Santorini… mare, magia ed emozioni
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Siamo sempre noi, la famiglia al completo: io, mia moglie Federica e il piccolo Leonardo, che tanto piccolo ormai non lo è più con i suoi 11 anni.
Partenza domenica 28/7 alle 6:40.
Volo EasyJet acquistato con largo anticipo, a Febbraio.
Scelta azzeccata visto che a ridosso della partenza avremmo pagato quasi 1500 Euro contro i 750 spesi a Febbraio.
Anche l’hotel è stato individuato e prenotato molto presto.
Hotel Chez Sophie a Kamari, proprio sotto la montagna che separa Kamari da Perissa, all’inizio del lungomare, lontano dalle rotte degli aerei che non sentiremo mai per tutto il soggiorno.
L’hotel è un piccolo gioiello, nuovissimo, pulitissimo e gestito da due persone deliziose come George e Tina.
PRIMO GIORNO (28/7)
Partenza da Fiumicino alle 7:20, con un po’ di ritardo a causa della nebbia del primo mattino che ha fatto slittare tutti i voli, ed arrivo a Santorini verso le 10:00 locali.
Come da accordi ci aspetta George, con la sua macchina privata, per accompagnarci in hotel.
Un omone sorridente e cordiale che parla un inglese semplice e chiaro anche a chi lo mastica soprattutto a livello tecnico e per turismo come noi.
Ci propone una piccola deviazione di pochi minuti per mostrarci Santorini dall’alto e noi accettiamo con piacere.
Nonostante la sveglia alle 4:00 lo spirito vacanziero prende il sopravvento sulla stanchezza.
George si ferma all’altezza di un ristorante messicano (!!!) che affaccia su quello spettacolo della natura che è la caldera.
Restiamo senza fiato!
Si vede tutta la caldera e tutta la Santorini che affaccia su quel lato.
Fira, Firostefani, Imerovigli, Oia ed alle nostre spalle la bellissima Pyrgos che ci conquisterà oltre ogni previsione.
Dopo qualche minuto di contemplazione e le prime foto (alla fine saranno più di 1500!) ci dirigiamo a Kamari distante più o meno 5 minuti.
Kamari è un paese prettamente turistico molto carino e pieno di negozi, market ma anche agenzie per servizi ai villeggianti, con un bel lungomare pieno di locali, taverne e boutique.
Per arrivare allo Chez Sophie percorriamo tutta la strada alle spalle di Kamari, senza addentrarci nelle stradine interne ed arriviamo alla fine, sotto la “nostra” bellissima montagna. Il primo impatto con lo Chez Sophie è da colpo di fulmine. Un delizioso complesso di tre piccole costruzioni color ocra, nuovissime, che affacciano su una piccola piscina perfettamente attrezzata con sdraio, lettini e tavolini.
Tina ci accoglie a braccia aperte e ci fa subito accomodare ad un tavolino con delle bibite fresche per accertarsi di persona che la nostra camera sia pronta. Camera 101, piano terra con un delizioso patio spazioso cha affaccia verso la piscina, condiviso con la 102 (occupata da Tina e George) e la 103, dove alloggia una coppia dell’est penso in viaggio di nozze che noi abbiamo battezzato i “vampiri” perché non sono quasi mai usciti dall’hotel (peggio per loro) e girovagavano per il patio soprattutto di notte. La camera è perfetta, grande, divisa in due ambienti, uno per noi ed uno per Leo. C’è tutto: phon, cassaforte, aria condizionata, frigo ma soprattutto è tutto spazioso (due armadi, uno per ogni ambiente), pulito e nuovissimo. Mi accordo subito tramite Tina (che parla un ottimo italiano) per prendere un piccola macchina dal vicino noleggio dalla mattina seguente da rilasciare direttamente in hotel alla partenza.
Una fiammante Hyundai i20 con solo 10000 km per 35 euro al giorno.
Nel frattempo George si mette a tavolino con me e mi illustra tutta Santorini dandomi delle dritte su siti da visitare, punti panoramici, parcheggi e spiagge.
Il lungomare, e quindi la spiaggia, è a soli 50 metri.
La spiaggia è nera e man mano che degrada verso il mare si trasforma in sassolini.
