Seattle, Stato di Washington e Oregon

Stati Uniti insoliti e meravigliosi
Scritto da: kay scarpetta
seattle, stato di washington e oregon

Giorno 1: che avventura arrivare a destinazione!

Per farla breve dovevamo fare Genova – Parigi 6.00/7.40 e Parigi – Seattle 10.20/12.25. Imbarchiamo normalmente sul volo da Genova, ma quando siamo a bordo ci dicono che c’è un problema “tecnico” non meglio specificato e quindi tarderemo dopo svariati tentativi per risolvere il problema. Ci fanno scendere perché i tempi si fanno più lunghi e alla fine ci fanno risalire alle 8.30. Morale della favola? Arriviamo a Parigi alle 9.45 giusto in tempo per vedere l’aereo staccarsi dal finger.

Cosa fare ora? Per fortuna c’è un altro volo Parigi/Seattle alle 13.10 che ha gli ultimi 2 posti liberi che bene! Riprotetti su questo volo e via. Tanto per restare fedeli al tema della giornata, il volo comunque parte con 40 minuti di ritardo per un problema alle toilette. Alla fine si parte e alle 15.40 locali atterriamo a Seattle, stato di Washington!

Ritiriamo il bagaglio, andiamo al noleggio auto per prendere possesso della nostra macchina e via verso il nostro cottage! Siamo fuori dal centro ma il cottage è molto carino. Siamo decisamente stanchi, perché sono 23 ore che siamo in piedi: ci sistemiamo in casa, usciamo giusto per fare un po’ di spesa per stasera e domani e rientriamo.

Domani si va alla scoperta della città: chi viene con me?

Giorno 2: visita a Seattle

Ieri sera alle 8.30 eravamo già nel mondo dei sogni, quindi alle 6 ero già sveglia e alle 8.30 già in macchina verso la nostra prima tappa.

Le previsioni non sono un granché ma, dopo il mega acquazzone di stanotte, il tempo per ora regge. Prima tappa di questa giornata è il Ballard Farmers’ Market, un mercato di prodotti a km 0 che si tiene all’aperto tutte le domeniche nel quartiere di Ballard. Essendo domenica non dobbiamo neanche preoccuparci di pagare il parcheggio perché è gratis; considerando i costi medi di un parcheggio in centro, non è cosa da poco. Il quartiere di Ballard è molto bello, con le sue case in mattone rosso e le fabbriche di birra. Il mercato è molto caratteristico e molto poco turistico, il che non guasta, mi sento molto americana a passeggiare tra le bancarelle in mezzo ai locali.

Non può mancare ovviamente un caffè da Starbucks, tappa immancabile in ogni viaggio in terra statunitense, soprattutto qua a Seattle visto che è la città dove è nata questa catena.

La visita prosegue con la scoperta di Discovery Park, il parco più grande della città, un’oasi verde con diversi trail sul suo interno noi prendiamo quello che passando per il bosco porta alla spiaggia e al West Point Lighthouse, un faro ormai in disuso ma molto caratteristico. Impieghiamo due ore abbondanti per percorrere il sentiero, ma sono state 2 ore spese molto bene il parco è tenuto benissimo e c’è una pace meravigliosa.

Riprendiamo quindi la macchina per dirigerci verso downtown, passeggiamo lungo il waterfront con la sua ruota panoramica e i suoi locali lungomare. Nel mentre inizia a piovere fortissimo, ma per fortuna non dura molto.

Continuiamo nella zona di Pioner Square dove visitiamo anche il Museo sulla storia della corsa all’oro nel Klondike (Seattle è stata un crocevia fondamentale per la corsa all’oro). Arriviamo al Pike Place Market, il cui simbolo è Rachel the Piggy Bank, un salvadanaio a forma di scrofa a grandezza naturale che dal 1986 se ne sta di fronte al mercato a raccogliere fondi per i servizi sociali del quartiere.

