Sey e noi immigrati irregolari in paradiso

Ebbene si, siamo stati (per qualche giorno), io e il mio compagno Davide, immigrati irregolari alle magiche, meravigliose Seychelles. Non è una battuta dell'ottimo Maurizio Milani (Dove vai ora? A fare l'immigrato irregolare alle Seychelles) ma l'esito di un piccolissimo (e risolvibilissimo) contrattempo dovuto al nostro primo incontro con...
Scritto da: queenbee68
sey e noi immigrati irregolari in paradiso
Partenza il: 28/03/2009
Ritorno il: 12/04/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Ebbene si, siamo stati (per qualche giorno), io e il mio compagno Davide, immigrati irregolari alle magiche, meravigliose Seychelles. Non è una battuta dell’ottimo Maurizio Milani (Dove vai ora? A fare l’immigrato irregolare alle Seychelles) ma l’esito di un piccolissimo (e risolvibilissimo) contrattempo dovuto al nostro primo incontro con l’ufficio immigrazione di quelle splendide isole.

Partiamo dunque col nostro zaino in spalla il 28 marzo, prendiamo con calma il treno Modena-Milano, e infine la navetta per l’aeroporto di Milano Malpensa.

Dopo avere osservato con mestizia, e alle luce dei precedenti viaggi, come sia rimasta velleitaria l’intenzione di fare di Malpensa un Hub internazionale (non ci somiglia neanche lontanamente), considerazione resa oltremodo malinconica dalla tinta verde scuro di buona parte delle pareti, in omaggio alla fu- Alitalia, ci imbarchiamo su un aerolobile della linea Emirates (volo A/R Milano- Mahe via Dubai, 500 euro a testa) lucido e tirato a nuovo come un gioiellino, e decolliamo. Il volo non è dei più tranquilli (qualche turbolenza, ma niente di che) e dopo sei ore di ottimo cibo, posti comodi e interessante intrattenimento sul proprio schermo personale (memorabili i miei faccini allo steward per poter conservare le cuffie fino a dopo l’atterraggio, in modo tale da permettermi di vedere la fine di Vicky Cristina Barcelona, desiderio assecondato confermando la cortesia degli equipaggi Emirates) atterriamo a Dubai.

Passeggiamo nell’aeroporto e constatiamo che nonostante sia mezzanotte, pullula come se fosse giorno; io localizzo strategicamente i punti forti dello shopping da fare al ritorno (le mie cremine cosmetiche costosissime sono vendute a prezzo interessante, la borsa estensibile nello zaino sarà provvidenziale ) e dopo qualche ora, ci imbarchiamo per il secondo volo che ci condurrà alle Seychelles.

