Seychelles, ho perso le parole

Domenica, 24 ottobre Dalla scaletta dell’aereo, l’isola di Mahé ci da il suo buongiorno, con i colori di un’alba appena spenta e la sua brezza già calda, ma è un buongiorno fugace visto che ci aspetta un altro volo … un momento … quel moscone d’acciaio non sarà mica il nostro aereo? Sì, lo è! Un diciotto posti da raggiungere a...
Scritto da: Patrizia Garuti
seychelles, ho perso le parole
Partenza il: 24/10/2004
Ritorno il: 30/10/2005
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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Domenica, 24 ottobre Dalla scaletta dell’aereo, l’isola di Mahé ci da il suo buongiorno, con i colori di un’alba appena spenta e la sua brezza già calda, ma è un buongiorno fugace visto che ci aspetta un altro volo … un momento … quel moscone d’acciaio non sarà mica il nostro aereo? Sì, lo è! Un diciotto posti da raggiungere a testa e schiena china, pena cozzate di cranio. Mi siedo in prima fila, immediatamente dietro alla cabina di pilotaggio e … nooooo … cosa sono quei fogli graffati alla cloche di uno dei due piloti? La lista della spesa? … dubito! … le istruzioni di volo? … peggio … le emergenze? Non so perché, ma mi viene da ridere! E voi, che avreste fatto? Uno, due, tre … BRRRRRRR … si decolla ed il rumore dei motori è assordante! Sono indecisa: mi tappo le orecchie o mi faccio il segno della croce? Scarrocciati e shakerati, dopo un quarto d’ora siamo a Praslin (si pronuncia Pralen), la seconda isola, per grandezza, delle Seychelles. Due taxi e in un batter d’ali (tanto per restare in tema), siamo in hotel.

Alle Seychelles la scelta dell’albergo non può essere casuale perché non tutti gli alberghi sono alla portata di tutti. Al Lemuria Resort, ad esempio, il più famoso e lussuoso albergo di Praslin, che vanta ospiti VIP del calibro di Vieri e Bechkam, una sola notte può costare oltre quattrocento euro! Noi otto, più accompagnatore, mai visti ed incontrati prima, affettuosamente soprannominati “cicciottini”, siamo all’Hotel “Casa de Maestro”, una bella struttura, a due passi dal mare, dall’ottima cucina. La mezza pensione costa cinquanta euro a testa, e li vale tutti! Un tuffo veloce in mare e, sotto un sole spietato, siamo già ad aspettare l’autobus TATA, che non si fa desiderare. Seduti sui suoi seggiolini in similpelle, siamo diretti alla Vallée de Mai, la più piccola area al mondo protetta dall’Unesco. Percorrendo una strada stretta, tortuosa ed in salita raggiungiamo l’interno verdissimo dell’isola e la foresta preistorica della Vallée de Mai, l’unico posto al mondo dove cresce il più erotico e sensuale frutto della terra: il coco de mer, la noce di cocco dalle fattezze anatomiche femminili.

Mi sento piccola, piccola, a passeggiare tra queste palme del coco de mer che si stagliano con gli altissimi tronchi (arrivano fino a quarantacinque metri!) verso un cielo d’un azzurro intenso.

Tutto intorno a noi è silenzio … poi, all’improvviso, soffia un alito di vento … i giganteschi ventagli delle palme si urtano l’uno contro l’altro dando vita ad un moto perpetuo … e si diffonde, nell’aria, un suono cadenzato, sordo, leggero … un flap, flap, antico di 650 milioni di anni, che arriva dritto, dritto al cuore! Nel negozio interno alla biglietteria, sono in vendita alcuni coco de mer. I loro prezzi sono alle stelle: 2.500 rupie cioè 12.500 euro per ciascun coco de mer! Comprensibile (o accettabile) se si pensa che per fare una sola noce ci vogliono ben otto anni e che ogni noce può raggiungere i venti chili! Al calar del sole scocca l’ora dell’aperitivo. E’ tempo di stappare la prima delle tante bottiglie portate dall’Italia, di affettare il salamino piccante (sempre portato dall’Italia) e di brindare ad Anna, Carla, Francesca, Marianna, Patrizia, Silvana, Fabrizio, Joseph e Patrizio, il nostro accompagnatore.