E’ tutta completamente attrezzata ma, come dappertutto in Grecia, puoi stendere il tuo asciugamano a terra senza dovere niente a nessuno oppure pagare 5 euro per ombrellone e due lettini…. PER TUTTO IL GIORNO!
Il mare in questa zona sembra non essersi accorto della presenza dell’isola.
All’entrata in acqua c’è subito uno scalino altissimo e quindi la sensazione è come di trovarsi in alto mare.
Il mare è abbastanza calmo ma leggermente mosso dal vento, compagno costante ma discreto delle giornate di Santorini.
Le increspature che si infrangono sulla riva per via del fondale profondo sembrano delle onde chissà quanto alte.
Diciamo che non è l’ideale per far sguazzare un bambino a riva ma c’è anche da dire che se venite a Santorini per le spiagge ampie e la sabbia fina avete sbagliato indirizzo.
Qui il mare te lo devi conquistare, lo devi cercare, ma quando lo trovi ti lascia senza fiato, a volte per la sua dolcezza, a volte per la sua imponenza.
Sappiamo benissimo che non mancherà occasione per “conoscere” da vicino il mare di Santorini e quindi optiamo per fare conoscenza con Kamari.
Del resto Leo ha già abbondantemente battezzato la piscina dell’hotel…
E’ ora di pranzo e passeggiando sul lungomare decidiamo di non fermarci ad una taverna ma di gustarci il nostro primo Gyros con Pita al primo chiosco che troviamo dopo qualche centinaio di metri.
Passiamo tutto il giorno a Kamari e la sera ceniamo alla taverna “El Greco” sul lungomare con souvlaky e moussaka (40 euro circa… ma noi non siamo dei grandi mangiatori).
SECONDO GIORNO (29/7)
Sveglia verso le 8:00 e colazione. Tina ci aspetta con il nostro tavolo già pronto per offrirci tutto quello che vogliamo, dalla sua torta di mele, ai fagottini alla vaniglia fino ai rustici salati e panini con prosciutto e formaggio. Alle 10:00 circa arriva l’incaricato dell’autonoleggio che mi accompagna in agenzia dove prendo la nostra fedele compagna per i prossimi sei giorni. Prima tappa balneare Vlychada, attirati dalle pareti erose dal mare e dal vento che abbiamo visto in foto. Federica ha una vera passione sfrenata per rocce e sassi che sono i suoi veri souvenir in ogni nostro viaggio e Vlychada per lei è una specie di paradiso in questo senso. Le indicazioni di George sono precise ma c’è da dire che se non si lascia la strada principale gli spostamenti a Santorini sono molto semplici. Arriviamo verso le 10:30 e ci sono solo un paio di coppie sdraiate sui lettini. La “spiaggia” inizia con una lingua di ciottoli di medie dimensioni, chiari e scuri, e poi va ad allargarsi sempre di più per un km abbondante. Il tutto con la presenza surreale di queste pareti chiare scolpite dal vento e dal mare che danno al posto un aspetto lunare. Con soli 7 Euro prendiamo un ombrellone in paglia stile caraibi e due lettini king size imbottiti, comodi anche per quattro persone. Sull’ombrellone c’è il menù del bar alle nostre spalle. Possiamo ordinare anche senza alzarci dall’ombrellone, senza sovrapprezzo. In Italia a questo punto avremmo già speso 30 Euro! Il mare è calmo, quasi docile, trasparente con un fondale fatto da grandi ciottoli tondeggianti e quindi scivolosi anche con le nostre scarpette. Il segreto è di velocizzare le operazioni di entrata ed uscita per godersi a pieno il bagno pochi passi più avanti dove i fondale si alza di quel poco da rendere i massi un comodo appoggio. Dopo pochi minuti sulla riva facciamo la conoscenza di quelli che Leo ha subito battezzato come “tsunami” di Santorini. Delle repentine ondate di corrente, quasi impercettibili in acqua, che a riva producono quattro/cinque onde non alte ma potenti che possono arrivare anche alla seconda fila di ombrelloni.
