mulino. Invece sono tutti amici che a quell’ora, le quattro del pomeriggio, stanno mangiando cosce di pollo e bevendo vino. Nessuno parla italiano tranne un signore che ci spiega che quello è il mulino e ci affida ad una signora che purtroppo ci parla,ci sorride gentile e ci dà le spiegazioni in sloveno. Il mulino sarà uno dei meglio conservati ma a noi non sembra: una ruota funziona e l’altra è tutta coperta di muschio e mezza malandata. Ringraziamo e assolutamente entusiasti per esserci fermati, ripartiamo. Ne è davvero valsa la pena. Peccato che nessuno ci abbia offerto una di quelle coscette di pollo che sembravano invitanti…Ritorniamo a Postumia e facciamo un bel giro nel giardino che si trova ai piedi dell’hotel e che è arricchito da panchine e ponticelli che scorrono sul fiume Pivka.
13 agosto Alle ore 9 eravamo pronti per la visita alle grotte di Postumia. Siamo saliti sul trenino e abbiamo percorso i primi due chilometri di grotte. Inutile dire che le grotte sono uno spettacolo maestoso che non immaginavamo nemmeno. Durante il successivo chilometro percorso a piedi, la guida ci ha mostrato una stalattite verticale che sembra unire due rocce. Secondo una leggenda se quella stalattite viene rotta crolla tutto il sistema delle grotte e quindi è meglio evitarlo dal momento che in quel punto si è a circa 120 metri di profondità… Alla fine della visita a piedi si trova la Sala dei Concerti, davvero immensa, alta 40 metri, con una superficie di 3000 mq e capace di ospitare fino a 10.000 persone.
Verso le 10.30 siamo partiti per il castello di Predjama (avevamo fatto il biglietto cumulativo per le due visite) attraversando paesini e strade di montagna. Il castello è davvero caratteristico, sembra appeso sotto la roccia, ed è stato ristrutturato ricostruendo quelli che erano i locali del tempo, con arredi e suppellettili dell’epoca. In tutta tranquillità lo abbiamo visitato seguendo l’opuscolo informativo che ci avevano dato all’ingresso e che ci ha fatto salire per piccole scale, ponti e balconi coperti. Inutile dire che mi ha affascinato immaginare quella che poteva essere la vita a quei tempi ed altrettanto affascinante è stato salire nella grotta che c’è sopra il castello e dalla quale si gode il panorama su tutta la vallata. Così come avevo previsto abbiamo finito che era quasi mezzogiorno e così ci siamo fermati a mangiare alla Gostilna Pozàr, accanto alla biglietteria, proprio come tanto desideravo fare. Abbiamo preso gnocchi al gorgonzola e gnocchi ai funghi, una porzione di patatine fritte, una porzione di totani fritti e i cevapcici (polpettine speziate di carne di manzo e di maiale) per me, accompagnati da una squisita salsina rossa che ho poi scoperto servivano quasi sempre con la carne. Abbiamo speso 25,80 euro. Ci siamo subito resi conto che le porzioni sono sempre abbondanti ed infatti è stata una delle poche volte che abbiamo preso il primo e il secondo, comunque abbiamo mangiato davvero bene ed osservato con desolazione due ragazzi seduti al tavolo accanto che avevano ordinato dei piatti invitanti e li hanno avanzati quasi tutti, completamente assorbiti da due bicchieroni di birra e dalla lettura di una guida turistica.
Siamo quindi ripartiti per Postumia e abbiamo raggiunto l’autostrada. La nostra meta era la grotta di Krizna, famosa per i laghetti sotterranei. La visita è durata dalle 15 alle 16 circa ma è stata abbastanza impegnativa. La guida ci ha fatto mettere gli stivali di gomma e ha dotato ognuno di noi di una torcia antidiluviana. Il terreno era a tratti molto scivoloso e stentavo a reggermi in piedi. La grotta di sicuro non è turistica e soprattutto non è valorizzata. Solo a tratti è un po’ illuminata e quando siamo arrivati al primo laghetto (l’unico che abbiamo potuto vedere in quanto l’acqua era bassa e non si poteva salire sul gommone) non abbiamo certo visto le famose acque azzurre e cristalline. Puntando le torce si scorgeva l’acqua limpidissima ma il buio eccessivo impediva di apprezzare lo spettacolo naturale.
Dopo che M è stato aspramente rimproverato dalla guida (viveva la grotta come se fosse la sua creatura, con una dedizione e una partecipazione ammirevoli) in quanto stava per calpestare una stalagmite in formazione, ci siamo con fatica arrampicati verso l’apertura della grotta e con un certo sollievo siamo tornati alla luce del sole e ad un certo tepore.
Ci siamo quindi fermati, lungo la via del ritorno, per vedere il lago intermittente di Cerknica. Una ragazza gentile come tutte le persone a cui abbiamo chiesto indicazioni durante il viaggio, ci ha spiegato di proseguire fino ad un parcheggio sterrato e che da lì potevamo fare una passeggiata. Ovviamente vista la stagione non si vedeva un vero e proprio lago ma comunque fa una certa impressione immaginare che in certi periodi quella zona così estesa è completamente piena d’acqua. Il lago è una polje , un tratto di suolo che sovrasta una grotta carsica collassata, piena di sifoni, cavità che possono restare asciutti a lunghi ma poi riempirsi all’improvviso. È alimentata da un fiume e da acque sotterranee. Durante le stagioni piovose l’acqua si raccoglie nella polje e filtra attraverso le rocce, ma gli inghiottitoi e i sifoni non riescono a contenere il deflusso sotto terra e la polje si trasforma nel lago, a volte nel giro di una giornata.
Abbiamo fatto una passeggiata e poi siamo ritornati alla macchina dopo aver scattato delle foto ad una vecchina che avevamo già visto in paese con un carretto di legno e che era lì, da sola, a tagliare l’erba con la falce e a caricarla sul suo carretto, forse per dare da mangiare alla sua mucca o ai suoi conigli. Mi ha fatto tenerezza perché mi ha fatto ricordare la mia nonna.
Ad un certo punto, appena fuori dal paese, M mi ha sentito frenare e ingranare la retromarcia. Avevo scorto in un prato uno dei tipici alveari della zona tutto colorato e non potevo certo lasciarmi sfuggire una foto ricordo! Il ritorno a Postumia, dopo quella che forse è stata la giornata più impegnativa di tutto il viaggio, è stato tranquillo e sereno.
14 agosto Ci siamo svegliati con una nebbia fittissima e quindi, dopo colazione, ci siamo vestiti un po’ pesante e verso le nove siamo partiti alla volta di Skofia Loka. Il viaggio in autostrada è stato tranquillo, abbiamo attraversato senza fermarci Medvode e quindi fatto una deviazione per la graziosissima Via Crucis a Smlednik dopo aver rischiato di lasciare il fondo della macchina su un dosso di cemento. Guidavo io, il dosso era segnalato, ma mi sono distratta e non mi sono ricordata di aver visto il segnale! Il nostro agriturismo era il Pri Marku a Crngrob , un piccolo villaggio a metà strada tra Skofia Loka e Kranj (da Postumia, l’uscita di Skofia Loka dista circa 70 km). Siamo arrivati abbastanza presto e ci siamo subito accorti che era un posto davvero carino, tenuto molto bene, tutto in legno e con un paesaggio incantevole. Verdi colline tutte intorno, boschi fitti, una splendida vista sull’importante e imponente chiesa del villaggio. Ci hanno lasciato gentilmente posare le valigie nella nostra camera e quindi siamo partiti alla volta di Kranj, così avremmo potuto anche pranzare. Abbiamo raggiunto in un attimo e senza nessuna difficoltà la località. Molto più arduo è stato trovare un parcheggio. Dopo aver chiesto in un negozio a pochi passi dal centro storico, mi hanno indirizzato al parcheggio dell’hotel Creina lì vicino. Peccato che il parcheggio, a disposizione per gli ospiti dell’albergo e per altri a pagamento, fosse interessato da lavori. Gli operai mi hanno fatto cenno di entrare e mi hanno dato un biglietto. Io ho dato un’occhiata e ho visto che non c’era nessun posto in vista. Ho cercato di farmi capire ma loro non masticavano né italiano né inglese. E’ stato un fitto dialogo fra sordi ma a gesti ci hanno confermato di entrare e noi speravamo che il parcheggio proseguisse sul retro. Purtroppo non era così, ho messo la retromarcia per uscire e uno degli operai ha allargato le braccia come a dire: mi spiace ma non c’è posto. Potevano anche evitare di farmi entrare… Comunque verso mezzogiorno, dopo che M ha tirato su nuvole di polvere su una strada semi sterrata, senza uscita e in considerevole pendenza (arrabbiandosi perché la macchina se ha l’aria accesa non va più), abbiamo trovato un posto e ci siamo incamminati verso il centro. Davvero a due passi. Le distanze sono davvero sempre molte ridotte. Non appena abbiamo visto una trattoria ci siamo fermati, eravamo un po’ stravolti dal caldo soffocante. La Gostilna Kot è proprio all’inizio del centro storico. Abbiamo ordinato acqua (l’unica cosa che si paga cara come l’oro), la scaloppina alla Stephan per M (ci aspettavamo fosse come le nostre scaloppine e invece era una cosa tipo cordon bleu che occupava più di metà piatto, imbottita di prosciutto cotto e formaggio e impanata), grigliata mista per me (un piatto pieno di wurstel, prosciutto salato, due tipi di carne e spiedino, il tutto accompagnato dalla solita salsa rossa e dalle cipolle crude affettate sottili, dettaglio immancabile di quasi tutti i piatti di carne), una porzione di patatine fritte e un caffè. Il tutto per 16,50 euro. Eravamo un poco provati dal pranzo e dal caldo davvero soffocante ma abbiamo iniziato la visita del centro storico di Kranj, seguendo quasi alla lettera quello che diceva la nostra Lonely Planet (un aiuto davvero prezioso e preciso non solo da un punto di vista turistico ma anche nella segnalazione dei locali in cui pranzare). Il centro storico di Kranj è davvero carino, pieno di locali caratteristici, di case con ricche decorazioni e decine di affascinanti abbaini. Il centro è costituito da tre vie pedonali che lo attraversano, dando la possibilità di vedere il vecchio albergo Stara Posta, in stile art decò e con tre grosse statue; la casa Preseren, dove il poeta visse gli ultimi anni della sua vita; la chiesa di San Canziano, davvero imponente ma purtroppo chiusa, fino ad arrivare al Pungert, con la chiesa della Peste, chiamata così perché costruita durante un’epidemia scoppiata a fine ‘400.