All’arrivo, disbrighiamo, come sempre le formalità doganali. Osservo che la ragazza al desk appare piuttosto assonnata (sbadiglia vistosamente, del resto è domenica mattina, avrà fatto un sabato sera da leoni) e mi sembra infinitamente più lenta rispetto ai suoi colleghi che si occupano di altre file. Attribuisco la mia impressione, tuttavia, alla solita legge di Murphy (le file accanto sembrano sempre più rapide) e non ci spostiamo. Esibiamo passaporti e biglietti di ritorno (vengono sempre richiesti), e la nostra pratica viene evasa dalla ragazzetta con tempi molto più rapidi del previsto, rispetto agli altri passeggeri. Ce ne rallegriamo e ci avviamo all’uscita, dove ci attende un emissario del Choice Villa, la struttura che abbiamo scelto a Mahe, che ci condurrà al nostro Bungalow. A destinazione, ci attende Cecile, la proprietaria, che ci offre un gustoso succo tropicale e si rivela fin da subito gentilissima. Il nostro bungalow è proprio come descritto nel sito della struttura: spazioso, pulito, attrezzato di tutto ciò che serve (forno, forno a microonde, tostapane, ferro ed asse da stiro, cassetta di sicurezza…). Sbrigo le formalità con Cecile, le pago il dovuto per la nostra permanenza (70 euro a notte)… Sfogliando i passaporti, però, mi accorgo che c’è un problemino. L’impiegata della immigrazione mi dava qualche perplessità, e l’esito della nostra pratica è coerente con la mia impressione: il timbro, il famoso coco de mer, è stato apposto soltanto nel mio passaporto, non su quello di Dav, e in entrambe le carte di soggiorno la ragazzetta ha scritto che saremmo usciti il 5 aprile, e non il 12 come era indicato nei nostri biglietti aerei. Espongo la situazione a Cecile, la quale alza immediatamente il telefono e chiama l’immigrazione all’aeroporto. Spiega in creolo quale è il problema, gli impiegati le rispondono che ci dovremo recare tempestivamente all’ufficio immigrazione di Victoria, la capitale, presso la Independence House, a sistemare la situazione, e comunque non dovrebbero esserci problemi. La ringrazio, e mi guardo un po’ attorno. Dav si fa una dormita, io gironzolo attorno al Bungalow (è su un piccolo promontorio con vista sulla spiaggia di Beau Vallon, strepitoso) faccio un po’ di spesa al negozio sotto casa (che battezzerò Hidalgo, come il gestore della drogheria del paesino dove vivo) mi poso sulle spalle il giubbetto di jeans e vado in chiesa (accanto alla struttura) a sbirciare la messa (è domenica), attirata dai canti provenienti dalla collinetta accanto.

