Senegal… proviamo l’africa?
Martedì 3 Il volo trovato è con Air France da Venezia via Parigi al costo di 650 euro a persona La durata del volo Parigi Dakar è di ore 5,20 circa, come quello da Milano, inoltre per raggiungere Malpensa da Padova dobbiamo aggiungere almeno 3 ore di autostrada e voli ad orari impensabili del tipo rientro alle 2,30 di mattina. Invece… Decolliamo alle 12,30 ed alle 21,10 siamo già con i piedi in terra Africana scali compresi La stessa cosa varrà per il ritorno con decollo alle 23,50 ed alle 9,00 siamo in laguna.
Soggiorneremo a Saly all’hotel LAMANTIN di gestione francese, a due ore d’auto dall’aeroporto, non tanto per la distanza che è di circa 80 km ma per il traffico caotico. Lo consiglio a tutti coloro che non vogliono ritrovarsi nel villaggio dove si parla solo italiano ed anche per la magnifica spiaggia, forse la più bella, perché non toccata dalle maree. E’ un po’ lussuoso ma il tutto è molto discreto. Il buffet a mio avviso è abbondante e vario con serate a tema anche se i soliti italiani, gli unici due presenti, hanno avuto da ridire perché si sa, i nostri palati sono troppo esigenti e vorremmo ritrovare la cucina italiana un po’ ovunque. Sul posto dopo aver valutato varie organizzazioni sia locali che dei tour operator che avevano la nostra struttura in catalogo ci affideremo all’Alpitour che ci accoglie ben volentieri ed ha i prezzi più bassi. Ora lo sappiamo…Ci si può organizzare anche con i ragazzi senegalesi che ti propongono di accompagnarti, ricordando che comunque con loro non siete assicurati. Per noleggiare l’auto dovete saper guidare tra dune di sabbia e piste battute o non vedrete mai i villaggi, la cosa per cui vale la pena di spingervi fino a qui.
Il clima è fantastico, quel freddo giusto la sera che ti consente di dormire e sole a 30° di giorno, unico neo potrebbe essere il vento ma decisamente inferiore a quello provato a Capo Verde. Ma ora silenzio… …INIZIA IL RACCONTO… che si limiterà solo ai giorni dedicati alla magia dei luoghi, gli altri erano lunghe camminate sulla spiaggia. Venerdi 6 08,10 Cominciamo bene! Con uno sgangherato ma quanto mai solido camion 6×6 iniziamo la prima avventura. Dopo una sosta di pochi minuti per vedere la foresta di Baobab la cui vita è stimata intorno ai 1.500 anni ed averci spiegato l’utilizzo delle foglie di euforbia che, una volta cosparse di burro di Karitè ed appoggiate sul ventre, leniscono i dolori del parto, incontriamo lungo la strada un villaggio di etnia Peul si dice siano discendenti del popolo nubiano dell’Egitto faraonico o semita dalle rive del golfo Persico.
La prima vera sosta è intorno alle 10,00 a THIES terza città del Senegal e famosa per il suo mercato. Mi aspettavo tanti banchi all’aperto invece è un dedalo di viuzze, mi ricorda molto i suq arabi. Oggi impazzirò con le foto ma ricorda …Devi chiedere…Devi chiedere…Devi chiedere… …SLAM… Sonoro ceffone sulla mano …Non ho chiesto!…
Mi sta bene, ma non preoccupatevi, non sono tutti così riservati, quindi chiedete e quasi sempre vi sarà concesso.
Ecco l’incubo delle mie vacanze si fa sentire, PIPI’ …E ora dove vado…Mica in un bar e chiedo un caffé… Credo di essere entrata nello spirito primitivo, questo è un bene primario e non certo imbarazzante…Mi viene offerto da un poliziotto il retro della banca, all’aperto, sul terreno…Lui di guardia mi gira le spalle e poi…Con un secchio d’acqua copre il the che avevo bevuto mezz’ora prima! …In città… Un poliziotto… E poi pulisce…Vi immaginate un turista in una piazza italiana che fa questo?…
Continua il nostro cammino verso nord lungo un nastro d’asfalto pieno di buche, attraversiamo villaggi di etnia Wolof, la più numerosa. Ogni tanto un sobbalzo sui rallentatori stradali che qui chiamano “gendarmi distesi”nome buffo no? Ora la strada è diventata una pista sul terreno, alle 12 ci apprestiamo a compiere l’ultimo tratto della mitica Parigi-Dakar tra dune ed oceano dove le onde si infrangono in lontananza per la presenza della barriera corallina.