Percorrendo il centro storico al contrario, abbiamo anche dato una scorta alla fontana e alla scalinata progettata da Plecnik per dare un accesso monumentale dal fiume Sava.
Siamo anche scesi a vedere il “canyon” sul fiume Kokra (la città è proprio racchiusa fra il fiume Kokra e il fiume Sava) e quindi ci siamo incamminati verso la macchina, dopo aver fatto ancora una sosta per due fresche coca cola. Al ritorno ho guidato io e proprio all’uscita del paese abbiamo sbagliato corsia. Immediatamente e forse un po’ bruscamente mi sono buttata sulla corsia giusta rischiando la conoscenza intima con l’auto guidata da un signore che si è limitato a guardarci un po’ perplesso. Abbiamo notato che nessuno si spazientisce, nessuno suona il clacson, nessuno si agita se quando il semaforo viene verde tergiversi un attimo. Poco dopo, temendo di aver sbagliato di nuovo la strada, ho fatto un’azzardata inversione a U e la macchina si è spenta a “metà strada” tra le due carreggiate (avevamo l’aria accesa…) : le macchine si sono fermate e pazientemente hanno aspettato che io ripartissi. Proprio come dalle nostre parti… In breve arriviamo all’agriturismo e ci accampiamo nella camera. Ormai le valigie non si disfano nemmeno più! La camera ha i mobili di legno chiaro e il bagno,benché piccolo, è carino. Sul balconcino minuscolo ci sono due sedie di legno e di fronte a noi vediamo la famosa chiesa del villaggio. Dopo una bella doccia ci riprendiamo per la cena e alle sette, puntuali, siamo nella sala da pranzo. Anche questo locale è davvero di buon gusto, sono presenti anche qui mobili di legno chiaro e su tutto troneggia una grossa stufa di maiolica. E’ impossibile non immaginare quello stesso locale accogliente in una giornata d’inverno: la stufa accesa, la musica natalizia di sottofondo, i fiocchi di neve che cadono su quei dolci pendi, le infinite foreste di pini tutte candide e quella sensazione ovattata che c’è solo quando nevica… La cena ci coglie impreparati: una intera zuppiera di zuppa di funghi squisita, tutta a nostra disposizione; un “grilletto” a testa di insalata mista dove campeggiava l’immancabile verza cruda; un piattone ovale da portata con tagliatelle, frittelle di mele, 4 o 5 pezzi di pollo (si sentiva che era un pollo ruspante), purè di patate (anche questo vero, non era certo il purè delle buste). Dinnanzi a tutta questa abbondanza non ho potuto evitare di fare una bella foto come testimonianza… Quando il marito della signora è venuto a ritirare il piatto di portata ci ha chiesto candidamente “it’s enough?”. Lo abbiamo rassicurato e quindi ci ha portato il dolce, un piatto di dolcetti tipo chiacchiere ricoperte di zucchero a velo.
Dopo cena abbiamo fatto una passeggiatina attorno all’agriturismo nella falsa illusione di riuscire a smaltire la cena e quindi abbiamo raggiunto la camera per riposarci in previsione della giornata seguente.
15 agosto Dal momento che avevo letto che era meglio non andare il giorno di ferragosto a Bled in quanto vi si riversava una marea di gente e si rischiava di fare la coda in autostrada, abbiamo deciso di andare al lago di Bohinj. Peccato che la strada era la stessa e io non ci avevo proprio pensato! Quindi tra la marea di macchine e una lunga serie di cantieri sull’autostrada, abbiamo fatto un bel po’ di coda e, nel timore di non trovare un parcheggio vicino al lago, abbiamo lasciato la macchina a circa un chilometro in un grosso prato dove già c’erano altre macchine parcheggiate. Certo che quando si arriva vicino al lago, già si ha l’impressione di essere giunti in un luogo incantevole. La chiesetta di San Giovanni Battista è davvero carina, peccato che anche questa, come altre che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio, fosse chiusa. Ci siamo diretti verso la sponda del lago e ci siamo sistemati un attimo su una piccola spiaggetta un po’ all’ombra. Io avevo portato dietro il “sacco” per cambiarmi e quindi mi sono preparata e, temeraria, ho sfidato le acque un po’ freddine del lago. Avevo paura di non farcela ma la voglia di provare a fare un bagno in quell’acqua straordinariamente limpida era troppo forte. Poi abbiamo oziato un pochino e ci siamo diretti nel ristorante-pizzeria Center per il pranzo. Abbiamo preso due pizze ma effettivamente non erano gustosissime.
Dopo pranzo abbiamo preso il battello che lentamente ci ha fatto attraversare tutto il lago fino all’estremità opposta dove si trova il campeggio Zlatorog assai frequentato. Durante la navigazione, in un clima di assoluta tranquillità, abbiamo goduto del panorama di tutte le sponde del lago, abbiamo visto piccoli villaggi su verdi colline e le montagne maestose (da qualche parte doveva esserci il Triglav, il vecchio signore a tre teste simbolo della Slovenia. Purtroppo a causa del nostro scarso orientamento, non siamo riusciti a capire quale fosse…). Io sono rimasta veramente affascinata da questo angolo immerso nella natura e nella pace, e sono certa che vederlo in un periodo di minore affollamento sarebbe stato ancora più suggestivo. Magari con i colori dell’autunno… Dopo essere ritornati alla macchina ci siamo avviati sulla strada del ritorno ma purtroppo non abbiamo fatto la deviazione per il villaggio di Studor, famoso per gli antichi fienili con depositi granai nel sottotetto. Abbiamo invece fatto tappa a Radovlijca, una piccola cittadina che, nel XIV secolo era già diventata un importante centro commerciale fino a raggiungere il suo massimo splendore durante il Medioevo. Io mi ero ripromessa di fare un salto al Museo dell’Apicoltura. E’ ospitato nel bel palazzo Thurn e, per una persona appassionata di apicoltura risulta davvero interessante e curioso. Ci sono sezioni dedicate alla storia dell’apicoltura nella regione, sezioni dove sono esposti tutti gli attrezzi utilizzati, dai più antichi a quelli moderni, e tante curiosità. Ad esempio mi hanno colpito arnie ben diverse da quelle che conosciamo noi. Ce n’era una a forma di orso con la bocca spalancata, e la bocca era proprio l’apertura attraverso la quale le api entravano nell’arnia. Altre erano a forma di case signorili o palazzi, sembravano case di bambole curate nei minimi particolari… Vi erano poi esposti, suddivisi per argomenti, moltissimi pannelli di arnie decorati, una forma di arte popolare che non ha eguali in nessuna altra parte del mondo.