L’aperitivo è solo il preludio ad una esotica ed entusiasmante esperienza gastronomica che Richy, il giovane cuoco di “Casa de Mastro”, ci fa vivere con: bourgeois (pesce di dodici chili) alla griglia, riso bashmati con fagioli, frutto del pane fritto, polipo e salse piccanti. Una vera libidine per i nostri palati e, facendo onore al cuoco (poco al galateo), ci spazzoliamo tutto, fino all’ultimo granello di riso! L’amaro al mirto di Patrizio ha senz’altro un effetto sturante, ma la digestione necessita di un aiuto aggiuntivo. La luna piena (e rovesciata, siamo nell’altro emisfero!) è lì pronta a suggerirci la soluzione: una passeggiata in riva al mare. Ed è magico e romantico. La spiaggia bianca è accesa dai riflessi della luna in uno scintillio di luci argentee … Ciccio, dove sei? Lunedì, 25 ottobre A casa di Edward non c’è nessuno, neanche sua moglie Claudia, italiana. La bella casa coloniale è completamente spalancata (alle Seychelles usa così), ma di Edward nessuna traccia. Patrizio prende allora il telefono: “Ed, ti stiamo aspettando … ci siamo accordati ieri, ti ricordi? … Oggi dovevi portarci all’Isola di Curieuse!”. Ma Edward è a pesca con un altro gruppo. Poco da dire: ci ha bidonati! Che si fa? “Nessun problema – dice Patrizio – andiamo da Sagittarius”. Il tempo di fare dieci metri e, neanche ci fossimo dati appuntamento, incrociamo un veicolo giallo, una via di mezzo tra un pick-up ed un furgoncino, alla cui guida c’è …Indovinate un po’ … Sagittarius. “Mah, cazzo! (dice proprio così) La cercate per strada, la barca! Dai, salite!”. Nell’ilarità generale, arriviamo alla vicina Côte d’Or, quartiere generale, del “Taxi Boat” di Sagittarius. Joel, il nostro taxi-barcaiolo, è d’una bellezza selvaggia inaudita e noi ragazze siamo molto dispiaciute che, da Côte d’Or all’isola di Curieuse, siano solo venti minuti (per giunta scarsi) di barca. I nostri occhi rimbalzano dal color turchese del mare al color cioccolato della pelle di Joel, mentre Patrizio, con il test del dito anulare, è pronto a misurare il nostro grado di eroticità: brava ragazza, se il dito indice è più lungo del dito anulare, cattiva ragazza per il contrario! Risultato: tutte cattive ragazze! Ne dubitavate? La piccola isola di Curieuse è stata destinata dal Governo alla riproduzione e allo studio delle tartarughe giganti di Aldabran (vivono solo qui e alle Galápagos). Ce ne sono più di duecento, in completa libertà e, nonostante il loro aspetto coriaceo, si sciolgono in mille smancerie quando le si accarezza sotto il collo rugoso. Oltre alla riproduzione delle tartarughe, nell’isola c’è un allevamento di seppie (enormi) e di altri pesci dai vivacissimi colori, verdi, blu, gialli.

