Shopping a valencia

Questo è il resoconto di 4 meravigliosi giorni passati a Valencia, dove sono stata ospite della mia carissima amica Carmen. La città è molto grande, ma i centri di interesse sono abbastanza concentrati e credo che 2 giorni interi siano sufficienti per vedere tutto. Avviso: dato il periodo pre-natalizio, ho deciso di sfruttare il viaggio per...
Scritto da: elisa_e_bia
shopping a valencia
Partenza il: 08/12/2006
Ritorno il: 11/12/2006
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
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Questo è il resoconto di 4 meravigliosi giorni passati a Valencia, dove sono stata ospite della mia carissima amica Carmen.

La città è molto grande, ma i centri di interesse sono abbastanza concentrati e credo che 2 giorni interi siano sufficienti per vedere tutto.

Avviso: dato il periodo pre-natalizio, ho deciso di sfruttare il viaggio per cercare un po’ di regali e quindi, contrariamente alle mie abitudini, ho passato molto tempo a vagare per negozi e fare acquisti. Visto che a qualcuno potrebbe interessare anche questo aspetto, mentre altri potrebbero rabbrividire al solo pensiero, ho incluso le “parti shopping” in 5 segni ***** all’inizio e 2 segni ** alla fine, così chi non è interessato può passare direttamente oltre.

1° GIORNO: il volo Ryanair da Pisa atterra in perfetto orario alle 17.25. Comprandolo con 2 mesi di anticipo l’ho pagato appena 48 euro andata e ritorno, ma 3 settimane prima la stessa tratta costava già 265 euro! Carmen mi aspetta all’aeroporto e mi porta subito da lei. Abita in un bel appartamento con vista sul letto del fiume Turia. Il fiume è stato deviato negli anni ‘50 per evitare continue inondazioni disastrose, e al posto dell’acqua sono sorti parchi e impianti sportivi.

Dopo un po’ di riposo, Carmen mi porta fuori per il mio primo assaggio della città.

Andiamo in macchina lungo il corso del Turia e passiamo davanti ad alcuni monumenti celebri. Primo fra tutti il ponte di Calatrava, famoso per la forma avveniristica, anche se Carmen lo descrive con termini poco entusiastici: l’aspetto particolare del ponte è un po’ un marchio di fabbrica di Calatrava e quando l’architetto valenciano ha costruito altri ponti in altre città spagnole li ha fatti molto simili a questo… Insomma: i valenciani si sentono un po’ fregati! Più avanti c’è il Palazzo della Musica, dove si tengono concerti di musica classica e dove certe domeniche fanno danzare a ritmo i getti della grande fontana li davanti, e infine la Ciutat de les Arts i de les Ciences, anche questo progetto di Calatrava. Questo complesso di giardini ed edifici è davvero spettacolare: – il Palazzo dell’Opera: l’edificio tondeggiante, il primo che si vede arrivando dal centro, sembra una via di mezzo fra una gigantesca balena e una nave da crociera. – L’Hemisferic: è stato il primo edificio della Ciutad ad essere costruito. Ospita un cinema per pellicole di grande formato.

– L’Umbracle: è la costruzione che mi ha colpito di più, perchè non ha una funzione “civica” precisa, ma è pensato per essere un luogo fresco e piacevole dove passeggiare durante le afose giornate estive.

– Il Museu de les Ciencies: museo interattivo rivolto soprattutto a bambini e ragazzi.

– L’Oceanografic: l’acquario più grande d’Europa, bellissimo per le strutture e l’esposizione.

Visiterò meglio questa zona il terzo giorno.

*****Entriamo nel centro commerciale Aqua, all’altezza del Museu de les Ciencies, per la mia prima caccia al regalo. Il centro commerciale, come in genere tutti i centri commerciali del mondo, ospita negozi monomarca di scarsa fantasia, ma dato che molte di queste marche non le conosco (non so se per mia ignoranza o perché in effetti non ci sono in Italia), la cosa risulta piuttosto interessante.

Accanto al centro commerciale c’è un classico dello shopping spagnolo: un mastodontico Corte Ingles, la catena di grandi magazzini dove trovare di tutto. Tra l’altro, all’ultimo piano del Corte Ingles c’è una grande caffetteria con vista sulla Ciutat de les Arts i de les Ciences. **

2° GIORNO: La mattina dopo mi sveglio in gran forma e sono pronta per partire in esplorazione.