Usciti dal museo abbiamo visitato il piccolo e antichissimo centro storico, ricco di palazzi decorati e di abitazioni con piccole finestre e deliziosi abbaini. Proprio lì, verso la fine della piazza centrale, io gli stavo leggendo sulla guida le particolarità di un palazzo d’angolo con decori variopinti rossi gialli e blu e lui, tutto concentrato, “…Guarda quelli che coppazza di gelato…” . Io lo nutrivo con la cultura e lui guardava la gente seduta al bar sottostante! Alle 18 eravamo all’agriturismo e ben presto abbiamo affrontato una lauta cena come quella della sera precedente, anche questa testimoniata da una interessante foto ricordo. Abbiamo poi fatto un giretto digestivo e io ho avuto la fortuna di vedere sulla collina lì vicino due tenerissimi caprioli che avrei poi rivisto anche le sere successive e pure la mattina della partenza, anche se in questo caso si era unito a loro un terzo compagno… 16 agosto Oggi era il nostro anniversario (4 anni e mezzo) e avevamo deciso di andare a Lubiana in treno. Forti dei suggerimenti che mi aveva dato la sera precedente una gentilissima ragazza che avevo trovato in stazione a Kranj (al ritorno da Radovlijca abbiamo preso l’uscita per Kranj e ho pensato di andare in stazione per vedere gli orari dei treni. Peccato che, essendo ferragosto, fosse tutto chiuso e non ci fosse nemmeno un tabellone da consultare in una stazione del tutto fatiscente) e che mi aveva detto che da Skofja Loka partiva più o meno un treno ogni 40 minuti per la capitale, siamo partiti per la stazione di Skofja. Eravamo in stazione, alle 9 meno 20 ma abbiamo scoperto che il treno era partito da poco e che il prossimo sarebbe stato alle 11,40. Effettivamente c’era un treno ogni 40 minuti circa ma la fascia degli orari centrali della mattinata non prevedeva treni!!! Quindi un po’ amareggiati siamo risaliti in auto e partiti alla volta del lago di Bled. Anche questa volta abbiamo incontrato un po’ di traffico e di code ma sicuramente meno del giorno prima. Arrivati a Bled, dopo aver cercato invano di trovare un parcheggio che non fosse a pagamento, mi sono rassegnata e abbiamo lasciato l’auto in un grande parcheggio a due passi dal lago (1 ora= 1 euro e poi 0,50 centesimi ogni ora successiva) mettendo monetine fino alle 16,30 circa. Finalmente ci siamo incamminati e siamo arrivati al lago. Davanti a noi la distesa d’acqua, a sinistra la parte a mio parere meno bella e suggestiva, quella col casinò e i palazzi di cemento, a destra la collina con il castello. Dopo aver dato un’occhiata alla chiesa Parrocchiale di San Martino, ci siamo arrampicati con un po’ di fatica, lungo il sentiero sterrato fino al castello, convinta di poter entrare magari nel cortile e fare qualche foto e un giretto. E invece siamo saliti per niente: dopo aver fatto pochi passi all’interno della struttura, c’era subito la biglietteria ma sinceramente non ci andava di pagare il biglietto per scattare qualche foto e per visitare il museo. Quindi, un po’ amareggiati e accaldati, abbiamo preso il sentiero per il ritorno. Ad un certo punto sentivo nell’aria un profumo che mi era famigliare ma non riuscivo a riconoscere. Poi ho capito: il bosco che stavamo attraversando era tutto tappezzato di bellissimi ciclamini. Non ne vedevo così tanti da quando passavo le mie estati in montagna… Abbiamo percorso tutta la prima metà del lago fermandoci infinite volte per le mie foto. Peccato solo che la giornata fosse un po’ meno limpida di ieri. Ad un certo punto tra gli alberi ha fatto la sua comparsa l’isoletta di Bled e mi ero ripromessa che il giro fino all’isola sulla pletna lo avremmo fatto qualunque fosse la somma da spendere (già ho il rimpianto della gondola a Venezia!). Abbiamo pranzato nel ristorante che c’è proprio sulla punta estrema del lago, vicino al campeggio, e ci siamo trovati abbastanza bene.
Quando siamo saliti sulla pletna di legno, ero tutta emozionata. Per arrivare sull’isolotto ci si mette circa mezz’ora. L’isolotto si gira in un attimo ma è davvero incantevole, da ogni parte ci sono scorci suggestivi e la mia povera digitale non aveva un attimo di tregua. Non siamo entrati nella Chiesa dell’Assunzione per suonare la campana dei desideri perché c’era troppa gente e si pagava, quindi non abbiamo espresso nessun desiderio… Siamo rientrati con la pletna in un’altra mezz’ora e quindi ci siamo avviati a passo spedito e abbiamo iniziato a percorrere l’altra metà del lago (in tutto sono 6 chilometri ma ne vale la pena). All’inizio non era molto bello perché si passava semplicemente sulla strada ma poi ricominciava il percorso pedonale, il verde, i tigli, i castagni, i prati, i salici con le fronde che galleggiano nell’acqua, le anatre che si riposano al sole, la gente che pesca, l’isolotto che si allontana sempre più, il castello arroccato dall’altra parte del lago, decine di inquadrature per imprimere questo spettacolo della natura nella nostra memoria.
Ad un certo punto la natura lascia il posto alle case, dapprima ville ed abitazioni carine, piene di decori, e poi palazzi moderni e senza stile che un po’ stonano con l’ambiente che ci si lascia alle spalle.
Dopo aver attraversato i graziosi giardini dai quali eravamo partiti al mattino e dopo aver tentato invano di dissetarci in un bar, abbiamo ripreso la macchina e siamo ripartiti.
Non abbiamo fatto la deviazione per Kropa, un villaggio che per secoli è stato un centro attivissimo nell’estrazione del ferro, e neppure quella per Trzic, un villaggio che, particolarmente segnato da un incendio, introdusse una legge che imponeva di inserire scuri e porte di metallo. Io avevo previsto queste tappe nel programma originario ma ovviamente bisogna mettere in conto che non si può riuscire a fare tutto.
Durante il viaggio di ritorno io mi sono fermata a fare le foto ad un grosso carretto di legno tutto carico di zucche variopinte. Si è avvicinata un’anziana signora che ha iniziato a parlarci, io ho cercato di farle capire che purtroppo non capivamo nulla ma lei ci sorrideva. Si è avvicinata al carretto, ha preso una zucca e me l’ha messa fra le mani. Abbiamo davvero incontrato persone carinissime… Abbiamo fatto una deviazione alla stazione di Skofja Loka per i biglietti, in modo da poter partire il giorno seguente per Lubiana. Ho avuto un’interessante conversazione in inglese con il bigliettaio: io gli parlavo (sarebbe meglio dire che mi arrampicavo sui vetri) in inglese ma lui non capiva. E’ riuscito a dire “ I don’t speak english” e imperterrito mi parlava in sloveno. E io ribattevo (a cosa?!) in inglese e contemporaneamente ridevo.
Siamo ripartiti senza biglietti e tornati a Crngrob facendo un tentativo di vedere la chiesa dell’Annunciazione davvero imponente del villaggio. Durante la nostra permanenza non siamo riusciti a capire come funzionavano le campane. Non suonavano solo le ore e le mezze ore. Forse suonavano anche i quarti d’ora ma non facevano solo un rintocco, bensì andavano avanti a lungo e in modo del tutto incomprensibile. Ovviamente la chiesa era chiusa ed abbiamo solo fatto un giretto lì intorno, dando un’occhiata ad uno dei più preziosi affreschi sloveni, visibile sul muro esterno della chiesa sotto un bel porticato. Il dipinto illustra i doveri di un buon cristiano e tutte le tentazioni da evitare, per non finire con i peccatori, ingoiati dai demoni.
La cena è stata un po’meno buona delle precedenti a causa di un risotto un po’ scotto, ma la zuppa di funghi e la torta di cioccolato erano davvero buoni.
17 agosto Alle 8 partivamo dall’agriturismo. Le colazioni offerte dall’agriturismo erano davvero interessanti: burro fantastico, marmellate fatte in casa, miele, pane, formaggio con le erbette, salame e salumi tipo coppa, caffelatte o quello che si preferiva. Io ho quasi sempre optato per la parte salata mentre M si dedicava con impegno alla parte dolce. Ma quella mattina c’erano wurstel bolliti, senape e formaggio. Non ho potuto resistere e ho fatto questa colazione alternativa. La senape era fantastica, ma ho scoperto che forse non è facilissima da digerire… Alle 8,26 siamo partiti e in appena 25 minuti eravamo a Lubiana. Il viaggio in treno è stata davvero una bella idea, senza nessuna preoccupazione per parcheggiare l’auto. Dalla stazione al centro il percorso è davvero breve e, seguendo la mia guida, ci siamo diretti subito verso il Ponte dei Dragoni (in trepida attesa, secondo la leggenda, di poter muovere la loro coda al passaggio di una ragazza vergine) e da lì abbiamo già ammirato il colonnato di Plecnik, l’elegante lungofiume coperto.
Costeggiando il fiume siamo arrivati fino a Presernov Trg, la piazza dominata dal monumento a Preseren, il più grande poeta della Slovenia, nato nel 1800 e morto a soli 49 anni. Attorno alla piazza ci sono la chiesa Francescana dell’Annunciazione di un color salmone carico, ed edifici caratteristici, come Casa Hauptman, che un tempo ospitava lo studio di alcuni pittori, ai quali si devono le vivaci decorazioni.