Alla seconda esperienza di questo tipo opteremo sempre per seconde/terze file, in fondo le spiagge di Santorini non sono ampie ed una terza fila è come una prima in una grande spiaggia. Comunque il fenomeno dura pochi secondi, intorbidisce un po’ l’acqua ma nell’arco di pochi minuti si ripristina tutto. Cominciamo a conoscere il mare di Santorini…
Dopo aver pranzato con dei panini al delizioso bar di Vlychada (una terrazza bianca dolcemente affacciata sul mare) nel pomeriggio torniamo in hotel. Un po’ di relax a bordo piscina e poi, per non fare troppa strada, decidiamo di cenare a Perissa. Lungo la strada veniamo “sorpresi” dal nostro primo incontro con il protagonista assoluto di Santorini… il tramonto. Non possiamo fare a meno di fermarci in una delle tante terrazze panoramiche della strada principale ed ammirare in silenzio il sole che scompare dietro alla caldera.
Il silenzio… altro protagonista di molti nostri momenti a Santorini.
Abituati al caos delle spiagge italiane, dove il rumore del mare non riesci a sentirlo nemmeno se fai il bagno, abbiamo scoperto la bellezza di godere della compagnia del mare, sdraiati in silenzio sui lettini, abbiamo scoperto la voce del mare nel rullio dei ciottoli smossi dolcemente dalle onde tanto che Leo, alla sua prima impressione, ha detto “Sembra di essere in chiesa” per il rispetto con cui ci si approccia al mare.
Nelle giornate seguenti qualche carovana di coreani (o comunque orientali) ha provato a rompere momentaneamente l’idillio… ma per fortuna non sono molto “stanziali” e il disturbo è durato poco.
Comunque, assaporato il nostro primo tramonto sulla caldera, arriviamo a Perissa dove ceniamo in una taverna sul lungomare con tre piatti di gyros farciti di contorni grigliati su un letto di pita.
Poi passeggiata sul lungomare pedonale di Perissa, carino e più a luci soffuse rispetto a Kamari, e tutti a nanna.
TERZO GIORNO (30/7)
Sveglia verso le 9:00, la prima giornata di mare stanca.
Poi via verso Oia, Baia di Ammoudi.
Attraversiamo velocemente Fira e sulla strada tra Imerovigli e Oia ci facciamo sorprendere dall’emozione di poter ammirare il mare sia alla nostra destra che alla nostra sinistra.
Siamo nel punto più stretto di Santorini che sulla nostra destra degrada dolcemente verso la pianura e il mare aperto mentre cade a precipizio sulla caldera sulla nostra sinistra.
Non possiamo non fermarci ed assaporare il tutto con la dovuta calma.
Arriviamo ad Oia ma per scendere alla Baia di Ammoudi bisogna attraversarla tutta, o meglio costeggiarla visto che la strada passa alle spalle del grappolo di case bianche scoscese sulla caldera.
La strada inizia a scendere, il mare è sempre più vicino e sempre più trasparente di un colore blu/verde indescrivibile.
Ad un certo punto la strada finisce, in piena discesa, e non si può che parcheggiare.
Scendiamo dalla macchina e facciamo a piedi una piccola discesa (20/30 metri) che porta ad una banchina che sembra quasi ancora da finire, senza un parapetto, senza un protezione.
Arrivati alla banchina, davanti agli occhi, sulla sinistra, abbiamo la Baia di Ammoudi in tutto il suo splendore a non più di 100 metri da noi.
Il panorama è mozzafiato, e pensare che fino ad un metro prima non si vedeva altro che la parete della montagna.
Un piccolissimo golfo con un porticciolo gremito di taverne, locali, reti di pescatori, piccole barchette colorate, delle casette in pietra, altre bianche, altre gialle.
Il tutto incastrato in un dirupo per metà rosso come il suolo di Marte, per la parte superiore più scuro, fino al “diadema” bianco in cima: Oia.
Quasi sopraffatti dall’emozione non perdiamo un secondo e ci incamminiamo dentro quell’incanto.
Chiediamo ad una signora se c’è un punto balneabile nella baia e lei ci dice che c’è un sentiero piuttosto impervio che porta ad una zona degli scogli da dove si può entrare in acqua più comodamente.
Vedendoci con un bambino ci avverte che comunque l’acqua è alta e si entra direttamente dagli scogli.