Dal Pike Market torniamo verso la macchina, andiamo a fare un po’ di spesa al mio amato Walmart e quindi ceniamo da Applebee’s, per poi tornare al nostro cottage stanchi ma soddisfatti.

Oggi abbiamo fatto 20 chilometri a piedi, e domani ci aspetta un’altra giornata impegnativa!

Giorno 3: alla scoperta di Seattle, parte II

Oggi decidiamo di lasciare la macchina a riposo e muoverci coi mezzi: non siamo vicinissimi al centro, ma è sufficiente una linea del bus che in circa 45 minuti ci porta a destinazione.

Alle 10 abbiamo appuntamento con un nostro conoscente americano che abita qui a Seattle, prendiamo un caffè insieme e passiamo un’oretta abbondante a chiacchierare.

Salutato Rudy, proseguiamo la nostra visita e torniamo al Pike Place Market che ieri abbiamo visto mentre era in chiusura. Anche oggi c’è moltissima gente e i turisti si mescolano ai locali: noi girovaghiamo tra i banchi, tutti aperti e operativi. Nel market ci sono diverse terrazze panoramiche a disposizione dei clienti con una meravigliosa vista sul waterfront.

Proseguiamo in direzione Space Needle, passando davanti al Museo della cultura pop. Normalmente non sono un’amante dei musei, ma questo mi ispira molto e dopo un attimo di indecisione decidiamo di entrare: mai decisione fu più azzeccata!

Innanzitutto è molto bello l’esterno: l’edificio di quasi 13.000 metri quadrati è rivestito da 3.000 pannelli ondulati in acciaio inossidabile e alluminio, tagliati e sagomati per avvolgere l’edificio quasi come fossero tovaglie metalliche i cui colori cambiano a seconda dell’illuminazione e dell’angolazione.

Il museo interattivo è dedicato soprattutto alla musica, si è evoluto in museo dedicato alla science fiction e alla fine è diventato quello che è ora, includendo anche il fantasy, l’horror e tanto altro, per spaziare in tutto quella che è semplicemente considerata “pop culture“. Per gli amanti della musica come me è un posto assolutamente da non perdere. Ovviamente ci sono due sale dedicate una ai Nirvana ed una ai Pearl Jam, entrambi di Seattle, inoltre c’è un Sound Lab meraviglioso con strumenti a disposizione e sale di incisione!

Terminata la visita del museo ci dirigiamo allo Space Needle che è proprio di fronte al MoPop, ma decidiamo di non salire perché per vedere la città dall’alto preferiamo andare nel quartiere collinare di Queen Ann e al belvedere di Kerry Park. Che vista! Faticoso arrivare in questo quartiere, ma ne è valsa la pena! Ci sono delle case da urlo e una vista mozzafiato. Facciamo in tempo a fare due foto che si scatena il temporale, che dopo mezz’ora termina lasciando spazio a un meraviglioso arcobaleno.

Passeggiamo poi nel quartiere Business, con alcuni palazzi in vetro molto belli, quindi torniamo verso il waterfront per una deliziosa cena a base di zuppa di pesce servita in una mega pagnotta! Squisita.

Giorno 4: Everett, Port Angeles (Olympic National Park)

Oggi salutiamo Seattle, con un po’ di tristezza perché è una città che ci è piaciuta molto, ma allo stesso tempo con la voglia di vedere quello che ci aspetta.

La prima tappa è Everett, a circa 40 minuti da Seattle, dove ci faremo la visita alla fabbrica della Boeing! Sono mesi che aspetto questo momento, sembro una bambina la mattina di Natale. Purtroppo all’interno non si possono fare foto e nessuna spiegazione potrà rendere l’idea di quanto è immensa questa “fabbrica”: vi basti pensare comunque che per muoversi da un hangar all’altro usiamo un autobus. La visita è ovviamente guidata ed è incredibile il numero di persone che lavora qui dentro circa 45.000 impiegati suddivisi in 3 turni.