Abbiamo attraversato il Triplice Ponte e svoltando subito a sinistra, abbiamo intravisto l’inizio del mercato. E’ davvero molto grande e suggestivo. Ai piedi della Cattedrale di San Nicola con le due maestose porte di bronzo scolpite (aggiunte nel 96 per commemorare la visita del Papa), ci sono decine di bancarelle dai mille colori e profumi: erbe essiccate, fiori, zucche, funghi, frutti di bosco, formaggi, composizioni di fiori secchi… E si prosegue con le bancarelle dove campeggiano frutta e verdura, sistemati in modo ordinato e tale da creare un arcobaleno variopinto, una vera gioia per gli occhi! Siamo ritornati verso il Triplice Ponte dopo aver dato un’occhiata ad uno strano cono che rappresenta il palazzo del parlamento, progettato da Plecnik, e che doveva essere realizzato sulla collina del castello (per fortuna non è stato portato avanti il progetto!) e da qui abbiamo iniziato a visitare il centro storico di Lubiana e le sue tre piazze. Seguendo passo passo le indicazioni della guida abbiamo evitato di vagare senza meta e abbiamo potuto cogliere alcune particolarità che altrimenti ci sarebbero sfuggite. Ci sono dei palazzi davvero interessanti e caratteristici, ed altrettanto lo sono i localini che si affacciano sulle piazze.
La prima è Mestni Trg, la piazza della città, l’unica che assomiglia ad una vera piazza, mentre le altre due assomigliano di più a strette vie acciottolate. E’ dominata dal municipio davanti al quale c’è la Fontana del Robba, i cui tre titani che reggono le urne da cui zampilla l’acqua simboleggiano i tre fiumi della Sava, Krka e Ljubljanica. Poco più avanti abbiamo imboccato un piccolo violetto fino alla Piazza del Pesce, dove sorge la casa più antica della città risalente al 1528, e che adesso ospita un rinomato caffè.
Si entra quindi in Stari Trg, la piazza vecchia, fiancheggiata da negozi con facciate di legno e case signorili. Al n° 4 c’è un edificio che fino al XVIII secolo era una prigione non lontano dalla quale avvenivano le esecuzioni dei condannati a morte.
Attraverso una stradina si arriva al Ponte dei Calzolai con guglie di cemento, luogo di traffici commerciali assai intensi. Tra il n° 11 e il n°15 sorge una palazzina in stile rococò, Casa Schweiger. Il suo balcone è sorretto da un gigantesco Atlante con un dito sulle labbra, come se pregasse di non fare rumore. Schweiger significa proprio il silenzioso ma forse il proprietario non voleva promuovere la propria immagine: da queste parti i bordelli erano di solito posti al n° 13 e forse lui aveva ricevuto visite poco gradite.
In fondo alla seconda piazza, sorge la fontana di Ercole e proseguendo la Chiesa di San Giacomo.
Dalla fontana di Ercole, prendendo la dolce salita, si entra nella terza piazza, Gornji Trg, la piazza superiore. Sulla sinistra, cinque edifici medioevali, hanno stretti vicoli laterali, con porte dove un tempo venivano accumulati i rifiuti che poi venivano gettati nel fiume. Alla fine la Chiesa di San Floriano costruita nel 1672 e dedicata al santo protettore dal fuoco, dopo che un grave incendio ebbe distrutto gran parte della città vecchia. Visto che ormai si avvicinava l’ora di pranzo abbiamo optato per la Gostilna Sokol,in stile finto antico ma davvero carina, a pochi passi dal Municipio.
In ritardo di un giorno abbiamo festeggiato a lume di candela il nostro anniversario con un pranzo abbondante e gustosissimo: calamari ripieni, gulasch di selvaggina (servito in una pentola con sotto il fornelletto acceso), insalata mista, il loro pane di forma rotonda e con un forte sapore di aglio, i famosi struklj con le noci, acqua e caffè. Il tutto per un totale di 26.90.
Siamo quindi tornati in piazza Preseren e abbiamo preso il trenino per salire fino al castello di Lubiana. Il cortile del castello non è nulla di straordinario soprattutto perché rovinato da troppi dettagli moderni ma probabilmente bisognava entrare e salire sulla torre da cui, a quanto avevo letto, si poteva godere di un bel panorama su tutta la città. Siamo ridiscesi e abbiamo di nuovo passeggiato lungo il fiume, dal Triplice Ponte fino al Ponte dei Calzolai. Anche qui tutto un susseguirsi di localini, bar e ristoranti mentre dall’altra parte della strada io ero rapita dai verdi salici con i loro rami che parevano adagiati sulle acque del fiume.
Forse M era più rapito dai tanti gelatai sul lato sinistro della via pedonale e così ci siamo fermati un attimo e ci siamo gustati un bel gelato. In origine avevo pensato di passeggiare anche per la parte più moderna di Lubiana ma, visto che il mio problema al tallone si era un po’ aggravato (non ho mai capito cosa mi fosse successo), la giornata è andata un po’ scemando e ci siamo avviati verso la stazione. Arrivati di nuovo al Triplice Ponte abbiamo notato che c’è una piccola area, a fianco della chiesa in cui piove sempre. Ovviamente non è nulla di paranormale ma un effetto ottenuto artificialmente, anche se passarci in mezzo non è stato affatto sgradevole, visto il caldo che avevamo incamerato in tutta la giornata.
Per tornare alla stazione abbiamo attraversato la lunga Miklosiceva Cesta, passando davanti al Grand Hotel Union, l’hotel più esclusivo ed elegante della città (volevamo alloggiare lì ma non c’era più posto!) e ad altri palazzi caratteristici, il palazzo color crema che ospita la banca popolare di credito, sormontato dalle statue di due donne che reggono un’arnia e un portamonete, simbolo di proseritaà e industriosità; l’ex banca cooperativa progettata da un architetto, la cui moglie dipinse le decorazioni geometriche rosse gialle e blu…
Il treno era puntualissimo alle 17,42 e man mano che ci allontanavamo dalla capitale, vedavamo il cielo sempre più nero e buio, la minaccia di un vero temporale. Abbiamo fatto appena in tempo ad arrivare all’agriturismo che il temporale è arrivato davvero e ha accompagnato tutta la serata. Dopo cena abbiamo iniziato a preparare le valigie per la partenza della mattina seguente. Una visita a Skofija Loka e poi…Mare!!! 18 agosto Al mattino, dopo colazione, abbiamo liberato la camera. In un attimo eravamo a Skofja Loka, uno dei paesi sloveni più antichi, e dopo aver parcheggiato anche questa volta senza nessun problema, abbiamo iniziato la nostra visita sotto un cielo grigio ed un clima affatto estivo.
Spodnji Trg è in basso, fiancheggiata da casette colorate e con piccole finestre, che dimostrano tutti gli anni che hanno. In epoca medioevale era il luogo in cui vivevano i ceti più indigenti della popolazione. Nel granaio situato proprio all’inizio venivano conservate le tasse che i cittadini pagavano in natura (oggi c’è un ristorante e un’enoteca). Poco più avanti la chiesa dello Spital, edificata nel 1720 all’interno del complesso dell’ospizio di carità: i poveri vivevano nelle celle dell’edificio situato nel cortile retrostante.
Alla fine della piazza c’è una breve salita e si arriva all’inizio dell’altra piazza, Mestni Trg, dominata dall’alto dal bellissimo castello. Non siamo entrati neppure in questo, visto che si trattava comunque di visitare musei e mostre. Qui le casette minuscole e colorate lasciano posto ad edifici più alti e riccamente colorati e decorati, a piccoli negozi e a qualche bar. Al centro della piazza si trova la colonna della peste.
Si arriva quindi a Cankariev Trg con la Chiesa Parrocchiale di San Giacomo, per proseguire fino al Ponte dei Cappuccini, che presenta al centro una statua di san Giovanni Nepomuceno, un sacerdote boemo che morì martire.
Ci siamo quindi incamminati seguendo il percorso inverso ed è iniziata l’ardua ricerca della Casa Nacetova e della passerella del diavolo. Noi ci siamo un po’ persi ma ho poi capito che probabilmente, arrivando a Spodnji Trg, bisognava imboccare la strada a destra, mentre noi abbiamo attraversato il ponte davanti a noi. Prima abbiamo raggiunto la passerella del diavolo, un ponte tutto di legno che passa sopra al fiume e che io mi sono azzardata ad attraversare solo dopo aver chiesto ad un signore se potevo fidarmi. Quindi, grazie alle indicazioni di una gentile signora, siamo arrivati di fronte alla casa Nacetova, uno dei migliori esempi di architettura rustica nel territorio sloveno e risalente agli inizi del 1400. Vasi di gerani rossi alle finestre, gli attrezzi del lavoro contadino e la legna impilata in modo ordinato. Siamo quindi tornati alla macchina e, visto che era presto, abbiamo deciso di partire subito per Portorose. A pranzo ci siamo fermati in un autogrill sull’autostrada. I nostri autogrill al confronto impallidiscono: una sala tutta di legno scuro, tendoni bordeaux alle finestre, tendine coordinate, tavoli e sedie “stile tirolese”, area giochi per i bambini… Alle 15.30 eravamo già a Portorose dopo un viaggio davvero tranquillo di circa 150 km. Abbiamo lasciato la macchina nel parcheggio sotterraneo del nostro albergo e da lì, per una settimana, non l’abbiamo più mossa. Anche per lei era arrivato il momento di riposarsi un pochino anche se fortunatamente, col passare dei giorni, eravamo sempre meno preoccupati della sua “salute” e sempre più convinti che quelle gocce fossero legate all’impianto di condizionamento.
Dopo l’assegnazione delle camere, ci siamo rinfrescati e riposati perché eravamo davvero stanchi morti e, abituati al clima “di montagna” dei giorni precedenti, lì sentivamo un caldo soffocante.
