Scozia: Highland, delfini, cervi, luce e atmosfere
14/7 – 26/7/05.
Leggendo i viaggi in Scozia dei vari turisti per caso, estremamente esaurienti ed istruttivi dal punto di vista descrittivo, ho rivissuto alcune delle emozioni provate l’anno scorso (CERTE SENSAZIONI NON TI ABBANDONANO MAI. SEMPLICEMENTE SEDIMENTANO IN ZONE SCONOSCIUTE, MA SONO SEMPRE PRONTE AD AFFIORARE IN PRESENZA DI UN PROFUMO, UN COLORE, UNA VOCE…), ed ho pensato di raccontarle, perché si riferiscono ad una Scozia un po’ diversa da quella dei tour tradizionali.
Intanto la luce: si fa notte tardi al nord, come se il buio fosse restio ad oscurare gli incredibili colori delle colline, del mare, del cielo…Fino alle 11.00 di sera ci si dimenticherebbe (se non fosse per la costrizione a cenare alle 7.00!!!) che esiste la notte…
Poi l’atmosfera, quell’impalpabile sensazione di appagamento e di incredulità che prende di fronte a certi spettacoli, all’ospitalità ed al calore degli scozzesi (nulla a che vedere con il rigido formalismo inglese), all’assoluta perfezione di certi momenti.
E poi è uno dei pochi viaggi da cui non si torna ingrassati: a parte le eccellenti colazioni ai B&B, in Scozia si mangia malissimo, per di più spendendo un sacco di soldi (suggerirei di cenare sempre con panini e roba varia, le uniche cose economiche, acquistate però prima delle 18.00, orario di chiusura dei negozi).
L’itinerario che abbiamo scelto è solo indicativo, ci sono però dei posti che, a mio avviso, “devono” essere visti.
Arrivo a Glasgow Prestwick sotto la pioggia (ma in Scozia è sempre “thin”, leggera, non sono mai i “cats and dogs” di altri paesi), indossati frettolosamente i giubbotti portati per scrupolo, che ci hanno salvato dal freddo per tutta la vacanza, affittata autovettura Ford Focus Km 0 che, con assicurazioni varie, ha rappresentato la cifra più rilevante del viaggio, si parte, destinazione nord.
Prima tappa a Ballock: capitiamo nel momento degli Highlands Games (fortuna? Se non ne hai, cerca di viaggiare con chi ne è provvisto, altrimenti rischi di perdere il 50% del piacere di ogni viaggio): assistiamo alla gara del lancio dei tronchi di 4 metri, cui partecipa con mediocri risultati uno scozzese in kilt, over 60, alla gara delle bande di cornamuse (infastidisco a più riprese con la videocamera un temibile scozzese, che pensava di esercitarsi in pace dietro al castello, allontanandomi poi velocemente verso il parco), alla gara di ballo delle bambine dei vari clan che ricordano, prima di scendere in pista, le danzatrici di Degas, per la leggerezza dei movimenti dei piedini che sfiorano il pavimento, mentre stanno sedute sulle panche, ed allo spettacolo di umanità e bestialità varia (giovani signore con carrozzine d’altri tempi e bellissimi bambini per lo più coi capelli rossi, che incrociano levrieri altezzosi e scoiattoli impudenti).
Costeggiando l’interminabile Loch Lomond si prosegue per Luss, paesino da non perdere, dove sono stati girati diversi film. Dopo un rapido giro in battello, osserviamo rabbrividendo una signora bionda fare il bagno per un’oretta nell’acqua gelida, in mezzo ad una dozzina di cigni, mentre noi tiriamo su la lampo dei giubbotti. Abbiamo la fortuna (eh si, si…) di incappare in un duplice matrimonio, nella magnifica chiesetta del posto: uno “proletario” prima (con tanto di cane con fiocco), riscattato in ultimo (sto scherzando, of course) da partenza in interminabile Bentley bianca, ed uno aristocratico poi, con tanto di cornamuse, tutti gli uomini nei Kilt di ordinanza dei vari clan, le signore con i magnifici ed assurdi cappellini che facevano la felicità di Dotto nelle telecronache “equine”, la coppia di sposi alquanto sovrappeso, la damigella d’onore in rosa confetto, spalle scoperte, decisamente attraente, ed un’atmosfera particolare, in cui stonavamo soltanto noi, con il nostro aspetto da turisti del 21° secolo. Il giorno dopo si prosegue in direzione OBAN. Merita una visitina Kilmartin, per la sua collezione di stele, entrata libera sotto la pioggia, all’interno del cimitero annesso alla chiesa.
