Siriani un popolo meraviglioso
Mercoledì 18/6 Siamo arrivati al posto di confine Al Ramtha tra Giordania e Siria alle 14 abbiamo lasciato Walid, nostro autista per i giorni trascorsi in Giordania, quindi siamo saliti a bordo di un minivan (8 posti) con un altro autista inviato dall’agenzia Adonis .(nancy@adonistavel.Com) con la quale abbiamo organizzato i nove giorni in Siria.
Abbiamo passato circa 5 controlli in uffici diversi prima di varcare il confine, poi finalmente entriamo in Siria.
La Siria è un paese che ci ha letteralmente ammaliati (e dire che di paesi ne abbiamo visitati tanti, ma quello che abbiamo trovato in Siria non l’abbiamo trovato da nessuna parte). Oltre le bellezze artistiche e ne hanno davvero tante… e tante ancora sommerse, il popolo siriano è il più cortese e disponibile che abbiamo incontrato. Figuratevi che non potevamo camminare per le strade senza essere invitati dai vari negozianti, non per venderci i loro prodotti, bensì per offrirci il thè o anche solo dei dolcini, per non parlare dei mezzi pubblici, gli autobus sono pulitissimi e anche molto puntuali, gli autisti ci è capitato più volte che non ci facessero pagare neanche il biglietto e ci lasciavano dove chiedevamo noi a prescindere dalla fermata. Un giorno a Damasco ho chiesto un’informazione ad un’autista di un taxi collettivo (sono dei minivan di circa 8 posti che partono da fermate stabilite non appena sono pieni), questo signore mi ha dato l’informazione e poi ha insistito per offrirmi la frutta che stava mangiando. L’ospitalità di questo posto ci ha veramente meravigliato e commosso, e poi dicono dei paesi arabi…, è proprio vero che ci lasciamo abbindolare da quello che sentiamo in TV, mentre poi la realtà è un’altra cosa.
La Siria è contro Israele per questo motivo non ci sono turisti americani, (quindi la propaganda fatta dai max midia sulla Siria non è certo delle migliori), tuttavia credo sia l’unico posto tra tutti quelli che ho visitato finora dove trascorrerei sicuramente almeno sei mesi l’anno, quando sarò libera da impegni di lavoro. Il costo della vita è veramente basso, si mangia in maniera magnifica e si vive tranquilli anche a Damasco che è una grande città, tanto di giorno quanto di notte. Figuratevi che l’anno prossimo penso di mandare le mie figlie da sole. Ora vado al racconto altrimenti rischio di non fare più un resoconto di viaggio, ma di tessere le lodi di questo straordinario popolo e non voglio rovinare a nessuno il piacere di sperimentare direttamente.
Prendiamo la strada che ci condurrà a Bosra dopo aver perso circa tre quarti d’ora per i controlli di frontiera, lì arriviamo alle 15,30, andiamo a vedere il teatro (tichet 150 lire siriane a testa), a proposito tutti i tichet in Siria sono di 150 lire siriane contrariamente alle 300 indicate nella lonely planet. Il cambio attualmente è di 70 lire siriane / 1 euro.
Il teatro romano è l’attrattiva principale di Bosra ed è veramente meraviglioso e ben conservato grazie alla protezione ricevuta dalla fortezza araba nella quale è racchiuso, infatti per potervi accedere abbiamo attraversato parecchi corridoi bui su diversi livelli, per poi sbucare finalmente nel teatro abbagliati dalla luce del sole. Le gradinate sono in pietra scura, in netto contrasto col bianco della facciata del palcoscenico. Questo teatro ospita ogni due anni delle rappresentazioni, e precisamente negli anni dispari. All’uscita di questa meraviglia ci dirigiamo, come spiegato nella nostra guida, verso la cittadella attraverso il lastricato autentico dell’antica città romana, oltrepassando l’arco trionfale chiamato “porta della lanterna” percorriamo in completa solitudine questa strada lunga circa 1Km. ai cui lati sono poggiate delle colonne, arriviamo fino alla porta del vento e sulla destra troviamo i resti dei bagni pubblici e il ninfeo, proseguendo vediamo quello che doveva essere il mercato e poi ancora i resti della moschea di Omar fatta costruire dall’omonimo califfo (una delle moschee più antiche del mondo), la cosa che ci lascia alquanto perplessi è quella di vedere tutto ciò in completo stato di abbandono o meglio lasciato così alla mercè di tutti e soprattutto con la gente del luogo che addirittura abita all’interno di questo patrimonio. (sono venuta a sapere in seguito ad Aleppo per la precisione da un ragazzo che ha lavorato col gruppo di italiani che si sono occupati degli scavi a Bosra, che la gente locale vende per pochi soldi reperti storici “autentici” che trova scavando praticamente dentro la propria casa).
Ripartiamo verso 16,45 per Damasco dove arriviamo alle 18, l’albergo “Al Majed”si trova in una stradina molto pittoresca, ma non è un gran che, del resto a causa di un piccolo disguido, era l’unico albergo libero per quella notte e ci siamo dovuti accontentare.
Dopo aver lasciato i bagagli, siamo andati a fare un giro nei dintorni per capire un po’ in che zona ci fossimo, poi abbiamo preso un taxi e siamo andati nel quartiere cristiano dove c’è il ristorante Elissar consigliato nella lonely planet come uno dei migliori, ed in effetti è davvero così.
E’ un’antica casa damascena completamente ristrutturata con un delizioso cortile intorno al quale sono sistemati i tavoli sempre pieni soprattutto da gente locale (è meglio prenotare), c’è anche una graziosa terrazza, ma senza veduta, il cibo è eccellente, noi abbiamo preso delle mezze : salsicce in salsa, un piatto di carne grigliata (spiedini di vario tipo), un altro piatto dal nome francese “cuore di carne” un delizioso e tenerissimo pezzo di carne ricoperto da una salsa molto delicata al formaggio, il tutto con contorni di verdure grigliate e patate. (abbiamo speso 950 lire siriane). Per ritornare in albergo abbiamo preso il bus pubblico n. 18, in una grande piazza (Bab Touma) dove fa capolinea, a ridosso della stradina dove si trova l’Elissar, l’autista non ha permesso assolutamente che pagassimo il biglietto e ci ha lasciati vicinissimi al nostro albergo.
La notte non è stata delle migliori, ma l’indomani per fortuna ci siamo trasferiti nell’albergo prenotato.