Carmen mi fa notare che la posizione pianeggiante della città impedisce quasi sempre di vedere il mare (a meno di non averlo proprio a due passi) e questo a volte fa dimenticare che Valencia è una città di mare e possiede pure un porto molto importante! Rimediamo subito andando alla Malvarrosa, la spiaggia più vicina alla città: è ampia e lunghissima, fatta di sabbia bianca e fine, una vera bellezza. Fa caldo e c’è un sacco di gente che prende il sole. Sul lungomare ci sono molti ristorantini che cucinano la paella. Anche se affollati di turisti, sono frequentati normalmente anche dai valenciani.

Già che ci siamo, prenotiamo la paella per il giorno dopo al Restaurante la Paz, uno degli ultimi della fila venendo dal porto. In alternativa è consigliata la Pepica, molto più grande e all’inizio della passeggiata accanto l’Hotel Neptuno. È meglio prenotare e specificare anche che tipo di paella si desidera, perché il giorno dopo è domenica e i ristoranti sono affollatissimi. Le famiglie valenciane hanno l’abitudine di ordinare la paella la domenica a pranzo e mangiare tutto il pomeriggio (anche perché magari hanno cominciato a pranzare alle 3… del resto anche noi abbiamo riservato per le due e mezza). Prenotiamo una paella classica valenciana, cioè con pollo e coniglio. La paella mista di terra e mare è un’aberrazione da turisti che i valenciani trovano disgustosa.

Il quartiere dietro la spiaggia un tempo era abitato da zingari e prostitute, ma in vista della Coppa America 2007 hanno cominciato a demolire tutte le vecchie case. L’intento è rendere la zona un quartiere lussuoso e soprattutto presentabile al pubblico delle regate.

Prima di tornare a casa, ci fermiamo su un ponte vicino alla Ciudad de las Artes i Ciencias, da cui si vede il Gulliver. Si tratta di una enorme struttura fatta di scivoli e giochi vari, che ricostruisce le sembianze di un gigantesco Gulliver sdraiato per terra, mentre i bambini che si arrampicano sopra sono i lillipuziani. Da non perdere se si viaggia con pargoli al seguito.

A pranzo invitiamo i genitori di Carmen a mangiare un po’ di specialità che ho portato dall’Italia, ma anche loro arrivano con del cibo tipico: il queso manchego (il formaggio della Mancha), il lomo (un salume), il jamon serrano (il prosciutto detto “serrano” perché viene stagionato nella Sierra, ovvero sui monti. Così mi ha spiegato il papà di Carmen!), asparagi bianchi dell’Estremadura e dei dolcetti valenciani a forma di mezzaluna ripieni di morbida pasta di mandorle.

Il padre di Carmen non conosce l’italiano, e quindi si arrangia parlandomi tutto il tempo in valenciano. Non usa il castigliano perché è convinto che il valenciano sia più simile all’italiano del castigliano, e in effetti ci capiamo abbastanza bene.

A proposito del valenciano, bisogna ricordare che è la lingua ufficiale della Comunidad Valenciana, utilizzata in parallelo al castigliano. È identica al catalano, anzi, piuttosto che di lingua valenciana, credo sia più corretto parlare di catalano parlato a Valencia… Ma preferisco non addentrarmi in beghe nazionaliste, ricordo solo che come la Catalogna, anche la Comunidad Valenciana rivendica una propria autonomia linguistica e spesso i cartelli sono bilingue.

Dopo pranzo facciamo un giro del centro storico (non è molto esteso e si vede tutto in un pomeriggio): passiamo dalle Torres de Quart (ora in restauro) una delle porte medievali della città, e saliamo verso Calle Cavalleros, la strada principale del centro storico dove si trovano antichi e austeri palazzi. Carmen mi dice che la cosa interessante è vederli dentro, ma trattandosi per lo più di uffici, il sabato sono tutti chiusi. Giriamo verso il Turia e arriviamo alle possenti Torres de Serranos. Da qui in due minuti si arriva alla piazza della Virgen. *****Nella strada che collega le Torres de Serranos alla Plaza de la Virgen c’è un negozio Kukuxumusu, un noto marchio spagnolo – o meglio, basco – di gadget e abbigliamento, molto gettonato dai turisti che vogliono portare a casa un oggetto del posto.** Accanto alla chiesa della Virgen de los Desamparados c’è un gran portale in stile gotico che è uno degli ingressi alla Cattedrale. Sul lato opposto c’è una porta più semplice in stile romanico, mentre sulla facciata che da su Plaza de la Reina c’è la porta barocca. Può stupire il fatto che la decorazione barocca si sviluppi tutta in verticale e sembri quasi ammassata in pochi metri di larghezza: questo perché in origine Plaza de la Reina non esisteva, ma si arrivava alla porta principale attraverso una strada stretta. Sarebbe stato inutile decorare il resto del muro! Vale davvero la pena di vincere la pigrizia e salire sul Miguelete, il campanile della cattedrale. La vista è davvero fantastica! Si vede anche il mare… Dall’alto spiccano le cupole delle chiese, ricoperte di tegole di un caratteristico colore blu intenso, tipico della regione.