Il pomeriggio lo trascorriamo oziando nella spiaggia di Beau Vallon, e constatiamo subito che è molto migliore delle aspettative. Avrebbe la fama di una spiaggia “turistica” e con poca attrattiva (qualcuno già stato a Seychelles, prima della mia partenza, mi aveva guardata con aria stranita e nasino alzato “ma dormi a Beau Vallon? E’ turisticaaaaaa!!!!” ) in realtà è molto carina, l’acqua è bella e la domenica si riempie di giovani e famiglie seychellesi (si dirà così?) che fanno il picnic col sottofondo della musica reggae. La sera, cena nel Bungalow, preparata dalla cuoca di Cecile. Per soli 10 euro a testa pesce (red snapper) pollo alla creola, insalata buonissima. Il tutto, inoltre, talmente abbondante da garantirci la cena per la sera successiva: il pollo alla creola scaldato in microonde è ancora più gustoso. Dopo la prima ottima esperienza culinaria, decidiamo che molte delle nostre cene verranno consumate lì (basterà chiederlo a Cecile ogni mattina). Scopriremo poi che la scelta è vincente: l’unica serata, durante la nostra permanenza a Mahe, in cui abbiamo deciso di uscire, abbiamo constatato che occorrono 25/30 euro per mangiare, e la qualità non eguaglia in alcun modo la cucina del nostro self catering. Il martedi (è anche il compleanno di dav) ci rechiamo in bus a Victoria per dare una occhiata alla capitale e risolvere il nostro piccolo inconveniente “diplomatico”. Passeggiamo fino a raggiungere la Independence House, ed entriamo all’ufficio immigrazione, dove ci accoglie una ragazza che si rivela da subito molto gentile (e molto bella..). Spieghiamo quale è il problema, e ci invita a compilare un modulo con la richiesta di estensione della permanenza, non senza averci chiesto di dimostrare quali saranno le nostre fonti di sostentamento (denaro contante e carte di credito). Ci annuncia che non ci saranno problemi, ma dovremo lasciarle il passaporto e carta di soggiorno per una settimana, i quali ci verranno consegnati il lunedì successivo. Noi ci guardiamo in faccia delusi (avevamo pensato di prendere il traghetto per Praislin venerdì o al più tardi sabato…) e le comunichiamo le nostre intenzioni, e che se ci fossimo dovuti trattenere come da loro richiesto tanti giorni a Mahe, i nostri programmi di vedere con cura anche Praislin e La Digue avrebbero dovuto essere rivisti.. Riusciamo a commuoverla, e ci assicura che i nostri passaporti ci saranno restituiti il venerdì. Usciamo felici e contenti (e, nel contempo, con una lieve apprensione per avere lasciato temporaneamente i nostri passaporti, ma siamo consapevoli che sono in buone mani), sorridiamo della nostra neocondizione di immigrati in fase di regolarizzazione, e raggiungiamo la stazione dei bus (nei nostri viaggi, cerchiamo sempre di utilizzare i mezzi pubblici: è più ecologico, economico e ci risparmiamo lo stress di dover guidare, cosa che per lavoro siamo costretti a fare a casa tutto l’anno, poi permette di stare più a contatto con la popolazione locale) e prendiamo il primo bus in partenza per una spiaggia. Siamo fortunati, Anse Takamaka, un gioiellino. Il viaggio è movimentato e simpatico, è l’ora di punta, tra l’una e le due del pomeriggio, e il bus è pieno di ragazzi in uscita dalle scuole. Un bimbetto si siede accanto a dav, gli sdraia praticamente addosso e sprofonda in un sonno da angioletto. La mamma si spertica in scuse in creolo, dav le sorride e la invita, in francese, a lasciarlo fare. Anse Takamaka, una volta raggiunta, è strepitosa, e anche lì facciamo un incontro buffo, e per un attimo, inquetante. Appena arrivati, Dav è accaldato e si butta in acqua. Io sistemo le cose su una lingua di sabbia tra la battigia e le mangrovie, dalle quali, a un certo punto, avverto un fruscio… E vedo sbucare un ragazzo. Lui ha una divisa con scritto “tourist police”, mi avvicina, e mi spiega che sono stata incauta, in quanto mi sono lasciata lo zaino alle spalle, e un potenziale ed ipotetico ladro avrebbe potuto fare come lui, sbucare improvvisamente e rubarmelo: io lo guardo perplessa, gli chiedo anche se è un vero poliziotto, lui mi dice di si, gli prometto che farò più attenzione. A sera, torniamo a casa in bus a tempo di record (supponiamo che l’autista stia facendo un garino con qualche collega) osserviamo ancora una volta la bellezza dell’isola, verdissima, e ci rallegriamo di essere ancora vivi, vista la guida “sportiva” del conducente.