Giovedì 19/6 Dopo colazione, andiamo subito all’ufficio del turismo (di fronte l’albergo) a rifornirci di una mappa di Damasco e con l’occasione l’abbiamo preso le cartine delle altre località che visiteremo.
Iniziamo quindi il giro di Damasco partendo dal suq, ma non dall’entrata principale bensì facendo l’itinerario al contrario come suggerito dalla nostra guida, per cui cerchiamo di raggiungere “Bab Al-Jabiye, ossia la piazza d’ingresso al suq della città vecchia, insisto con mio marito per prendere un taxi collettivo, (ho tanta curiosità di provarlo, mio marito “apprensivo “ un po’ meno), ne fermo uno lungo la strada, è pieno di uomini che probabilmente vanno al lavoro, gli spieghiamo dove vorremmo andare e ci invitano a salire , naturalmente non ci permettono di pagare, ci intrattengono con qualche parola in inglese qualche altra in arabo con i gesti ma riusciamo a capirci, l’argomento finisce sul calcio quando capiscono che siamo italiani e proprio ieri si è disputata la partita con l’Italia, arrivati a destinazione regalo all’autista, (dato che sono tutti tifosi di calcio) una maglietta dell’Italia in miniatura da appendere nell’auto.
Iniziamo la lunga camminata nel suq coperto pieno di botteghe di stoffe, sciarpe, tessuti, oggetti vari, da questa via principale si diramano tante stradine o meglio un intreccio di stradine ognuna con prodotti diversi, quella dei saponi, delle spezie, dei prodotti per parrucchieri, dei merciai , dei dolci ecc.., la gente è cordialissima tutti ci sorridono e ci dicono welcome, mi fermo ad acquistare un po’ di sesamo nero, e me lo regalano, mi fermo a guardare una collanina e me la mettono al collo, sono imbarazzatissima da tanta gentilezza. (mai vista)!. Arriviamo sino davanti la Moschea degli Omayyadi, l’ammiriamo esternamente seduti in un piccolo bar, decidiamo di visitarla quando ritorneremo la prossima settimana a Damasco, andiamo invece a vedere Palazzo Azem (tichet 150 lire a persona) questo palazzo era la residenza privata del Governatore di Damasco, è un’antica casa con tanto di cortili e giardini, nel grande cortile principale, al cui centro c’è una vasca e una fontana, si affacciano dei bassi edifici in pietra nera e arenaria creando un effetto a strisce, tipico del popolo ottomano, queste stanze costituivano l’abitazione della famiglia e ogni camera decorata in maniera diversa è un’opera d’arte di intarsi con diverse pietre, pannelli decorati, soffitti affrescati, alcune stanze conservano qualche pezzo di arredo, altri arredi invece si trovano al museo nazionale.
Camminiamo ancora fino ad arrivare alle mura della cittadella (che non è visitabile), riprendiamo quindi altre stradine secondarie del suq, dove assaggiamo diversi tipi di dolci, tutti davvero squisiti. Poi decidiamo di fare l’esperienza del primo Hammam siriano, che è risultato davvero tanto diverso da quello fatto a Petra.
L’esperienza in pratica la faccio solo io, perché fino alle 17 nell’Hammam Bakri sono ammesse solo le donne, in effetti ho scelto un orario infelice perché essendo circa le 16,30 non ci sono altre persone, forse avevano già spento la sauna o non so se proprio non l’avessero, pertanto l’hammam è consistito in una specie di doccia, una enorme signora mi ha fatto sedere sul pavimento e con una bacinella mi buttava acqua addosso prendendola da alcuni lavandini in pietra dove scorreva in continuazione sia acqua calda che fredda, poi mi ha fatto distendere per terra e con un guanto ruvido e il loro sapone all’olio d’oliva (buonissimo ne ho comprato un vagone), mi ha strofinato prima da un lato e poi dall’altro, finita questa cerimonia, in una stanzetta attigua mi ha fatto il massaggio (circa 10 m.) e poi mi ha riportato nella stanza dei lavatoi e mi ha fatto capire che ora dovevo essere io a buttarmi l’acqua addosso (risciacquo), fine dell’hammam (330 lire siriane).
Mio marito che avrebbe dovuto farlo dopo le 17 nell’orario destinato agli uomini, dopo il mio racconto se l’è risparmiato volentieri.
Dopo una breve pausa in un giardinetto abbiamo preso il bus n. 18 (il biglietto costa 10 lire siriane ossia 7 centesimi di Euro e vale due corse) e siamo rientrati in albergo dove avevamo appuntamento con Maria Grazia dell’agenzia Adonis, alla quale dovevamo pagare la quota del Tour, e ricevere i vaucher degli alberghi.
Maria Grazia ci ha saputo consigliare bene fin dall’inizio, abbiamo più volte cambiato itinerario, ma grazie alla sua pazienza ed ascoltando i suoi consigli (di fare più Siria e meno Giordania non solo per risparmiare, ma anche perché la Siria è molto più bella) siamo riusciti a fare un viaggio che decisamente resterà per sempre nei nostri cuori. In effetti M.G. Ha avuto ragione su tutto, la Siria ed i siriani soprattutto sono fantastici, il fatto di passare diversi giorni a Damasco, che a me sembravano eccessivi, sono stati davvero vitali per conoscere e scoprire questa fantastica città, avendo più tempo a disposizione siamo potuti entrare più a contatto con la gente locale e quindi non fermarci solo a guardare superficialmente come avviene per la maggior parte dei turisti, abbiamo potuto scoprire angoli nascosti, ma veramente splendidi, e soprattutto siamo rimasti con la voglia di ritornare… Dopo aver salutato Maria Grazia, e aver sistemato i bagagli nel nuovo albergo, siamo ritornati a Bab Touma (quartiere cristiano) e abbiamo provato l’altro ristorante consigliato dalla lonely “l’Old Town” anche qui abbiamo cenato in maniera divina, i tavoli sono distribuiti attorno ad un bellissimo patio all’interno di una casa completamente restaurata, qui il servizio era ancora più raffinato dell’Elissar, ci hanno portato diverse mezze tra cui l’ottima mouhamarra, degli spiedini grigliati accompagnati da diversi contorni (abbiamo pagato 1.300 lire siriane sempre a coppia), ritornando verso l’albergo siamo stati attirati da una musica ad alto volume che proveniva da un giardino, ci siamo avvicinati e la guardia che stava dinanzi la porta ci ha detto che si trattava del matrimonio di un militare, infatti quello era il giardino della caserma e non ci si poteva avvicinare.