Per me che sono nel mondo del turismo da 18 anni e che ho la fissa degli aerei da sempre, oggi è una giornata semplicemente meravigliosa. La visita dura un’ora e mezza circa e sono stati 25 dollari veramente ben investiti. Salutata la Boeing, facciamo un salto veloce in un outlet a poca distanza da Everett, quindi ci rimettiamo in macchina per raggiungere Edmond, da dove imbarcheremo per Kingston, località sulla penisola dell’Olympic National Park che sarà la nostra meta dei prossimi 3 giorni.

La meta finale di oggi è Port Angeles, dove troviamo un motel tipicamente americano senza pretese ma pulito e al prezzo giusto. Da oggi infatti non abbiamo alcuna prenotazione, quindi cercheremo giorno per giorno anche in base a quanti km riusciremo a fare ogni giorno.

Nel tardo pomeriggio giretto veloce nel centro di Port Angeles (neanche 20mila abitanti, potete immaginare quanto sia grande il centro) e poi pizza in un posticino a metà strada tra il centro ed il motel.

Giorno 5: alla scoperta dell’Olympic National Park

Gli oltre 3000 kmq dell’Olympic National Park includono tre zone bioclimatiche che offrono esperienze di visita molto diverse: una regione montuosa con vette alpine e prati subalpini, una antica foresta pluviale temperata incastonata tra le pieghe di vallate attraversate da un profondo fiume e infine la stupenda costa del Pacifico.

Questo primo giorno dedicato al parco inizia con la visita di Hurricane Ridge, uno dei punti più alti, da dove partono diversi trail. Purtroppo il tempo non è buono e anche se non piove le nuvole sono basse e il panorama ne risente un po’. Facciamo uno dei trail più brevi, dove regnano il silenzio e il profumo dei pini, e decidiamo quindi di scendere verso valle per vedere il Lake Crescent ed alcune cascate all’interno della foresta.

La prima cascata che vediamo è Madison Falls, a cui si arriva con una passeggiata breve e molto semplice, quindi proseguiamo per il Lake Crescent. La strada che porta al lago è molto suggestiva, in mezzo ad alberi altissimi ed abbiamo la fortuna di incrociare alcuni daini che pasteggiano allegramente ai margini della strada. La vista del lago è semplicemente incantevole, peccato che il cielo sia grigio e non esalti al massimo i colori.

Proseguiamo con il trail per arrivare alle Marymere Falls, un loop di circa 2,5 km in mezzo al verde, quindi andiamo alle Salmon Cascades con la speranza di vedere qualche salmone che risale la corrente, ma niente da fare. In serata troviamo da dormire in un posto semplicemente unico: un cabin in mezzo alla foresta. In questo momento sono seduta sul patio, immersa nella natura lontana da traffico, rumori, persone e casino e mi sembra di essere in paradiso.

Buonanotte.

Giorno 6: Olympic National Park e la pioggia

Ci svegliamo nel silenzio del bosco, facciamo una rapida colazione con tanto di caffè perché nel cabin c’è la macchinetta del caffè. Via alla scoperta di altre zone del parco.

Iniziamo da Rialto Beach, una spiaggia lunghissima caratterizzata da faraglioni sparsi qua e là lungo la costa. Nonostante non ci sia il sole, il paesaggio è bellissimo e mi sembra di essere nella scena finale dei Goonies quando i ragazzi, seduti sulla spiaggia dopo essere scampati alla Banda Fratelli, vedono il veliero dei pirati e di Willie l’Orbo solcare le acque. In realtà i Goonies è ambientato in Oregon, ma questa parte di costa è molto simile. Del resto, l’Oregon è lo stato confinante a sud con quello di Washington.

Purtroppo a metà strada (abbiamo fatto una passeggiata di circa 6 km) inizia a diluviare e oggi la pioggia non ci abbandonerà più. Bagnati come pulcini, proseguiamo imperterriti per la seconda tappa della giornata: è la Hoh Rain Forest, la foresta pluviale. Abbiamo fatto uno dei trail più brevi, dato il tempo, ma ne è valsa la pena. Abbiamo anche avuto la fortuna di passare accanto a un alce che stava tranquillamente pascolando nel bosco. Un incontro meraviglioso!