Il mercoledì ci rilassiamo ancora una volta a Beau Vallon, la nostra spiaggia; la sera usciamo a cena (muniti di torcia: fa molto buio!) e ci fermeremmo anche in quel mercatino che viene allestito ogni mercoledì dove la popolazione locale prepara e vende le proprie pietanze, ma dal momento che non c’è la possibilità di sedersi, decidiamo di andare al baobab, dove per poche rupie mangiamo una dignitosa pizza (rimpiangendo, comunque, la cena del choice villa). Dividiamo il tavolo con una simpatica coppia di genovesi, i quali ci annunciano che il giorno successivo si trasferiranno a Praislin, dove hanno prenotato alla Rosemary guesthouse, più volte citata tra i turisti per caso come sistemazione tra le più economiche. Noi per Praislin e per La Digue non abbiamo prenotato nulla, proponendoci di trovare una sistemazione in loco; tuttavia, l’idea di alloggiare alla Rosemary non ci dispiace, e chiediamo ai ragazzi se possono verificare, una volta arrivati, se ci sia disponibilità anche per noi. Il giovedì lo dedichiamo ad un ulteriore soggiorno balneare a Beau Vallon; la sera, sorridiamo con un’altra coppia di italiani, nostri “dirimpettai di bungalow” a proposito di quella che dovrebbe essere la nostra ultima giornata da “ immigrati in fase di regolarizzazione”. Io ipotizzo, nel caso la pratica avesse avuto dei problemi e non fosse stata completata entro venerdì, di citare me stessa come caso diplomatico tra l’Italia e le Seychelles, per avere i famosi 5 minuti di celebrità e farmi venire a prendere dal ministro degli esteri in persona addirittura, il quale, come è ben noto, non disdegna le località esotiche: ridiamo, ci beviamo una birra e andiamo tutti a letto. Il venerdì, ci rechiamo di nuovo all’ufficio immigrazione a Victoria, dove i nostri passaporti ci aspettano perfettamente aggiornati. Li ritiriamo, ringraziamo i funzionari per la celerità e gentilezza, giringiriamo per la capitale e andiamo al mercato. Coloratissimo, pieno di banchi di pesce freschissimo e frutta rigogliosa, ci permette di risolvere l’annosa questione dei regalini souvenir (che se non li porti a casa, c’è chi toglie il saluto): un sacchetto variopinto di spezie locali. Ne compriamo otto, dav osserva e prevede già che i sacchetti dovranno trovare ospitalità nel suo zaino, ed avendo effettivamente le sembianze di panetti di droga, si immagina già scambiato per un corriere, una volta in aeroporto. Prendiamo poi il bus e raggiungiamo Grand Anse, una delle più belle delle Seychelles (anche se fare una classifica è davvero difficile). Lì riceviamo un sms dai ragazzi di Genova, che ci confermano che da Rosemary c’è posto. Rincasiamo al Choice Villa per l’ultima serata a Mahe, dove ci attende una malinconica cena a base di avanzi (l’indomani dobbiamo ripartire e bisogna assolutamente vuotare frigo e dispensa). La cuoca sta preparando la cena per gli altri ospiti e si alza un fragrante profumino, io sospiro e mi avvio alla doccia. Dopo qualche minuto, abbiamo una bella sorpresa: la figlia della cuoca, una ragazzina deliziosa, bussa alla nostra porta con un vassoio in mano. E’ una invitante insalata di pesce affumicato, che la sua mamma ha voluto offrirci in quanto è l’ultima nostra serata di permanenza al Choice Villa. Ringraziamo commossi, ci chiediamo se non sia il caso di darle una mancia o se essa possa sembrare inopportuna; decidiamo, alla fine, di complimentarci ancora una volta per le sue eccellenti qualità, cosa alla quale abbiamo avuto modo di vedere, nelle serate precedenti, lei pare tenere molto. La mancia, boh… Ci sembrava un qualche cosa di “coloniale” molto fuori luogo. Il sabato, salutiamo (con un po’ di magoncino) Cecile e il Choice Villa, e ci rechiamo a Victoria, dove prenderemo il catamarano (catcocos) in servizio tra Mahe e Praislin. Mentre aspettiamo, Dav mi annuncia che la navigazione sarà tranquilla e senza problemi, e ogni rischio di affondamento scongiurato: uno dei passeggeri è identico, ma identico, a Chuck Norris, navighiamo con una specie di supereroe e nulla potrà accaderci. Così sarà.

