Settegiorni a Karpathos
Gli imput: 7 giorni, mare, mare, mare, sotto i 500 Eur per viaggio+alloggio+breakfast, ritorno per il 4 Agosto.
Gli output (a 20 gg. Dalla partenza): Kos, Ios e Karpathos, scegliere in fretta.
Febbrile ricerca bibliografica a scrocco in libreria e sul web: Ios troppo casinara e con le spiagge più belle distanti dall’albergo, Kos bella ma con un nonsocché che ci frenava e, appunto, Karpathos con la baia di Amoopi giusto sotto casa.
Il sapere poi che a Kos e Ios non c’erano più posti ha facilitato la decisione finale… Abbiamo cercato all’ Amoopi Bay Hotel, sulla carta il migliore, che a 100 Eur in più offriva la mezza pensione, ma si è dovuto ripiegare, via via che gli altri alberghi risultavano al completo, sull’ Esperìda: dalle foto sembrava il più, diciamo, “rustico” della baia di Amoopi, ma altro non si trovava. E mai circostanza fu più fortunata, come scriverò più avanti… Dunque tutto a posto: l’ aereomobile sarebbe decollato da Malpensa il 28/7 alle 7:30 e noi, padovani, avremmo dormito qualche ora in motel nelle vicinanze.
Il Viaggio: La mattina del 27 avevo l’esame di Costruzione di Macchine (mica pizza&fichi…) e dopo la tanto sospirata firma sul libretto mi precipito a far la valigia, cosa che per ragioni di studio e d’ansia non avevo ancora considerato. E giunto a casa scopro che il volo è stato spostato alle 5:30am con check-in alle 3! Si disdice il motel e ci si prepara ad accamparsi.
Il Terminal 2 è stato il nostro rifugio per la notte: triste, gelido, scomodo e con una vocina stridula che ti ricorda ad alta voce di custodire il bagaglio ogniqualvolta t’illudi di poter prender sonno.
Imbarco e prima sorpresa positiva: l’aereo non è, come temuto, un Dakota ’43 di fantozziana memoria, bensì un fiammante Airbus Alitalia che con abbondante colazione e nel pieno confort ci depone direttamente all’Aerodromio dell’ Isola, senza scali e, soprattutto, rigurgitando entrambe le nostre valigie.
Si arriva così all’ hotel Esperìda che fin da subito si presenta assai meglio di come pensavamo: stanze semplici ma a posto e soprattutto una cordialità e una gentilezza che non potevamo immaginare.
Rapido briefing con Anna della Settemari che ci spiega un po’ cose sull’ isola (niente che non si sapesse già informandosi prima di partire) e ci da un po’ di dritte per affitto scooter e/o auto.
Noi non potendo per motivi di budget prendere l’ auto e sconsigliatoci lo scooter data la qualità delle strade e del temibile Meltèmi ( la Bora locale…) ci affideremo ai bus e ai taxi. E faremo bene.
Si recupera un po’ di sonno (avevo appena battuto il mio Personale: 28 ore senza chiudere occhio, tra esame e viaggio ) e giù in spiaggia ad Amoopi. Il posto è veramente carino ma le sue vere bellezze le scoprirò l’ indomani.
Si cena in albergo. Ebbene poche volte, anche in italia, abbiamo mangiato così di gusto. E la mia fidanzata è una specie di talebana della gastronomia: se va bene a lei veramente il posto non teme confronti. Da notare che nonostante sia in mezzo al mare Karpathos, causa pirati Saraceni, si è sviluppata come comunità montanara e la vera specialità è la carne. Infatti qui la fan da dio, specialmente agnello e capretto (allevati in libertà) son la fine del mondo, e ve lo dice uno che è piuttosto schizzinoso con questo tipo di carne! Camerieri simpatici e gentilissimi ( l’hotel-taverna è a conduzione familiare ), frutta dolcissima offerta a fine pasto e un conto ridicolo che ha moralmente imposto a squattrinati come noi di lasciare 3 intieri euro di mancia, incorniciano il quadro di questo posto idilliaco.
Il 29 si decide di stare ad Amoopi tutta la giornata, per poi prendere l’ultimo Bus per Pigadia ( il capoluogo ) alle 6 di sera.