Venerdi 20/6 Oggi è giornata di festa per i musulmani, noi alle 8,30 lasciamo l’albergo Fardoss e facciamo conoscenza con l’autista che sarà con noi per i prossimi giorni, si chiama Adib ed è una persona molto disponibile, discreta e parla benissimo l’inglese (anche con lui ci siamo trovati benissimo).
Saliamo a bordo di un minivan per 8 persone, enorme per noi che siamo solo due, e partiamo alla volta di Palmira, il viaggio è abbastanza lungo (circa 3 ore), per cui dopo circa un’ora e mezza di strada attraversando un paesaggio desertico, ci fermiamo al “Bagdad Cafè” questo bar è gestito da beduini che hanno la loro tenda proprio lì nel deserto, e sono felici di abitare in mezzo a questa natura stupenda, questi ragazzi sono molto cordiali e abbastanza intraprendenti, infatti mi fanno visitare le case ad alveare che hanno costruito per ospitare eventuali turisti. (Bagdadcafesyr@yahoo.Com) Dopo aver bevuto e mio marito finalmente ha potuto tirare qualche boccata dal narghilè, ripartiamo per arrivare a Palmira alle 12, ancora con le valige appresso andiamo a vedere subito il Tempio di Bel (uno dei siti di Palmira a pagamento) questo Tempio è una delle strutture meglio conservate, è un complesso molto grande che consta di due parti; un enorme cortile racchiuso da una cinta muraria e al centro si trova il Tempio vero e proprio. La cosa strana di questo tempio è l’ingresso, che è posto su di un lato e non al centro. Nonostante il caldo sia terribile, considerato anche l’orario, ci dilunghiamo ad ammirare questa maestosità di opere che lascia veramente senza fiato.
All’uscita del Tempio che si trova su una piccola altura, ammiriamo il sito enorme di Palmira sono chilometri di rovine delimitati dalle famose mura di Zenobia, questo sito mi ha affascinato in maniera particolare, sembra più che una antica città disabitata in mezzo al deserto, una città Magica.
Dopo aver lasciato i bagagli in hotel “ Villa Palmira”, situato nella via principale della moderna Palmira “ Sharia al-Quwatli” che dista dal sito circa 500 metri , siamo andati a mangiare al locale accanto l’albergo “Spring Restaurant” abbiamo consumato dell’ottima frutta e una crèpe che non diceva assolutamente nulla, abbiamo fatto la conoscenza del logorroico Mohamed che è amico di tutti e parla almeno 5 lingue, tiene una serie di quadernoni con le impressioni di tutti i turisti che passano di lì.
Ci siamo incamminati per le varie stradine, la moderna Palmira è molto piccola, abbiamo incontrato tanti bambini che giocavano tranquillamente per strada, ho distribuito tutti i giocattolini che avevo con me, e ci siamo intrattenuti con la gente che incontravamo.
Alle 16 Adib ci porta a visitare la valle delle tombe, all’uscita del paese prendiamo a bordo il custode (queste tombe sono visitabili sia di mattina che di pomeriggio, contattando il custode) cominciamo con le torri funerarie di Yemliko di diverse dimensioni e costruite per fungere da camere funerarie a più piani, i sarcofaghi venivano messi dentro le nicchie una sopra l’altra. Ad ogni piano si accedeva tramite una ripida scala e salendo fino all’ultima sala, dalle finestre si gode un panorama stupendo.
Nel frattempo sono arrivate altre auto con altri turisti, noi proseguiamo per andare a vedere l’ipogeo dei tre fratelli, un altro tipo di tomba. Questa tomba è sotterranea e risale al 160 d.C. Contiene i ritratti dei tre fratelli e i tre sarcofaghi , le statue dentro questa tomba come pure quelle esposte al museo di Palmira sono tutte senza testa, perché i primi tombaroli vendevano le teste più facilmente.
Alle 17 Adib ci lascia all’inizio della strada colonnata, questa vasta strada fiancheggiata da enormi colonne della lunghezza di circa 1 Km era l’arteria principale dell’antica Palmira, che emozione percorrerla con la luce giusta e senza gente intorno! mi sento così piccola in mezzo a uno spettacolo di tanta bellezza e soprattutto sento le vibrazioni che emana questo luogo magico.
Mio marito segue il percorso che gli ispira la macchina fotografica, per cui mi trovo davvero sola a camminare nel sito e mi dà tanta emozione anche solo passare la mano su una colonna pensando che la gente che aveva abitato questa splendida città lo avesse fatto tanto tempo prima di me. Arrivo al Tetrapilo, il monumento simbolo di Palmira un quadrato che sorregge su ogni angolo un gruppo di 4 colonne ravvicinate. Ognuno di questi 4 gruppi di pilastri a sua volta regge un massiccio cornicione. La cosa che colpisce di Palmira oltre la sua vastità è senz’altro il suo colore , le colonne , i resti del teatro, dell’agora, le terme di Diocleziano hanno il colore della sabbia calda del deserto, un rosso arancio che gli conferisce ancora più fascino. Il Teatro interamente ristrutturato dopo essere stato sommerso dalla sabbia fino agli anni 50, ha una facciata che richiama quella di un palazzo con una porta centrale grande e due più piccole laterali. Proseguendo dietro il teatro si incontra un’altra strada sulla quale sono disposti dei pilastri e conduce fino alle mura di Zenobia.
All’altezza del teatro incontro un uomo abbastanza robusto vestito con un’ampia tunica, a bordo di una vecchia motocicletta, in effetti la cosa che mi ha stupito di questi luoghi è che hanno talmente tante rovine e siti vastissimi che praticamente non si possono chiudere nè recintare e quindi è facile vedere che sul lastricato dove hanno messo i piedi gli antichi romani, oggi qualcuno ci va in motorino. Questo signore vuole vendermi delle collane fatte dai beduini, dico che non mi interessa ma lui insiste, tuttavia devo dire che è un’insistenza molto educata che si trasforma in una lunga chiaccherata, mi racconta dei suoi 6 figli, mi indica i nomi delle varie rovine che ammiriamo comodamente seduti all’ombra di un muretto, mi dice pure che ha incontrato mio marito un pò più in là. Alla fine gli compro 4 collane, e devo dire meno male perchè oltre ad essere piaciute moltissimo alle mie figlie, non le ho più trovate da nessuna altra parte.