Il nostro albergo era il Ville Park che fa parte del complesso Bernardin. L’avevamo scelto perché era uno di quelli che costava meno e perché nel complesso, c’era il parco acquatico Laguna Bernardin in cui gli ospiti dei tre alberghi del complesso potevano entrare gratuitamente.
Io avevo pensato che, in caso di cattivo tempo, almeno lo avremmo potuto utilizzare. E la scelta è stata davvero indovinata… Dopo la cena a buffet (nessuna critica da fare, se non per gli antipasti che lasciavano sempre un po’ a desiderare. E’ anche vero che noi eravamo ormai abituati alle cene dell’agriturismo, davvero memorabili!) abbiamo fatto una passeggiata all’interno del complesso per iniziare ad ambientarci e abbiamo goduto di un fantastico tramonto col sole che si spegneva nel mare.
La nostra camera era discreta e pulita, con una bella doccia e una finestra-balcone che si affacciava sulla via sottostante. Era la “via” che partiva dall’esterno del complesso, sulla strada per Portorose, lo attraversava tutto e sboccava poi dalla parte opposta, oltre il Grand Hotel Bernardin. Peccato solo che tutti i negozi, i bar e quindi la confusione, si concentrassero proprio nella zona della nostra dependance.
19 agosto Possiamo affermare che questa è stata l’unica giornata dedicata esclusivamente alla vita di mare. Al mattino siamo stati in spiaggia e ci siamo ritornati nel pomeriggio, dopo il pranzo consumato presso la Taverna Mediteranean.
Parlare di spiaggia non è corretto. Si tratta di grossi appezzamenti di terreno delimitati dal cemento e ricoperti di erba un po’ stentata. Ci sono le docce e delle comode strutture metalliche che vengono utilizzate come cabine per cambiarsi. Qua e là ci sono dei bei pini marittimi per ripararsi dal sole e ci si sistema dove si vuole, anche con le proprie sdraio o lettini. Non si possono solo portare gli ombrelloni ma ben presto abbiamo capito che tanto il nostro ombrellino da spiaggia non ci sarebbe servito! Abbiamo anche fatto dei bei bagni in un’acqua pulita e sotto un bel cielo azzurro e limpido e pensavamo che la nostra vita balneare era iniziata sotto i migliori auspici.
Dopo cena siamo andati al bar News Cafè e abbiamo consumato un Margarita e un Long Island Ice Tea. Un locale carino, improntato secondo me sul tema del viaggio, con carte geografiche, valigie appese sul soffitto, bauli e timoni, vecchie stampe alle pareti, tavoloni di legno scuro, vecchie lampade e luci soffuse. Abbiamo perso il conto del numero delle volte in cui, durante il viaggio, abbiamo affermato che dalle nostre parti, locali così purtroppo non esistono.
Poi siamo tornati in camera. E qui la narrazione per ovvie ragioni finisce…
20 agosto Al risveglio abbiamo trovato un tempo pessimo ed un vento fortissimo.
Dopo colazione abbiamo deciso di sperimentare il parco acquatico. In questa occasione siamo entrati nella zona a destra e subito siamo stati affascinati dalle piscine Whirpool rotonde con l’acqua calda calda e l’effetto idromassaggio. Una vera delizia, peccato che non ci si poteva fermare più di venti minuti e che fossero sempre pienissime. Lì vicino c’era una grossa piscina con l’acqua non altissima e che, usciti quasi cotti dalle vasche idromassaggio, sembrava particolarmente freddina. Tutto intorno erano sistemate le sdraio. Da un lato la vetrata si affacciava sul complesso, dall’altra si vedeva il mare aperto. Da questa zona si poteva poi accedere, a pagamento, al centro estetico per i vari trattamenti.
Ci siamo quindi andati a cambiare e sistemare in camera (peraltro all’interno del parco acquatico ci sono gli armadietti chiusi, gli spogliatoi, numerosissime docce, i phon per i capelli e quelli per asciugarsi il corpo) e a piedi siamo partiti per Portorose. Siamo passati davanti ai vecchi magazzini del sale e quando siamo giunti in prossimità del centro abbiamo constatato che, come c’era scritto sulla guida, Portorose offre ben poco oltre al cemento, alla confusione e ad una spiaggia che sembra infinita. Ovviamente ci sono negozi ma ai nostri occhi nulla di eccezionale.
Portorose vanta comunque una lunga storia, ma la fama giunse alla fine del XIX secolo quando gli ufficiali austro-ungarici scelsero questa città come luogo termale per i fanghi particolari che si estraevano dalle saline di Spicciole. La voce si diffuse in un attimo e nel 1912 fu costruito il lussuoso Palace Hotel, che noi purtroppo abbiamo visto coperto dalle impalcature della ristrutturazione.
Dopo tanto camminare (è vero che la passeggiata è tutta pianeggiante ma non sono proprio due passi!) abbiamo iniziato a dare un’occhiata ai locali dove mangiare e dove proteggerci dall’aria tremenda che si era levata. Alla fine siamo stati tentati da un ristorante che offriva cibo greco proprio sul lungomare. Inutile dire che il locale Plaka ha incontrato le nostre simpatie. Tutto dipinto di bianco, dettagli turchesi, tovaglie bianche e blu, quadretti con scorci che richiamano i colori e le case greche, tavoli e sedie di legno. E’ superfluo anche dire che il cibo, buono e abbondante, ha avuto successo..
Dopo pranzo abbiamo proseguito verso l’estremità della città senza vedere nulla di particolare a parte qualche albergo e il Casinò. La passeggiata per il ritorno è stata gradevole anche se il vento era freddo e il clima sempre alquanto grigio.
Per rilassarci siamo tornati al parco acquatico, questa volta entrando nella parte di sinistra e scoprendo una zona per i bambini piccoli, una con il tunnel-scivolo sempre per bambini ma utilizzato anche da chi bambino non è più, una bellissima piscina con l’acqua bella calda alta 1.80 e con graziosi angoli relax, altre vasche per l’idromassaggio e altre due piscine con cascatelle d’acqua. Abbiamo fatto qualche bella nuotata e poi, un po’ a malincuore, siamo usciti nell’aria gelida (il contrasto climatico fra il parco e l’esterno era davvero notevole) e siamo tornati in camera a prepararci per la cena.
21 agosto A essere sinceri abbiamo fatto un timido tentativo di vita balneare ma era troppo nuvoloso e c’era tanto vento. Così M propone di andare a Pirano anche perché avevamo scoperto che in fondo al complesso, ogni mezz’ora circa partiva il pulmino gratis per raggiungere la località. Il pulmino non arrivava più e io mi stavo già spazientendo perchè temevo che, arrivando tardi, non saremmo riusciti a visitare questo paese che sembrava davvero meritare. Il mio disappunto è stato sintetizzato dalla frase “non hai mai un’idea e quando te ne viene una è un’idea del … Se entro le 10.30 il pulmino non arriva io torno indietro”.
Di lì a poco il tanto sospirato mezzo è arrivato e in un soffio eravamo a Pirano. Le guide non mentivano. Pirano è davvero carina e assai rapida da girare, piena di scorci caratteristici, viuzze anguste e palazzi gotici-veneziani. Prima abbiamo fatto un primo giro nella piazza Tartinijev Trg dalla forma perfettamente ovale, con la pavimentazione in marmo e con al centro la statua del compositore e violinista Tartini, nativo di Pirano. Dopo aver ammirato la Casa Veneziana, un magnifico edificio rosso in stile gotico-veneziano, con finestre traforate e balconi, al quale si collega una storia legata al bassorilievo raffigurante un leone che tiene fra le fauci un nastro con la scritta lassa pur dir, ci siamo arrampicati lungo una gradinata fino alla Cattedrale di San Giorgio, costruita su un promontorio a picco sul mare. La torre campanaria, separata dalla chiesa, fu costruita sul modello del campanile di San Marco a Venezia e, lì accanto, sorge un battistero di forma ottagonale. Abbiamo potuto scattare delle belle foto anche grazie al vento fortissimo che si era levato e che in un attimo aveva scacciato le nuvole e lasciato spazio ad un cielo azzurrissimo. Abbiamo quindi imboccato una strada in salita e percorso un pezzo del sentiero che porta a Strugnano e lì ci siamo innamorati di un mare da favola. Limpidissimo, quasi trasparente, circondato da un ambiente in cui la pace regna sovrana. E ci siamo anche ripromessi che, se avessimo avuto l’occasione, saremmo tornati a fare il bagno.
Ben presto è arrivata l’ora di pranzo, siamo ridiscesi di nuovo nella piazza ammirando il Palazzo di Giustizia con due bei portali e il Municipio e, affidandoci sempre alla guida, abbiamo cercato il ristorante Delfin. Per trovarlo abbiamo attraversato un dedalo di stradine, case con le finestre che si guardano, arcate e cortili interni, i fili della luce che corrono con i cordoni da una casa all’altra. Sembra di essere fuori dal tempo. Il ristorante si affaccia proprio sulla piazza Trg 1 Maja che era una volta il centro del paese e dominata al centro da una grande cisterna che serviva per raccogliere l’acqua piovana.