Leo non fa una piega, anzi, gli si illuminano gli occhi, anche lui estasiato dal mare spettacolare che ha di fronte.
Per inoltrarci sul sentiero bisogna attraversare tutto il porticciolo, ed è una emozione nell’emozione.
Le taverne si mischiano una con l’altra facendosi riconoscere solo dal colore dei tavoli.
I tavolini arrivano fino al bordo più estremo della banchina, a precipizio su quel mare cristallino che sembra quasi non esserci.
Nasse adagiate sotto archi di pietra, pescatori che riparano le loro imbarcazioni, polipi ad essiccare al sole o a grigliare sulla brace.
Passiamo il porticciolo velocemente dandogli appuntamento per il ritorno, ad ora di pranzo.
Ci incamminiamo per il sentiero che diventa sempre più tortuoso ma comunque accessibile.
Meglio affrontarlo con scarpe chiuse ma noi ci siamo riusciti anche con le infradito.
Duecento metri, forse anche meno, con punti più lineari, altri più impervi e l’intervento umano ridotto al minimo.
Alla fine del percorso arriviamo ad un punto dove gli scogli si “addolciscono” e formano un sorta di spiazzo davanti ad uno sperone di roccia alto una decina metri.
Il mare è di un verde smeraldo che fa impressione.
Al bordo di questo spiazzo si scendere in acqua come in piscina, scendendo dagli scogli.
L’acqua è un po’ fresca ma ci si abitua subito ed è talmente trasparente da poter vedere con precisione dove sono i ricci prima di appoggiarsi ad uno scoglio.
Ci gustiamo questo paradiso insieme a tutte le persone che non si sono fatte scoraggiare dal sentiero tortuoso, e non sono poche.
Dalla metà dello sperone di roccia (circa 5 metri) i più temerari si tuffano nelle acque più profonde mentre noi indossiamo maschera ed occhiali per esplorare i fondali. Sopra di noi Oia ed Imerovigli che viste dal mare sembrano controllarci. Restiamo lì fino ad ora di pranzo, tra tuffi e foto panoramiche. Poi torniamo al “nostro” porticciolo dove avevamo già individuato la taverna giusta per il pranzo: Dimitris Ammoudi Taverna. E’ la prima che si incontra tornando dagli scogli, la più semplice, la più “taverna”. Scegliamo un tavolo a precipizio sulla banchina con il rischio di finire il pranzo in mare visto l’entusiasmo di Leo… ma anche il nostro. Prendiamo polipo alla brace e frittura di calamari, tutto delizioso e prezzo giusto per qualità del cibo e della location, 45 Euro. Finiamo una forma di pane tra scarpetta nell’olio delizioso del polipo e “foraggio” ai branchi di pesci che affollano il bordo della banchina. Finito il pranzo ci dedichiamo ad una esplorazione più particolareggiata del porticciolo, fotografando ogni angolo, con Federica letteralmente impazzita in quell’intersecarsi di casette, vicoli e archi di roccia. Poi cerchiamo di salire il più possibile sulla mulattiera a gradoni che porta fino ad Oia passando delicatamente alle spalle dei poveri muli lasciati ad aspettare al sole, ma arriviamo solo a metà strada per il gran caldo. Ci avviamo verso la macchina per tornare in hotel a riposare ma è solo un arrivederci. La sera è programmata proprio ad Oia, per goderci uno dei suoi famosi tramonti.
Torniamo ad Oia poco prima delle 19:00 ed anche qui scopriamo che a Santorini non c’è un angolo che non valga almeno una foto.
La vista della caldera da Oia è… non penso esistano parole adatte.
Un trionfo di blu profondo che va quasi ad “evaporare” verso l’azzurro del cielo nel mezzo dello sfolgorio bianco delle case.
Viuzze, balconate, terrazze, parapetti completamente bianchi, quasi accecanti, con qualche macchia ocra, qualche cupola blu, ed un ramo di bouganvilla che spunta qua e là. Oia non è “vissuta”, è praticamente un agglomerato di resort e attività commerciali.