Verso le 19 Adib ci viene a prendere per andare a Qala’at Ibn Maan il castello si trova su una collina ad ovest delle rovine ed è un punto magnifico per poter osservare l’intero sito e godere della vista del sole che tramonta sulle rovine. Qui c’è tanta gente sia locale che turisti, e da qui si ci può fare un’idea anche della moderna Palmira.
Adib per la serata ci propone una cena beduina, ma decidiamo di cenare in albergo perché nella lonely c’e’ scritto che Villa Palmira è il miglior ristorante della città, sarà anche vero, ma sicuramente in periodo di alta stagione, a noi è andata proprio male, perchè non essendoci turisti la cucina era chiusa quindi ci hanno preparato del pollo arrosto con patate.
Dopo cena facciamo una passeggiata lungo il corso principale.
Sabato 21/6 Sono già otto giorni che siamo in medio oriente e non ho per niente nostalgia dell’Italia, qui mi sento davvero a casa mia, sono sempre più convinta di avere antenati arabi, non si può spiegare altrimenti questa sensazione di sentirmi completamente a mio agio in questi posti.
Dopo colazione alle 8,30 ripercorriamo la strada lungo il sito per dare un’altra occhiata ed imprimere meglio nella memoria la vista che offre questo splendido sito. Verso le 9 prendiamo la strada per Aleppo dirigendoci verso Homs , proseguendo per Hama dove arriviamo verso le 11, ci fermiamo in un bar per un thè e da questa terrazza ammiriamo le due grandi “norie” dinanzi a noi.
Proseguiamo il cammino prendendo una strada a nord est di Hama addentrandoci in un paesaggio desertico , ci fermiamo in un villaggio caratteristico per le sue case ad alveare, qui sono assaltata dai bambini del villaggio, regalo loro vestiti e giocattoli portati dall’Italia, mi ringraziano e molto affettuosamente mi prendono per mano per condurmi dentro le loro case. Mi fermerei volentieri ancora però dobbiamo raggiungere il castello “Qasr ibn Wardan”. Questo castello fu fatto costruire da Giustiniano verso la metà del VI sec. Ed fu tanto base militare che palazzo e chiesa, è fatto in basalto nero e mattoni gialli, le pietre intorno sono scolpite con figure di animali, mentre nel cortile ci sono due grandi pietre su cui sono scolpite una meridiana e un calendario.
Si sono fatte le 13,30, riprendiamo la strada alla volta di Ebla dove arriviamo verso le 16, il percorso è abbastanza lungo, soprattutto per via del paesaggio sempre desertico e sotto un sole accecante.
Ebla non mi ha fatto impazzire, ascolto pazientemente mio marito che ne è entusiasta, condivido che sicuramente nell’antichità sarà stata una delle città più importanti della Siria, ma purtroppo non capisco nulla di archeologia, Ebla nonostante ci lavorino da parecchi anni (1964) e’ ancora tutta sommersa e io mi stanco subito di guardare solo buche.
Il guardiano parla perfettamente l’italiano, in quanto dal 1964 sta a contatto col gruppo di archeologi italiani che si occupano degli scavi.
Andiamo via da Ebla alle 16,30 riprendiamo la strada per Aleppo dove arriviamo dopo circa un’ora. Aleppo è la 2° città della Siria, si trova a nord quasi al confine con la Turchia, la popolazione è un po’ più chiusa rispetto a Damasco, tuttavia sempre cortese e cordiale, le donne qui indossano tutte il velo nero e lunghe tuniche, alcune addirittura hanno il velo che gli copre anche il viso, mi chiedo come facciano a camminare per strada senza andare a sbattere. La contraddizione che noto è questo modo di vestire delle donne in netto contrasto con gli abiti scollati e luccicanti che fanno bella mostra nelle varie vetrine dei negozi. Mi chiedo: per essere nei negozi qualcuno li comprerà? Ma quando se li mettono? L’ho chiesto all’autista è mi ha spiegato che le donne cristiane non hanno problemi ad indossarli, mentre quelle musulmane li mettono sotto la tunica nera o quando sono in casa. L’albergo di Aleppo è un hotel de charme “Dar Zamaria” davvero particolare, è il risultato di tre antiche case restaurate con dei meravigliosi cortili adornati da fontane, si può mangiare sia nel patio che nella terrazza, le camere sono spaziose e arredate con mobili d’epoca. La zona in cui è situato l’hotel si chiama Al-Jdeida, è la zona più affascinante di Aleppo e molto ben curata, intorno ci sono parecchi negozi di vario genere che stanno aperti fino a tardi, come del resto anche nel suq, in quanto la gente locale preferisce uscire nel tardo pomeriggio. Al-Jdeida è un quartiere che sta attraversando una specie di rinascita, la gente investe nel restauro di queste antiche case per farne alberghi o ristoranti, qui infatti si trovano i migliori locali della città. (Beit Wakil, Beit as-Sissi). Lasciamo i bagagli in albergo e cominciamo a prendere confidenza con Aleppo.
In una stradina proprio vicino l’albergo ci sono delle botteghe di sarti, mi sono portata dall’Italia della stoffa con l’intenzione di farmi confezionare un vestito, riesco a farmi capire da due giovani ragazzi, che in verità mi guardano un po’ perplessi, consegno loro la stoffa con la quale voglio fatto un vestito identico a quello che gli lascio come modello.
Continuiamo la passeggiata percorrendo delle strade abbastanza ampie, alcune anche pedonali, ben fornite di negozi.
Per cena decidiamo di andare al Beit Wakil, per assaggiare il Kebab alle ciliegie, purtroppo lo troviamo chiuso per restauro, per cui ripieghiamo per la favolosa terrazza del Dar Zamaria, dove ceniamo seduti ad un tavolo dal quale possiamo godere della vista della “cittadella” tutta illuminata col sottofondo del muezzin che proviene dai minareti sparsi nella città.
Iniziamo con delle mezze buonissime, una di queste è un piatto enorme di olive, un’altra è di pomodori e altri tipi d’insalata che hanno un sapore che noi abbiamo dimenticato da tempo, il piatto forte è il Kebab anche questo accompagnato da altri tipi di verdure , per non parlare della frutta melone bianco e rosso di un gusto eccezionale, il tutto per 650 lire siriane (circa 10 euro in due).