Inveraray è graziosa, il castello del duca e della duchessa di Argyll si fa apprezzare soprattutto per l’imponente numero di Angus e per le dimensioni del toro nero che spadroneggia nel parco, grattandosi continuamente le corna contro la recinzione (che persino lui abbia dei dubbi, dato il numero di angus da soddisfare?).
Proseguendo, il celebratissimo Kilchurn Castle fa bellissima mostra di sé in mezzo all’acqua (quante memorie cinematografiche…).
Costeggiando il Loch Craignish, vedo l’acqua immobile incresparsi all’improvviso. Fermiamo la macchina, scendiamo, ed ecco affiorare la testina bianca di 2 fochette. Riesco a riprendere i loro occhietti neri che ci osservano per un attimo, prima di scomparire sott’acqua: offerto su un piatto d’argento un argomento di emozionata conversazione per un’altra ora di viaggio.
Facciamo una provvidenziale deviazione per il Tioram Castle: non si può perdere, è forse il castello che ci ha colpito maggiormente. Per arrivarci, una stradina stretta che finisce con la baia su cui il castello giganteggia, apparentemente irraggiungibile, fino al momento in cui la bassa marea consente di vederlo da vicino. Non ci sono macchine, non ci sono turisti, non c’è nulla a ricordarci che apparteniamo al nostro tempo.
Verso sera si arriva ad Oban. Ci rechiamo a Lagganbuie, uno dei pochi B&B prenotati in anticipo, dove Fiona ci offre una meravigliosa stanza con vista lago, corredato di cigni curiosi. Torniamo a cena ad Oban, con tanto di spettacolo scozzese, pessimo cibo e conto salatissimo, come al solito. All’uscita ci perdiamo nell’incanto di questo paesino, con decine di gabbiani che vengono ad azzuffarsi per mangiarti il pane dalle mani, il colore rosso del pub sul porto, le barche che accompagnano i turisti a vedere le foche, al limitare della notte.
C’è una discreta umidità, che ci fa dubitare della sanità mentale della regina Vittoria, che veniva qui perché ne apprezzava il clima, ma la cittadina è veramente affascinante (e in fin dei conti la regina Vittoria è morta ad 82 anni, a meno che non fosse per l’ottimo whiskey…).
A Lagganbuie il risveglio e la ricca colazione sono animati dal nostro salvataggio di un uccellino dalla bocca di un gatto di Fiona, dopo urla selvagge ed un inseguimento per le stanze della casa, tra gli sguardi di compatimento di una coppia di inglesi che continua, imperturbabile, a mangiare (“questi italiani!”).
Dopo 2 giorni di sosta, si riparte in direzione Fort William. Per strada si fa una leggera deviazione per vedere, dall’esterno (5 sterline a persona per visitare 2 stanze di un rudere di modeste dimensioni ci sembrano sprecate, d’altra parte, a frequentare gli scozzesi, si finisce per acquisirne anche lo spirito), Dunstaffnage Castle, forse il più antico dei castelli scozzesi.
Poi via lungo la costa, con ulteriore deviazione verso Glencoe, ove osserviamo il suggestivo monumento agli Highlanders (da qui ripartì Bonne Prince Charles Stuart, dopo la catastrofe di Culloden), una sorta di piccolo faro sul nulla di una baia chiusa dai monti. Ed è lì che, sotto un cielo “scozzese” plumbeo, con minaccia di pioggia, il grigio ed il nero a confondersi con le vette delle montagne ed il verde carico delle pendici, ci imbattiamo in un meraviglioso cervo, che ci osserva, più con curiosità che con preoccupazione, mentre, sul ciglio della strada, bruca lentamente (riesco ad avvicinarmi a piedi a meno di 5 metri, poi mi fermo a riprenderlo con la mano che mi trema un po’ per l’emozione). Si arriva vicino a Fort William il pomeriggio avanzato. Ci fermiamo poco prima, in un bellissimo B&B dal nome impronunciabile, con vista sul Loch Linnhe attraverso vetri bagnati dalla pioggia (a Fort William, pare che la pioggia cada 340 giorni all’anno, ed ha deciso di non fare eccezioni nemmeno per noi). Fort William merita una visita fugace.