La giornata avrebbe previsto altre 3 tappe: Ruby Beach (molto simile a Rialto Beach), Kalaloch Beach (che mi interessava sia per il paesaggio ma soprattutto per vedere il Tree of Life, un albero le cui radici sono appoggiate a due speroni sul mare) e Quinault Lake. Il tempo inclemente e le previsioni per domani ci hanno fatto cambiare programma, abbiamo quindi salutato con un giorno di anticipo e con un po’ di amarezza il parco e proseguito verso la tappa successiva. Sosta nella ridente cittadina di Aberdeen, sempre nello stato di Washington.

Giorno 7: alla scoperta dell’Oregon

Salutiamo Aberdeen con la pioggia, ma per fortuna ad Aberdeen salutiamo anche la pioggia. Almeno per oggi, infatti, non la rivedremo più. Entriamo nello stato dell’Oregon e come prima tappa visitiamo Astoria, una bella cittadina sul mare la cui attrazione principale è la Astoria Column. Posta su una collina da cui si ha una vista mozzafiato, dalla colonna si vede il Megler Bridge, ponte che collega lo Stato di Washington con l’Oregon. Ovviamente non ci limitiamo alla vista dalla collina, ma saliamo i 164 gradini della colonna per avere la vista migliore.

La tappa successiva è il Fort Stevens State Park, dove visitiamo il relitto della Peter Iredale, un mercantile naufragato nel 1906, e la vecchia base militare (il parco nasce infatti come installazione militare).

Proseguiamo quindi verso Ecola State Park, uno dei posti che più mi ha colpito di tutti i miei viaggi: è un posto semplicemente incredibile! Spiagge e faraglioni, la nebbiolina che dà un tocco magico e il silenzio rotto solo dal rumore del mare. Le foto non rendono giustizia alla bellezza di questo posto, utilizzato tra l’altro come set per alcune scene di diversi film tra cui Goonies, Point Break e Twilight.

A malincuore lasciamo questo posto incantato per proseguire verso Cannon Beach, ultima tappa della giornata. Anche questo posto è meraviglioso e resto senza parole davanti a quello che la Natura riesce a creare.

Oggi è stata una giornata intensa, la pioggia ci ha dato finalmente tregua e siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati

Una giornata da incorniciare.

Giorno 8: che meraviglia questo Oregon

Oggi è stata un’altra giornata fantastica.

Abbiamo percorso tutta la strada costiera partendo da Lincoln City dove abbiamo dormito ieri sera, fino a Coqueville, dove ci siamo fermati per la notte. La strada è tutta panoramica, attraversa Cape Perpetua ed è un tripudio di spiagge, dune di sabbia, fari, laghi e paesaggi incredibili.

Un giorno permette di avere giusto un assaggio delle meraviglie che offre questa zona, ci vorrebbe una settimana per poter vedere tutto quello che c’è, compresi una quantità infinita di camminate e trekking per tutti i livelli. Siamo anche riusciti ad intravedere le balene.

Tra le cose viste oggi sono sicuramente da menzionare il Faro di Yaquina (il più alto di tutto l’Oregon), il Dunes National Recreation Area, parco naturale si estende per più di 60 chilometri lungo la costa, dove le dune di sabbia superano anche i 100 metri di altezza prima di arrivare in mare, e il Lake Tahkenitch, mozzafiato.

Abbiamo concluso la giornata a Bandon, suggestiva cittadina costiera, con il suo Faro di Coqueville River e la spiaggia del Kronenberg Park, disseminata di faraglioni al tramonto è veramente incantevole!

Giorno 9: Crater Lake e Cletwood Cove Trail

Oggi siamo andati alla scoperta del Crater Lake, uno stupendo lago che si è creato nella caldera di un vulcano spento.