Però è tutto nel rispetto dell’imprinting originale, non c’è una cosa fuori posto, non c’è una nota stonata o kitch. E’ il trionfo della semplicità e della pulizia, nell’eleganza di un bianco accecante. Ci incamminiamo seguendo la massa per assistere alla “cerimonia” del tramonto. Quando arriviamo i posti più “comodi” sembra essere già finiti, solo posti in piedi. Poi Leo vede che uno dei muretti migliori altro non è che il parapetto del terrazzino di una casa al momento disabitata. Trova il cancelletto di entrata, piuttosto basso come quasi tutti ad Oia, e lo scavalca. Qualche scalino e ci troviamo comodamente seduti all’interno della terrazza senza stare a penzoloni dall’altra parte. Pochi minuti ed altri seguono il nostro esempio ma tutti sono attenti a non disturbare la visuale del vicino. Siamo tutti lì, seduti in contemplazione ad assaporare il viaggio del sole dietro l’orizzonte.
Più si abbassa il sole più la luce rossastra sembra indorare il bianco delle case.
Il bianco sfolgorante diventa rosa, arancio, oro, mentre nella caldera barche di tutti i tipi, dal piccolo scafo al veliero, si fermano in favore del sole per assaporare questi istanti come se nel resto del mondo non esistesse il tramonto, come se esistesse solo qui.
Quando il sole scompare dietro l’orizzonte sale spontaneo l’applauso di tutti, quasi a ringraziarlo dello spettacolo. Sono le 20:30 quando il sole tramonta ma non ci siamo quasi accorti del tempo che passava. Torniamo a Kamari felici ed appagati… e sempre più coinvolti da quest’isola fantastica.
QUARTO GIORNO (31/7)
Stamattina si parte verso Mesa Pigadia, nota anche come Black Beach oppure spiaggia del faro.
Si trova sempre sul versante che parte da Vlychada e che comprende anche la famosa Red Beach, sul “corno” esterno di Santorini dalla parte opposta rispetto a Oia.
La spiaggia (termine sempre poco indicato per Santorini) è piccola e di ciottoli in prevalenza scuri, con una taverna molto semplice che affaccia sul mare ed una serie di “abitazioni” in pietra direttamente sulla spiaggia trasformate in depositi dei pescatori.
Il fondale e sempre ciottoloso ma con pietre più piccole e meno scivolose rispetto a Vlychada che permettono una entrata ed una uscita più dolce.
Veniamo accolti dal solito “tsunami” che raggiunge quasi la terza fila (su tre) e ci bagna buona parte degli asciugamani ma il caldo e il dolce vento di Santorini asciugano tutto in fretta.
Pranziamo al sacco con panini preparati in stanza prima di uscire e verso le 15:00 ci incamminiamo verso l’hotel.
Lungo la strada ci fermiamo al faro e ci godiamo una vista bellissima: la caldera da una parte e la costa “esterna” dell’isola dall’altra.
La sera andiamo alla scoperta di Fira e delle sue vie piene di negozi, taverne, locali e chioschi… per poi optare per il nostro cult, il gyros pita mordi e fuggi.