Arriviamo, infatti, sani e salvi a Praislin e al Rosemary. La guest house è carina, immersa nel verde. La camera non è molto grande ma abbastanza pulita, e dopo un pomeriggio di relax nella spiaggia antistante, ci rechiamo a cena alla famosa “gelateria da Luca”. Scegliamo filetto di pesce, ma non è niente di che. E rimpiangiamo la cuoca del choice villa che ci accudiva come una mamma. Il gestore del Rosemary ci ha annunciato che a volte la sera organizza la cena in guest house, speriamo bene. Il giorno successivo i propositi di iniziare l’esplorazione di Praislin cedono all’ozio balneare. Poco male, intanto concordiamo con i rasta sulla spiaggia l’escursione per il giorno successivo a Curieuse Island (la spiaggia che ospita il centro di riproduzione delle tartarughe giganti, presenti in due località al mondo, Seychelles e Galapagos) e l’isolotto di St. Pierre per lo snorkeling. Facciamo anche un assaggio faunistico, in quanto i ragazzi ci accompagnano a vedere alcune tartarughe ospitate dietro la nostra guest house in un recinto. Ceniamo in guest house, e la cena a base di pesce è squisita. Il giorno dopo, partiamo con una barchetta per St. Pierre e Curieuse assieme ad una coppia di francesi. Ci fermiamo alla prima, dove facciamo un buon snorkeling: vediamo pesci trombetta, angelo, balestra, pappagallo, napoleone.. A un certo punto vicino agli scogli vediamo anche un pesce pietra, Dav si raccomanda di non appoggiare i piedi, e, conoscendomi, e sapendomi poco accorta in certe situazioni, per sicurezza mi trattiene i piedi bene sul pelo dell’acqua. I francesi, probabilmente stanchi dello snorkeling, fanno l’errore di mettersi in piedi su una rocca scivolosa in piena corrente. Cadono, rompono maschera e snorkel, e la ragazza si gratta un ginocchio. Dav dà loro una mano e tutto finisce comunque bene.

Veniamo poi prelevati dai rasta dopo un paio d’ore, e portati finalmente a Curieuse. Sbarchiamo in una bella spiaggia circondata dalle tipiche rocce granitiche, e, subito, vediamo un magnifico esemplare di tartaruga gigante che si riposa in spiaggia. Io mi avvicino, le gratto la testa, e lei protende il collo come se fosse in cerca di coccole. La strana coppia di francesi appare preoccupata solo del barbecue che i ragazzi rasta hanno loro organizzato, danno una occhiata distratta alle tartarughe e si dirigono verso la spiaggia sull’altro versante dell’isola, dove li attende il loro agognato pranzo. Noi ci perplimiamo: a fronte di esemplari così belli, questi si preoccupano della zuppa, mah, in ogni caso, proseguiamo la visita al centro di riproduzione. Un impiegato del centro ci vede interessati, si avvicina a noi e inizia a spiegarci alcune cose sulla vita delle tartarughe. Ci insegna a capire come distinguere quando sono particolarmente vecchie (i solchi del carapace sono particolarmente profondi) ci spiega a che età iniziano a riprodursi, ci mostra dei “cuccioli” di 3 anni, e ci presenta Dino, il tartarugone più vecchio. Io ascolto emozionantissima, e traduco per Dav, che ha fatto passi da gigante al suo corso di inglese frequentato durante l’inverno, ma perde ancora qualcosina. Mentre gli spiego, mi accorgo che sono infervorata e gesticolo vistosamente, un po’ come se fossi un inquietante incrocio tra Alberto Angela, Mario Tozzi e il povero Steve Irwin, quello dei documentari australiani. Me ne rendo conto, e mi ricompongo immediatamente. Veniamo anche informati che i turisti hanno la possibilità di adottare le tartarughe presso il centro e restare aggiornati sulle loro vicende, ma ci allontaniamo senza accorgerci per iniziare la passeggiata di mezzora tra le mangrovie che ci condurrà all’altro versante dell’isola dove verremo prelevati. La natura, come sempre, è superlativa, il caldo devastante, ma saremo premiati all’arrivo da un mare cristallino dove ci getteremo per un meritatissimo bagno. La sera, davanti a una pizza della gelateria da Luca (uno dei pochi posti di Praislin dove puoi mangiare senza essere costretto a fare un’opa con Ricucci) decidiamo che è giunto il momento di lasciare anche quell’isola (che, alla fine del viaggio, tartarughe a parte, benché bella, sarà delle tre quella che ci ha entusiasmati di meno) per la Digue. E’ vero, non abbiamo visto Anse Lazio, ma le opinioni su quella spiaggia sono discordanti, decidiamo quindi di soprassedere. Il giorno successivo, prendiamo il comodo catamarano che in un quarto d’ora effettua la traversata. I ragazzi di Genova, che ci hanno ancora una volta preceduti di un giorno, si sono offerti di verificare ancora una volta se ci sia disponibilità alla guest house “La Passe”, e ci hanno infine smessaggiato che il posto è carino e la camera disponibile: approfittiamo ancora una volta della loro gentilezza. Una volta sbarcati, dunque, ci avviamo a piedi per la guest house. Veniamo subito avvicinati da svariati ragazzi che si offrono di affittarci le biciclette, noi rinviamo la trattativa a dopo, vogliamo raggiungere la nostra destinazione e sistemarci.