Sosta all’ultimo villaggio per consentire all’autista di sgonfiare le gomme per avere più attrito sulla sabbia ed avere una delle più belle emozioni che porterò a casa! Tanti bimbi vengono a salutarci e mentre tutti seguono Bokar, la guida, io resto con loro seduta sulla spiaggia improvvisando giochi e filastrocche tra le risa di gioia.
Una bambina con occhini neri mi guarda, mi fa una carezza e mi dice in francese: … Un piccolo regalo per lei signora… e mi infila tra i capelli una perlina a forma di delfino …Ma come, non dovevamo essere noi a portare doni?…
Un anziano mi stringe la mano e mi ringrazia per averli fatti giocare e dice: … In te c’è lo spirito buono… Veramente a me interessava di più stare con loro che aggirarmi tra le capanne per vedere dove dormono e mangiano ed ora quella perlina è ancorata al filo del mio cellulare… Guai se la perdo.
Riprendiamo la corsa tra dune di sabbia ancora un sobbalzo e siamo di fronte all’immensità dell’oceano. Ora a tutta velocità tra sabbia e spruzzi d’acqua fino al lago Retba chiamato comunemente lago rosa per il colore.
Facciamo il giro tra donne che con le loro bacinelle portano il sale appena raccolto; ognuno ha il proprio pezzo d’acqua , sono indipendenti come fosse un orto.
E così si conclude la prima giornata assaporata in pieno.
…Veloci a letto così arriva subito il domani… Sabato 7 Ore 8,00 nuovo giorno. Oggi faremo solo 15 km per andare a vedere la riserva privata di BANDIA dove scorazzano indisturbati molti animali. Il solito camion ci attende e partiamo lungo la statale. Ci siamo attrezzati con maglie e cappelli perché anche al mattino la temperatura è decisamente bassa, circa 15/16 gradi ed il camion scoperto ci regala un vento tagliente.
Entriamo nella riserva, niente a che vedere con i grandi parchi africani ma se non avete mai visto in libertà certe specie ne vale la pena. Siamo nella terra dei Serèrè che ha dato i natali a Sengor, primo presidente dopo il dominio francese.
Molto lentamente battiamo piste sempre più strette con uno sguardo rivolto verso la foresta di baobab.
Un improvviso ramo di acacia ci costringe ad abbassarci per non essere travolti, gli aghi caduti resteranno per un bel po’ nei sedili pungendoci ogni volta che ci sediamo. I primi ad essere avvistati sono i Facoceri e mi viene in mente Pumba il personaggio Disney che rotola nel fango e viene considerato puzzolente da suoi amici.
E poi ecco…A gruppi notiamo impala, scimmie, struzzi, non so più se fare foto o riprese. Uccelli di un azzurro intenso ci guardano dai rami, sono i Roliers d’Abissinie.
…Guarda quel ramo a pois tra le acacie che grosso… Per fortuna siamo gli unici italiani e nessuno capisce che ci siamo sbagliati col collo di una giraffa.
E ancora impala, antilopi Elland le più grandi portate in riserva dal Sudafrica.
…Veloci a destra… Il nostro battipista ci segnala uno sciacallo che sfreccia e si nasconde nella bassa vegetazione. Facciamo conoscenza dell’antilope cavallo, per il colore scuro del suo muso, prima di restare sbalorditi dagli enormi rinoceronti vicinissimi a noi.
Anche la maestosità degli alberi è affascinante, ci viene segnalato un Baobab elefante la corteccia è avvizzita come la pelle del grosso mammifero ed il tronco è formato da quattro parti allineate così da formare le zampe non manca il ramo ricurvo ed ecco fatta anche la proboscide. E’ stato datato di recente e pare abbia all’incirca 1000 anni ed altrettanti, se non di più, ne ha il vecchio Baobab dei morti.
“ un cantastorie che muore è come una biblioteca che brucia” Potrebbe essere il titolo di questo capitolo dedicato alla storia dei Griot, anziani che tramandavano oralmente le leggende e gli avvenimenti della loro terra; ricordiamo che la scrittura è arrivata solo con il dominio francese e non è raro, come è capitato a noi, di trovare lungo la strada dei chioschi con la scritta ecrivain public.