A pranzo abbiamo preso i calamari fritti 7euro, la carne mista alla griglia per me 8euro, un enorme piatto di patatine fritte 2.70euro, un caffè, due caraffe d’acqua e due bicchierini di grappa al mirtillo offerti dal titolare. Alla fine il conto, secondo lui, erano “giusti, giusti 20 euro”…
Abbiamo proseguito la nostra passeggiata fino alla punta di Pirano dove si trovano un piccolo faro e l’altrettanto piccola Chiesa di San Clemente. In quella zona era pieno di gente che prendeva il sole sistemata ovunque: sul selciato, sulle panchine in topless e perizoma, sui frangiflutti, sui basamenti dei lampioni… Ci siamo quindi incamminati questa volta dalla punta verso la piazza principale costeggiando il mare, non senza aver fatto una deviazione per dare un’occhiata al quartiere ebraico (a Venezia per vederlo avevamo girato mezza giornata…). All’arrivo al mattino, avevo chiesto ad un autista di pullman se c’era anche il pulmino gratuito per il ritorno e lui mi aveva detto di no. Così ci siamo incamminati a piedi verso il nostro albergo, dopo aver incrociato per la seconda volta nello stesso giorno la mamma e la bambina che erano ospiti con noi nell’agriturismo di Crngrob, che coincidenza!.
La passeggiata a piedi è davvero gradevole e per nulla faticosa ma, ad essere sincera, una volta vista Pirano un po’ me ne ero innamorata… Tornati al nostro complesso abbiamo fatto un bel bagno rinfrescante, nel vero senso della parola, anche perché oltre al vento forte erano tornate pure le nuvole nere…
22 agosto Approfittando della bella giornata abbiamo deciso di proseguire la nostra vacanza culturale e ci siamo portati alla fermata dell’autobus, a pochi minuti dalla nostra camera, in attesa di un autobus per andare a Capodistria. Alla fermata una gentile signora ci ha detto che potevamo prendere come lei il taxibus, un minipulmino che però ti porta dove vuoi e che puoi chiamare all’occorrenza. Il viaggio non è stato lunghissimo ma, visto che sul mezzo si moriva di caldo, ne siamo ridiscesi un pochino stravolti, ma contenti di non aver mosso la macchina e di non esserci incasinati nel traffico di strade del tutto sconosciute. Con il taxibus si attraversa la parte moderna e poi, dopo aver attraversato un ponte, ci si ferma a pochi passi dal centro storico. Abbiamo optato per percorrere la strada che costeggia il mare fino a Carpacciov Trg, fermandoci anche un attimo a vedere un raduno di macchine d’epoca. Nella piazza si può ammirare la Colonna di San Giustino e la Taverna, una magazzino per il sale del XV secolo.
Da lì, sempre seguendo la guida, abbiamo percorso Kidriceva Ulica, una strada in salita con tante chiesette sconsacrate e tante residenze di epoca medioevale, con i piani superiori sporgenti dipinti di rosso, giallo oro e verde. Oltrepassato il Palazzo che ospita il museo regionale, siamo giunti in Titov Trg , al centro di quella che era la vecchia Capodistria. Sulla piazza si affacciano la Loggia, un colonnato che oggi ospita un rinomato caffè e, proprio di fronte, quello che è diventato il simbolo della città, e cioè il Palazzo Pretorio, la cui facciata è quasi tutta ricoperta di splendidi medaglioni, bassorilievi e stemmi araldici.
A destra del Palazzo sorge il Municipio, collocato all’interno di un’antica armeria e, a sinistra, la Cattedrale dell’Assunzione con un campanile alto 36 metri.
Alle spalle della grande cattedrale si trova un’altra piazza con accanto un giardino e, lì vicino, il Fontico, un granaio nel quale venivano conservate le scorte di frumento nel XIV secolo.
Tornati a Titov Trg abbiamo imboccato Cevljarska ulica, una stretta via pedonale. Siamo passati sotto l’arco del Palazzo Pretorio e, sulla destra, abbiamo visto nel muro la fessura dove venivano inserite le denunce anonime. Il giro del centro storico è davvero breve e ci sono edifici caratteristici ma non abbiamo riscontrato lo stesso fascino di Pirano. Ad un certo punto abbiamo voltato a sinistra e abbiamo raggiunto la piazza Presernov Trg con la caratteristica fontana a forma di ponte (fatta costruire dalla famiglia italiana Da Ponte) e la Porta Muda, unica rimasta delle circa 12 porte che erano state costruite verso il 1500. Appena varcata quella porta antica, la pace finisce e ci si trova immersi in strade asfaltate, macchine che sfrecciano veloci e orrendi condomini. Abbiamo subito fatto dietro front e, dopo aver scattato alcune foto ad un bellissimo micio bianco con il collarino blu che passeggiava su una finestra, ci siamo fermati per il pranzo nella Istrska Klet, la cantina istriana, situata in un palazzo del ‘700, e con panche e tavoli in legno.
Rifacendo tutta la strada al contrario, siamo arrivati fino alla spiaggia di Capodistria, davvero piccola e un po’ triste anche perché ha come panorama il porto commerciale, e con un’acqua che sembrava poco invitante. Abbiamo aspettato il pullman per il ritorno (effettivamente i servizi sono molto frequenti, rapidi e comodi) e abbiamo fatto “scalo” a Isola per un breve giro. Il paesino non offre nulla di eccezionale ma ci siamo spinti fino alla piazza del centro, alla spiaggia (decisamente molto più attraente, anche come mare, rispetto a quella di Capodistria), alla Chiesa Parrocchiale di San Mauro con la sua torre campanaria che domina la città dall’alto della collina, e infine abbiamo dato un’occhiata al bellissimo Palazzo Besenghi degli Ughi, in stile rococò, con finestre e balconi abbelliti da inferriate molto elaborate e dipinte di smalto azzurro.
Alle 15e30 circa eravamo di nuovo al complesso Bernardin e ci siamo sistemati in spiaggia. Il tempo di fare un bagno e il tempo si è guastato di nuovo irrimediabilmente e siamo stati costretti a ritirarci in camera.
Dopo cena abbiamo prenotato presso la reception la gita col battello Solinarka fino alle saline di Sicciole, prevista per la mattina seguente. Dopo un salto al solito bar, siamo andati a dormire.
23 agosto La giornata non è iniziata sotto i migliori auspici: un tempo da lupi! Dopo colazione, ho chiesto alla receptionist di informarsi per la gita e ci hanno confermato che, a causa del cattivo tempo (c’era pure il mare mosso mosso) il battello non sarebbe passato al mattino ma che sarebbe partito dal molo alle 15.20.
Dopo una sosta interminabile nella posta per comprare i francobolli per il parrucchiere della mamma (bambini che scappavano alle mamme, uomini che hanno passato in rassegna tutti i souvenir per ammazzare il tempo, un caldo soffocante e la signorina che mi ha cercato i francobolli più carini per l’ammontare esatto di 10 euro, così come io le avevo chiesto…Io non pensavo sarebbe stata così meticolosa…) ci siamo fatti un giro nel provvidenziale parco acquatico: la piscina da 1.80, poi la whirpool – troppo bella – e l’altra piscina con i giochi d’acqua, mentre dalle vetrate si vedevano donne e uomini già grandini che, nonostante il tempo pessimo e il vento terribile, passeggiavano tranquilli e mezzi nudi nel solarium esterno… Abbiamo pranzato alla taverna Mediteranean proprio sotto l’hotel e abbiamo atteso l’arrivo della Solinarka per raggiungere le saline di Sicciole. Il battello è tutto di legno e carino (anche la nostra guida lo era…) e ci ha portato lentamente in questa zona che sembra davvero fuori dal mondo. Sembra quasi impossibile che, una volta, quella fosse una delle principali fonti di reddito per la costa e che, tutte quelle casette fossero abitate dalle famiglie di coloro che lavoravano nelle saline. Adesso, a parte i turisti, gli unici suoni che si sentono sono quelli emessi dai moltissimi uccelli che volano e planano indisturbati. Siamo partiti con un tempo pessimo e siamo rincasati dopo circa due ore sotto l’acqua e il vento mentre io, quasi senza ombrello e con un pizzico di incoscienza, saltellavo dicendo quanto fosse bello stare sotto la pioggia.
Dopo esserci un po’ asciugati e riposati, ci siamo preparati per la cena e, visto che nel frattempo il tempo si era rimesso al bello e si stava preannunciando una serata serena con un bellissimo tramonto, ho pensato (grande idea) di mettere la maglia scollata stile anni ’60. Una scelta che avrei pagato cara… 24 agosto Visto che finalmente il cielo era terso e il sole splendeva nel cielo, abbiamo preso il pulmino e siamo tornati a Pirano così come ci eravamo ripromessi. Abbiamo subito imboccato il sentiero che porta a Strugnano e abbiamo cercato un angolo dove sistemarci. I sassi sono davvero scomodi se vuoi cercare di sdraiarti ma, con le scarpette di plastica che avevamo comprato prima della partenza, siamo entrati facilmente in acqua. Abbiamo fatto due bei bagni in un’acqua stupenda, limpida, freddino, con branchi di piccoli pesci che ci nuotavano intorno e abbiamo preso, finalmente, un po’ di vero sole.