Dopo abbondante colazione continentale in albergo ( the caffè succo pane formaggio prosciutto burro marmellata uovo sodo: il pranzo diventa optional…)ci si piazza sulla spiaggia di ghiaia, si prende possesso dell’ombrellone+2lettini ( non dovrete preoccuparvi: prima o dopo passerà qualcuno a reclamare 5Eur per l’ intera giornata…) e da animale marino qual ero in una vita precedente, mi tuffo con pinne e maschera.
E scopro un mondo fantastico.
Il fondale è superlativo, c’è una quantità di pesce incredibile: a volte ti capita di esserne totalmente circondato. Saraghi, triglie, scorfani, pesci san pietro, cefali, orate, seppie cangianti, banchi di alici e avannotti di varie specie e un sacco di altri che non sono riuscito ad identificare.
Ho visto perfino un paio di murene variopinte rintanarsi impaurite negli anfratti.
Ma soprattutto ho avuto l’emozione fortissima di nuotare con una tartaruga marina, è stata veramente una cosa indescrivibile. Mi hanno invidiato in molti perché anche da quelle parti è una cosa rara.
Data la calura sono rimasto quasi tutto il giorno a sguazzare a riva e ad esplorare la baia, scoprendo al ritorno in camera che la crema solare water-proof-protezione-altissimissima non era poi così proof.
Avevo infatti assunto quel tipico colore da crostaceo bollito inequivocabile segno del mio futuro (odierno) spellarmi come un rettile che fa la muta.
Si prende il bus e si arriva a Pigadia. Cittadina che riesce a metterti tristezza qualunque sia il tuo umore di partenza. E’ stata costruita di recente dalle migliaia di emigranti Americani tornati in patria ( ecco perché in tutta l’ Isola parlano bene inglese…) ed è tutta in cemento con i grigi palazzi in costruzione che aggiungono un tocco di angosciosa precarietà. Non bastasse fino all’imbrunire quasi tutti i negozi sono chiusi: sembra di essere a Settembre inoltrato in un posto sfigato di mare sulla più sfigata delle riviere. E ti senti un po’ sfigato anche tu.
Solo il porto ( con pochissime barche di cui la metà per escursioni turistiche, a conferma che Karpathos resta terra di montanari ) si salva con palazzine più curate e i localini in stile.
Al tramonto si va a cena da Sofia, consigliataci caldamente da Anna “Settemari”, e si mangia discretamente però senza neppure sfiorare il livello dell’ Esperìda.
Quando poi il sole cala del tutto e la città s’accende e si anima, allora, beh, non sembra più così male: locali carini, anche piuttosto stilosi, gente a passeggio, negozietti… vien voglia di far qualcosa ma le mie condizioni date dalla “botta di sole” son critiche e via taxi (solo 6 Eur in due) siamo comodamente ritraspostati in albergo.
Il 30 decidiamo di partecipare all’escursione organizzata “3spiagge+grigliata22euro”: non avendo al momento riferimenti ci siam buttati.
Prima tappa Kato Lako, spiaggia selvaggia dove però il vento ( il Meltèmi… ) rendeva il mare agitato e portava a riva un po’ di sporcizia. I postumi dell’ insolazione mi hanno reso pigro e umbrofilo così me ne sto rintanato all’ ombra dei pini fino al segnale per il pranzo. Souvlaki di pollo con verdura e riso di contorno servito nella pineta con vista sugli scogli circondati di turchese… Non male.
Si riparte verso Kira Panagia ( pron. “Panaghìa” ) la famosa spiaggia sormontata dalla chiesetta con la cupola rossa.
E nel tragitto il Meltèmi fa volare in mare il mio nuovissimo cappello di paglia. Sembravo Tom Hanks che urla “Wilsooon!” in Cast Away, non so se avete presente… Kira è un posto stupendo: mare trasparente, colori bellissimi, con la montagna, gli scogli e la chiesa a far da quinta.
Pinneggiando lungo la scogliera ho trovato una piccolissima spiaggetta di ghiaino bianco che protetta dalle rocce formava quasi una piscina: per un po’ è stata la mia Jacuzzi personale.
Peccato che si avevano solo un paio d’ore ma ci ripromettiamo di tornare, e così faremo.
Si salpa ancora per Ahata, spiaggetta carina, lì non si può attraccare e chi vuole si tuffa dalla barca.
Mi esibisco nel mio famoso carpiato con avvitamento. Coefficiente di difficoltà 3,5.
Si ritorna a Pigadia e poi in spiaggia ad Amoopi, dove stiamo fin quasi al tramonto.
