Siviglia, che meraviglia! 2

Tre giorni nella capitale dell'Andalusia
Scritto da: motta d.
siviglia, che meraviglia! 2
Partenza il: 19/01/2015
Ritorno il: 22/01/2015
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
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Siviglia, capitale dell’Andalusia, è una delle 17 comunità autonome della Spagna, situata nel sud dello stato, a poca distanza da Gibilterra. Il viaggio, tutto rigorosamente organizzato con internet, è costato 112 € di volo sul sito della Ryanair e 75 € per 3 notti in ostello in camera singola con bagno privato, prenotato su Trivago. L’aereo parte puntuale alle 09:45 da Bergamo (check-in fatto on line) e atterra felicemente a Siviglia dopo circa 2 ore e mezza di volo. All’ufficio turistico all’interno dell’aeroporto mi forniscono opuscoli, mappe e indicazioni per arrivare all’alloggio con l’autobus, che prendo appena uscito al costo di circa 4 €. Scendo alla stazione dei treni di santa justa e da lì una bella camminata di 15 minuti circa mi porta davanti all’ostello, situato nel quartiere di santa cruz, in pieno centro. La pensione si chiama virgen de la luz e si trova nella via omonima ma più che di una via si tratta di un vicoletto. Meno male che mi hanno dato indicazioni precise per raggiungerlo, altrimenti ci sarei passato davanti senza vederla. Inoltre scopro che in centro ci sono più di 40 vie il cui nome comincia con virgen: virgen de fatima, virgen de la sierra eccetera.

Dopo un primo impatto deludente ecco che però mi devo ricredere. Oltrepassato il cancello di ferro, l’interno è molto accogliente e ben curato, anche se piuttosto piccolo, tutto rivestito di piastrelle azzurrognole che gli danno un aria veramente particolare e caratteristica. C’è anche una terrazza sul tetto dove poter prendere il sole all’occorrenza. Un ometto simpatico mi consegna le chiavi della stanza e mi da alcune indicazioni. La stanza è piccola ma pulita e il bagno è appena stato rifatto. C’è anche un balconcino che però si affaccia sul vicolo, ma direi che non mi posso proprio lamentare visto il prezzo. L’unica pecca è che non c’è un calorifero e un paio di gradi in più non avrebbero guastato. Mi sento comunque di raccomandare questo tipo di sistemazione a chi non voglia spendere tanto ma non disdegni di stare comodo, in un ambiente pulito e simpatico, a poca distanza dal centro. Questi ostelli sono molto comuni da queste parti e ne ho trovati tanti girovagando per i vicoli del barrio, per cui credo che sia facile trovare una camera anche senza prenotare in anticipo.

Primo giorno

Dopo avere sistemato i bagagli e una breve rinfrescata eccomi in strada. Il barrio di santa cruz, dove si trova l’ostello, è un vero e proprio labirinto di stradine strettissime e vicoli, dove le macchine e i mezzi pubblici stentano a passare (e a volte proprio non riescono). Decido così, cartina alla mano, di girare a piedi cercando comunque di non perdermi in quel dedalo di viuzze.

In 15 minuti di cammino, passando per i jardines de Catalina de Ribera, arrivo in San Fernando, il lungo viale pedonale dove si trova l’università di Siviglia, che anticamente era una fabbrica di tabacco. Rimango subito colpito dalla grande quantità di alberi di arance presenti in tutto il centro, sia nelle strade che nei vicoli, che nei giardini pubblici, tutti carichi di frutti. Tutta la zona sembra un immenso agrumeto, eppure non si vede nessuno coglierle o raccattare quelle cadute dagli alberi. Come mi spiegheranno in seguito gli alberi appartengono al comune e le arance non si possono toccare, pena sanzioni salate. Dopo il raccolto, vengono inviate in Inghilterra, dove vengono trasformate nella famosa marmellata di arance un po’ amarognola tipicamente british. Giunto alla Puerta de Jerez giro a destra e mi ritrovo in Plaza del Triunfo, giusto davanti all’ingresso del Real Alcazar, la fortezza che ancora oggi è la residenza ufficiale del re e della regina a Siviglia, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’unesco. L’ingresso costa 9,50 € ma ne vale assolutamente la pena. Il palazzo è stato ampliato varie volte nel corso dei secoli e risente dell’influenza di molti stili, dal gotico all’arabo. I giardini poi sono veramente spettacolari (ovviamente pieni di arance), il tutto supportato da una giornata decisamente calda che mi consente addirittura di levarmi la giacca a vento e circolare solo col maglione. Anche se piuttosto superficiale, la visita dura circa un ora e mezza e all’uscita mi dirigo verso l’ostello per un po’ di meritato riposo. Per la strada mi fermo in un bar per bere un caffè e mangiare una brioches. Quest’ultima curiosamente viene sempre servita con tanto di coltello e forchetta, perché da queste parti si usa aprirle in 2 e spalmarle di burro e marmellata. La sera la trascorro girovagando per i vicoli del centro, che con l’oscurità assumono un aspetto ancora più suggestivo, anche se a tratti inquietante per via della mancanza di persone e di macchine. Mi colpisce molto la quantità di gente che fa footing in centro alle 22.30, ma d’altronde si sa che gli spagnoli non sono certo mattinieri. Anche gli orari dei negozi e delle attrazioni turistiche sono piuttosto “rilassati”, per cui vi consiglio di non svegliarvi troppo presto al mattino se non volete aspettare fuori. Mi fermo a mangiare in un locale della catena Cafe’ y Tapas in pieno centro, dove ordino un tris di tapas a base di pesce e gamberi che però non mi soddisfa affatto. Le porzioni sono decisamente scarse e 10 € per una specie di aperitivo e una coca cola nella bottiglia da 200 ml mi sembrano decisamente troppo. Torno quindi in ostello stanco, ancora leggermente affamato ma soddisfatto della giornata trascorsa.