Per una passerella di legno, attraversiamo un paesaggio ricamato dalle mangrovie e popolato da granchi giganti che, con i loro rapidi movimenti a destra e sinistra, pare che danzino una musica tzigana. Senza fretta, raggiungiamo una spiaggia con un incantevole edificio creolo, sede di un piccolo museo didattico, ed un tempo casa del medico dei lebbrosi. In base ad un quantomai curioso accordo tra Seychelles e Mauritius, dal 1833 al 1965, i lebbrosi delle Mauritius venivano scambiati con i malati mentali delle Seychelles. Matti davvero per lasciare un posto così meraviglioso! Potrà sembrare strano, ma nei miei favolosi anni, non ho mai fatto snorkeling, sempre a lottare con lenti a contatto. No, non ho fatto l’operazione, ma solo scoperto le lenti usa e getta! Patrizio si offre volontario istruttore, mi prende per mano e mi spiega la tecnica, Fabrizio sputa poi sul vetro della mia (sottolineo mia) maschera, distribuendo bene, bene la sua (sottolineo sua) saliva onde evitare appannamenti. Mah, cazzo (tanto per dirla come Sagittarius)! Di sputare, son capace anch’io! Stesa bocconi sotto una palma che sembra cresciuta apposta per regalarmi la giusta dose di ombra, sto ancora ridendo pensando all’episodio della maschera quando sento farmi una carezza veloce tra i capelli. Lì per lì penso a Fabrizio, in vena di scuse, invece, accidenti, è uno scinco delle Seychelles (alias lucertolona). E allora ditelo, che ce l’avete con me!!! Come un dio del mare, Joel ci viene a prendere e la barca, che all’andata era perfetta per cinque, ora è perfetta anche per nove. Bagnati fradici, imbarcando acqua color turchese, arriviamo all’isolotto di Saint Pierre: la cartolina dell’isola tropicale nell’immaginario collettivo! Un mare con tutte le sfumature cromatiche dell’azzurro, rocce granitiche che l’erosione ha scolpito in mille canne d’organo, palme maestose. Ci tuffiamo dalle rocce, tornando un po’ bambini, ma l’emozione più grande è nuotare con le nostre prime tartarughe verdi. E’ possibile immaginare un posto più bello? Altroché voli pindarici! Ma poi, per dirla come Fabrizio: “ ‘sto Pindaro, chi è?”. Richy prepara un’altra cena pantagruelica e quasi, quasi surclassa quella della sera precedente. Il menù prevede: purea di lenticchie, riso bashmati, pesce alla griglia (uno a testa), melanzane, dolce al cocco- ciocco-miele che, inutile dire, ci bisticciamo! L’isola di Praslin non offre divertimenti notturni (sono romagnola, potete credermi!) se non il Casinò “Tante Mimì”, locato in una bella casa colonica, al di là della Vallée de Mai. Il servizio è completo. Un monovolume della casa da gioco viene a prenderci in albergo e, come se fossimo in gita scolastica, iniziamo a scherzare con giochi innocenti almeno fino a quando Anna dice (con grande invidia dei due ometti esclusi): “Non è Joseph, riconosco il suo dito!”. Avremmo voluto approfondire la frase di Anna, ma rimaniamo letteralmente folgorati dalla luce argentea che ci circonda. E’ ancora la luna piena che recita il suo spettacolo, questa sera con le immense foglie delle palme del coco de mer. La sua luce si riflette sui giganteschi ventagli delle palme che paiono enormi lamelle d’argento ed illuminano tutt’attorno. Una meraviglia! Il Casinò, per chi non è patito del gioco, diventa poi una noia. Ci troviamo quindi in tre a decidere in fretta e furia di rientrare in albergo visto che il monovolume è lì, pronto a partire.

Ce ne andiamo talmente di fretta da non realizzare che nessuna di noi ha con se la chiave della camera, in tasca alla compagna rimasta a giocare! E allora ditelo!!!! Martedì, 26 ottobre A portarci ad Anse Lazio è ancora un autobus pubblico, più moderno e confortevole del TATA preso nei giorni scorsi. In questo, c’è anche il pulsante per la richiesta di fermata, a dire il vero, poco utilizzato dalle persone anziane legate all’abitudine di urlare all’autista: “Avant!”. Simpatica usanza, non priva di effetti collaterali, soprattutto se strillata nelle orecchie del vicino. Soprattutto se il vicino sono io! L’autobus si inerpica per la già conosciuta strada stretta e tortuosa, motivo per cui non è consigliabile affittare moto o biciclette a Praslin. Nel tragitto, si alternano spiagge bianche bagnate da arcobaleni di azzurri, una dopo l’altra, fino ad arrivare ad Anse Lazio, a detta di molti, la spiaggia più bella di Praslin. Per la verità, l’autobus non ci lascia proprio ad Anse Lazio, ma a circa trecento metri. Trecento metri di salita e discesa, di pendenza del 10%, di sole impietoso, di ciabattine infradito!!!! Nonostante quadricipiti, glutei, polpacci fumanti, è sempre la bellezza del paesaggio a catturare tutte le nostre attenzioni. Alte piante, dai nomi a noi ignoti, affondano le loro radici in una terra rossa come un campo da tennis e odorosa di ferro. Trovare un aggettivo capace di descrivere l’incanto di Anse Lazio, penso che non sia proprio possibile. Spiaggette di sabbia bianca e soffice come la neve, rocce di granito rosa, maestose palme Takamaka, mangrovie che scendono proprio lì, dove si rompe l’onda, mare cristallino: una meraviglia del Creato! Tra una bevuta e l’altra, (lo sapete, sono ancora una principiante della maschera e boccaglio) faccio snorkeling e mi imbatto in un buffo pesce trombetta, nei curiosi pesci pagliaccio (a strisce verticali gialle e nere) ed in tanti altri coloratissimi pesci fino a quando lo stomaco urla cibo (acqua no, un altro goccio e affogo!).