Ripartiamo in direzione Skye, con una sosta a Glen Finnan, zona dal paesaggio montano spettrale, descritto come una via di mezzo tra Groenlandia e Marte (non posso né confermare né smentire, non essendo stato in nessuno dei 2 posti, ma certo merita una passeggiata) Si arriva in vista dell’Eilean Donan Catle, magnifico, anche se un po’ troppo affollato (risente della fama di Highlander e di un film di 007).
Si passa lo Skye Bridge, e sei nella meravigliosa isola di Skye. A Carbost, B&B da Shyla, con vista sul Loch Harport.
Si parte subito per la distilleria del Talisker.
Qui è opportuno qualche consiglio: 1) a meno che non si sia alcolizzati, nel viaggio in Scozia è sufficiente visitare una delle decine di distillerie ( si assomigliano tutte). Poi magari assaggiate, per strada, tutti i meravigliosi whiskey torbati; 2) conviene visitarle insieme ad una persona astemia: nel prezzo d’ingresso di 5 sterline è compreso un bicchiere di whiskey: se il vostro partner non lo beve, potete raddoppiare la vostra dose; 3) se non siete sicuri della vostra presa, evitate di utilizzare il ghiaccio: le pinzette per prenderlo sono molto piccole, ed a me un cubetto è schizzato via sul bancone a velocità sbalorditiva, fino a finire la sua corsa nella scollatura di una visitatrice. Ho avuto i miei problemi, sia con il compagno della signora in questione che, soprattutto, con mia moglie, per far loro capire che non avevo una mira così buona, e che si trattava di un incidente (chissà perché, nel matrimonio vige, a differenza del codice penale, la presunzione di colpevolezza invece di quella di innocenza); 4) evitate di acquistare l’whiskey, alla fine del tour: grazie alle tasse, in Scozia costa mediamente il 30% più che in Italia.
Ci fermiamo a Skye 2 giorni: isola magnifica, Kilt Rock e la sua cascata è emozionante, gli spettacoli dell’oceano dalle strade sono mozzafiato, ovunque le coppie pelosissime e dall’aria simpatica (una pecora – un agnello) ci ricordano che in Scozia è vietato ammazzare i cuccioli di animali. Non perdetevi poi l’attraversamento da Brogaid ad Idrigill, su una stradina che si inerpica, fino al valico: in alto, vento fortissimo e vista che lascia senza parole. Il giorno dopo sosta a Portree, la capitale, cittadina deliziosa, capitiamo in un pub dove una coppia di musicisti, chitarrista lui, violinista lei, presentano il loro primo album di musiche scozzesi: rimaniamo ad ascoltarli fino a tardi, sorseggiando la birra: alcune ballate ti fanno luccicare gli occhi.
Usciamo dopo aver comprato il loro Cd, che ascolto ancora, non senza emozione.
Ripartiamo da Skye convinti di aver visto il massimo, ma per caso scopriamo la Black Isle: si chiama così perché è l’unica parte, lì al nord, dove il clima sia più mite e non cada la neve, per cui d’inverno, dall’alto, sembra un’isola nera in mezzo al bianco (curioso come a volte termini “sinistri” nascondano invece realtà poetiche). Per un colpo di fortuna scopriamo, Rose Marky, un paesino quasi inesistente, su un mare giallo e blu con voli continui di gabbiani che si tuffano in picchiata per pescare: nel delizioso B&B dove alloggiamo – Braefield, no smoking (la padrona cucina per colazione un meraviglioso haddock con uova strapazzate, a prenotazione), veniamo a sapere che, giù al faro, è il giorno dell’incontro dei delfini e dei salmoni: ogni tanto i salmoni che risalgono la corrente si incontrano, per loro sfortuna, con i delfini che la discendono, uno di quegli incontri predestinati, nella natura, che confermano la vecchia affermazione di J Gracq: “non c’entra niente il caso, dovevamo incontrarci e ci siamo incontrati!”. Assistiamo, mentre la marea sale, ricacciando indietro una ventina di persone con i piedi quasi a contatto dell’acqua, alla danza di una settantina di delfini che, nel ribollire dell’acqua, saltano, si contorcono, si scontrano, scivolano, guizzano, a pochi metri da noi, sotto un cielo dalla luce strana, quasi irreale, che non vuole scomparire malgrado siano le 23.00: è una sensazione di felicità quasi dolorosa, hai come l’impressione che quell’incontro spettacolare, anche se crudele (ma è la crudeltà “buona” della natura) sia avvenuto per dire a te qualcosa di importante, per farti sentire che esiste al mondo ancora qualcosa di bello, soprattutto perché non siamo noi ad organizzarlo.