Secondo giorno

Mi sveglio abbastanza presto e alle ore 09.00 sono già in strada, in direzione Piazza di Spagna, non prima di avere fatto colazione in un bar appena fuori dall’ostello. La mattina non è delle migliori, nuvolosa e con un vento freddo che soffia ma per lo meno non piove. Sembra siano passati mesi dalla giornata di ieri, comunque in 20 minuti circa sono a destinazione. La piazza è semplicemente grandiosa. Si tratta della più grande delle piazze omonime di tutta la Spagna, costruita per l’esposizione iberoamericana del 1929 ed è uno dei luoghi più caratteristici e visitati della città. Ha una pianta semicircolare e Il canale navigabile che la percorre è attraversato da quattro ponti che rappresentano i quattro antichi regni di Spagna. Appoggiata alle pareti si trova una serie di panche e di ornamenti in ceramica che formano degli spazi simboleggianti le cinquantaquattro province spagnole. Al suo interno si trova il museo militare che, essendo gratuito, merita una visita. Interessante.

Proseguo poi visitando il Parque de Maria Luisa, che si trova proprio lì accanto. E’ questo uno dei parchi più famosi della città, dove i sivigliani vengono a godersi un po’ di frescura nelle torride giornate estive. E’ dedicato alla regina Maria Luisa de Orleans, che lo donò alla città nel 1893. Intanto il tempo è notevolmente peggiorato, il cielo si è ulteriormente coperto e comincia anche a cadere qualche goccia di pioggia. Decido quindi di recarmi a visitare la cattedrale, almeno avrò un tetto sopra la testa per ripararmi. Arrivo a destinazione alle 11:30 circa e constato con rammarico che davanti all’ingresso si è già radunata una piccola folla che mi costringe a stare in coda per circa 20 minuti, purtroppo sotto la pioggia. L’ingresso costa 9,50 € ma ne vale la pena, inoltre mi viene dato un buono per un ingresso omaggio nella chiesa del Salvador poco distante. La cattedrale di Siviglia è la chiesa gotica più grande del mondo (come certificato da una targa del GUINNESS BOOK OF RECORDS al suo interno), e la terza di tutta la cristianità, superata solo da S. Peter Church a Londra e dalla Basilica di San Pietro a Roma. Al suo interno, proprio al centro, si trova il mausoleo di Cristoforo Colombo, davvero impressionante. Altrettanto impressionante è la sala del tesoro, dove sono custodite dentro una teca di vetro blindato, le corone dei re di Spagna. Dall’interno della cattedrale si può accedere alla Giralda, il campanile simbolo stesso della città. In origine questo era il minareto della più grande moschea di Siviglia, che venne poi demolita nel quindicesimo secolo per far posto alla odierna cattedrale. Per accedere alla sommità, da cui si gode un ottimo panorama della città vecchia, non c’è una vera e propria scalinata a gradini ma una sorta di sentiero ripido che gira all’interno della torre e che rende la salita meno faticosa. Una volta in cima scatto alcune foto di rito alla città vista dall’alto. Tornato “coi piedi per terra” visito il patio de los naranjos, che rappresenta l’unica parte rimasta dell’originale moschea