Domenica 22/6 Dopo una ricca colazione consumata nel patio, Adib ci viene a prendere per andare a Qala’at Samaan le rovine della Basilica di San Simeone, dove arriviamo dopo circa un’ora.
I resti della basilica si trovano su un’altura rocciosa dalla quale si possono ammirare a perdita d’occhio i campi di terra rossa molto fertile che permettono di essere coltivati con ottimi risultati. Il panorama è bellissimo, come del resto anche la basilica che si trova in un’oasi ricca di vegetazione. Questo complesso prende il nome da uno stravagante signore nato nel 392 d.C. Che decise di trasferirsi su questa collina per fare una vita da asceta. Questo suo isolamento fu interpretato dalla gente del luogo come qualcosa di divino, per cui il povero Simeone riceveva visite in continuazione di persone che volevano la sua benedizione, lui sempre più intollerante fu costretto a vivere in cima a dei pilastri che costruiva sempre più alti. Quello che resta del pilastro più alto (18 metri) si trova oggi al centro della basilica. Quando Simeone morì fu edificata la chiesa, con una struttura molto particolare: era formata da quattro basiliche disposte a forma di croce, ognuna di queste dava su un cortile ottagonale interno sormontato da una cupola.
Dopo aver ammirato in completa solitudine in questo monastero davvero imponente e ben tenuto, beviamo qualcosa al bar che si trova presso l’ingresso, godendo della frescura degli alberi intorno, poi alle 11 ritorniamo verso Aleppo e alle 12 ci troviamo ai piedi della cittadella, Adib ci accompagna fino all’ingresso e dopo aver fatto i biglietti ci salutiamo dandoci appuntamento per la mattina seguente. La cittadella sorge su una collina naturale, attraversiamo un fossato grazie ad un ponte che è sostenuto da otto arcate, superiamo il primo portale collocato a destra anziché al centro (per evitare le cariche con l’ariete da parte di chi voleva attaccare il castello) e poi sempre in leggera salita si trovano una successione di cinque svolte ad angolo retto con tre serie di porte rivestite in acciaio che costituiscono una barriera per qualunque aggressore.
All’interno di questa fortificazione entriamo nelle camere sotterranee che fungevano da cisterne o anche da prigioni. Salendo ancora lungo la strada ci sono i resti di un palazzo risalente al XIII sec., di un hammam mamelucco, della piccola Moschea di Abramo (dove si dice sia sepolta la testa di Giovanni Battista) e proprio in cima dove c’è uno splendido belvedere vi sono i resti della grande moschea e dell’anfiteatro.
Qui seduta ai piedi di un albero mi sono intrattenuta con una ragazza che non parlava una parola di inglese ma che aveva una grande voglia di comunicare, lei parlava in arabo, io in italiano e siamo state a discutere per un bel pò, mi ha presentato la madre, poi anche la sorella e il cognato che si erano sposati da una settimana, questa famiglia è di religione cristiana infatti non portano il velo e per loro oggi domenica è giorno di festa, mentre per i musulmani la festa è il venerdì.
All’uscita della cittadella abbiamo imboccato una delle strade del suq, abbiamo girato per parecchio tempo facendo acquisti ed intrattenendoci con gente veramente simpatica; a tal proposito vi voglio segnalare degli indirizzi: “Oscar Wilde Shop” che si trova in Souk Al-Atarin dove ho comprato dei bellissimi foulards di seta e delle pashmine, il proprietario è un ragazzo gay divertentissimo, mi ha fatto conoscere il cugino che ha un negozio lì vicino e che esegue dei lavori bellissimi in argento e pietre, qui ho preso delle collane stupende, una in giada e l’altra di lapislazzuli e granati il suo indirizzo è sempre Souk al Attarin e il negozio si chiama AMEER, andateci perché ne vale veramente la pena. Verso le 18 siamo andati alla grande moschea, poi per riposarci un po’ci siamo seduti in un bar nella piazza ai piedi della cittadella dove sorseggiando del thè ci siamo goduti il tramonto ammirando il castello.
Dopo un’oretta ci siamo avviati verso l’hotel, abbiamo ritirato il vestito commissionato il giorno prima, l’ho provato nel retrobottega ed era perfetto, ho pagato 500 lire siriane (circa 8 euro).
Per cena andiamo in terrazza da Dar Zamaria, questa volta come mezze abbiamo preso il baba ghanoug un piatto di melenzane affumicate con spezie varie che si presenta come una densa crema, poi il classico humus (purè di ceci), tra le mezze calde abbiamo preso il kibbeh (polpette di carne d’agnello,spezie, pinoli, noci ), davvero ottime come pure un’altra mezza calda di cui non ricordo il nome ma si presentava come dei fagottini di pane per pizza fritti a forma di mezza luna al cui interno c’e un ripieno di formaggio filante, (assaggiateli sono eccezionali). Come piatto forte abbiamo preso il Mokhlooba che significa “capovolto”, si tratta di riso cotto in brodo con varie spezie, ceci, cipolle e carne d’agnello, il tutto viene pressato in una ciotola e poi capovolto nel piatto di portata, anche questo accompagnato da verdure, (ad ogni pasto in qualunque città prendevo un piatto di olive sia bianche che nere, le mangiavo anche la mattina a colazione, non che ne sia una patita, ma provatele!!!! E poi capirete perché le prendevo sempre) abbiamo concluso la cena con una vergognosa scorpacciata di frutta, eravamo pienissimi, però quella frutta melone, ciliegie, albicocche era davvero irresistibili, quel gusto noi lo abbiamo dimenticato da tempo, ne percepisco ancora la dolcezza mentre sto scrivendo questo racconto. (costo della cena 600 lire siriane per due persone).