QUINTO GIORNO (1/8)
Oggi il nostro obiettivo è la famosa Red Beach, a metà strada tra Vlychada e Mesa Pigadia. Dopo aver parcheggiato l’auto ci incamminiamo a piedi lungo il sentiero che porta alla spiaggia. Dopo un paio di saliscendi ci appare davanti, in lontananza, e lo spettacolo vale sicuramente la sua fama. Sembra quasi che il mare abbia “morso” quello spicchio di montagna rossa con un contrasto bellissimo tra l’azzurro del mare ed il ramato delle rocce e della sabbia. Come al solito siamo piuttosto mattinieri e quando ci accomodiamo sulla spiaggia possiamo ancora sceglierci l’ombrellone. Dopo cinque giorni possiamo camminare in spiaggia e in acqua a piedi nudi perché il tutto è di sabbia rossastra, piuttosto grossolana ma sabbia. Il mare è trasparente e quasi fermo ed anche la temperatura dell’acqua è più alta che altrove. Dalla spiaggia si vede la stradina che abbiamo fatto e per la fila di persone che arrivano sembra un grande formicaio. Per questo motivo la spiaggia si riempie piuttosto velocemente e diventa meno intima, non come avevamo vissuto il mare di Santorini fino ad oggi. Arriva il solito “tsunami” a smuovere le acque e, soprattutto, le imbarcazioni che fanno spola con le vicine White Beach e Black Beach. Per questo motivo l’acqua comincia a sporcarsi anche se le bastano pochi minuti di “pausa” per rigenerarsi e tornare ad essere trasparente. Dopo aver sopportato per tutto il giorno il pescatore che urlava “White beeeeeaaach” ad ogni attracco delle barche (ed averlo anche registrato con il telefonino) decidiamo di assecondarlo ed andiamo a visitare queste due spiagge. Scopriamo che la Black Beach non è altro che Mesa Pigadia e quindi non scendiamo ed andiamo direttamente alla White Beach. La spiaggia è formata da ciottoli medio grandi prevalentemente di un bianco molto acceso mentre nel mare il fondale, tutto piuttosto basso fino a diversi metri dalla riva, è un misto di ciottoli e sabbia scura. Il mare è caldo e la spiaggia si presta molto per foto più “artistiche” ed “eleganti”. Nel tragitto della barca attira la nostra attenzione una piccola spiaggia, poco lontana dalla Red Beach che sembra raggiungibile anche in auto. E’ Kambia e sarà una vera scoperta per noi. Dopo la frenetica giornata saltellando tra una spiaggia e l’altra decidiamo di riposare passando una tranquilla serata a Kamari acquistando qualche souvenir.
SESTO GIORNO (2/8)
Stamattina siamo ancora un po’ stanchi. Non ci siamo fermati un attimo per scoprire più cose possibili di Santorini e vorremmo trovare una spiaggia più “comoda” dove rilassarci. Dopo un consulto con George proviamo ad andare a Monolithos. E’ vicino Kamari, è l’unica spiaggia di sabbia chiara dell’isola con un arenile anche piuttosto ampio ed è attrezzata più o meno come le nostre spiagge. Però oggi il mare su quel versante è un po’ più mosso ed il lungo fondale basso è un susseguirsi di cavalloni. Il mare non può dirsi proprio mosso ma non è quello che abbiamo visto fino al giorno prima. A quel punto ci ricordiamo di Kambia, intravista il giorno prima dalla barca per la White Beach. Puntiamo lì, senza tentennamenti. La stradina che porta a Kambia esce dalla strada principale che porta ad Akrotiri ed è un saliscendi sterrato che al primo impatto mette anche un po’ di soggezione. Però la sensazione è quella che se il mare di Kambia si fa desiderare così tanto un motivo ci sarà. Arriviamo alla fine della stradina (saranno un paio di km) e parcheggiamo subito sullo spiazzo. La spiaggia ci conquista subito. E’ una mezzaluna lunga più o meno 100 metri, ciottolosa. Sul lato opposto la casa dei pescatori, in pietra nera. Al centro un piccolo pontile, preziosissimo per l’entrata in acqua. Sul lato della stradina una taverna in pietra nera tondeggiante, con una terrazza semplicissima e deliziosa, coperta da una tettoia incannucciata, che