di Aljama, oggi pieno (manco a dirlo) di alberi di arance. Una volta uscito vado a mangiare qualcosa in uno dei tanti ristoranti della zona tipicamente “spanish”, con teste di toro appese alle pareti. Ordino una focaccia asturiana con chorizo (il famoso salame piccante) e blu cheese, un papelones de ahumado al salmone (servito “al cartoccio” invece che in un piatto) e una sprite nella solita bottiglia da 200 ml, il tutto per la modica cifra di 9,19 €. Sazio e riposato mi dirigo verso il quartiere di Triana, dall’altra parte del fiume Guadalquivir, famoso per la lavorazione delle ceramiche. Finalmente ha smesso di piovere, anche se fa ancora freddo. Nel tragitto passo davanti alla Torre dell’Oro, uno dei simboli di Siviglia, costruita per difenderne il porto e oggi sede del museo navale. Sembra che il nome derivi dal fatto che anticamente le mura erano rivestite da piastrelle che le conferivano dei riflessi dorati. Sarà anche colpa della giornata piovosa ma non mi fa davvero una grande impressione. Attraversato il ponte di San Telmo eccomi giunto a destinazione. Inizialmente il quartiere di Triana non mi sembra un gran che, solo un quartiere popolare con le sue strade e i suoi negozi (e nessuno di ceramiche). Poi arrivo nella parte vecchia e allora la zona cambia aspetto. Le strade diventano stretti vicoli simili a quelli del barrio di santa Cruz, in mezzo ai quali si aprono i vari laboratori per la lavorazione della ceramica, molti dei quali chiusi però, forse per colpa della crisi che qui è ancora più forte che da noi. I balconi, i portoni e le finestre delle abitazioni sono tutti abbelliti con piastrelle e decorazioni che danno al quartiere quell’aspetto particolare per cui è giustamente famoso. Mi fermo in uno dei negozi più famosi del quartiere da cui non esco a mani vuote, spendendo veramente poco. Rientro nel barrio di santa cruz passando per il puente de isabel, da cui mi godo lo sprint finale di una gara di canottaggio, sport molto praticato da queste parti. Passo giusto davanti alla celeberrima Plaza de Toros di Siviglia, una delle più antiche del mondo, ma vista la stanchezza e l’ora decido di rimandare la visita a domani, e me ne torno quindi in ostello. Verso le ore 21:00, dopo un paio d’ore di riposo ristoratore, rieccomi in strada e, dato che lo stomaco brontola, mi fermo in uno dei tanti bar del centro, dove ordino una tapas di jamon (scarsina) e una di pollo (abbondante), una bibita e un caffè espresso spendendo solo 9, 50 €. Il resto della serata lo trascorro ancora curiosando tra i vicoli del centro, arrivando per puro caso ai piedi del Metropol Parasol, un altro dei simboli della città. Questa curiosa struttura, opera dell’architetto tedesco Jurgen Mayer, sembra un enorme ombrello traforato fatto interamente con materiali naturali e regala un po’ di ombra alla Plaza de la Encarnacion, una piazza che ospita alcuni resti archeologici, un mercatino e alcuni bar. Si tratta di una piazza sopraelevata che dona vivibilità e decoro ad una delle zone più vivaci e vivibili al tempo stesso di tutta Siviglia.