Qui facciamo silente conoscenza con due personaggi sulla settantina che vengono in spiaggia a nuotare lungo la riva dalle 7 di sera in poi. Per molte sere saremo solo noi e loro in spiaggia in un silenzio irreale.
Cena in albergo assolutamente appagante, come la prima, poi a nanna che tanto altro non c’è da fare ad Amoopi ( giusto un paio di caffè bar per un eventuale drink, ma niente di che).
Il 31 si piglia il bus e si va ad Apella ( pron. “àpella” ). Per la strada gli scooter sono un po’ impacciati: il bus spesso li supera. Dopo 45 minuti di salite, curve, tornanti, massi franati e uno sterrato in picchiata mica da ridere, si arriva alla spiaggia.
E’il Paradiso. Punto.
Con ombrellone e due lettini sempre a 5 euro! Poco sopra l’ unico edificio visibile a occhio umano è una taverna ( volendo con qualche camera al piano di sopra ) dove un cameriere d’inverno snowbordista, ci porterà un’ottima insalata greca.
Certo che qualunque cosa ci avessero propinato, con la vista che si aveva da quel terrazzo sarebbe sembrata comunque squisita.
Posto di una bellezza sfacciata… Alle 16:30 il bus riparte e noi si ritorna ad Amoopi a sguazzare in sola compagnia dei due silenziosi nuotatori anziani. Cena in albergo: ci stanno abituando sempre meglio… Primo Agosto, domenica, giornata intera ad Amoopi. Questa volta nella spiaggia di ciottoli a destra nella baia: posticino incantevole, una decina di ombrelloni sulla ghiaia candida incorniciati da una scogliera ( che all’esame dello snorkeling si rivelerà al solito brulicante di vita ). Qui, unico posto in tutta l’ isola, l’ombrellone costa 6 euro, non si capisce perché.
Si torna in camera la sera con calma e ci facciamo chiamare un taxi per portarci a Pigadia, così da arrivarci dopo il tramonto.
Ci si presenta una fiammante Mercedes Classe E che nel massimo dell’ opulenza, in meno di dieci minuti e per i soliti soli 6 euro ci adagia dolcemente in centro a Pigadia.
Cena da Maxim, altro locale consigliatoci. Cena appena appena mediocre e piuttosto dispendiosa: il jolly l’abbiamo già pescato con l’Esperìda… Dopo si fan due passi in cerca del Caffè Karpathos.
Mi era stato indicato da molti come meta irrinunciabile e avevano ragione: ti portano il caffè al tavolo “con la Mocca” e c’è una stupenda atmosfera d’altri tempi. Il padrone, il vecchio Elias, è stato italiano (nel senso che Karpathos tutta è stata territorio italiano dagli anni ’10 al ’43) ed è fonte inesauribile di aneddoti sull’isola e i suoi abitanti. Qui Elias ci presenta l’unico veterinario sull’Isola, tra l’ altro marito di una Perugina che evita accuratamente l’isola nel periodo autunno-invernale data la desolazione e il clima ignobile in quel periodo. Ha studiato in Italia ( fine anni ’60, periodo burrascoso…) prima nella rinomata e impegnativa facoltà di Bologna, poi si è trasferito a Messina ( non perchè fosse “più fazile”, precisa, ma solo “per cambiare ambiente”…Mah… ). La mia fidanzata, sua collega, si è lanciata in una lunga conversazione sull’ allevamento Karpaziano degli ovini e sulla vita dei gatti, onnipresenti in quanto utili a cacciare i topi (che qui sono al massimo topini batuffolosi, non pantegane, ma se mangiano il grano mietuto con tanto industriarsi danno comunque fastidio…). Poi, visto che non avevano a disposizione il dolce che avevamo chiesto, ci hanno offerto due belle fette di torta casalinga alle mandorle e miele.
Vaghiamo ancora un po’ per i vicoli e compro un altro cappello di paglia pur sapendo che nulla potrà riempire il vuoto del mio Wilson finito in mare.
Si finisce la serata in un cocktail bar frequentato per lo più da giovani greci. Sulle ragazze nulla da dire: non elegantissime, ma sobrie. I ragazzi invece sono abbigliati in modo curioso, in bilico tra il macho-tamarro e il metrosexual: dovevo mordermi le labbra per non ridere loro in faccia.
Si ripiglia il taxi ( che dopo mezzanotte costa 2 euro in più ma è non-stop fino a mattina ) e ci si gode il meritato riposo notturno.