affaccia in maniera discreta sul mare. Non ce nemmeno un pavimento a terra ma brecciolino. A “chiudere” la spiaggia su questo lato un gruppo di scogli. La baia è chiusa dall’altra parte da un piccolo promontorio, con un arco di roccia e delle piccole grotte raggiungibili comodamente via mare. Il mare è fantastico. Fermo, sembra quasi olio. Il fondale non è alto, si tocca per diversi metri, con i soliti ciottoli medio grandi. Per fare il bagno è meglio usare il pontile per evitare scivoloni. Una volta in acqua si sta comodissimi anche sui ciottoli. E’ un vero paradiso, ne rimaniamo tutti è tre conquistati. C’è una pace ed un rispetto della natura quasi commovente. La casa in pietra e, soprattutto, la taverna sembrano quasi volersi nascondere nel contesto, mimetizzarsi. E’ il riassunto dello spirito di Santorini dove l’intervento umano c’è ma solo ad impreziosire la natura, esaltandola, a scapito anche della sicurezza molte volte. Pranziamo in quel capolavoro di semplicità che è la taverna di Kambia. Ci stringiamo per poter entrare tutti e tre nel piccolo tavolino di fronte al mare. Ho davanti solo una semplice insalata greca ma me lo ricordo come uno dei pranzi più belli della mia vita. A fianco a noi uno scrittore, da solo al tavolo vicino. Sedia girata verso il mare, tavolino sulla sua sinistra. Con la mano destra scrive su un taccuino, con la sinistra assaggia di tanto in tanto delle sardine in insalata o un sorso di vino. La proprietaria, gentilissima, parla un italiano più che sufficiente per comunicare. Ci serve sempre con il sorriso sulle labbra. Ha due figli bellissimi. Il maschio, 12/13 anni, si occupa della gestione degli ombrelloni (sempre i soliti 7 euro). La femmina avrà 10 anni, dei lunghi capelli biondi e gli occhi dello stesso colore di quel mare. Anche il nome è un tributo a quell’acqua cristallina, Khristalia. Ci godiamo ogni istante di quel paradiso senza alzare mai il tono della voce per fare il pieno di quella pace dopo un anno di stress. A metà pomeriggio ce ne andiamo ma ci basta guardarci negli occhi senza parlare per sapere che domani mattina saremo ancora qui. Sulla via del ritorno ho una illuminazione. Ogni giorno, partendo da Kamari, passiamo sotto Pyrgos ma non giriamo mai per visitarla. Oggi seguo il mio istinto e mi dirigo lì.
Ci arrampichiamo letteralmente nel cuore di Pyrgos, tra viuzze, pietre, porte colorate e bianco scintillante tutto intorno. Arriviamo fino alla rocca dell’antico castello sferzati dal vento mentre ammiriamo TUTTA Santorini. Decidiamo di andare a darci una rinfrescata e a cambiarci per goderci Pyrgos con più calma. Ogni minuto che passa Pyrgos diventa sempre più bella con il suo contrasto tra le case diroccate e i resort, praticamente nascosti nei vicoli, invisibili. Facciamo un giro diverso, assistiamo anche alla messa nella chiesetta ortodossa al centro del paese. Passiamo intorno alla base della rocca in direzione opposta rispetto al sole. Quando completiamo il giro lo spettacolo è mozzafiato.
La stradina che ci porta sul lato opposto è un corridoio bianchissimo che però nella sua parte finale, illuminata dal sole, diventa color oro per effetto dell’imminente tramonto. Quando giriamo l’angolo sembra di essere in un altro posto ancora rispetto a prima. Le case hanno cambiato colore. Ora sono gialle, arancio, rosa. Il tramonto le sta ridisegnando, tutte. Il passo si fa lento, ma non per la stanchezza, per lo stupore. Continuiamo il giro per ritornare indietro e quando pensiamo di aver visto tutto giriamo l’angolo ed incastrato in un corridoio di casette c’è lui: il sole. Rosso fuoco, bellissimo, che sta percorrendo gli ultimi passi dietro l’orizzonte. Ci fermiamo lì, con una coppia di ragazzi. Aspettiamo l’ultimo bagliore e applaudiamo. Finiamo questa giornata piena di emozioni con una tranquilla serata a Kamari, tra cena e souvenir.