Ci accoglie Mary Ann, proprietaria della pensione “La passe” che ci mostra la camera. Carina, con balconcino che dà sul giardino. Concordiamo il prezzo (60 euro con prima colazione), veniamo informati che col supplemento di 10 euro possiamo consumare la cena, e, dal momento che abbiamo capito che uscire fuori non conviene,dacchè nelle guest houses si mangia divinamente, quasi sempre pesce fresco, e a costi contenuti, la informiamo che ceneremo sempre, o quasi, presso di lei.

Facciamo una passeggiata a piedi, alla ricerca di un supermercato, e ci guardiamo attorno. L’isola ci colpisce subito per il senso di calore ed allegria che trasmette. Le auto sono pochissime, tutti, turisti e locali, si spostano in bici e si salutano calorosamente quando si incrociano, anche se non ci si conosce. Il supermercato indicato dalla Lonely Planet come quello più fornito, il Gregoire’s market, ci delude. E’ vero, ci sono schermi al plasma e frigoriferi di ultima generazione, ma gli alimentari sono solo di importazione. Cosa mi interessa comprare la pasta se poi non c’è la seybrew, la birra locale? Abbandoniamo, e ci rechiamo a un negozietto di dimensioni più ridotte.

Prendiamo poi le biciclette, e, dopo una bella pedalata con qualche falsopiano e strappetto, raggiungiamo Grand Anse, bellissima spiaggia orlata da massi in granito spettacolari. Capiamo anche che se ci incamminiamo per un sentiero ai bordi della spiaggia possiamo raggiungere Petit Anse e Anse Cocos, ma è già pomeriggio, rinviamo a domani e ci godiamo spiaggia e mare. La sera prima di rientrare facciamo un giretto in bici nei paraggi della guest house. Passando davanti ad un self catering, chi vedo che prende l’aperitivo in veranda con moglie e figlia? Ma il sosia di Chuck Norris! La nostra vacanza scorrerà dunque senza intoppi anche qui, data la vicinanza col supereroe. La cena preparata da Mary Ann è strepitosa, e la consumiamo con l’altra coppia che ci ha prenotato la camera (ormai siamo amici). Anche gli altri ospiti, una famiglia tedesca con due bimbetti vispi e simpatici, mostra di gradire. Una coppia, sempre teutonica (lei caruccia sui 20, lui deve avere almeno il doppio degli anni di lei, li battezzerò Humbert Humbert e Dolores, scontato omaggio all’immenso Nabokov) spilucca distrattamente, e io mi chiedo come si possa non apprezzare il cibo così gustoso, abbondante e genuino, e tenuto conto che siamo in una guest house e Mary Ann si è data tanto da fare, non mi sembra neanche particolarmente cortese non farle onore, ma tant’è.