Ed è all’interno di questi alberi secolari che venivano deposti, alla morte, i loro corpi. Vediamo ancora dei teschi alla base di uno e fintanto che quest’albero vivrà il loro sapere resterà intrappolato e non scomparirà.
Soffia un leggero vento ed il rumore tra le poche fronde sembra ancora il canto che si disperde nell’aria attraverso i rami.
Poso la mano sulla corteccia e mi pare di percepire delle vibrazioni che mi attraversano il corpo, stessa sensazione provata nel vasto territorio australiano tra i graffiti aborigeni che narrano la storia del serpente arcobaleno. Anche qui esiste una via dei canti e questo albero sembra dirmi: …Và tranquilla io canto a te perché so che capisci… Ma questa è un’altra storia… Una storia mia Domenica 8 Doveva essere una giornata monotona. L’escursione all’isola di Goree e alla capitale Dakar era saltata per l’arrivo di una nave crociera che aveva requisito tutti i battelli in partenza, e invece… Alle 10 dopo un’abbondante colazione tentiamo di raggiungere la spiaggia di SALY dove arrivano le piroghe dei pescatori. Dribblando i soliti venditori che ti seguono, dopo 30 minuti di cammino avvistiamo il villaggio.
Subito ci affianca un ragazzo che si dimostra molto ospitale e ci fa conoscere il metodo di conservazione degli enormi yet, conchiglioni grossissimi da cui, le donne sedute sulla spiaggia, estraggono il mollusco e lo depongono in bacinelle piene d’acqua. Successivamente verrà posto su delle griglie di paglia ad essiccare.
Lungo la stradina di terra che si inoltra nel paese, artigiani lavorano il legno di tek che diventerà maschere, statuette o qualsivoglia altro oggetto utile per essere venduto a noi toubib.
Questa parola deriva da toubab, medico in lingua Wolof, e stava ad indicare il primo missionario che arrivò qui ed iniziò a curarli. Secondo loro quindi i bianchi erano potenzialmente dei curatori e da qui da toubab a toubib il passo è breve.
Il ragazzo ci dona due piccole maschere da appendere al collo e ci porta da uno scultore che incide sul retro i nostri nomi. E’ il passaporto, come dice lui, che testimonia la nostra visita.
Sono le 11,30 ora di rientrare, ci aspetta un’altra esperienza, speriamo positiva.
Abbiamo appuntamento alla spiaggia dell’albergo alle 12 con Fadou che ci porterà a mangiare aragosta a casa sua, in riva al mare …Speriamo bene… Ci sta aspettando, lo seguiamo lungo una strada in terra battuta, di vista sull’oceano non se ne parla, siamo invece, tra case disabitate di turisti francesi ed italiani che qui hanno deciso di trascorrere i lunghi inverni europei. Apre un portoncino di ferro circondato da un’alto muro di cinta, si vedono solo delle boungaville spuntare da sopra. Entriamo in un grazioso giardino con una piccola casa ed una veranda dove è posto un tavolo, due sedie, due piatti e due bicchieri, sembra la favola di mamma orsa.
A terra si dimenano due aragoste di 8 etti l’una. Arriva un signore francese di quelli…”mi sono rotto le palle mollo tutto e cambio vita”… un paio di pantaloni camicia e via. Lo segue una paffutella bimba mulatta, è Patricia, ha due anni ed è sua figlia come pure sua è la casa. Mica male l’idea, ha messo a disposizione la veranda e la griglia ai ragazzi senegalesi perché possano guadagnare senza stare sotto il sole ad attendere i turisti con le cianfrusaglie.
Il pranzo è superlativo, gli diamo 35 euro comprese due enormi birre.
Ed ora relax sulla spiaggia del Lamantin tra sole e vento, la migliore vista sino ad ora, qui ci coccolano come ho visto fare nei paesi asiatici. Termino di scrivere il diario del giorno sulla sdraio mentre una ragazza mi porge una salvietta inumidita di oli essenziali ed un’alta mi porge un vassoio di frutta fresca già tagliata. Si muovono tra le sdraio con movimenti aggraziati e sorrisi d’avorio.
“ Teranga “… Ospitalità… È il loro credo, ma è facile trovarlo in un resort a cinque stelle, noi l’abbiamo visto realmente aggirandoci tra i vicoli di Saly.
Lunedì 9 Con un forte raffreddore alle 8,20 risalgo sul camion 6×6 bardata come un tuareg nel deserto. Ed il vento, costante durane tutto l’arco della giornata, ci gela il sangue su questo camion scoperto.