Scese dal Miguele, ci dirigiamo verso la Plaza Redonda, una piazza, come dice il nome, di forma rotonda, piena di negozietti terribilmente turistici. ***** Lungo Plaza de la Reina, con la Cattedrale alle spalle, si apre un archivolto che da accesso alla piccola Plaza Miracle del Mocadoret: qui c’è un negozio che vende ceramiche davvero belle, in stili tradizionali locali. Faccio incetta di “vuelve tortillas”, dei piatti con una presa sul retro per girare la frittata. Carmen e dei suoi amici spagnoli mi hanno giurato di non aver mai visto una cosa simile in vita loro. Mi sorge il dubbio di aver preso proprio una roba da turisti…** Sempre vicinissimo alla Cattedrale c’è la chiesa di Santa Catalina. Qui si trovano 2 delle horchaterie più antiche di Valencia: l’Horchateria el Siglo, fondata nel 1836 (incredibilmente chiusa quel sabato) e l’Horchateria Santa Catalina.

Prima di ritemprarci con la dolce bevanda, andiamo verso la Lonja, l’antica Borsa della Seta (aperta tutti i giorni tranne il lunedì). Si tratta di un palazzo bellissimo, di periodo gotico, sorretto da colonne alte e slanciate. Su un lato si apre un piccolo giardino con alberi di limone. Da li una scala porta alla sala superiore con un superbo soffitto a travi decorate da disegni dorati.

Abbiamo persino la fortuna di incontrare 2 ragazze vestite da fallera, forse per qualche rappresentazione o celebrazione. Le falleras sono le ragazze che indossano i costumi tipici durante le Fallas, i festeggiamenti che si tengono ogni anno a Valencia per San Giuseppe. Ogni quartiere elegge a rappresentarli due falleras, una ragazza e una bambina. Mi colpiscono soprattutto le acconciature elaboratissime e i colori vivaci dei vestiti.

Una cosa che mi colpisce, invece, della Lonja è la quantità di capitelli e decorazioni che rappresentano omini che si sbracano a mostrare il didietro. Guardate bene! Nella decorazione della porta che da accesso al giardino ci sono persino due che fanno la cacca, con al centro una tipa che raccoglie il “prodotto” in due vasi. Un uomo che mostra il sedere è invece uno dei capitelli delle finestre in facciata. Secondo Carmen il motivo è che si tratta di un edificio civile e quindi non avevano censure come in una chiesa. Al mio ritorno, mio padre mi ha dato una sua interpretazione: un tempo in alcune città si usava schernire chi andava in fallimento costringendolo a calarsi i pantaloni in pubblico. Visto che siamo in un edificio dedicato al commercio e al denaro, poteva essere un avvertimento o un segno di scaramanzia. Se qualcuno trova il vero motivo per favore mi scriva! *****Nelle strade fra Santa Catalina e la Lonja ci sono dei negozi davvero originali e un po’ alternativi, dove purtroppo non ho trovato nulla alla mia portata, ma dove mi pento di non aver fatto qualche follia… In particolare Bugalù e, nella strada dietro la Lonja, Madame Bugalù ** Dopo la visita alla Lonja facciamo finalmente una sosta all’Horchateria Santa Catalina. L’intenzione è di prendere l’horchata (in valenciano horxata), la bevanda tipica valenciana molto fresca e dissetante, che di solito si beve in estate. Ma la giornata è piuttosto fredda e non ce la sentiamo proprio di riempirci lo stomaco di roba gelata! Così ordiniamo una cioccolata calda accompagnata da buñuelos, delle ciambelline fritte stra-unte da pucciarci dentro. Le porzioni sono da 4 o 8 buñuelos. Ne prendiamo 4 in tutto. Non sono molto leggeri… due a testa con una tazza di cioccolata sono più che sufficienti! Purtroppo l’horchateria è sovraffollata e rumorosa e non ci godiamo molto la bontà della nostra merenda.

Siamo comunque ritemprate e pronte a continuare il giro in direzione dell’Ayuntamiento. Poco più avanti ci sono l’Estacion de Norte, la stazione dei treni in stile modernista, e la Plaza de Toros, dove si tengono le corride.