2 Agosto: si ritorna a Kira Panagia, questa volta col bus.
Siamo sfortunati: il Meltèmi soffia forte e il mare è un po’ mosso, così la magica trasparenza della prima volta lascia il posto ad una comunque splendida ma opaca tavolozza d’azzurro in quello che rimane sempre uno degli scenari più suggestivi, con la chiesetta che vigila dall’alto. Si passa la mattinata sotto l’ombrellone a leggere del Che, personaggio su cui da tempo ho kantianamente sospeso il giudizio, che se ne va in giro per il Sudamerica combinandone delle belle col suo amico Granato. A mezzodì, nonostante la solita abbondantissima colazione in albergo, un languorino ci fa cercare una taverna: in quella in alto vicino la chiesa fanno solo pizza all’ americana (il proprietario torna dagli States ogni agosto…). Si fan due foto alla spiaggia dall’ alto e si scende per una gustosa greek salad quasi in riva al mare.
Lungo bagno post prandiale e poi si torna ad Amoopi con l’ autobus che riparte da Kira alle 16:30.
Solito sguazzare serotino in compagnia dei soliti signori silenziosi.
Solita pure la cena in albergo. Stavolta tentiamo il pesce e manco a dirlo la sorpresa è sempre positiva: due polposi saraghi cotti come si deve, pescati al mattino da quello che risulta essere l’ unico pescatore della baia nonchè amico stretto, forse parente, dei gestori… 3 Agosto, ultimo giorno.
Un po’ malinconici restiamo tutto il dì ad assaporare la nostra baia di Amoopi: vorrei perlustrarla palmo a palmo con pinne e maschera ma il fondale scoglioso è troppo esteso… Ribadisco un fondale stupendo, sicuramente il più ricco e vario dell’ isola. Certo, non sono un grande esperto ma in tutte le mie immersioni in viaggi precedenti (Quarnero, Eolie, Istria, Dalmazia ) non ho mai visto niente di simile.
Si rimane in spiaggia ad aspettare i due signori delle sette, questa volta sono un po’ in ritardo ma arriveranno. L’ultimo giorno senza di loro non sarebbe stato uguale… Ultima cena: ci chiediamo quando potremo mangiare ancora così bene e serviti in modo così squisito.
E a così buon prezzo… Dopo cena d’obbligo i saluti e i ringraziamenti a tutto lo staff e di rigore i complimenti allo Chef: la mattina partiremo dall’ hotel sulle 7:30 e non ci sarà troppo tempo per i convenevoli.
La promessa che solenne facciamo a loro, ma anche a noi stessi, è di tornare più prima che poi.
4 Agosto: il diesel cetaceo su quattro ruote ci fagocita e rigurgita all’ aerodromio. Sospiro di sollievo per un turboelica dall’aspetto poco raccomandabile che riparte prima di cominciare a temere che fosse sul serio il nostro aereo, e con un’oretta di ritardo si presenta il ben più rassicurante Airbus Alitalia che, con scalo a Kos a raccattare ancora qualche disperato, ci catapulta in una Malpensa calda e umidissima, giusto supplizio per chi, come noi, si è appropriato per sette giorni di un pezzo di paradiso. Consigli vari su Karpathos: Innanzitutto se volete vita mondana e sfrenato divertimento notturno, semplicemente cambiate destinazione.
Se invece mirate a godervi nel pieno relax uno dei più bei mari del Mediterraneo esaltato dagli intensi profumi della macchia, assieme ad ottimo cibo e all’ospitalità squisita degli isolani, con qualche uscita notturna tranquilla e senza troppe pretese… Allora correte a prenotare: fino a Settembre inoltrato questo è il posto che fa per voi.
Capitolo cosa fare: L’isola è grande e per capirne lo spirito consiglierei di venirci almeno 15 giorni, magari non in altissima stagione (Giugno, Luglio, Settembre), di affittare un fuoristrada e girarla tutta, in lungo e in largo, puntando a visitare anche le bellissime spiagge tipo Caraibi vicino all’ aeroporto, se si riesce a pescare in due settimane una giornata senza vento ( altrimenti o siete windsurfisti o volgetevi altrove) e le isole di Kassos e Saria.
Questo ci siamo riproposti di fare in un futuro non lontano.