Lunedì 23/6 Lasciamo a malincuore il Dar Zamaria, dove ci siamo trovati benissimo, Adib puntuale alle 8,30 viene a prenderci e ci dirigiamo verso Ma’ Arat An-Nu’Aman una vivace cittadina purtroppo nota per un orribile fatto storico, i soldati crociati che attaccarono questa cittadina musulmana uccisero gli abitanti adulti facendoli bollire nei pentoloni, mentre i bambini furono impalati, cucinati nella graticola e poi mangiati dai nostri soldati. La cosa interessante di questa città è il museo dove vi giungiamo verso le 9,30, qui ammiriamo dei mosaici grandissimi e particolarissimi, provengono in massima parte dalle lussuose case private del gruppo di cittadine bizantine del V e VI sec. Chiamate oggi “città morte”. Ripartiamo proprio verso queste città fantasma che si trovano sparse tra le colline calcaree di Aleppo – Hama e il fiume Oronte. Questa zona è particolarmente ricca di siti composti da villaggi, con tanto di case, chiese, bagni ecc. Dove per gli storici sarebbe alquanto facile ricostruire come si svolgeva la vita nell’antichità. In particolare una di queste città “ Serjilla” ha un aspetto abbastanza lindo ed è così ben conservata che sembra sia stata abbandonata da qualche giorno, mentre altre sono invase dalla vegetazione e dai cani randagi, altre ancora fanno parte integrante dei villaggi dove gli abitanti hanno inglobato nelle loro abitazioni le antiche rovine.
La prima che andiamo a vedere si chiama Al-Bara, abbastanza estesa anche se bisogna farsi strada in mezzo agli alberi d’ulivo, poi andiamo a Serjilla (quella che io preferisco) ha tantissimi edifici e sono quasi tutti intatti, si trova in una valle naturale davvero incantevole, nonostante sia disabitata da oltre 15 secoli le facciate dei palazzi sono integre e pulite. Al centro della città c’è una piccola piazza con ai lati una taverna, una chiesa e un bagno pubblico. E’ sorprendente come le arcate dei palazzi siano così basse, dovevano essere davvero piccoli ai tempi. Giriamo intorno a queste meraviglie per circa un’ora, poi ci rimettiamo in macchina per andare verso Apamea, però Adib lungo il percorso si sofferma più volte per indicarci i resti delle altre città morte, che effettivamente ci hanno affascinato parecchio.
La strada verso Apamea non è desertica come quella fatta all’andata, bensì è un tappeto di colori, qui la terra è fertilissima ed è tutta destinata alle coltivazioni. Arriviamo ad Apamea ad un’ora davvero impietosa “le 13”, e purtroppo per il forte caldo non riusciamo ad apprezzare per come meriterebbe questo sito, che è veramente secondo solo a Palmira. La lunga strada colonnata cosiddetta Cardo ai cui lati si trova l’Agorà, il Ninfeo, conduce fino alla porta d’Antiochia, anticamente una strada collegava Apamea ad un’altra importante città seleucide “Lattakia” che costituiva il suo sbocco sul mare. Il sito non è recintato, comunque bisogna pagare il biglietto. Qui incontro una specie di tombarolo o presunto tale che tira fuori dalle tasche, con molta circospezione, piccoli oggetti trovati nelle tombe. Nonostante mi rifiuto di comprare lui non demorde e continua ad uscire dalle tasche altri oggetti, alla fine compro un’anforetta che spero tanto sia falsa, mi rendo conto che in questo periodo ci sono pochi turisti e queste persone che vivono di questo hanno parecchi figli da mantenere, inoltre sono così gentili anche se non vuoi comprare, non come mi è capitato in altri paesi dove ti assillano e sono anche sgarbati.
Ripartiamo da Apamea verso le 14,30 per raggiungere Hama dopo circa un’ora.
Anche ad Hama alloggiamo in un hotel de charme “Orient House” molto bello, ma non come quello di Aleppo. Si tratta di una casa completamente restaurata i cui arredi sono delle imitazioni che rispecchiano i vecchi canoni, anche qui c’è un bel cortile interno e una splendida terrazza, la hall è molto ampia arredata con mobili di stile ottomano dove il legno è impreziosito da intarsi in madreperla. Dopo esserci riposati un pò, ci incamminiamo verso il fiume per andare a vedere le famose “NORIE” l’attrattiva principale della città, per il resto Hama non offre altro, è solo una cittadina tranquilla dove rilassarsi un po’, la gente qui è ancora più genuina che nelle altre città, infatti lungo tutta la strada che abbiamo percorso dall’albergo fino alle norie è stata una continuazione di inviti che ci venivano rivolti dai negozianti che facevano a gare per offrirci del thè, dolcini, gelato …, ad ogni sosta ci intrattenevamo circa 10 minuti a conversare con queste persone splendide per cui per coprire circa quindici minuti di strada abbiamo impiegato circa un’ora. Le prime norie che incontriamo sono quelle nella piazza all’interno di un bellissimo giardino, molto frequentato dai locali che portano i bambini a giocare e loro si sdraiano sull’erba bevendo il thè che si portano da casa con un termos. Prendiamo un collettivo lungo la strada che sale alla destra di questo giardino e raggiungiamo dopo circa 1 Km. Le Quattro Norie di Bechriyyat, che sono davvero molto grandi e disposte a due a due su una chiusa che attraversa il fiume, sono molto suggestive e ammirare quest’acqua che scorre dà effettivamente un senso di frescura che non guasta.
Ripercorriamo la medesima strada e raggiungiamo la piazza, ci fermiamo davanti al gabbiotto degli autobus e dopo aver spiegato all’impiegato dove si trova il nostro albergo lui ci indica l’autobus che dobbiamo prendere. L’autista ci lascia proprio davanti l’Orient House. Dopo una rinfrescata, sono già le 21,30 andiamo a cenare nel patio dell’albergo dove oltre all’ottima cena conclusasi con un’enorme coppa di frutta e panna (600 lire siriane), abbiamo potuto godere della frescura che proveniva da piccoli bocchettoni situati nella terrazza che spruzzavano verso il patio dell’acqua vaporizzata. Martedì 24/6 Dopo colazione, partiamo alle 8,30 per andare al Krak dei Cavalieri dove arriviamo alle 9,45, visitiamo questo grande castello definito da Laurence d’Arabia come il “castello più bello del mondo”, è molto ben conservato come se il tempo si fosse fermato a 800 anni fa. Questo castello non fu mai espugnato ed è così grande che ai tempi ospitava oltre 2000 soldati crociati. Il Castello consta di due parti: le mura adornate da 13 torri e la fortezza all’interno delle mura. Sorge su una roccia e tutt’intorno c’è un fossato che separa la parte interna da quella esterna, dall’entrata principale si procede attraverso una rampa inclinata con gradini molto ampi, si arriva quindi ad un cortile dove si trova la loggia con una facciata in stile gotico composta da 7 archi inframezzati da sottili colonne. Molto bella è la stanza delle colonne e la cappella che ancora conserva il “minbar”, il pulpito dal quale parlava il Khatib. Particolare è anche la cucina dove si possono vedere i resti di un forno enorme dal diametro di 5 metri, bella anche la sala dei ricevimenti con tetti a volta alla quale si accede attraversando la loggia.