Purtroppo però già al mattino, forse a causa di tutta l’acqua del giorno prima e del freddo che avevo preso alla sera tutta scollata, avevo il naso chiuso e un po’ di mal di gola. I due bagni e poi il pranzo all’aperto sotto i tendoni del ristorante Delfin (spaghetti ai frutti di mari, calamari fritti e insalata da dividere sempre a metà ma senza sacrificio!) devono aver fatto il resto.
Siamo tornati in albergo (questa volta usando il pulmino gratuito che c’era eccome!) anche perché, ovviamente, il tempo si era guastato. Ci siamo cambiati e, con il pullman, siamo andati al famoso Casinò di Portorose. E’ davvero enorme ma un pochino eccessivo negli arredi e decorazioni e si entra gratis dopo aver fatto registrare i documenti. Abbiamo girato un pochino tra le sale, osservando la gente che giocava e che, soprattutto, buttava via montagne di soldi come se nulla fosse.
Io ho cambiato 10 euro e li ho giocati ai tavoli elettronici della roulette (davvero carini dopo che capisci come funzionano!) ma con M non c’è divertimento: lui resta bloccato in questo ambiente, lo avevo già visto al Casinò a Sharm.
Mi sarebbe piaciuto provare al tavolo vero e proprio ma, come avevo già verificato in altre occasioni, la poca gente mi mette a disagio e di sicuro, nel primo pomeriggio, un casinò non è affollatissimo… Dopo aver perso i miei 10 euro abbiamo ripreso il pullman e per le 18.30 eravamo in albergo anche perché dovevamo iniziare i preparativi. Purtroppo il giorno della partenza era arrivato.
25 agosto Ovviamente, come sempre accade quando si deve partire, la giornata era bellissima! I preparativi sono stati un po’ faticosi visto che le mie condizioni di salute stavano peggiorando ed era subentrato un fastidioso raffreddore. Abbiamo caricato la macchina e siamo partiti lasciandoci alle spalle un’altra settimana da ricordare, sebbene funestata dal cattivo tempo.
Dopo aver percorso strade in mezzo a verdi vallate quasi deserte, con tanti dubbi da parte di M sul raggiungimento della nostra meta, abbiamo raggiunto Hrastovlje per vedere la chiesa della Santa Trinità, circondata da mura con torri angolari. All’interno questa piccola chiesa, costruita fra il XII e il XIV secolo, è interamente decorata con affreschi che aiutavano a capire le storie del Vecchio Testamento, la Passione di Cristo e le vite dei santi. Tra i tanti, si trova il famoso e suggestivo affresco della Danza Macabra, che vuole rappresentare l’uguaglianza di tutti, ricchi e poveri, davanti agli occhi di Dio. In breve siamo giunti alla nostra ultima sistemazione, l’agriturismo Hudicevec a Razdrto, con una splendida vista sul monte Nanos. Abbiamo depositato le nostre valigie e visto che era quasi mezzogiorno, siamo ripartiti alla ricerca di un posto dove mangiare.
Ci siamo fermati nella Gostilna Na Ravni a Senozece, proprio lungo la strada, e all’ombra di grossi alberi, abbiamo gustato un abbondante piatto di gnocchi al gorgonzola e uno di gnocchi ai funghi per un totale di 8 euro! Un po’ scoppiati e febbricitanti siamo tornati in camera e nel pomeriggio abbiamo cercato di riprenderci dedicandoci al riposo assoluto.
Verso le 18 siamo scesi per una breve passeggiata nella tenuta. Il primo agriturismo era bellissimo ma della fattoria aveva ben poco. Questo invece era un vero agriturismo: campi coltivati, attrezzi agricoli non “di figura”, una moltitudine di pecore e mucche che scampanavano e muggivano, asinelli carinissimi, il nonnino che al mattino raccoglieva le mele e le pere cadute, la nonnina che puliva i funghi seduta sulla panca di legno, le rondini e i loro nidi, il ruscelletto in mezzo al prato, il fienile, le stalle… La camera e il bagno (sistemati in una dependance) erano spaziosi e di legno chiaro, con il balconcino con la ringhiera di legno. Nella casa padronale lì accanto, c’erano i due saloni utilizzati per la colazione e la cena, con una bellissima terrazza riparata che aveva una vista grandiosa sui prati curati, sugli animali e sul Monte Nanos. Anche qui era tutto di legno, molto intimo e raccolto, con l’onnipresente ed enorme stufa di maiolica.
Verso le 19.30 mangiavamo cena (il primo piatto era una squisita zuppa di funghi) accompagnati dai cori austriaci di un gruppo assai variegato e che lì sembrava di casa. La loro cena si è conclusa con un numero infinito di bicchierini di grappa e, assai gentilmente, ce ne hanno offerti due. Era davvero forte e speravo mi avrebbe aiutato ad uccidere tutti i microbi! 26 agosto Al mattino siamo partiti per le grotte di San Canziano, dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Anche qui abbiamo trovato un enorme parcheggio a disposizione e del tutto gratis. Abbiamo fatto il biglietto e, in attesa della visita, siamo andati al belvedere da cui si gode una vista spettacolare sulla Velika Dolina e sulla gola dove il fiume Reka inizia il suo percorso sotterraneo. Il fiume scorre sotto il villaggio di San Canziano, scorre fino al Lago Morto, scompare e poi riaffiora in territorio italiano con il nome di Timavo. Prima di entrare nelle grotte si percorre un bel pezzo di strada a piedi e poi ci si immerge in una realtà molto meno turistica e più selvaggia rispetto alle grotte di Postumia. Non ci sono trenini e il percorso si fa tutto a piedi (è da sottolineare che esso viene eseguito al contrario rispetto al corso del fiume cioè, il punto in cui si esce dalle grotte, è lo stesso in cui il fiume entra nelle grotte). Forse la cosa più affascinante è vedere il fiume Reka che scorre impetuoso fra cascate e gorghi sul fondo della gola e…Che paura passare (in fretta) sul ponte alto 45 metri mentre sotto di te senti scrosciare le acque del fiume! In alcuni tratti si fa un po’ di fatica, mentre alcuni pipistrelli volteggiano nel buio. Ma è molto più spaventoso notare i vecchi percorsi utilizzati dai primi esploratori della grotta: dei minuscoli scalini di roccia a strapiombo sul vuoto.
Inoltre man mano che si procede, la guida spegne le luci dietro di sé, e tutto sprofonda nel buio e nel silenzo più assoluto.
Quando finalmente abbiamo visto l’apertura e siamo riemersi alla luce del sole, abbiamo percorso un breve tratto in fondo alla Velika Dolina e poi preso la funicolare che risale i 90 metri della parete rocciosa fino ad un punto vicino all’area dove si trova la biglietteria.
Benché fossimo un po’ stravolti, abbiamo fatto lo stesso un salto nei 3 piccoli musei (la visita era compresa nel biglietto delle grotte) situati nel paesino di Skocjan e allestiti in vecchi granai ristrutturati. Uno ripercorre la storia delle esplorazioni delle grotte e un altro illustra le fasi lavorative della coltivazione del grano. Abbiamo infine dato un’ultima occhiata alla chiesetta e ai panorami sulle vallate carsiche circostanti.
Per pranzo ci siamo fermati nella gostilna Pri Jami fuori dalla grotta, con tanto di intrattenimento musicale, e siamo quindi partiti alla volta della vicinissima Lipica. Pur trovandosi in mezzo al Carso, Lipica è un’oasi verde in cui dominano i tigli (Lipica infatti significa piccolo tiglio) Abbiamo assistito al saggio di dressage. E’ un incanto vedere quei bianchi cavalli che si muovono a ritmo di musica e, se sono esercizi a coppie, in perfetta sincronia fra di loro, guidati da cavalieri in costumi d’epoca.
Abbiamo proseguito con la visita guidata alle scuderie. La tenuta è di 300 ettari mentre il paese di Lipica è formato da un pugno di casette per un totale di 80 abitanti circa, tutti occupati nella tenuta o nei due alberghi lì accanto. C’è anche una graziosa e piccola chiesetta che viene usata soprattutto per i matrimoni.
La fortuna di questo paesino iniziò nel 1580 quando un arciduca austriaco aprì una scuderia per allevare cavalli destinati alla famosa scuola di equitazione spagnola di Vienna. I cavalli andalusi furono incrociati con quelli del Carso e infine con i bianchi cavalli arabi, per arrivare ai lipizzani dal candido mantello. E’ curioso notare che nascono grigi, bai o addirittura sauri poi, tra i 5 e i 10 anni di età, il manto perde i pigmenti e diventa bianco. Alle 17 ci aspettava il giro di 30 minuti sulla carrozza, per concludere un’altra giornata impegnativa e soprattutto caldissima.