Ad Anse Lazio ci sono due ristoranti, uno dai prezzi inavvicinabili, l’altro, “Le Chevalier”, un po’ più “a buon mercato”, per quanto possa essere a buon mercato un ristorante alle Seychelles. Ma perché – mi dico – rompere l’incanto per ripetere un gesto abituale come pranzare seduta attorno ad un tavolo? Lina Wertmüller non me ne vorrà, ma … ciak … si gira: “Travolti da un insolito desiderio di cocco nell’azzurro oceano indiano!”.

Interpreti: lei, la turista, lui, il bel Seychellese.

Scena prima: lui impugna bene il cocco con le due mani e lo sbatacchia sul granito, colpendo i due estremi dell’ovale. Toglie la parte fibrosa del cocco ed arriva alla noce. Sempre lui, colpisce dolcemente un’estremità della noce secondo una traiettoria circolare ed offre a lei, il dissetante latte di cocco.

Scena seconda: lei beve dalla noce l’esotico nettare, ma è così innamorata (ciao Ciccio), che ringrazia il Seychellese e risale sull’autobus! Sulla strada del ritorno, il nostro autobus incrocia, sfiorando, un altro autobus che, sul pannello della destinazione, ha scritto: “Funeral Barbe”. Il conducente ci spiega che è morto Barbe, un personaggio molto conosciuto a Praslin ed oggi è il giorno del suo funerale.

Mi spiego allora il perché di tanta gente incontrata prima con mazzetti di fiori coloratissimi. Invece, mi rimarrà sempre il dubbio: l’autobus con su scritto “Funeral Barbe”, era per il trasporto della gente che andava a rendere omaggio a Barbe o per il trasporto della salma di Barbe? Mah, comunque sia, alle Seychelles usa così! Per strada, incontriamo allegri gruppetti di bambini e bambine, ordinatissimi nelle loro divise scolastiche e, come sempre mi succede, mi incanto a guardarli. Due di loro salgono sul nostro autobus e si siedono compostamente nella parte opposta alla mia. Sono due bambine con occhioni neri, neri, dolci, dolci. I capelli, raccolti in due codini sopra la testa, sembrano gomitoli di lana nera tanto sono ricci. Ma resto incantata anche di fronte alla fierezza e regalità delle signore anziane. Il loro corpo racconta di anni di duro lavoro. La loro schiena è piegata, le gambe sono storte, ma sono briose nei loro abiti fantasia, distinte con i loro bastoni di legno e bellissime nei loro cappelli di paglia adornati, a volte, con bianchi piumini, a volte, con piume d’uccello, a volte, con un semplice fiore.

La sensazione è che tutti vivano felici, senza problemi di sorta, tanto meno razziali. Ed il mescolarsi allegramente ha generato bizzarri intrecci di colori, che suscitano in me stupore e meraviglia quando i miei occhi incrociano gli occhi azzurri di un ragazzo dalla pelle ambrata. Le valigie sono state caricate e la goletta è pronta a mollare gli ormeggi alla volta di La Digue. Una traversata di appena quarantacinque minuti fatta nell’ora che precede il tramonto, in compagnia dei pesci volanti. A La Digue alloggiamo, per € 35,00 a persona, alla “Pension Michel”, in due favolosi chalet di legno, arredati in perfetto stile coloniale anglo-indiano, con tanto di cucina e, visto che cena e colazione sono d’ora in poi auto-gestite, la nostra prima preoccupazione è fare la spesa. Riempiamo le borse di ogni ben di Dio e Joseph, il cicciottino con un trascorso di cuoco, prepara un ottimo primo: conghiglioni al pomodoro. Al secondo ci pensa invece la “Pension Michel”: pesce alla griglia. Poi, secondo la regola universale per cui: chi cucina non lava i piatti, a Carla, la cicciottina E.R., tocca la corvè mentre noi, infami, siamo a ridere sotto il porticato dello chalet, con le storie, vere o presunte, di Fabrizio.