Per chi come noi poveri disgraziati è costretto ad una sola settimana nel pienone di Agosto consiglio come impedibili: – La baia di Amoopi per le spiagge e i fondali favolosi ( più l’hotel Esperìda per l’ospitalità e la cucina…) – Kira Panagia, splendida e caratteristica con la chiesetta in alto – Apella, inimmaginabile campionario delle sfumature d’azzurro coniugate in trasparenze mozzafiato – Il Caffè Karpathos a Pigadia con il vecchio Elias e i suoi abituali avventori pronti a piacevolissime conversazioni Avendo tempo si dovrebbe visitare la costa Ovest, che però mi si racconta orribilmente spazzata dal Meltèmi ad Agosto. Villaggi caratteristici come Finiki e Lefkos con relative spiagge dovrebbero mantenere quel che promettono.
Ci sarebbe poi da vedere il villaggio di Olympos, sperduto nel nord e isolato per secoli ( tanto che vi si parla un dialetto incomprensibile al resto dell’ isola), dove si dice che la vita sia rimasta simile a due secoli fa.
Dal porto di Pigadia barconi agghindati come vascelli pirata portano tutti i giorni orde di turisti in loco, dove troveranno casupole abbarbicate sulla montagna candide come da cartolina dalla Grecia (ma con la parte rivolta al mare color terra per nascondersi agli occhi dei pirati), mulini a vento, personaggi in costume tipico che tenteranno di vendere qualunque cosa ( ricami, miele yogurt, spezie etc.) , gatti e vento (come ovunque).
Ecco non so perché ma nulla mi toglie dalla testa la sensazione che qualche impiegato di banca greco tutti gli altri mesi dell’ anno in giacca e cravatta, d’ Agosto indossi il proprio costume e venga ad Olympos a fare il figurante per arrotondare.
Un po’ per questo sospetto un po’ per non mischiarci all’orrida orda abbiamo rimandato la visita alla prossima occasione di cui sopra.
Capitolo alloggio.
Specie se state una sola settimana e non pensate di muovervi sempre, cercate di alloggiare ad Amoopi.
Pigadia, comunque a soli 10 minuti di bus, è bruttina e la spiaggia del posto non è un granchè, anzi non val proprio la pena.
Ad Amoopi si arriva alle spiagge (ce ne sono tre principali di cui una sabbiosa, ideale per bimbi piccoli, più una piccola nascosta per naturisti) al massimo in 5 minuti a piedi e non smetterò di tessere le lodi del posto, specie per chi ama lo snorkeling.
Evidentemente consiglio di cuore l’hotel Esperìda ma anche gli altri alberghi della baia sembrano validi.
Se non trovate posto (l’Esperida ha solo una dozzina di stanze), vi consiglio comunque di andare a cenare lì.
Potreste pure alloggiare a Kira Panagia ( bellissimi almeno da fuori gli Studios Akropolis proprio sopra la famosa chiesetta) o magari anche ad Apella, però calcolate che alla sera sarete ad almeno 45 minuti di strada buia, ventosa e montagnosa dalla Civiltà. Ci sarebbero anche i paesini dell’ interno e sulla costa Ovest, d’estate purtroppo spazzata dall’ inesorabile Meltèmi, ma su questi non posso che rimandarvi ad altri resoconti.
Capitolo trasporti. L’ideale per andare ovunque in sicurezza è senz’altro un piccolo fuoristrada. Da notare che gli autoctoni affittano ai turisti quasi esclusivamente Suzukini ( Jimmy, Samurai, Vitara ) ma loro girano per lo più in Panda 4X4: più leggera, robusta ed efficace in fuoristrada, sebbene meno trendy… Con un’auto normale si può comunque andare distanti, oramai quasi tutte le strade sono asfaltate e gli sterrati risistemati, solo che i “rentacar”vi diffideranno ad avventurarvi oltre Spoa, pena il decadimento della polizza Kasko ( ovvero vi faranno pagare ogni danno e non vi verranno a prendere in caso rimaneste bloccati per strada).
Costo giornaliero con Kasko: circa 40 euro per un’utilitaria, circa 60 per Suzuki4X4 & affini.
Anche in motorino ( 13 euro al dì ) si può andare lontano ma occorre ricordarsi che Karpathos è una montagna in mezzo al mare, per lo più battuta dal vento.