***** Da qui riprendiamo lo shopping: con l’Ayuntamiento alle spalle procediamo dritte fino al palazzo della Banca di Spagna. Da li in poi comincia una zona commerciale piena di negozi. Accanto la Banca parte Calle Don Juan de Austria, una via pedonale tutta di negozi simili a quelli del Centro Commerciale Agua, abbastanza dozzinali ma economici. Alla fine della strada c’è l’ennesimo El Corte Ingles. Girando a destra in Calle Jorge Juan si arriva al Mercat de Colòn, un tempo mercato di frutta e verdura, ora convertito in centro commerciale di alto livello con merce ricercata e costosa. Negozi piuttosto eleganti anche nelle parallele di Calle Jorge Juan: Calle Isabella la Catolica, Calle Herman Cortes, ecc.** Purtroppo si è fatto tardi e non riusciamo a raggiungere il Mercato Colòn: abbiamo appuntamento con degli amici di Carmen per festeggiare il compleanno di Julio. Ci ritroviamo in un locale lontano dal centro dove servono tapas, l’80% delle quali fritte. I miei vestiti resteranno impregnati dell’odore di calamaro per i restanti due giorni… 3° GIORNO: Anche se è una domenica prenatalizia, i negozi sono chiusi per l’apertura straordinaria dell’8 dicembre (l’Immacolata è festa anche in Spagna).

Abbiamo comunque programmato un giro alla Ciutat de les Arts i de les Ciences, che ho visto solo da lontano il primo giorno. A dispetto delle previsioni che davano pioggia, il cielo splende forte e chiaro e rende gli edifici della Ciutat ancora più brillanti e fantasmagorici.

Passiamo la mattina all’Oceanografic. Consiglio di chiedere subito in biglietteria gli orari degli spettacoli dei delfini (cosa che noi non abbiamo fatto, purtroppo, perdendoceli): infatti all’interno c’è anche un delfinario dove si fanno alcuni spettacoli. Quel giorno, per esempio, ce n’erano tre, alle 12, alle 14.15 e alle 16. In compenso, prima di entrare abbiamo l’accortezza di prenotare un film all’Hemisferic.

L’Oceanografic è semplicemente sorprendente. Soprattutto se si è con dei bambini, non si può non passare almeno qualche ora in questa enorme struttura divisa in vari edifici, ognuno dedicato a una zona geografica diversa. Volendo vi si può passare un’intera giornata, ma confesso che noi non avevamo molta voglia di istruirci e leggere tutti i pannelli -per di più solo in spagnolo, valenciano e inglese- e ce lo siamo girato tutto in un paio di ore. Al momento l’Oceanografic è separato dal Museu de les Ciencies da una serie di cantieri che amplieranno i giardini davanti il Museu e uniranno il passaggio fra le due aree. Adesso però, venendo dal lato opposto all’ingresso, bisogna fare un giro un po’ lungo.

Prima di andare a mangiare ci spaparanziamo un po’ sotto l’Umbracle a prendere il sole che filtra attraverso le nervature. Nonostante sia dicembre, ci sono ben 17°C! Alle due e mezza siamo al La Paz, il ristorante dove il giorno prima abbiamo prenotato la paella. Dopo un’attesa di quasi un’ora, da occupare con qualcuno dei numerosi antipasti, finalmente arriva la paella! Come da rito, il cameriere ci mostra la paella e chiede se va bene. Poi, se si è più di 4-5 persone, si offre di riempire lui i piatti, altrimenti appoggia la paella direttamente al centro del tavolo e ognuno comincia a servirsi. E’ lecito mangiare direttamente dalla padella.

Dopo pranzo passeggiamo un po’ nei pressi dei capannoni che custodiscono le barche dell’America’s Cup. Una grande struttura bianca proprio sul molo ospita negozi di lusso e bar di tendenza. Carmen mi racconta che durante le regate questi locali si riempiono di aitanti skipper abbronzati. Un motivo in più per tornare…

Alle 18 abbiamo il film all’Hemisferic. Abbiamo fatto bene a prenotare perché la sala è esaurita.

I film proiettai sono girati con un sistema che da l’illusione di essere dentro le immagini e vivere le situazioni in prima persona.

All’ingresso ti danno una specie di cerchietto con cui selezionare la lingua del film, ma purtroppo non c’è l’italiano. Personalmente non l’ho trovata un’esperienza memorabile o particolarmente avvincente, però ci ha permesso di riposarci un po’. Carmen si è persino addormentata! Prendiamo la macchina e torniamo in centro per un apertivo/cena alla Cerveceria 100 Montaditos in Plaza de la Reina. Il locale, che fa parte di una catena presente in tutta la Spagna, serve solo montaditos, ovvero dei piccoli panini farciti dei ripieni più svariati, in esattamente 100 varianti diverse. Ogni montadito costa 1 euro. Per ordinare si segnano le quantità e il proprio nome su un foglio. Poi si porta il foglio al bancone e si paga. Quando il piatto di montaditos è pronto chiamano il nome e si va a ritirarlo al banco.