Mercoledì, 27 ottobre In sella alle nostre mountain bike, prese a nolo per cinquanta rupie al giorno, entriamo nella Tenuta de L’Union, una sorta di museo artigiano all’aperto. Come in passato, funzionano ancora le antiche macine di pietra per la spremitura della copra, la polpa essiccata della noce di cocco ma … cosa sono questi lamenti sovrannaturali venire dal fondo della strada? Niente di più naturale: due tartarughe giganti, impegnate in un acrobatico accoppiamento. Il maschio, con il collo proteso in avanti, cerca un appoggio con le zampe anteriori sul guscio della femmina. La femmina, con mezza tonnellata addosso, cerca una via di fuga! Il divieto di accesso alle biciclette ci dice che dobbiamo proseguire a piedi e, nonostante la nostra italianità, parcheggiamo le nostre due ruote. Imbocchiamo un sentiero di sabbia bianca corallina, levigati massi di granito grigio rosa e palme dagli alti fusti quando si apre di fronte a noi uno scenario così intenso da mozzare il fiato. Anse Source d’Argent: la spiaggia più bella al mondo, la spiaggia più fotografata per servizi di moda e spot pubblicitari, la spiaggia che per quanto mi sforzerò a descrivere, non riuscirò mai a rendere come effettivamente è! Una magnificenza della Natura! Enormi sculture di granito rosa, che sembrano uscite dalle mani di Henry Moore, sono accatastate qua e là, in modo così improbabile da sembrare provvisorie. L’acqua del mare, calda e piatta, è talmente limpida che i raggi solari si rifrangono in mille prismi. In cielo si librano le vedove del paradiso, uccelli bianchi dalla coda lunghissima, divenuti simbolo delle Seychelles. Con l’imbarazzo di non sapere dove fermare lo sguardo, m’incammino fino a dove i blocchi di granito hanno formato dei piccoli tunnel, in prossimità di un’ansa decorata dalle mangrovie, bagnata da un rivoletto d’acqua dolce che scende dall’interno e accesa dal fragore del mare che si infrange sulla barriera corallina. In solitudine, seduta sul tronco di una palma, guardo con venerazione verso l’infinito e mi lascio cullare dall’armonia dei suoni … e riempio i miei occhi di bellezza e la mia anima di pace e serenità. Che esista al mondo un altro luogo capace di scaldare tanto l’anima? A malincuore lasciamo Anse Source d’Argent, per spingerci sull’altro versante dell’isola lungo una salita che … PANT! PANT! … ha il 15 … GLU! GLU! … per cento di pendenza! A Grande Anse, la natura è violenta e selvaggia ed evoca sensazioni forti, di tensione e di inquietudine. Un cartello, anche in un italiano approssimativo, avverte: “Attenzione, correnti moloto pericolose!”. E’ il paradiso dei surfisti, con onde che si impennano per metri e violente come un caterpillar! Da Grande Anse a Petit Anse, c’è un piccolo sentiero che si percorre facilmente a piedi attraversando un paesaggio che pare rubato al set del film Jurassic Park. Coco Anse è poco lontana, ma Francesca ed io non riusciamo a trovare, nella foresta, il sentiero per raggiungerla e non siamo sufficientemente capre per proseguire sui massi di granito. Sono sola, con la mia bike, ad affrontare … PUF! PUF! … la salita del ritorno, ma più che dalla fatica, mi lascio sopraffare dallo splendore della natura rigogliosissima, dalla dolcezza delle casette in legno in stile creolo-coloniale, dai colori cangianti dei galli con le lunghe zampe, dai profumi dei fiori, dai sorrisi dei bambini, dalla cordialità delle persone che incontrandomi mi augurano “Bonne soirée!”. C’è un’atmosfera magica a La Digue, sarà perché è quasi priva di auto (e quindi si va a piedi o … pant! pant! … in bicicletta), sarà perché non c’è illuminazione pubblica, sarà perché c’è ancora la luna piena! Questa sera il nostro cuoco personale riposa e si cena da Ocean, un bel locale, affacciato su Anse Severe. Il menù contempla: zuppa di pesce, scampi al burro e aglio, granchi, gelato alla vaniglia il tutto accompagnato da un sottofondo musicale: la sèga (si chiama proprio così), la tipica danza delle Seychelles.