Al risveglio, il giorno successivo, ci attende una strepitosa colazione (simile a quella del Rosemary a Praislin) a base di frutta tropicale, pane tostato, marmellata, uova, e tè alla vaniglia, che là è buonissimo. Dolores guarda annoiata il piatto e sposta le pietanze per prendere tempo (non si sa mai metta su un etto) Humbert Humbert mangia aglio crudo (mah!) e croissant comprati al supermercato, io osservo che quei due sono veramente dei signori (con cotanta colazione!!) e vengo invitata da Dav a farmi gli affari miei. Per la giornata, abbiamo programmato il ritorno a Grand Anse per fare la passeggiata tra i promontori e raggiungere le altre due spiagge. I ragazzi di Genova si sono uniti a noi: con loro, affrontiamo la bella passeggiata in bici, interrotta dalla consumazione di un buonissimo succo tropicale venduto da alcuni residenti che hanno allestito chioschetti ai bordi della strada. La passeggiata tra Grand Anse e Petit Anse prima, Petit Anse e Anse Cocos dopo, è faticosa, ma ripagata da panorami spettacolari e spiaggie meravigliose (su tutte, Petit Anse).

Il giorno successivo, dato il cielo nuvoloso (sarà l’unica giornata di cattivo tempo) decidiamo di esplorare il versante orientale in bici. La passeggiata è carina, ma verremo sorpresi da un copioso temporale!!! Zuppi, torniamo in guest house nel pomeriggio, e capiamo di avere fatto un errore madornale: “Chuck Norris” si era fatto vedere pure lui sulla stessa strada, in bici, ma aveva invertito la rotta molto prima di noi, e sicuramente evitato il temporale! Dovevamo seguirlo, il “ranger” lui sa sempre cosa fare! Il venerdì il tempo ci grazia, e andiamo a vedere il pezzo forte di La Digue: Anse Source D’Argent, set di molti film (Cast away) e di una nota pubblicità di un solare dove una ex letterina passeggiava piedi a mollo con l’aria vagamente inebetita. La spiaggia è veramente coreografica e spettacolare, si raggiunge dopo una bella passeggiata a piedi o in bici nel parco della Union Estate, per accedere al quale si pagano 5 euro. Dav è un po’ deluso perché, sarà bella finchè vuole, sta spiaggia, ma con la bassa marea non è balneabile! E il pomeriggio, quando il mare si innalza, finirà per rosicchiare parecchia sabbia alla spiaggia. Insomma, la Lonely Planet (e Davidino) si chiedono se Anse Source D’argent sia all’altezza della fama che ha, io non so, sicuramente si lascia guardare ma invito Voi a verificare personalmente sul posto. Il sabato, ultimo giorno, la malinconia si fa presente fin dal mattino. Mentre faccio colazione, una signora si avvicina canticchiando alla guest house, e consegna a Mary Ann pesce freschissimo (pesci pappagallo, red snapper) che sarà “protagonista” della cena. Io mi rammarico di non poterci essere (saremo in navigazione verso mahe, ad ora di cena…) e invidio gli altri ospiti. Mentre chiudiamo i conti con Mary Anne, prima di passare l’ultima giornata in spiaggia, Humbert Humbert e Dolores passano dalla reception e le comunicano che quella sera non saranno a cena. Lei annuncia delusa che riporrà il pesce fresco in frigo, io confermo a me stessa che i tipi non hanno capito proprio niente, hanno cenato tutte le sere in guest house ed escono proprio stasera che il pesce, già buonissimo, ha un aspetto particolarmente invitante, prendo atto della stravaganza di certe persone e vabbè. Passiamo poi qualche ora ad Anse Severe, una delle spiaggie più vicine a La Passe, perché il pomeriggio dovremo fare ritorno prestino in guest house per prepararci per il ritorno a casa; un temporale ci sorprende ancora una volta, rientriamo anticipatamente, facciamo la doccia e finiamo, mogi mogi, di preparare i bagagli. Dobbiamo raggiungere Mahe, dove ci attende il volo notturno Emirates per il ritorno a casa (dav non verrà arrestato per i “panetti” di spezie), ma siamo già pieni di propositi e prospettive… Per le prossime vacanze, tra agosto e settembre, che facciamo? Torniamo negli Stati Uniti, a vedere che aria tira con l’ottimo Obama, o andiamo a vedere le scimmiette in Malesia…? Chissà, magari si insinuerà un’altra destinazione ancora…



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