4° GIORNO È l’ultimo giorno! L’aereo parte alle 17.50, quindi ho ancora molto tempo per fare gli ultimi acquisti.

La mattina è dedicata allo shopping gastronomico. Questa volta non lo metto fra ***** perché sono sicura che interessi quasi a tutti… Andiamo direttamente al Mercat Central, il principale mercato cittadino di alimentari. Il mercato è proprio di fronte alla Lonja. E’ bellissimo e enorme! È costruito in stile modernista, decorato da piastrelle dipinte con arance, la coltivazione tipica della regione insieme al riso con cui si fa la paella.

La cosa più spettacolare sono i banchi, coperti da piramidi di frutta e verdura e sovrastati da file di salumi. Qui vendono solo prodotti di prima scelta, quindi all’incirca un banco equivale all’altro.

I venditori sono cordiali e rilassati. Mi fanno pure assaggiare gli affettati prima di comprarli. Tutti i banchi offrono il servizio di confezionamento sottovuoto, così si può portare tutto comodamente in aereo. Dopo il Mercat passiamo per caso davanti all’Hochteria el Siglo che sabato avevamo trovato chiusa. Questa mattina è aperta e ne approfittiamo per entrare. Il locale mi sembra più bello dell’Hochateria Santa Catalina, forse perché l’abbiamo visitata il sabato pomeriggio, rumorosa e caotica, mentre qui entriamo in un momento tranquillo. E’ lunedì mattina, il locale è pieno ma non affollato, i clienti sono pacificamente appoggiati al bancone, sorseggiando un caffè o sfogliando un giornale, e i baristi si muovono calmi e sorridenti. Ci sediamo su uno dei tavolini al piano di sopra con vista sul bancone e ordiniamo horchata con farton, ovvero delle lunghe briosches fatte apposta per essere intinte nei bicchieroni alti dell’horchata. Due simpatiche vecchiette al tavolo accanto ci motteggiano perché beviamo la fredda bevanda in pieno dicembre.

Quando scendiamo a pagare, Carmen chiede alla signora alla cassa se possono farmi vedere dei chufas, cioè i tuberi da cui si ricava l’horchata. La signora mi mostra un piattino con delle piccole patate raggrinzite grandi come una nocciolina. Me ne mette alcune in un tovagliolo per farmele assaggiare. Non male! Sanno un po’ di arachide. Ultimo acquisto gastronomico: accanto all’Horchateria Santa Catalina c’è un panificio-pasticceria dove compro del panquemado, delle brioches rotonde e leggere.

Mentre torniamo alla macchina, passiamo di nuovo da Calle Cavalleros. Davanti ad uno dei palazzi c’è un ragazzo che aspetta di entrare per consegnare una busta. Casualmente, Carmen aveva scritto una tesina proprio su quel palazzo quando studiava Storia dell’Arte all’Università, quindi lo conosce bene. Così ci appostiamo sul marciapiede opposto e, appena aprono il portone, ci imbuchiamo dietro il fattorino. Entriamo con nonchalance nell’atrio in restauro, attirando gli sguardi perplessi di alcuni muratori. L’impianto è quello tipico del gotico valenciano: un imponente cortile interno e uno scalone massiccio che sale ai piani alti. Scendiamo pochi gradini oltre il cortile e ci troviamo davanti addirittura a un pezzo delle antiche mura islamiche, costruite quando Valencia era dominata dagli arabi.

Prima di pranzo torniamo all’Agua, il centro commerciale vicino alla Ciudad, dove il primo giorno avevo adocchiato un po’ di cose che non ho voluto comprare subito.

Così faccio il mio ultimo giro di acquisti e infine ci fermiamo a pranzare al Centro Commerciale. Gli ultimi 2 piani sono tutti occupati da locali e ristoranti, più che altro parte di catene. Scegliamo il Wok, un ristorante di cucina orientale. Mi rendo conto che andare in Spagna e mangiare cinese può sembrare una scemenza, ma questo locale è veramente gradevole e serve una cucina particolare e creativa, che non ha nulla a che vedere con i piatti standardizzati e monosapore dei normali ristoranti cinesi. Prova ne è che usciamo senza puzzare dell’inconfondibile “odore di cinese”.

Ormai si è fatto tardi e devo scappare all’aeroporto, ma spero di poter tornare presto! Ci sono ancora molte cose da fare e vedere…



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