Circa 4 ore di viaggio per arrivare, ma ne è decisamente valsa la pena: il colore blu dell’acqua è così intenso da sembrare finto, l’acqua è talmente cristallina che rispecchia tutto l’ambiente che la circonda. Sono rimasta letteralmente senza parole davanti a questo spettacolo mozzafiato. Il lago non ha affluenti e riceve l’acqua soltanto dalle piogge e dallo scioglimento della neve, per questo riesce ad essere così pulito e avere questo colore blu molto intenso che lo rende unico al mondo. È inoltre il lago più profondo degli Stati Uniti d’America. La superficie si trova a più di 1.800 metri di altezza, con i lati del vulcano estinto che arrivano anche a toccare i 2.400 metri.

Abbiamo fatto anche un trail, il Cletwood Cove Trail, circa 3,5 km tra andata e ritorno con un dislivello di oltre 200 metri per poter arrivare alla superficie del lago. Faticoso sì, ma anche in questo caso ne è decisamente valsa la pena! In teoria la giornata avrebbe previsto anche il parco di Lava Sands, ma siamo arrivati praticamente alla chiusura: abbiamo fatto una piccola passeggiata ma non abbiamo visto quasi nulla. Peccato, ma ci vorrebbero le giornate di 48 ore.

In serata abbiamo trovato da dormire nella bella cittadina di Bend: 50 dollari in 2 per una camera veramente carina ed iper pulita!

Anche oggi è stata davvero una giornata da sogno.

Giorno 10: John Day Fossil Beds National Monument

Una giornata indimenticabile, non solo per i posti che abbiamo visitato, che sicuramente hanno il loro peso, ma soprattutto per quello che abbiamo vissuto a cena. La giornata è stata dedicata alla visita del John Day Fossil Beds National Monument, che si caratterizza per essere un parco composto da tre zone separate: Sheep Rock Unit, Painted Hills Unit e Clarno Unit.

Essendo molto vasto è praticamente impossibile vedere tutte e 3 le sezioni in un giorno solo, quindi optiamo per Painted Hills e Sheep Rock.

Painted Hills è sicuramente la sezione più spettacolare di tutto il parco. Rilievi collinosi si stagliano sulla pianura circostante con la peculiare caratteristica di svilupparsi in varie colorazioni che vanno dal verde al rosso, formando un panorama quasi alieno. Ci sono 5 trail da poter percorrere per vedere questo spettacolo della natura, ed essendo tutti abbordabili ne facciamo 4 che ci permettono di vedere le colline da diversi punti di osservazione.

A Sheep Rock, invece, a farla da padrona non sono gli sgargianti colori come quelli delle Painted Hills ma rocce di origine vulcanica che hanno assunto una caratteristica colorazione fra il grigio e il blu con sfumature tendenti al verde. Sembrano quasi degli enormi castelli di sabbia, non solo per la forma e la composizione, ma anche perché non vi cresce nessun tipo di vegetazione. Qui riusciamo a fare tutti e tre i trail, essendo abbastanza brevi e relativamente facili.

Le visite per oggi sono terminate, saliamo quindi in macchina per arrivare alla tappa successiva che in realtà non è ancora ben definita. Abbiamo un po’ di strada da fare e visto che passiamo un mezzo a tanto “nulla”, alle 7 incrociamo un posticino per cena e proviamo a vedere cosa offre. Immaginate: le montagne a destra, il fiume che scorre a sinistra, una strada in mezzo e questo locale in legno con un bellissimo cagnolone sulla porta. Appena ci fermiamo davanti al locale per capire se può andare bene o meno, esce un omone con la faccia simpatica che ci saluta, ci chiede di dove siamo e se può aiutarci. Gli chiedo se possiamo mangiare qualcosa e a risposta affermativa entriamo.