Attraversiamo il centro di MBOUR, che sta letteralmente esplodendo di gente. Nella piazza principale è in corso il mercato ed oggi sono arrivati da tutti i villaggi con ogni mezzo possibile perché è giorno di festa, si celebra la nascita del profeta Maometto, un po’ come il nostro Natale con Gesù.
L’80% è di religione mussulmana e convivono magnificamente con le comunità cristiane, almeno per ora dato che il sottosuolo non produce niente di così importante da contendere.
Lasciata alle spalle la confusione incrociamo mandrie di zebù di proprietà di un gruppo Peul di allevatori paragonabili ai Masai del Kenia. Stanno pascolando in un campo di sorgo secco.
Una sosta in un piccolo negozio 3 mt x 3 mt dove vendono, ammassati a terra od appesi a corde, tutto quello che può servire, dagli alimenti ai casalinghi, sembra il baraccone delle sagre paesane dove si fa la pesca di beneficenza.
L’odore all’interno mi evoca le vecchie drogherie, io ci andavo matta, mi sembra di tornare alla mia infanzia: … Buongiorno Mario, mi può dare due saponi per bucato Marsiglia, una bottiglia di Vov e due etti di pesciolini di liquirizia per Francesca?… Ed io col naso all’insù vedevo solo il faccione di Mario che mi sorrideva mentre annusavo l’aria cercando di scindere i vari profumi ed indovinarne la provenienza.
Abbiamo fatto una colletta con i cinque compagni di viaggio ed ora acquistiamo patate,cipolle,biscotti sapone ed altro da portare al villaggio che andremo di li a poco a visitare come segno di riconoscenza per averci accolto, lo interpreto come portare un mazzo di fiori alla padrona di casa che ci invita.
JOAL centro ittico tra i più importanti. Entriamo al porto sapendo che in questo giorno festivo non saranno presenti molti pescatori.
…Peccato? Peccato un corno! Ma normalmente cosa c’è?… Allibiti , attoniti e poi estasiati. E’ tutto un ribollire di corpi d’ebano che si muovono come formiche sia in acqua che fuori, centinaia di teste che non lasciano filtrare la luce tanto sono ammassati. Piroghe cariche di pesce prese d’assalto, si entra in mare anche con carri trainati da cavalli carichi di ghiaccio da distribuire subito sul pescato.
Ma nel caos c’è ordine , ognuno con un compito ben preciso, pescatori, scaricatori, venditori. Le donne sono addette alla pulitura delle conchiglie od alla vendita di arachidi, mandarini, bibite, i bimbi corrono da un punto all’altro come in una grande giostra. Non è sempre facile scattare foto, rischio o di farmi travolgere, visto che mi aggiro tra di loro intralciandoli con un sorriso scemo stampato sulle labbra o di prendermi l’ennesimo schiaffo sulla mano perché non amano molto che catturi la loro immagine.
Se non fosse per Bokar che ci viene letteralmente a trascinare via, ci sarebbe da trascorrere tutto il resto della mattinata. E poi i turisti che sono con noi hanno dato un leggero sguardo senza scendere tra la folla ed erano già risaliti sul camion.
Mi guardo il fondo dei pantaloni, non mi ero accorta di camminare tra fango e pezzi di pesce Una deviazione a sinistra, abbandoniamo l’asfalto e ci inoltriamo nella foresta di palme Boras tra le ormai conosciute piste. Sobbalziamo continuamente ed una nube di polvere si solleva dietro a noi. Fortunatamente siamo soli e nessuno ingoia la nostra polvere.
Arriviamo ad un villaggio Serere, poche capanne di paglia circondate da un recinto di rami intrecciati; ci accolgono con gioia dovuta sicuramente ai doni che portiamo.
Tutti si buttano sui bimbi come paparazzi per le foto; chi pensa di essere la befana con un sacco di caramelle e dolcetti, e chi… E qui arriviamo al colmo.. Crede di essere in P.Zza S.Marco e distribuisce pezzi di pane portati dalla colazione da distribuire ai piccioni.
Il problema del Senegal e di molti altri paesi africani non è la denutrizione ma la malnutrizione, non esiste varietà nell’alimentazione quindi mancano delle vitamine e minerali molto importanti, se poi noi turisti arriviamo con i dolcetti… Auguri anche ai denti! E’ vero, non posso negarlo, anch’io adoro fotografare i bambini ma cerco di farlo in modo diverso. Non li aggredisco, mi avvicino, ci gioco e poi se i loro occhi mi mostrano tranquillità…Scatto per poi mostrare loro immediatamente i loro volti sullo schermo…E lì parte l’ilarità generale.