Rientriamo nei nostri chalet scortati dal volo delle volpi volanti (o pipistrelli della frutta) e da qualche goccia di pioggia, anticipazione dell’acquazzone notturno. Un concerto di pioggia, dritta come un fuso, e così fragorosa da coprire qualsiasi rumore. Un altro spettacolo della Natura! Giovedì, 28 ottobre Il sole è coperto da un po’ di nuvole ed è un piacevole sollievo. Dal porticciolo di La Digue prendiamo una barchetta per andare a Grande Soeur, un’isola privata con accesso limitato a massimo trenta persone. L’escursione, pasto a base di pesce compreso, costa a persona cinquanta euro più venti d’ingresso. Patrizio, che conosce molto bene le Seychelles, (le ama tanto da essere qui per la decima volta) prende un po’ di pane e, misterioso come l’incognita di un’equazione algebrica, dice: “Prendete la macchina fotografica e venite con me!”. Lo seguiamo in mare. In un attimo, siamo attorniati da un numero indicibile di Pesci Angelo che, sotto i nostri occhi entusiasti, mangiano il pane dalle nostre mani! Da non credere! Il versante di Grande Soeur, protetto dalla barriera corallina, è un vero e proprio acquario e fare snorkeling è un’esperienza ed un’emozione inenarrabile, da scoprire vivendola. Così faccio, al meno fino a quando, porcaccia la zozza, mi esce e mi rientra una spalla! C’è poco da ridere! Fa male! Abbandono maschera, pinne e boccaglio (non ho altra scelta) e, attraverso un prato soffice ed impalpabile come velluto, in compagnia di Joseph e Fabrizio, raggiungo l’altro versante dell’isola. Tutti e tre rimaniamo a bocca aperta di fronte alla bellezza della spiaggia che si mostra ai nostri occhi. E’ strano. Nonostante il ripetersi degli elementi, basta una diversa collocazioni delle piante, una luce nuova, una differente sfumatura d’azzurro del cielo o del mare, che si creano scenari sempre nuovi, sempre favolosi, tali da rendere ogni spiaggia unica ed indimenticabile! A Petite Soeur, ad esempio, il mare è increspato da onde pure come il cristallo soffiato e farvi il bagno è una libidine assoluta! Da Grande Soeur, la barca ci porta a Coco Island, dove, negli anni Settanta, girano il film Emanuelle, avanguardia dell’erotismo di quel periodo. Coco Island è un altro acquario ed è improponibile non fare snorkeling. Stringendo i denti, (ricordate? ho una spalla lussata), con difficoltà, indosso il necessario e la mia temerarietà (o incoscienza) viene premiata nel momento in cui mi appare, veloce come un lampo, un’aquila di mare, raffinatissima nel suo manto picchettato di bianco e nella coda lunghissima e sottilissima.

Di nuovo in barca e, sulla rotta del ritorno, passiamo davanti a Felicitè Island il cui slogan è “diventate padroni di un’isola”. E’ solo una questione di soldi, tanti soldi, ma alle Seychelles, è possibile affittare un’isola intera con tanto di yacht a propria disposizione. Questa sera Joseph propone spaghetti all’amatriciana, mentre “Pension Michel” passa polipo alla creola. Il tutto innaffiato da fiumi di champagne: è il compleanno di Joseph! Venerdì, 29 ottobre Camminando verso nord, respiro l’aria silenziosa di questa giornata che sta per iniziare con i suoi profumi, odori, colori. Il mare alla mia sinistra, il verde lussureggiante alla mia destra ed una luce diamantina tutt’attorno, che crea giochi di luci e contro-luci. Poche ore ancora, nella bella e dolce La Digue, dove il tempo sembra essersi fermato, la vita scorre gentilmente ed il dolore ed i conflitti sembrano essere cose così lontane! Lascio alle mie spalle il cimitero dove alcune donne, in una posizione per me inconsueta, con scope di saggina mantengono pulito il manto erboso. Tengono il braccio sinistro dietro la schiena e le ginocchia leggermente piegate così da sembrare, in lontananza, tante galline pronte a beccare da terra il mangime! Poco più avanti incontro un ragazzo con i capelli rasta nascosti sotto un cappellone con i colori della bandiera giamaicana. Seduto a terra, con il machete, sta aprendo dei cocchi ancora verdi. “Est-ce que, je peux te photographer?” gli domando. Mi sorride: “Mais, oui” e poi mi ringrazia! E come potrebbe essere diversamente, siamo a La Digue! Una tortorina dal petto azzurro mi fa compagnia per un pezzetto di strada. Lei davanti, io dietro e non appena la raggiungo, batte le ali per volare raso terra e recuperare la sua distanza di sicurezza. La scena si ripete più volte: la raggiungo, si allontana, mi aspetta. Intanto, tutt’intorno a me: passerotti rosso fuoco, ragni delle palme, gechi color verde smeraldo, fiori della passione.