Quindi chi pensa di muoversi, sia in macchina che in motorino, deve mettere in conto strade di montagna con i dovuti dislivelli, curve e tornanti, vento forte, e non ultimo un panorama tanto bello che rischia di distrarre. Non certo una manna per chi ama la guida rilassata, specie contando che tra un luogo notevole e un altro ci stanno da un minimo di 10 a un massimo di 50 Km di toboga più o meno impegnativo. Ogni anno in motorino cade parecchia gente facendosi male, quindi per non rovinarsi la vacanza è bene innanzitutto essere guidatori abituali di scooter e non improvvisarsi tali, ma ancor più usare sempre e comunque la massima prudenza specie se si va in due.
Forse il mezzo più divertente sarebbe una moto da enduro leggero valida anche su strada: il fondo stradale è buono ( occhio però ai massi che franano sulla strada verso Apella) e i percorsi vari e ricchi di curve ( sul panorama ho già detto…).
Valgono ovviamente le raccomandazioni di cui sopra: prudenza, prudenza, prudenza.
Ultimi avvertimenti: buona parte dei segnali stradali sono scritti solo in caratteri greci (procuratevi un’ottima mappa!) e in tutta l’isola vi sono solo 4 distributori inoltre beffardamente a due a due vicinissimi. Per chi va in scooter è diventata prassi portarsi dietro una bottiglia da 2litri piena di benzina a mo’di serbatoio supplementare.
Concludendo un mezzo in affitto è consigliabile a chi non sa rinunciare alla condizione psicologica di libertà che esso può dare, a chi rimane più di una settimana e vuol visitare l’interno e altri paesini e a chi viene a Karpathos in bassa stagione quando i trasporti pubblici latitano.
E per cause di forza maggiore proprio a questi noi ci siamo affidati, trovandoci tra l’altro molto bene.
Basta programmare bene i tempi e si va ovunque risparmiando anche un bel po’ rispetto all’affitto di uno scooter, senza lo stress di una guida comunque impegnativa, con l’aria condizionata, con facoltà di bagaglio voluminoso ( le pinne “profescional” portano via un sacco di spazio…) e non ultima la possibilità di tornare la notte un po’ sbronzi da Pigadia senza smaltarsi sull’ asfalto… Capitolo cibo.
A Karpathos si mangiano i piatti della tipica cucina greca: insalata con la feta, tzaziki ( crema di yogurt con cetriolo e aglio), souvlaki ( spiedini di carne di vario tipo, buoni anche per chi preferisce sapori semplici, non speziati), pastitsio ( sformato di pasta con ragù alla cannella ), mousaka (come il pastitsio ma con melanzane al posto della pasta), stifado ( spezzatino di manzo con cipolla e patate), saganaki ( formaggio fritto, a volte flambé ) e molte altre che invito a scoprire.
Specialità di Karpathos sono i “Makarunes”: maccheroncini tipo garganelli conditi con olio e cipolla soffritta spolverati di abbondante formaggio di capra. Eccezionali se amate i sapori forti e avete un apparato digerente a prova di bomba. Altre specialità Carpaziane che ho testato positivamente ( almeno all’ Esperìda, per altri posti non garantisco…) sono i “Capari” sott’ olio ( verdurine selvagge imparentate alla lontana coi capperi: di questi si mangia tutta la pianta), i formaggi di capra e pecora ( spesso serviti conditi con olio, aceto e spezie o in forma di mousse agliata), la carne di capretto e agnello (provatela anche se, come me, non ne andate matti: è eccezionale ), il “farmer’s dish” ( pane secco integrale bagnato d’olio extravergine con formaggio fresco di capra, olive e verdura cruda ) e la purea di fave.
Il pesce non è una specialità ovunque ma ciò non vuol dire che non si possano trovare posti dove lo preparano a dovere. Non ci sono stato ma posso immaginare che in vicinanza dei (pochi) porticcioli di pescatori (Lefkos, Finiki, Diafani, Agios Nikolaos) ci siano taverne specializzate. Mi si racconta che i gestori volendo ti portano in cucina per farti vedere cosa bolle in pentola e scegliere direttamente.
Per quanto riguarda i dolci è un tripudio di mandorle e miele: io mi sono innamorato del baklava ( anche nella sua versione karpaziana, con una pasta diversa dalla classica sfoglia).
Un buon pasto va concluso con un buon distillato: io al troppo inflazionato Ouzo ho sempre preferito la Metaxa, sorta di brandy piuttosto dolce.
Da ricordare infine che l’acqua dell’ acquedotto, comunque assolutamente non tossica, non è buona da bere perché un po’ salata, la minerale costa nei minimarket 30 cent al litro, nulla se la si prende sorgiva dalle fontane apposite.