Siamo saliti anche sulle varie terrazze degli edifici godendo di una vista spettacolare di questo territorio che dista dal Libano appena 15 Km. Terminiamo la visita verso 12 e Adib ci porta ad ammirare il castello da un’altra angolazione, dall’albergo di un suo amico che si trova proprio davanti al Krak, qui è davvero carino, molto semplice ma con tutti i confort e poi la veduta è incomparabile. Beibars Hotel (akrmbibars@mail.Sy) mi sono informata anche sul prezzo (35 dollari camera doppia). Dopo aver bevuto una fumante tazza di tè comodamente seduti nel terrazzo con la veduta sublime del castello, decidiamo di mangiare qualcosa e Adib ci porta in un ristorante li vicino (anche qui veduta del castello) “la table ronde last rabiah”dove mangiamo tante piccole cose davvero buonissime, melanzane fritte al momento, olive, insalata, una crema a base di yogurt nella quale si inzuppano i peperoni verdi crudi, zucchine e pomodori fritti, patate bollite condite con delle spezie e accompagnando tutto col pane arabo, e per concludere dell’ottima frutta. (550 lire siriane). Verso le 13,30 siamo ripartiti alla volta di Maalula, percorrendo una strada che costeggia il fiume che costituisce la zona di separazione della Siria dal Libano che dista da qui solo 4 km. Dopo circa 2 ore arriviamo a Maalula il villaggio dove parlano ancora la lingua di Cristo, infatti appena entriamo nel villaggio scendiamo dall’auto per ammirare il paesaggio e un bambino ci ha cantato una canzoncina in aramaico. In questo villaggio le cui case sono ammassate contro la roccia ci sono due Monasteri, quello antico di San Sergio che risale al IV sec. D.C. che conserva nella sua chiesa bizantina un altare circolare di epoca precedente quella cristiana con delle scanalature che servivano per raccogliere il sangue degli animali sacrificati per i riti pagani.
In questa chiesa inoltre ci sono delle splendide icone del XIII sec., qui una ragazza ci ha recitato il padre nostro in aramaico. Abbiamo proseguito per circa 300m dal Monastero di San Sergio per giungere al siq, che richiama in miniatura quello di Petra, alla fine del percorso si giunge alla chiesa con annesso monastero di S. Tecla completamente addossato alla parete rocciosa.
Nella piazza del villaggio compriamo dei CD di musica siriana che utilizzeremo come colonna sonora del filmino che stiamo girando, ci rimettiamo quindi in macchina per arrivare a Damasco dopo poco meno di un’ora.
Alle 18 siamo al Fardoss Tower , ci congediamo da Adib perché il suo servizio di accompagnatore finisce qui, in quanto gli ultimi due giorni a Damasco li abbiamo free, saliamo in camera a cambiarci e via per le strade di Damasco. L’hotel si trova in ottima posizione a soli 10 minuti a piedi dall’old city, questa volta entriamo nel suq dalla porta di Hamidiyya. C’è molto movimento perché la gente esce nel tardo pomeriggio e si dilunga fino a tarda sera, è bello passeggiare in queste strade e incontrare il sorriso della gente ascoltando il muezzin che invita i fedeli alla preghiera della sera.
Ci ritiriamo in albergo verso le 11 abbastanza stanchi della giornata piuttosto impegnativa.
Mercoledì 25/6 Dopo una ricca colazione, sempre per mio marito io assaggio solo, a proposito devo segnalarvi un buonissimo dolce che ho mangiato al Fardoss (e poi ho trovato al suq venduto in delle vaschette di plastica circolari) è una crema molto densa con dei pistacchi sopra, al Fardoss la presentano tagliata a fettine spesse 1 dito, (da provare è veramente eccezionale).
Andiamo a piedi verso la città vecchia percorrendo una larga strada alla cui fine c’è un’enorme palazzo in stile liberty nel quale siamo entrati e abbiamo scoperto essere la stazione, attualmente è chiusa perché stanno rifacendo la linea, qui un impiegato molto gentile ci ha fatto vedere gli interni e poi ci siamo accomodati nella stanza dove ci siamo trattenuti a chiacchierare con due impiegati per circa un’oretta sorseggiamo un ottimo thè alla menta.
Uscendo dalla stazione abbiamo proseguito sulla destra per circa 200 m, e poi ancora a destra siamo giunti al suq, abbiamo girato per delle stradine che ancora non avevamo fatto e poi siamo andati a visitare il Caravan Serrail (Khan As’ad Pasha) che si trova poco prima di palazzo Azem , nella stradina delle spezie. E’ un edificio tra i più belli della città vecchia, nel grande cortile al centro c’è una grande vasca che è illuminata dalla luce che filtra tra le otto piccole cupole sistemate attorno ad una vasta apertura circolare. Le cupole a sua volta sono sorrette da colonne di pietra bianca e nera.
Poi ci siamo dedicati all’acquisto dei regalini da portare a casa, abbiamo anche mangiato dei dolci e verso le 14 siamo andati in albergo a riposarci un po’.
Verso le 17 abbiamo fatto un giro nella zona pedonale dietro l’albergo e poi siamo scesi verso la città vecchia per cercare l’Hammam consigliatomi da Maria Grazia.
Chiediamo indicazioni a un signore, che chiude il proprio negozio e ci accompagna fino all’Hamman, ci aspetta mentre chiediamo informazioni e poi ci vorrebbe riaccompagnare, ma noi decidiamo di fermarci in quella zona (quartiere iraniano) che non avevamo ancora visto e ci sembra molto interessante, lo ringraziamo della sua cortesia e insiste per offrirci qualcosa da bere.(non credo di essere esagerata quando dico che non ho mai visto gente così ospitale).
Camminando per le strade di questo quartiere giungiamo ad una moschea che ci colpisce per il suo sfarzo e i suoi colori oltre che per il fiume di gente che ne sta uscendo, ci proponiamo di andarla a visitare domani. Per cena andiamo all’Elissar dove ormai siamo conosciuti, mangiamo bene come sempre e per ritornare in albergo approfittiamo sempre del bus 18.