…Ecco l’incubo pipì ed ora?… So come funziona. Mi avvicino ad una ragazza intenta a battere il grano e chiedo in quale angolo devo andare.
La visita è terminata, si riprende la pista che presto ci porterà a percorre il letto di un lago in secca, dove un ragazzo cammina con i suoi zebù. Ci lasciamo sballottare per un’altra ora prima di avvistare NDANGANE.
Siamo nel delta del SINE’ SALOUM due fiumi stagionali che si uniscono e confluiscono in mare. Il villaggio di DIJFERE è situato all’interno del parco all’estremità occidentale. Ci aggiriamo tra le mangrovie con le ostriche di fiume ancorate alle radici. Ecco forse questo giro meritava più tempo magari addentrandosi nei piccoli canali molto simili a quelli di Caorle in Veneto ed un consiglio, andateci o la mattina presto o meglio ancora al tramonto quando tutti gli uccelli tornano per la notte.
Alle 15 il caldo si fa sentire anche perché ho i pantaloni lunghi e la camicia, non è la stagione delle zanzare ma prevenire…Ancora piste, l’ombra di un grosso mango da ristoro a delle mucche. Villaggio dopo villaggio, buca dopo buca lungo nastri di terra rossa si susseguono gli Acaju, il cui frutto è l’anacardo, due foto ad un’enorme termitaio e vediamo sbucare da dietro gli alberi una decina di bimbi che ci chiedono un cadeaux. Vicino la vista di un sacro baobab mi dona serenità.
A NGAZOBIL ci ributtiamo sull’asfalto per percorrere la strada costiera verso nord; avevo già messo via la digitale ma a NIANING un gruppo di scimmie rosse lungo la carreggiata ci costringe allo stop.
Ora la giornata è veramente conclusa, sono le 18 ed anche il sole va a nanna.
Mercoledì 11 E’ arrivato l’ultimo giorno. Avevamo promesso ad Ibrahin e Fadou che avremmo mangiato l’ultima aragosta con loro. Ci aspettano in spiaggia con un mostro da 1 kg ed uno da 6 etti. Li seguiamo come cagnolini lungo la battigia per poi addentrarci nella ora nota stradina secondaria. Sappiamo che sarà di nuovo la casa del francese così rivedrò Patricia.
Mi vede ed arriva di corsa con un piatto di straccetti di carne, è zebù saltato in padella con crostini di carne. Si accoccola tra le mie gambe e vuole che assaggi un pezzettino …Piccola, occhini dolci… impossibile non accontentarla e, comunque, nella mia lista alimentare, dopo il coccodrillo australiano, ci stava.
Arriva anche la mamma, una gazzella nera nel portamento, nello sguardo, nelle lunghissime gambe… Ecco perché l’amico si è fermato qui.
Nel giardino, sotto le buganvillee, il fuoco inizia a scemare, si formano le braci ed è ora di posare le aragoste. Da marroni in pochi attimi prendono un colore rosa intenso ed il profumo riempie l’aria.
I nostri due chef dopo averci portate le birre si siedono lontano ed aspettano in silenzio .
…Ma stiamo scherzando?…
Diciamo loro di venire al nostro tavolo e ci guardano un po’ stupiti abituati ad essere secondi nel mondo dopo il bianco. Si accomodano e ci dicono che sono contenti di capire che non tutti sono … Stronzi… …Mi consentite questa parola?…
Ci salutiamo quasi con una lacrima ma io piango facile…Sono donna… Manca poco al volo, in albergo ringraziamo tutti coloro che lavorano per noi turisti abbracciamo Diara e gli diamo dei soldi per raggiungere la sua famiglia con un taxi collettivo. Per la festa di Maometto era tornato a casa e per compiere 70 km ha impiegato 6 ore in un pulmino da 20 posti stipati in 40, sono i famosi Car Rapide. Abbiamo visto bus con un carico sul tetto di 2 metri in altezza e ragazzi legati con la corda sopra ai sacchi per non cadere, all’interno era impossibile infilare anche un solo dito.
Abbiamo visto… Ed abbiamo compreso molte cose. Non è questo il luogo per aprire parentesi…Noi abbiamo rafforzato le nostre idee! Ciao Africa…Grazie… Mi hai dato quello che cercavo