Ah, La Digue, rifugio dell’animo, sei tu! La goletta per Praslin è pronta a salpare e l’aereo (si fa per dire) per Mahé è pronto a decollare. A ritroso ripercorriamo il tragitto dell’andata e domani mattina, (sigh!), l’aereo per Roma. Atterrati a Victoria, capitale delle Seychelles, un taxi ci porta all’albergo: “Le Surmar”, forse la soluzione più economica (€ 35,00 a persona), ma sicuramente la più rumorosa (è sopra una discoteca!) di Mahé. Victoria è già città, con i suoi palazzi a più piani, le sue costruzioni moderne, gli autobus, le auto. E per tutti noi è forte la sensazione di disturbo e disagio di fronte al rumore, ai tubi di scappamento, al ritorno a quel mondo frenetico (e siamo solo in una delle capitali più piccole al mondo!) che per noi, (Robin Crusoe della domenica), era divenuto lontanissimo.

“Pirates Arms” è un grande locale e per una bistecca di tonno bruciacchiato, attesa per quasi un’ora, spendiamo € 60,00! Rimpiangiamo di non aver cenato in uno dei tanti stand gastronomici allestiti in Freedom Square dove è in pieno svolgimento il Festival Kreol, espressione dell’autentico esprit créole, che ha luogo, ogni anno, verso la fine di ottobre.

In Freedom Square sta suonando e cantando un giovane gruppo musicale e tutt’attorno al palco, l’uno di seguito all’altro, disegnando il perimetro della piazza, stand di vario tipo, per lo più, appunto, gastronomici.

Tra i tanti, è quello di Cecil a catturare la nostra attenzione. Su di un foglio, appeso ad uno dei pali di sostegno dello stand, sono elencati i piatti preparati da Cecil e dalle sue due amiche. Un sucessone, a dirsi da tutte quelle righe di pennarello nero, a cancellare i nomi delle pietanze già finite! Con un sorriso gioioso, Cecil, in un perfetto italiano, ci chiede se vogliano assaggiare la sua salsa alle banane o quella alle patate. L’aspetto di entrambe è davvero poco invitante ma di fronte a tanta cortesia non si può certo rifiutare. E scopriamo che l’apparenza non rende giustizia alla bontà delle due poltiglie! Cecil ci racconta che ha una sorella che vive a Varese (piove sempre!) e parla l’italiano perché è stata a Roma per un po’ di tempo.

Salutiamo Cecil e le sue amiche e ci avviciniamo al palco. Dei ragazzi ci invitano a ballare la sèga e, nel buio della notte, ci lasciamo andare in questa danza sinuosa.

Sabato, 30 ottobre Risalendo la scaletta dell’aereo per Roma, volgo indietro il mio sguardo e, con le tre dita centrali della mano piegate a pugno ed il pollice ed il mignolo stesi, ruoto il polso per ripetere un gesto qui molto comune. Un gesto che vuol dire “Ti voglio bene”.

Belle e perfette Seychelles, rimarrete per sempre nel mio cuore! Sono venuta per l’incanto del mare e sono rimasta affascinata dal prodigio dell’entroterra; sono venuta per il sole e sono rimasta conquistata dall’esotismo gentile negli occhi dei grandi e dei bambini. E ho perso le parole di fronte a tanta bellezza e dolcezza! Vi amo Seychelles!



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