Giovedì 26/6 Oggi è l’ultimo giorno, aimè!!, facciamo più tardi del solito, abbiamo tutta la giornata da stare in giro, l’appuntamento con l’autista che ci deve portare in aereoporto è a mezzanotte per cui dopo colazione prepariamo i bagagli forzando in maniera sovraumana le cerniere delle valige, del resto che pretendo? Ci ho fatto entrare un tappeto, parecchi saponi, delle collane enormi di vetro colorato, i fanghi del mar morto, le scatoline intarsiate, i dolci ecc.
Lasciamo i bagagli in custodia nella hall e verso le 10,30 ci incamminiamo verso la fermata del n. 18 per farci portare a Bab Touma, giunti nella piazza prendiamo la strada che porta verso il ristorante Elissar, questa strada si individua facilmente, all’angolo sinistro c’è un chiosco che vende frullati all’angolo opposto c’è il bar Domino imboccando questa strada giriamo alla prima traversa a destra dove in fondo c’è l’hammam Bactri, immediatamente prima c’è una traversa a sinistra e qui si trova l’Elissar, noi abbiamo continuato fino all’hammam dove la strada si biforca, prendendo quella sulla sinistra ci siamo trovati in un dedalo di vicoli molto caratteristici, questa zona è abitata principalmente da iraniani, proseguendo lungo questa via siamo giunti alla moschea “Sayyida Ruquayya”.
Questa bellissima moschea che avevamo visto di sfuggita il giorno prima , anche se è ancora in via di definizione è semplicemente favolosa , ben organizzata e molto sfarzosa, l’interno è un turbinio di colori, di specchi, di mosaici.
Dato che eravamo in zona siamo andati all’hammam Ammoonah (si legge Ammunia) dove abbiamo capito che fino alle 20 era riservato alle donne, per cui gentilmente ci hanno accompagnato in un altro hamman per uomini, in modo tale che io e mio marito potessimo farlo allo stesso orario ma in due hammam diversi. Quello per uomini si trova vicino la grande moschea e si chiama Hammam Al Malik Al Zahir, mentre quello per donne è vicino Bab Al Faradais – Baghadad St. Behind Al Dahdah , sembra difficile ma sono abbastanza vicini.
Agli Hamman siamo andati verso le 16,30 dopo aver fatto la visita al museo nazionale.
Per andare al museo abbiamo preso un taxi (100 lire) in effetti un po’ di strada c’è, abbiamo pagato il biglietto (150 lire a persona) e siamo entrati in un grande giardino molto ben curato, sulla destra c’è anche un punto ristoro, la facciata del museo è veramente “importante” si tratta della porta dell’antica Qasar al Heir Al Gharbi un palazzo del deserto vicino Palmira, questa porta fu trasportata al museo di Damasco pietra per pietra e poi ricomposta.
All’interno del museo vi sono reperti del periodo islamico, classico e pre classico, anche se devo dire che me ne aspettavo molti di più, in effetti la stragrande maggioranza di questi tesori è stata portata via dagli europei.
Notevole è la ricostruzione dell’Ipogeo di Yarhai, una camera funeraria trovata a Palmira, sullo stesso genere della tomba dei tre fratelli.
Interessante anche la sinagoga che risale al II sec., vi sono dei dipinti che anche se un po’ sbiaditi sono davvero particolari.
Alle 17,30 mi trovo nella piazza antistante la grande Moschea, molto fresca e rilassata dopo un meraviglioso hammam questa volta fatto con tutti i crismi, sauna, massaggio ecc. , qui ho appuntamento con mio marito che è andato nell’altro hammam, mentre aspetto mi intrattengo con un signore siriano che sta facendo da guida a dei turisti italiani, parla benissimo l’italiano e stiamo circa un’oretta a parlare, nel frattempo arriva mio marito che si era talmente rilassato da aver perso la cognizione del tempo.
Prima di entrare alla grande Moschea siamo andati a pagare una specie di biglietto, più che altro si tratta di una misera offerta (50 lire) per prendere in prestito una tunica di colore nero con tanto di foulard da indossare per poter varcare la soglia del tempio islamico, chiaramente scalzi.
Appena entrati nel cortile siamo rimasti a bocca aperta sia per la vastità che per la facciata della sala di preghiera tutta decorata da magnifici mosaici d’oro.
In mezzo al cortile c’è la fontana delle abluzioni e altre due cupole sono disposte ai lati. La sala della preghiera, rigorosamente divisa da transenne per separare uomini e donne, è spettacolare, giganteschi tappeti ricoprono l’intero pavimento, splendidi lampadari illuminano la sala, per non parlare della cupola dell’Aquila al centro del salone sorretta da quattro grandi colonne, poi ancora c’è una struttura in marmo con cupola verde e qui vi è sepolto San Giovanni Battista, poi ancora c’è il mausoleo di Hussein. Non mi dilungo oltre nella descrizione perché bisogna necessariamente vederla. Alle 20,00 sulle note del muezzin noi turisti siamo dovuti uscire, mentre loro continuavano le loro funzioni, abbiamo fatto un altro giro per i negozi per gli ultimi acquisti e verso le 22 siamo andati a cena all’Elissar, questa volta ci siamo buttati sul pesce che mi era stato consigliato dalla guida che avevo incontrato nel pomeriggio, devo dire che questo filetto di merluzzo grigliato era davvero ottimo, poi inevitabilmente ci siamo fatti l’ultima scorpacciata di frutta e così abbiamo concluso questo splendido soggiorno.
L’autista alle 24 puntuale ci ha prelevati dal nostro albergo e accompagnati in aeroporto.
Purtroppo al ritorno non abbiamo fatto il volo diretto, ma da Damasco siamo atterrati a Budapest e poi da li siamo ripartiti dopo parecchie ore per Roma.
Sono già passati 20 giorni dal nostro rientro è ho una nostalgia pazzesca di questo paese, purtroppo non ci potrò tornare tanto presto, però i ricordi e soprattutto la certezza che esiste un posto così mi danno la serenità e la speranza di aver trovato un paese dove andare a stare in futuro.
Spero tanto che chi legge questo resoconto si decida a partire e lo invidio sin d’ora.
Claudia