SETTIMO GIORNO (3/8)
E’ la nostra ultima giornata intera a Santorini. Domani mattina si torna a casa. Un velo di tristezza c’è ma ci svegliamo come tutti gli altri giorni consapevoli che 24 ore in quest’isola possono sempre riservarti emozioni nuove. C’è anche da dire che affiora un po’ di stanchezza dopo una settimana “on the road”. La scelta della spiaggia oggi è scontata, Kambia. Non possiamo lasciare Santorini senza rivivere la pace e la bellezza di quel posto. Oggi abbiamo organizzato il pranzo al sacco per finire le piccole scorte che avevamo in frigo. Passiamo la mattinata ad esplorare sia il mare e le sue grotte che i dintorni. Ci avventuriamo tra gli scogli, in direzione della Red Beach che si vede in lontananza. E’ divertente vedere quella fila di formichine che scende continuamente verso la confusione della Red Beach mentre noi assaporiamo la tranquillità della nostra Kambia Beach. Alla fine del blocco di scogli si arriva ad un’altra caletta, irraggiungibile dalla terraferma. E’ grande più o meno come Kambia, ciottolosa ma completamente brulla, selvaggia. Tra l’altro è riparata dal vento e quindi fa molto caldo. Al centro della caletta l’unico punto in ombra e l’unica forma di vita. Un albero, a pochi metri dalla riva, ed un signore seduto, nudo, ma se non lo fa qui… Torniamo indietro anche perché fa molto caldo. Oggi non pranziamo alla taverna ma nel pomeriggio vado a prendere qualcosa di fresco. Mi accontenterei di un frappè di caffè ma poi mi faccio tentare anche dalla baklavka appena fatta dalla signora. Non so nemmeno di cosa si tratta ma la curiosità del viaggiatore prende il sopravvento. Effettivamente è un po’ pesante e ne mangio solo la metà. In pratica è la versione estiva dei nostri zuccotti natalizi a base di miele, noci, uvetta, ecc. Salutiamo per l’ultima volta la nostra Kambia che porteremo sempre nel cuore e torniamo in hotel. Mentre Leo sbriga la solita “pratica piscina” ci anticipiamo un po’ di lavoro preparando le valigie per il giorno seguente. Come per Kambia decidiamo di dare un ultimo saluto anche ad Oia, ma dopo il tramonto per evitare la ressa e dedicarci alla ricerca degli ultimi souvenir. Prima tappa a Firostefani, la “corona” di Fira, per vedere la caldera da una altra prospettiva. Effettivamente Firostefani si trova subito dopo Fira, poco prima di Imerovigli, praticamente al centro della caldera.
La caldera più la guardi e più te ne innamori. Il mare sembra una tovaglia di seta ben tesa, appena increspata dal vento e dal passaggio delle imbarcazioni. L’orizzonte non è mai ben definito ma va a dissolversi nel cielo in una foschia che fa molto mito greco. Santorini è circondata dalle altre Cicladi ma durante il giorno se ne intravedono solo un paio, le più grandi. Al tramonto, nel momento esatto in cui il sole tocca il mare, appaiono tutte le altre, anche le più piccole, come in un incantesimo. Mentre passeggiamo per la panoramicissima Firostefani il sole si prepara al tramonto ed i colori cominciano a cambiare. Facciamo delle foto bellissime ma in tutto questo noi c’entriamo veramente poco. I colori intorno a noi diventano sempre più caldi e dopo aver mangiato un gyros veloce (anzi due) a Fira ci dirigiamo verso Oia, con tutta calma in modo da arrivare a tramonto finito.
Quando facciamo l’ultima curva della montagna verso Oia ci troviamo di fronte il sole rossissimo che sta per tramontare e non possiamo non fermarci per contemplarlo. Si vede tutta Santorini che prende un colorito rossastro. Le case sulla pianura sembrano tutte girate in contemplazione verso il sole. Anche l’ultimo saluto al tramonto è fatto. Arriviamo ad Oia che le luci sono già accese e di sera è sempre bellissima. Ci godiamo quell’atmosfera magica per tutta la serata.
OTTAVO GIORNO (4/8)
Il nostro aereo parte intorno alle 10:00. Alle 8:00 facciamo colazione, riconsegno le chiavi della macchina ed aspettiamo George per andare in aeroporto. Tina ci abbraccia uno ad uno come fossimo dei parenti. George chiacchiera un po’ con noi in macchina ed è d’accordo con me quando dico che una volta vista Santorini sarà difficile emozionarsi così per altre isole greche. Anche se il resto potrà essere comunque bellissimo, con Santorini abbiamo visto il top. In aeroporto George ci abbraccia con affetto e ci saluta con una “salva” di clacson. Poi torniamo a casa, dopo le peripezie per il trasporto dei nostri 7 kg di sassi (abbiamo imbarcato una valigia in più), con il cuore gonfio e più ricco di emozioni di quanto potessimo immaginare. Santorini ha la forma che ricorda un anello, semi immerso in mare, su cui sono incastonati dei gioielli creati dall’uomo che, per una volta, ha aiutato la natura nel suo capolavoro, senza ostacolarla, assecondandola.
Delle opere d’arte su un’opera d’arte…