In pratica è un negozio di articoli da pesca con annessa cucina e 4 tavoli per mangiare, di cui 2 occupati. Entrando, il gestore ci presenta come two Italian guys, gli altri 2 tavoli sono occupati da una coppia di canadesi e un trio della costa dell’Oregon. Ceniamo con salmone alla griglia io e un hamburger Davide, più una fantastica Peach pie fatta in casa. Finiamo poi a chiacchierare per un’ora con il proprietario e il cuoco, più un altro avventore locale.

Scopriamo che il posto dove ci siamo fermati ha 6 abitanti, che il proprietario abita qui da 9 anni e che ama questo posto, dove la gente non chiude a chiave le case e lascia le chiavi della macchina in macchina. Il proprietario, oltre a questo posto, gestisce dei lodge e una attività di kayak; che suo nipote va a scuola a 13 miglia da qui e lo scuolabus è praticamente solo per lui, poiché in classe sono in 4 e 3 abitano a poche miglia dalla scuola.

Lui era entusiasta di parlare con noi, noi lo eravamo altrettanto di stare in un posto magico, persone genuine che vivono felici. Mi sarei fermata per dei giorni, altro che un paio di ore scarse.

Giorno 11: Triullium Lake

Oggi probabilmente abbiamo scontato la meravigliosa giornata di ieri.

In teoria avremmo dovuto visitare Mount Hood attraversando la sua bellissima strada panoramica, fermarci a Trillium Lake col Mount St Helens sullo sfondo, passare dalle Cascate Multnomah e arrivare a Portland

In pratica ha diluviato senza sosta fino a sera. La strada panoramica l’abbiamo comunque percorsa perché situata lungo la via per Portland, tappa finale di oggi. Il Lago Trillium lo abbiamo visto con il cielo carico di acqua e le nuvole basse, le cascate non ci abbiamo neanche provato, ma in compenso ci siamo dati allo shopping in un outlet fuori Portland prima di arrivare in hotel.

Ce la faranno i nostri eroi a visitare la città domani?

Giorno 12: alla scoperta di Portland

Considerata una delle città più vivibili d’America, Portland è una metropoli con l’animo della cittadina, una città smart e sostenibile, dove la cultura della bici ricorda un po’ Amsterdam. Di contro devo dire che quello che ci ha colpito fortemente è il numero di homeless che abbiamo visto.

Oggi lasciamo la macchina in hotel e ci muoviamo con la super efficiente metro esterna che attraversa tutta la città; noi siamo in zona periferica, quasi in aeroporto, ma il servizio pubblico è semplicemente perfetto. Per fortuna il diluvio della mattina ci abbandona verso l’ora di pranzo e così possiamo girovagare tranquillamente per la città.

Partiamo da Pioneer Square, il cuore pulsante di Portland, per proseguire sul bel River walk che costeggia il fiume Willamette: sul fiume si trovano ben 11 ponti, tra cui lo Steel Bridge, un ponte mobile in stile decisamente industriale, inaugurato nel 1912 e tra i ponti più vecchi della città.

Molto interessante è anche il Pearl District, un vecchio quartiere industriale riqualificato: se prima era una zona grigia di Portland, oggi ci sono locali, birrerie, loft costosissimi e sofisticate gallerie d’arte. Non abbiamo potuto esimerci dal mangiare un “doughnut” da Voodoo Doughnut, un must a Portland!

La giornata è terminata con la partita di calcio Portland Timbers vs NYC Red Bulls: potevamo non andare allo stadio? La partita è della regular season di MLS, 25.000 persone circa allo stadio, 9 dollari il biglietto di gradinata in un’atmosfera tranquilla con tanto di inno USA.

Come al solito mi sono commossa.

Giorno 13: da Portland a Mount St Helens e Olympia

Lasciamo l’Oregon per rientrare nello Stato di Washington in direzione Mount St Helens, uno stratovulcano attivo tristemente famoso per la catastrofica eruzione del 18 maggio 1980.

La strada per arrivare al parco è bellissima: poca highway e tanta strada in mezzo a paesini minuscoli e prati infiniti, dove mucche e cavalli pascolano tranquilli e dove la pace regna sovrana. Arrivati al parco, capiamo che anche questa è una zona poco frequentata: nei 2 trail che abbiamo fatto abbiamo infatti incrociato davvero poche.