Diciamo che la spesa di 20,00 euro è un pochino esagerata ma non sono affatto pentita: soprattutto nella prima parte del percorso, è facile immaginarsi vestiti con abiti dell’ottocento, si passa in questi infiniti viali alberati circondati da prati verdi e dolci colline, con un unico rumore di sottofondo e cioè il “cloppete cloppete” degli zoccoli sul terreno. Chissà come sarebbe affascinante in autunno… 27 agosto Così come previsto dal mio programma iniziale siamo partiti per Vipava, nella valle dei vini, una cittadina conosciuta come la Venezia slovena per i numerosi ponti che la attraversano. Indubbiamente alcuni palazzi hanno un certo fascino ma purtroppo sono lasciati all’abbandono più totale. Ad esempio il Palazzo Lanthieri è davvero bello (anche nelle foto presenti sui depliants presi nell’ufficio informazioni turistiche) e, proseguendo per la stradina immediatamente alla sua destra, si arriva in una piccola oasi verde con tanto di anatroccole: è proprio lì la sorgente del fiume Vipava, l’unico fiume che grazie alle numerose sorgenti carsiche, forma un delta alla sorgente. Ma anche questo luogo davvero carino è in pessime condizioni. Abbiamo proseguito lungo tutto il centro storico, passando accanto a case ornate che testimoniano che nel passato qui vivevano famiglie nobili e agiate. Siamo arrivati fino al cimitero dove, dopo aver dato un’occhiata al monumento dei caduti della prima guerra mondiale invaso dalle erbacce, abbiamo potuto vedere i due famosi sarcofagi egiziani portati lì a metà del 1800. Abbiamo ripercorso la strada a ritroso e, dopo avere tentato invano (le abbiamo trovate quasi sempre chiuse) di dare un’occhiata alla chiesa di Santo Stefano, arrivati di nuovo al palazzo Lanthieri, siamo passati accanto ai numerosi putti che ornano la piazza e abbiamo attraversato il giardino che, a quanto pare, ha pure un raro esemplare di ginko biloba. Peccato che non ci fosse nemmeno una targhetta per riconoscere la pianta… Siamo tornati alla macchina parcheggiata lì vicino e abbiamo fatto una deviazione per il maniero Zemono, una residenza estiva fatta costruire nel 1680 da uno dei conti di Gorica e usata come palazzina di caccia costruita su una collinetta tutta ricoperta di vigneti. Il palazzo di forma quadrata (che oggi ospita un ristorante e viene utilizzato anche per i matrimoni) è sicuramente interessante e abbiamo dato dai vetri una sbirciatina agli interni riccamente decorati. Anche qui segni di trascuratezza e disordine.
Ci siamo diretti quindi verso Vipavskj Kriz, una minuscola località medioevale con le mura ancora perfettamente conservate e che è patrimonio storico della Slovenia. Arrivando con l’auto la si vede arroccata sulla collina. Piccoli paesini con chiese sempre di importanti dimensioni sembrano spuntare in mezzo alle estese sconfinate dei vigneti che occupano ogni terreno coltivabile. Probabilmente era già periodo di vendemmia perché più volte durante il nostro girovagare ci è capitato di incrociare trattori carichi di uva, contadini che trasportavano cesti stracolmi o intendi a vendemmiare nelle vigne.
Vipavskj Kriz è di sicuro in una posizione incantevole che domina tutta la vallata. Si entra attraverso un’antica porta di pietra. Minuscole casette con finestre altrettanto minuscole. Stradine acciottolate, vasi di fiori alle finestre, una grande chiesa e un monastero dei cappuccini. Purtroppo delle antiche mura si può vedere da vicino solo un pezzetto entrando in un triste cortile in quanto ogni altro accesso è transennato.
La visita è stata abbastanza breve e, dopo aver tentato invano (chiuso per ferie) di pranzare nell’unico ristorante vicino al parcheggio, abbiamo ripreso la macchina e ci siamo fermati in un bar- pizzeria sulla strada ad Aidovscina. Il pranzo a base di due pizze non è stato nulla di speciale. Avremmo fatto meglio a proseguire subito ma…Non potevamo saperlo. L’ultima tappa era Stanjel, antico borgo carsico.
Abbiamo attraversato vallate stupende e in breve siamo arrivati a destinazione.
Sulla nostra guida il borgo non era nemmeno menzionato. Io ne avevo scoperto l’esistenza leggendo una delle tante pubblicazioni che mi ero fatta spedire gratuitamente dall’ente del turismo sloveno. E non capisco come una guida secondo me utilissima possa aver tralasciato una vera perla. Stanjel è un incanto, un borgo circondato dalle mura, casette di pietra abbandonate e molte in ristrutturazione, vecchie panche di legno appoggiate ad alberi altrettanto vecchi, scale di pietra, una chiesa dal campanile caratteristico a forma di “missile”, una cucciolata di micini tenerissimi, per non dimenticare moltissimi alberi di fico a cui non ho saputo resistere… Siamo ridiscesi dal borgo e, pensando di trovare un po’ di refrigerio, abbiamo imboccato il giardino Ferrari proprio lì accanto. Di sicuro, per il passato, dovevano essere bellissimi, vista anche la vastità dell’area, le fontane e le vasche bianche con le ninfee, gli alberi secolari e i terrazzamenti. Ma purtroppo anche qui è tutto lasciato all’incuria. Io mi sono inoltrata un po’ più avanti e ho trovato un bellissimo pergolato di uva. Anche qui non ho resistito e mi sono presa un piccolo grappolo: gli acini erano un po’ piccoli ma davvero dolcissimi.
In generale noi abbiamo notato una certa differenza tra le mete dei primi giorni e quelle degli ultimi. Nella zona del primo agriturismo era tutto curatissimo, prati verdi e perfettamente tagliati, boschi pulitissimi, tutto ordinato anche nei piccoli e vecchi paesini. Invece in queste ultime zone, a parte i bellissimi vigneti, anche i boschi e i prati non hanno un bell’aspetto e regna una certa trascuratezza.
Per ristorarci ci siamo fermati in una gostilna (averlo saputo prima!) proprio vicino al parcheggio e all’ufficio postale ai piedi del borgo. Abbiamo preso due belle coca cola e poi, ormai sulla strada della perdizione, ne abbiamo ordinate altre due. La signora ci ha confermato che era da un po’ che loro non sentivano un caldo simile dalle loro parti.
Verso le 16.45 siamo ripartiti per l’agriturismo e per preparare, con una certa tristezza, i bagagli per il viaggio di ritorno.
28 agosto Dopo la colazione abbiamo fatto ancora un giretto per l’agriturismo. Ho fatto le foto alle mucche e agli asinelli, ho tentato invano di avvicinare i vitellini e ho anche preso la scossa nel filo che serve per dissuadere gli animali ad oltrepassare certi limiti, ho fatto le foto alle decine di nidi di rondine che dalle nostre parti non si vedono più da anni.
Dopo un’ultima occhiata al monte Nanos abbiamo caricato i bagagli e siamo partiti. Il viaggio di ritorno, a parte la marea di camion che sfrecciavano vicino a noi, è stato davvero tranquillo e di sicuro meno travagliato e soprattutto senza code.
In tutto abbiamo percorso circa 2.005 chilometri tenendo conto che, nella settimana in cui siamo stati a Portorose, non abbiamo mai mosso la macchina. Ma non li abbiamo trovati particolarmente pesanti, forse anche perché il traffico in Slovenia è quasi sempre stato scorrevole e le distanze, che magari sulla cartina potevano sembrare enormi, in realtà non lo sono. Fortunatamente non ci siamo mai persi e solo al ritorno da Lipica abbiamo imboccato una strada sbagliata che ci ha fatto allungare la strada forse di 5 minuti! La gente è sempre stata molto cordiale e non abbiamo incontrato nessuna difficoltà con la lingua perché quasi ovunque è possibile trovare qualcuno che parla benissimo l’italiano.
Abbiamo mangiato quasi sempre benissimo e provato tante specialità locali.
Io avevo “lavorato” settimane per riuscire a stendere un programma di massima, tempo, salute e … piedi permettendo. Ma, terminata la stesura, avevo aggiunto in piccolo in fondo ai fogli “…Non ce la faremo mai!” e anche mio papà aveva pronosticato che era un po’ da pazzi immaginare di fare tutto quello che avevo scritto.
Devo dire che M mi è stato di aiuto proprio nella fase iniziale, quando ancora brancolavamo nel buio. Io avevo pensato di sistemarci sulla costa per due settimane e, a giorni alterni, andare alla scoperta di questi luoghi. Ma sarebbe stato davvero impossibile e soprattutto troppo stancante, avremmo vissuto in macchina.
È stato lui a suggerire di fare una settimana in montagna e una al mare e devo convenire che la sua è stata un’idea vincente. E poi da lì è uscita la decisione di sperimentare anche gli agriturismi (passando in rassegna il bellissimo e utile opuscolo sempre fatto arrivare gratuitamente e in tempi brevissimi per posta). La nostra è stata davvero un’avventura, con la comodità di poterci gestire senza i ritmi spesso frenetici e “costrittivi” dei viaggi organizzati.
Ma saremmo pronti a rifarla subito.
Per noi era la prima volta ma possiamo esserne orgogliosi…