Terzo giorno

La mattina del terzo giorno mi vede di buonora aspettare l’apertura della casa di Pilato, che si trova quasi attaccata al mio ostello. Mi ero dimenticato degli orari rilassati. Il tempo è buono: soleggiato ma con un vento freddino che raffredda le estremità. La casa di Pilato uno degli edifici più caratteristici della città, frutto di un misto di stile rinascimentale italiano e mudejar, e rappresenta il modello di palazzo andaluso. Assolutamente da non perdere. Il nome deriva dal fatto che il marchese Fadrique Enriquez de Ribera, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, scoprì che la distanza tra la sua abitazione e la chiesa collocata fuori dalle mura, conosciuta come la Croce del campo era uguale a quella tra le rovine della residenza di Ponzio Pilato e il Calvario. La visita (guidata), con tanto di audioguida in italiano compresa nel prezzo di 8 € del biglietto, mi porta via poco più di un ora e all’uscita mi dirigo (sempre rigorosamente a piedi) verso la Plaza de Toros, dove arrivo verso le 11:30. Quella di Siviglia è una delle più antiche del mondo. L’ingresso costa 7,00 €, compreso di guida, e il giro, che dura circa tre quarti d’ora, comprende una visita all’arena vera e propria e una al museo attiguo, dove quadri d’epoca, manifesti, antichi, costumi e teste di tori appese alle pareti trasportano il visitatore nell’antico mondo della corrida. Purtroppo la stagione delle corride comincia ad aprile e quindi non è possibile vedere i tori, che sono allevati per 5 anni in campagna e che comunque vengono portati sul posto il giorno stesso della manifestazione. All’uscita del museo troviamo la cappella, dove i matador vengono a pregare prima di scendere nell’arena, e l’ingresso principale, da dove il torero fa il suo ingresso trionfale. Anche se non sono un amante di questo tipo di manifestazioni (anzi tutt’altro) ritengo che comunque valga la pena di spendere un po’ di tempo per visitare questo luogo che, pur nella sua brutalità, rappresenta sempre una parte importante dalla tradizione e del folklore spagnolo. Per il pranzo, stanco delle solite tapas, mi oriento su un classico Mc Donald’s, dove con 7,75 € mi “sazio” con un cheeseburger, patatine medie, nuggets e una bibita piccola. Al termine decido quindi di rientrare un po’ prima del previsto alla base per far riposare le mie estremità inferiori, ma rovistando in tasca ritrovo il biglietto per l’ingresso omaggio nella chiesa del Salvador, e dato che è giusto sulla via dell’ostello, lì mi dirigo. Da fuori non è certo un granchè, una chiesa come tutte le altre, ma l’interno lascia letteralmente senza fiato. Consiglio senz’altro a tutti di visitarla, anche a coloro i quali non avessero il biglietto omaggio. Al termine mi dirigo senza indugio verso l’ostello dove mi aspetta una doccia bollente e un meritato riposo. Per la mia ultima serata a Siviglia volevo assistere ad uno spettacolo di flamenco, ma tutti i posti che ho visto sono dannatamente cari per le mie tasche. Per la maggior parte sono ristoranti che si trovano vicino alla plaza de toros e vogliono dai 40 ai 50 € per ingresso e una consumazione. Se si vuole anche mangiare i prezzi aumentano sensibilmente. Decido allora di assistere allo spettacolo offerto dall’associazione culturale “amici della chitarra” decisamente più a buon mercato: solo 17 €. Il locale è molto modesto ma il gestore mi assicura che si tratta veramente del tipo di flamenco originale dell’andalusia e non quel cocktail multicolore offerto dai vari ristoranti ad uso e consumo dei turisti. Sarà vero?? Mah !! Il tutto dura poco più di un oretta e tutto sommato sono stati soldi ben spesi. Il chitarrista era intonato, Il cantante mi sembrava più un venditore ambulante ma la ballerina era davvero brava, almeno per quello che ne capisco io da profano. Sfoggiava degli splendidi costumi e al termine aveva un fiatone tanto che faticava a stare in piedi. All’uscita il tempo è peggiorato e comincia a piovere per cui mi fermo in un chiosco dove per 2,50 € prendo una focaccia un po’ piccante con cui chiudo la serata.

Quarto giorno

L’ultimo giorno a Siviglia si apre sotto uno splendido sole decisamente primaverile; mi dirigo quindi, dopo un’abbondante colazione, verso il quartiere della macarena, sempre nel centro storico. Si tratta di un barrio molto simile al quello di santa cruz, con i suoi vicoli e le sue strade in ciotolato e pavè, ma decisamente più popolare, con meno ristoranti e più botteghe. Per strada mi imbatto in un mercatino dell’usato che mi fa rimpiangere di avere già acquistato tutti i souvenirs che mi servivano e, dopo una rapida occhiata, riprendo il cammino arrivando fino al parlamento dell’andalusia, che però non è visitabile. Mi reco quindi alla basilica della macarena, che merita assolutamente una visita, anche se da fuori non sembra davvero un gran che. Riprendendo il mio girovagare per il quartiere mi imbatto in un paio di botteghe da parrucchiere divertenti ispirate al “barbiere di Siviglia”. Dopo l’ennesima camminata mi dirigo verso l’isola magica, dove si trova uno dei parchi acquatici più famosi di Spagna, realizzato sull’area che ospitò il famoso Expo del 1992, presso l’isola La Cartuja, nel mezzo del fiume Guadalquivir. Il parco è ovviamente chiuso a gennaio e l’intera zona si presenta in un evidente stato di degrado, purtuttavia la tranquillità, la presenza di piste ciclabili e di aree verdi ne fanno una meta che vale la pena di visitare, soprattutto in giornate soleggiate tipo questa. Io stesso infatti mi sono riposato su un molo per una buona mezz’ora prima di riprendere i miei vagabondaggi. Ormai però e ora di tornare all’ostello e prepararmi per il rientro. Sulla via del ritorno mi fermo a mangiare qualcosa alla antica stazione di cordoba, una vecchia stazione dei treni che è stata trasformata in un piccolo centro commerciale con all’interno un fast food. Poi via in albergo a prendere il bagaglio e di corsa all’aeroporto. Arrivederci Siviglia.

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