Il primo trail è una grotta scavata dalla lava durante l’eruzione, tutta completamente al buio. Impossibile camminare nella grotta senza una torcia (avevamo quella del cellulare), un’esperienza quasi inquietante ma assolutamente da fare. Peccato solo non aver visto i pipistrelli.

Il secondo trail ci ha portato su un costone a strapiombo sulle cascate, molto bello anche se mediamente pericoloso perché il trail non è protetto e il sentiero è stretto e scivoloso.

Siamo quasi alla fine del nostro bellissimo viaggio. Sabato mattina ripartiamo da Seattle, quindi piano piano ci riavviciniamo alla città. Stanotte tappa intermedia a Olympia, domani vedremo cosa fare in base al tempo.

A domani!

Giorno 14: ultimo giorno di vacanza

Ebbene si, dopo mesi a programmare, studiare e soprattutto sognare questa vacanza, eccoci giunti all’ultimo giorno.

La meta di oggi, prima di rientrare a Seattle, è il Monte Rainier, 960 kmq di parco nazionale dai quali spicca la montagna (che poi è un vulcano attivo!) con i suoi 4392 m di altezza. Il parco al suo interno contiene 26 ghiacciai, alcuni di questi tra i più grandi degli Stati Uniti, e più di 300 laghi, oltre a foreste, prati subalpini e cascate.

Ovviamente avendo solo poche ore a disposizione ne vediamo una piccolissima parte, giusto un assaggio. Anche qui ci vorrebbe almeno una settimana da dedicare a questa meraviglia! Non ci facciamo mancare ovviamente un piccolo trekking di 2 ore (veramente tosto per il dislivello), passando da una foresta pluviale per arrivare a una piccola cascatella: la cascata di per sé non è niente di speciale, ma la magia del bosco è unica. Durante le 2 ore di camminata non abbiamo incontrato nessuno.

Stanchi ma soddisfatti saliamo in macchina per raggiungere la città, con piccola tappa in un outlet per comprare uno zaino in più, fondamentale per portare con noi tutti i souvenir di Davide.

In serata raggiungiamo Seattle, cena in un locale delizioso ovviamente a base di hamburger e patatine (non poteva essere altrimenti!) e via in hotel per sistemare le valigie e fare il web check per domani.

Giorno 15: back home

Come tutte le cose belle, anche questa avventura è giunta al suo termine.

Volo di rientro senza grossi problemi, solo una quarantina di minuti di ritardo sul volo da Parigi a Genova, ma ciò non ha impedito di riuscire ad andare allo stadio e vedere i primi 3 punti della nuova Samp targata Di Francesco.

Il tutto grazie a quella santa di mia madre che è venuta a prenderci in aeroporto e soprattutto fatto da deposito bagagli durante la partita e quel sant’uomo del papà di Davide che ci ha fatto da taxi driver dallo stadio a casa, dove finalmente ho rivisto la mia bambina pelosa, che reclama attenzioni da quando siamo arrivati.

Da domani riprende la solita vita di sempre, il lavoro, le mie amate lezioni di canto e batteria , la palestra, la famiglia e gli amici di sempre.

È bello partire, vedere posti nuovi, conoscere ed interagire con persone diverse da noi, aprire la mente verso usi e costumi diversi da quelli a cui siamo abituati ma è altrettanto bello tornare alla routine quotidiana, condita dalle esperienze fatte in giro x il mondo.

Concludo col mio solito slogan: viaggiate!

È una delle cose più belle che potete fare avrete sicuramente qualche soldino in meno ma anche un bagaglio di esperienze meraviglioso.

Grazie a chi ha viaggiato con me in queste 2 settimane, spero di avervi trasmesso una piccola parte delle emozioni che ho vissuto io.

E adesso, iniziamo a pensare alla prossima meta.

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