Ci fermiamo 2 giorni, passeggiando lungo il mare o lungo uno dei tanti campi da golf che, in Scozia, costeggiano il mare, ogni tanto la tentazione di spostare qualche pallina che i giocatori, la sera, lasciano sul campo, più o meno vicino alle buche, e fantasticando di un possibile trasferimento in questo paradiso.
Nel ripartire , sul Cromarty Firth (non perdetevi Little Ferry, dopo un breve trasferimento in battello, accompagnato da un gabbiano della “pro loco” che, volando, viene mangiare il pane della mani), ci imbattiamo in decine di foche al sole. Altra sosta, altri gridolini emozionati.
Poi via verso Inverness, vista dall’alto dell’Urquhart Castle, e poi Balmoral, Braemar, Edimburgo, Stirling, tutti posti che meritano di essere visti, del resto fin troppo noti e descritti, ma ben lungi dall’aver suscitato in noi, le emozioni delle Highlands.
A proposito di Edimburgo, un’informazione di servizio per i musicisti: se viaggiate con qualche strumento, o anche avete semplicemente velleità canore che vi piace condividere nei pub, non dimenticate che gli scozzesi sono ospitalissimi e invitano chiunque riconoscano come “potenziale collega”, a sedersi con loro, accompagnandolo con i loro strumenti e le loro voci. Ma la loro media di bevute, offerte rigorosamente a turno, è di una pinta di birra ogni canzone. Solo alla decima canzone (o alla decima pinta di birra), ci si può alzare (se ci si riesce), senza offendere la loro sensibilità.
Attenzione anche alle donne nei pub. Una mastodontica highlander, alta quasi 1,90, ha più volte insidiato mia moglie, creandomi non poche preoccupazioni all’idea di uno scontro per recuperarne il possesso. Sulla via del ritorno, a Pitlochry, da non perdere la “Queen View”, uno spettacolo dall’alto tra i più suggestivi.
Infine nei bellissimi Trossachs: Aberfoyle è un delizioso centro di partenza per escursioni, con annessa scuola di border collie (irresistibili gli sguardi intimidatori con cui il cane spinge nel recinto oche e pecore); vediamo un gufo reale e, in cima ad una collina, una radura con decine di messaggi su fiocchi di varia natura e diversi colori e grandezze, attaccati ai rami degli alberi: è un po’ inquietante, ma suggestivo.
Il giorno del rientro, visita al meraviglioso Loch Katrine, con l’ultima nave a vapore funzionante la “Sir Walter Scott”, in onore dell’autore, tra gli altri, di “la donna del lago”, appunto, e di “Ivanhoe”.
Il lago è meraviglioso, attraversabile con un’entusiasmante (e lunga) passeggiata a piedi o con la bicicletta.
Il 27, ritorno nello squallore di Glasgow Prestwick e imbarco per l’Italia.
Dall’aereo, finalmente di giorno, lo spettacolo dall’alto di laghi, montagne e case, tutte nello stesso stile, ordinate e pulite, fa apprezzare ancora di più il contrasto con il nostro cosiddetto “bel paese”, certo pieno di posti straordinari ma, ben evidente dall’alto, deturpato da oscenità, abusivismi edilizi, orrori architettonici, mancato rispetto per l’ambiente.
Come ho scritto in un registro per gli ospiti, di uno dei tanti bellissimi B&B: “…If i’d be a bird i’d fly in a scottish sky”.
Se potete, e se amate la natura, non perdetevi questo viaggio.